III. Il mondo delle drag queen: famiglia, lavoro, mimes
2. Madrine, novizie e il decalogo
2.5 Madrine, novizie e famiglie drag
Il rapporto che si instaura tra madrina e novizia è un legame profondo, assimila- bile a quello tra madre e figlia. Una madrina accoglie una novizia, la introduce nel mondo della performance in drag e le passa un apparato di nozioni tecni- che, stilistiche e sceniche (la sua techne) in modo tale che possa diventare un performer completo e indipendente. La trucca, le presta abiti, la aiuta a creare un suo personaggio originale e la segue nella preparazione delle esibizioni, a volte fino a diventarne la regista. In una parola, questo rapporto si può riassu- mere con il termine mutuato dall’antropologia culturale classica nurture: nutri- re per far crescere, dare gli strumenti affinché chi viene allevato possa cammi- nare con le sue gambe.
Questa associazione non è solo una questione terminologica. Il termine
madrina che ho scelto di adottare e desunto da alcune mie interviste (su tutte,
quella a Gianluca e a Niccolò/Huma), si rifà certamente alla pratica del com- paratico, vale a dire la pratica diffusa in ambito mediterraneo per cui ven- gono scelti un padrino e una madrina (anche detti compare e commara, o comare) tra gli amici stretti o i parenti della coppia che ha appena avuto un figlio, affinché tutelino e sorveglino il figlioccio e ne diventino i tutori in caso di scomparsa dei genitori d’origine. A questa pratica si intreccia quella del padrino spirituale, di ambito cristiano, per cui durante il battesimo vengono assegnati al bambino un padrino e una madrina affinché sorveglino sul suo cammino di fede. Per l’ambiente delle drag queen preferirei usare il termine
commaratico, che esprime il rapporto tra due commari e tra commara e figlioc-
cio – o, in questo caso, tra madrina e novizia. Il termine novizia, d’altro canto, ha una connotazione più esplicitamente iniziatica, e richiama le giovani che in ambito religioso cristiano affrontano il percorso per prendere i voti definitivi e diventare suore. Inoltre, e non a caso, in entrambi gli ambienti l’iniziazione alla carriera passa attraverso l’adozione di un codice stilistico di abbigliamen- to (ma anche di trucco e parrucco) ben preciso (Panini, 2012). Le origini dei
99
È un attimo. Relazionalità, performance e politica tra le drag queen di Milano
termini da me citate, tuttavia, più che intrattenere un legame di derivazione storica con le modalità in cui madrina e novizia venivano vissuti dai miei interlocutori, rappresentavano più dei rimandi simbolici, dei topoi culturali e linguistici facilmente accessibili e risemnatizzabili nel contesto italiano di matrice mediterranea e cristiana. I miei interlocutori partirono da concetti a loro portata di mano per andare oltre.
I termini usati dai miei interlocutori, per di più, non si limitarono a
madrina e novizia. Anzi: in alcuni casi la retorica del commaratico venne sor-
passata a piè pari per fare spazio a espressioni molto più forti da un punto di vista relazionale. In questo senso, il cast del Toilet fu ricco di spunti. Walter descrisse il rapporto con le sue “cavie” – così definì le drag che nacquero sot- to al sua ala – in termini di “come la madre con le figlie” (Intervista a Nancy Posh, p. 347) e definì sé stesso come “la chioccia”. Per la LaZelma “Nancy è sta- ta la mamma” e “il [suo] ruolo […] è stato, quindi, sì, non diciamo la mamma, ma la zia, dai” (Intervista a LaZelma, p. 6). Anche Marisa Toletta, nel parlare delle sue madrine Domisia e Cristabel, le definì “capostipiti” e “zie”. Rovyna mi disse che il “decalogo” della travestita “si tramanda di madre in figlia” (In- tervista a Rovyna Riot, p. 305), e definì Nancy Posh “la capostipite di tutti” “(p. 305), nonché sua madre adottiva “perché la Nancy è troppo giovane per avere
una figlia della mia età”.27 Rovyna e LaZelma (sua “sorella”, come la definì),
sempre rimanendo in tema, hanno anche inciso un singolo intitolato Half
sisters.28 Rachele De Niro, infine, sulla pagina del suo profilo Facebook (creata dopo la fine della mia ricerca) pubblicò una foto che mi aveva inviato tempo prima, con la didascalia: “Mother & Daughter” (v. fig.).
A volte una madrina può anche non essere una persona che si ha fisi- camente vicino, ma un modello ispirazionale a cui ci si sente legati in modo molto diretto e forte. Come disse Rovyna parlando di sé, di Nancy e de LaZelma, “eravamo tutte figlie di Nina Hagen” (Intervista a Rovyna Riot, p. 266), inten-
27 Citazione presa dalla conversazione su Facebook in cui chiedevo ai miei interlocutori di sceglie- re con quale nome volessero apparire nella tesi.
28 Il video si può guardare qui: https://www.youtube.com/watch?v=UvFw_HSd3l4. Si veda, inoltre, il capitolo all’interno di questa sezione sulle tipologie di performance.
100 Marcello Francioni
dendo con ciò che loro tre senti- vano in modo molto particolare il lascito della cultura incarnata dalla cantante, “che ci piaceva e che non c’era più” (p. 266).
Ricorrevano dunque, oltre al commaratico, anche termini che attingevano direttamente alla fa- miglia, e ai sistemi di parentela, quindi la genealogia e le dinastie. Huma definì il gruppo della Gaudenzia come una “grande famiglia” e definì Lady O come “la nonna che tutti vorrebbero avere” e aggiunse subito: “Non dire a Lady O che l’ho chiamata nonna perché se no la prossima volta mi tira un ceffone” (Intervista a Niccolò Umattino, p. 8); La Negra parlò del Toilet come “una famiglia […] perché comunque il bello nostro è che ci conosciamo tipo anche al di fuori del Toilet. Il Toilet è l’ultimo posto […] dove ci ritroviamo” (Intervista a La Negra, p. 16). Rovyna parlò della “grande famiglia” che si viene a formare tra lo staff e i proprietari di un locale qualora “si sviluppa un rapporto buono” (Intervista a Rovyna Riot, p. 291) a partire dal punto di vista lavorativo. Non solo: tra novizie ed ex-novizie ci si riconosce come sorelle o cugine. Rovyna così si definì “sorella di LaZelma e cugina di Fosca”
Durante la mia ricerca ho individuato tre famiglie o dinastie drag: la Mor- ton Family, il gruppo della Gaudenzia e il gruppo del Toilet. La famiglia Morton, di cui il mio primo interlocutore Marisa Toletta faceva parte, era di sicuro quel- la più istituzionalizzata. Si era costituita come famiglia in quanto, sommaria- mente, era un gruppo di performer che si esibivano sempre insieme anche se non avevano una fissa dimora/locale (in questo non erano molto diversi da una famiglia circense), erano legati da rapporti di commaratico, vivevano insieme la preparazione delle esibizioni e costruivano memorie condivise. Tuttavia il loro sodalizio andava ben oltre. Si può dire che avessero fatto della loro dinastia un vero e proprio brand, a cui non mancava né marchio né una rappresentazio- ne genealogica come ogni dinastia di nobili natali che si rispettasse (figg. 1 e 2).
101
È un attimo. Relazionalità, performance e politica tra le drag queen di Milano
Figura 1. Il marchio della Morton Family. (Sia questa che l’im- magine sottostante sono tratte dalla pagina di Marisa Toletta e non recano autore né data di composizione.)
Figura 2. La genea- logia della dinastia Morton, apposta ad una rappresentazio- ne pre-esistente. Al centro, sopra l’im- magine de La Ciana, si possono vedere le due capostipiti Domisia e Cristabel Morton, delle quali Marisa Toletta è stata novizia
102 Marcello Francioni
I gruppi della Gaudenzia e del Toilet da parte loro non avevano un’immagine co- ordinata così forte e riconoscibile, ma traevano un senso di unità, oltre al fatto di condividere rapporti di commaratico, nel fatto di esibirsi insieme e prin- cipalmente in un luogo preciso: il Circolo Cicco Simonetta e il Toilet, a cui si sentivano legati e a cui sentivano legata la propria performance.
Nella rassegna, ho parlato della tipologia della “famiglia per scelta” pre- sentata da Weston (1991), che ritengo uno strumento analitico molto utile, nell’ambito della mia ricerca, perché trovo dei punti di convergenza di non se- condaria importanza con le famiglie da me osservate. Primo fra tutti è il fatto che tutti i miei interlocutori (escluso una) facenti parte di una famiglia drag erano uomini che si riconoscevano come gay. Ça va sans dire, essere gay non è la conditio sine qua non di una famiglia per scelta, tanto è vero che possono essere accolte nella famiglia anche persone che non si riconoscono come gay o lesbiche purché venga riconosciuto un legame profondo abbastanza per considerarle “di famiglia”, per sentire emotivamente vicina, stretta, una persona come nel caso di un parente (Schneider, 1968, p. 72). È il caso di Alice, che pur riconoscendosi come eterosessuale, venne inserita da Rovyna nella famiglia con l’appellativo di “compagna di merende”, ovvero di amica intima e di vecchia data. Perché non sia stata inserita come sorella è, a parere mio, dovuto al fatto che non è legata a Nancy Posh dal rapporto di madrina-novizia che lega lei e LaZelma per esempio.
Questo però solleva un altro dubbio: anche Rachele e Mirkattiva avevano Nancy Posh come madrina. Perché Rovyna non le citò come sue sorelle o cu- gine? Anche in questo caso, è il tempo la chiave che permette di definire che qualcuno è parte della famiglia. Oltre alla vicinanza genealogica, serve anche una vicinanza di tipo emotivo (p. 73). È solo grazie al tempo passato insieme, che si riempie di esperienze e ricordi in comune che si può formare un legame abbastanza profondo da potersi chiamare l’un l’altra sorelle. O “compagne di merende”.
Dunque, abbiamo delle famiglie di scelta originate da gruppi di per- sone che si riconoscono come gay e abbiamo anche delle famiglie che si formano attraverso relazioni di tipo madre-figlia e sorella-sorella. Questo punto accomuna le famiglie drag alle famiglie per scelta e ai gruppi dome-
103
È un attimo. Relazionalità, performance e politica tra le drag queen di Milano
stici. Ciò che accomuna solo le famiglie per scelta e quelle drag è che i suoi componenti sono principalmente uomini che si riconoscono come gay. Alle famiglie drag, tuttavia, per essere perfettamente assimilabili alle famiglie per scelta e ai gruppi domestici, sembrerebbe mancare la parte del domesti- co. In senso letterale, nessuno dei gruppi dei miei interlocutori era formato da persone che convivevano, preparavano i pasti l’una per l’altra e pulivano casa insieme.
Ciò che i miei interlocutori condividevano era lo spazio e il tempo delle serate. I preparativi, il camerino, le serate, sono questi i luoghi e i tempi in cui vive abitualmente il personaggio di una drag queen, ed è questo il luogo e il tempo in cui si stringono e si formano i rapporti di parentela tra questi per- former. Non dissimilmente, D. (il quale, oltre a lavorare come barista al Toilet è anche un attore) fece questo paragone con l’ambiente teatrale che io trovai molto azzeccato:
In teatro poi tu magari conosci una persona, ci lavori per due mesi, e dopo due mesi sembra che siamo come fratelli. E poi in realtà, magari facciamo lo spettacolo e non ci si vede più però c’è proprio, quell’unione lì... cioè, di collaborazione, quindi sappia- mo che dobbiamo farci una serata, o dobbiamo fare divertire la gente, anche se sono al bar, tu sei al... non so, in console, l’altro è in giro... comunque siamo un gruppo. (Intervista a D., p. 11)
I termini, i tempi e i luoghi della vita delle persone non possono essere adottati in toto per i personaggi, poiché il personaggio, pur essendo un prodotto della persona, ne occupa determinati spazi (il locale e non l’ufficio), fa leva su deter- minati tratti del carattere del performer che non vengono sviluppati dalla per- sona e occupa momenti a lui precipui (la notte e il weekend contro il giorno e la settimana). Di conseguenza, anche le dinamiche che portano alla formazione di legami di parentela tra i performer da me osservati, andavano di conseguen- za. Non serve condividere una casa per essere una famiglia drag, ma partecipa- re alle stesse serate e condividere gli stessi camerini. Non è mangiare insieme che fa di due drag queen madrina e novizia o sorelle, ma è truccarsi l’un l’altra, prepararsi insieme. In questo consiste la dimensione domestica di queste fami-
104 Marcello Francioni
glie. Il tempo, anche qui,29 è la chiave. Non si è sorelle dal primo istante. Essere parte di una famiglia, o per meglio dire, essere legati da rapporti di parentela (mentre la presenza di rapporti di parentela emerse in tutte le interviste che condussi, il concetto di famiglia non mi fu sempre esplicitato in questi termini), vuol dire che si diventa uno parte dell’altro e che si fa affidamento l’uno sull’al- tro, non solo durante le serate ma anche nella vita quotidiana:
Siamo cresciuti insieme. […] Quindi, ci si è aiutati nei momenti magari di difficoltà. Sì, son nati dei bei legami, ecco. […] Ma anche con lo stesso Walter, come ti dicevo, come si vede non […] solo […] per restare lì a, te l’ho detto, a ballare. Ma, cioè, se c’abbiamo voglia di andare a mangiare una pizza a casa sua, andiamo a mangiare. (Intervista a Mirco, p. 14)
E ancora:
Momenti di difficoltà che possono essere semplicemente qualcuno che ha qualche problema, in quel momento, magari la vita non lo soddisfa, così, completamente, allora gli si dà una mano, […] non è infatti come ti dicevo solo: “Ok, sì, vediamoci solo per uscire”; poi se quella persona è giù di morale per problemi sentimentali o che cavolo, insoddisfazione... comunque ci siamo e […] ci si tira su, eh, ci si aiuta, ecco. Fondamentalmente, questo. […] Se la persona segue un progetto, la si aiuta a […] promuoverlo, anche. o... Oppure, non so, c’è quella persona che espone in quella galleria? Eh! Andiamo! Andiamo a vedere! Andiamo a vedere comunque cos’ha fatto. Non è solo... ripeto, vedersi in un locale e bon. (p. 14)
Il sentimento di “collaborazione” di cui parlava D. si riflette anche nella volontà di partecipare ai progetti delle proprie novizie e sorelle. Così fu per Nancy Posh, LaZelma e La Fosca quando accettarono di partecipare al progetto forse più am- bizioso che sia stato portato avanti tra i membri del gruppo del Toilet: Rovyna
una degli altri.
Quel tipo di progetto, […] è stato un po’ […] [come fare da] supporto visto che face- vamo parte dello stesso gruppo, cioè quello di Squat. […] E quindi, alla fine, cioè, era come se fosse […] un’unica entità che partecipava a questa cosa. […] Perché il gruppo 29 Si vedano i richiami al legame tra tempo e parentela in Weston, Carsten e Sahlins nella rassegna.
105
È un attimo. Relazionalità, performance e politica tra le drag queen di Milano
era, ed è ancora, come si è visto anche sabato, talmente tanto affiatato, che quando uno ha un progetto, gli altri collaborano molto volentieri. (Intervista a Erik, p. 7) [Partecipare al progetto] è stata una cosa per solidarietà per Rovyna, e per i ragazzi, che conosco. […] L’ho fatto per... sì, per dare una mano […]. Mi piaceva il progetto della... drag in politica. Quindi non per pubblicità su me stesso, perché lì era Rovyna e non era Nancy Posh. Quindi anche lo Zel-, LaZelma che ha fatto la cosa insieme a noi, l’abbiamo fatto proprio per solidarietà, per amicizia e per... un simbolo […] ci credevo. (Intervista a Nancy Posh, p. 365)
Passiamo ora al gruppo della Gaudenzia. Come diceva più sopra Huma, anche in questo caso possiamo dire di essere di fronte a una famiglia drag, i cui com- ponenti sono legati da rapporti di madrina-novizia e di ex-noviziato. In questo caso nessun interlocutore di questo gruppo ha mai usato al parola sorella o simili, ma non per questo il rapporto che lega queste persone non si esprime in una modalità assimilabile.
Uno dei modi in cui si manifesta questo legame tra i performer della Gau- denzia è durante la preparazione della serata, quando nel backstage Cassandra Casbah e Huma si alternano al trucco per pittare i volti di Lady Violet e Ladal- gisa, le quali non sono capaci di truccarsi da sole. Il clima di collaborazione e di interdipendenza, nonché di affiatamento di questo gruppo è ben visibile nel primo backstage che ho ripreso per la Gaudenzissima, una serata di duetti in cui era presente tutto il nocciolo duro del cast (mancavano solo Lady O, Luz La Truz e Jo Marcio, i quali comparivano come ospiti solo raramente).
Se è vero che i rapporti tra le persone (in questo caso, i rapporti familiari) si strutturano nello spazio e da questo sono influenzati, un’altra interdipen- denza nella famiglia della Guadenzia è quella che lega i performer al Cicco Si- monetta. Al di fuori del Cicco, per quasi tutti i performer (Cassandra esclusa), esibirsi non è nemmeno pensabile. Tra tutti i locali il Cicco, tra tutte le serate la
Gaudenzia. Senza Gaudenzia, non ci sarebbe modo né occasione di pensare i suoi
performer in altro contesto. Senza i suoi performer, non ci sarebbe la Gaudenzia come gli spettatori conoscono e apprezzano. Sul perché di questa esclusività che lega in special modo il palco della Gaudenzia con Ladalgisa e, in minor misu- ra, Lady Violet, tornerò alla fine della sezione.
106 Marcello Francioni