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III. Il mondo delle drag queen: famiglia, lavoro, mimes

2. Madrine, novizie e il decalogo

3.3 Rovyna una degli altr

3.3.5 Rovyna contro tutt

L’opposizione da parte degli avversari politici del centrodestra e, in una certa misura, anche da parte dello stesso candidato del PD Penati, sulla carta allea- to di SEL e di Rovyna, ma nella pratica quasi all’oscuro della natura stessa del progetto, erano prevedibili. Rovyna una degli altri andava contro il modo di fare politica dominante, e indirettamente contro il senso di essere stesso dei partiti politici. Che cercassero dei modi per screditare o eliminare dalla corsa il collet- tivo era quasi un sottinteso. Quello che nessuno del collettivo si aspettava, era che grande scetticismo e critiche giungessero anche da un fronte considerato di veri alleati quale quello delle associazioni per i diritti LGBTQ:

Come Rovyna, noi non eravamo visti del tutto positivamente anche dal mondo gay. […] noi siamo stati appellati come dei pagliacci di strada. Alcuni che volevano divertirsi mentre erano gli altri, sai, erano le associazioni, che lottavano poi per i diritti. Queste critiche, cioè, feroci, effettivamente... […] Io ci rimasi molto male, perché […] di mio ap- proccio generale alla vita e al lavoro, io penso che se uniamo le mie forze, le tue forze, forse qualcuno ci ascolta di più. Se io e te pur condividendo le stesse idee ci facciamo la guerra, è un po’ la sinistra, facci caso. […] Voglio dire, diamo la possibilità di vincere a chiunque. […] Quindi io sono sempre stata un po’ dell’idea che dove troviamo una unione, è meglio una condivisione di idee; è meglio unirle, le forze. […] Quindi a me era dispiaciuto perché dicevo: “È strana questa-, è assurda, non che è strana perché noi combattiamo per quelli che sono dei diritti del movimento omosessuale, no?”. E... poi, ri- peto, nella forma, potevamo essere un po’ bizzarri, ma volevamo esserlo. Cioè, non è sta- ta una roba... noi volevamo essere in questo modo. (Intervista ad Alice Cimini, pp. 11-12)

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Anche quando parlai con La Negra, che non aveva preso parte al collettivo ai tempi, la reazione che raccolsi nei confronti di Rovyna una degli altri, non di molto si scostava da quella delle associazioni di Alice:

La Negra: Secondo me è presto per vedere dei travestiti in politica. […] Poi soprattutto […] già vedere Vladimir Luxuria, per me è già troppo. Figurati una Rovyna! Cioè, sa- rebbe veramente un circo! Cioè, già adesso con i politici che abbiamo, è un circo. Poi se ci mettiamo anche noi, sarebbe veramente una barzelletta.

Marcello: Beh, sarebbe un circo più onesto.

LN: Sì... più onesto, sì. Però... deve ancora morire ancora un paio di generazioni per attuare un... un progetto del genere. Non siamo ancora pronti.

M: Ma, secondo te, era un progetto valido..? cioè, l’idea...

LN: Se vivessimo su Marte, sì. […] No, è esagerato, secondo me, […] magari i pensieri potevano essere giusti, […] proprio l’idea di-, che aveva Rovyna in sé e per sé era buona. Ma non […] come è apparsa. Cioè, con l’apparenza della Rovyna era troppo un colpo nell’occhio. Sì, e nessuno... cioè, come abbiamo notato, appunto, ha capito... quello che lei voleva fare. […] Siamo ancora molto bigotti. Cioè, non riusciamo in alcune situazioni ad accettare il figlio omosessuale; figuriamoci un travestito con tanto di paillettes, parrucca e compagnia varia... alla Presidenza […] della regione. (Intervista a La Negra, p. 13)

La retorica del circo era non a caso ricorrente, e simboleggiava la difficoltà ri- scontrata da Rovyna Riot in qualità di volto e simbolo del collettivo, e di conse- guenza riscontrata dal collettivo stesso, di farsi prendere sul serio e di far giun- gere a destinazione il proprio messaggio politico in maniera chiara. Riuscire ad andare oltre al fatto di avere di fronte un uomo vestito in abiti femminili e truccato, con una parrucca leonina in testa, rimaneva un ostacolo di non poco peso sia per gli avversari che per alcuni dei possibili simpatizzanti. La difficoltà incontrata nel rendere conto della serietà nel fare drag è una problematica co- mune non solo a Rovyna una degli altri, ma anche per esempio a LaZelma:

Dall’altra parte [quando sei travestita] puoi permetterti di fare cose che da uomo non potresti mai permetterti di fare, è un’arma a doppio taglio, insomma. Però è diver- tente. Perché? Perché la travestita se ti risponde male: “Vabbè ma è una travestita. È un gioco”. Anche se lo sta ovviamente pensando, esattamente tutto quello che dice. […] Assolutamente sincerissima, però non può... (Intervista a LaZelma, p. 26)

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Perché ci si trucca e ci si veste da “baraccone” ma lo si fa con incredibile serietà e impegno. Perché, anche se condito di una veste ironica o sarcastica, tutto quello che una travestita dice è ciò che in quel momento pensa – senza per for- za che quello che pensa da travestita lo pensi anche da uomo:

Il fatto che sei travestito ti permette di dire con libertà più forte. Ahah! Che a volte pensi anche proprio da travestito, perché quando ti togli le cose non le pensi più, secondo me. […] ti concedi di pensarle. (Intervista a Simone, pp. 18-19)

3.4 Le altre

Il coinvolgimento nelle questioni di politica di Rovyna Riot, di Nancy Posh, de LaZelma e de La Fosca è cosa ora appurata, seppure in diversi gradi per ognuno, in base al proprio ruolo (maggiore per Rovyna che per le altre). Oltre a Rovy- na una degli altri, anche le stagioni di Squat, sia quelle al Sottomarino giallo e il Parking Squat nel parcheggio del PalaBadminton (MI) che l’ultima stagione conclusasi durante la mia ricerca al Toilet erano contrassegnate da uno spicca- to senso politico, soprattutto in senso anti-istituzionale, come il nome stesso suggeriva. Le istituzioni in questione erano, ad esempio, la giunta Moratti, che costringeva alla chiusura i locali come fossero le caselle del calendario dell’av- vento; ma potevano essere pure le serate nelle discoteche mainstream:

Però son appunto quel tipo di situazioni che ci piacciono a noi. Cioè, un po’ desta- bilizzanti per un pubblico che segue magari la festa canonica […], non faremo mai una serata con i gadget, con i “Vinci la maglietta”. Una serata abbiamo fatto, a Na- tale, dove regalavamo delle cose, abbiamo svuotato ciascuno le proprie cantine... […] Oggetti rotti alle persone, tipo il CD masterizzato di Ligabue. […] Cioè, voler male alle persone. Oppure un guanto rotto, oppure... […] Cose che avevi in cantina, “Toh, impacchettiamole anche bene”. […] E quindi poi-, cioè, il nostro è sempre un po’ fare il verso a un certo tipo di [serata] ma senza cattiveria, no? Semplicemente perché è una cosa che non [faremmo] […] e quindi noi, facciamo il verso, facciamo queste cose, riproponendole in minchia, [in chiave] assolutamente ironica. (Intervista a Rovyna Riot, p. 298)

Anche Simone mi parlò di questo clima contro le modalità istituzionali di vive- re e presentare le serate con performance in drag:

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A me piace il fatto che il pubblico che viene al Toilet è adulto. Mi piace come tipo di divertimento e mi piace perché... Squat prende in giro un po’ anche il travestismo più patinato che c’è nel mondo gay o comunque nel mondo [dei locali]. (Intervista a Simone, pp. 3-4)

Non solo il Toilet però si occupava di politica. E con il termine politica non inten- do, in senso stretto, l’attivismo politico militante, il prendere parte a campagne elettorali o far parte di partiti e consigli comunali. Occuparsi di politica vuole dire anche riflettere e far riflettere, discutere tematiche di interesse sociale e politico, che pure sembrerebbero esulare o addirittura stonare con le serate vol- te all’intrattenimento a cui ho assistito.

Eppure non era per forza così. Come già ho narrato nel capitolo relativo alla mia prima esperienza al Gioia 69 per la serata Why Not, durante il suo monologo introduttivo, Pipe Rita parlò delle imminenti elezioni politiche. Seppure, di primo acchito, il livello di impegno politico di Pipe Rita appaia come poca cosa rispetto alla partecipazione in prima linea di Rovyna Riot e delle sue colleghe, se si guarda con maggiore attenzione si può notare che ciò che separa Rovyna da Pipe Rita non è l’impegno messo, ma è il contesto in cui espongono tali tematiche. Per una campagna elettorale, l’impegno politico dimostrato da Rovyna Riot era perfettamente commisurato – l’uni- ca eccezionalità, se di eccezionalità si può parlare, è di avere un candidato in drag. D’altro canto, l’interesse dimostrato da Pipe Rita nel contesto di una serata di svago quale il Why Not, teoricamente ideata e presentata come una serata senza impegni di musica e intrattenimento, pareva perfino smi- surato. Ricordo, infatti, come pur ridendo di gusto, io stesso fossi rimasto sorpreso nel sentire Pipe Rita esprimersi in modo così esplicito di politica, dedicando una sezione definita del suo monologo alle elezioni. Certo, ciò che fece Pipe Rita però non fu semplicemente parlare di politica: il Gioia 69 non era la sede di un partito né il palco del locale il palco di un comizio. Senza sacrificare alcuna informazione che riteneva essenziale – ricordare al pub- blico di andare a votare – era riuscita a modellare il discorso politico secondo le coordinate del suo modo di fare cabaret, e del modo in cui il pubblico si aspettava che lei facesse i suoi monologhi. Parlando di sessualità, uno dei

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temi ricorrenti nelle performance en travesti e nelle serate più marcatamente gay-friendly.

Incommensurabile, invece, potrebbe definirsi l’interesse verso le tema- tiche politiche mostrato durante la serate della Gaudenzia. Dico incommensu- rabile perché, sostanzialmente, alla Gaudenzia, non si parlava di politica. Si parlava di vita, si parlava (e si rideva) della morte, dell’amore, della felicità e della tristezza, ma la politica non sembrava rientrare nelle scalette di Cassan- dra Casbah, l’unico personaggio all’interno della serata ad avere la libertà e il ruolo per parlare del più e del meno improvvisando con il pubblico. Non che Gianluca, dal canto suo, non si occupasse di politica. Tutt’altro. Ho già citato le sue performance alla torre Galfa legate al fenomeno MACAO; inoltre, insieme a una sua collega attrice ha scritto un trittico di spettacoli sulla figura della poetessa americana Ann Sexton (di cui ho avuto occasione di vedere il secondo capitolo, Conferenza con Ann Sexton), le cui poesie toccavano tematiche a dir poco delicate negli Stati Uniti degli anni ’60 e ’70 quali l’aborto, il suicidio, il ruolo della donna nella società, la medicalizzazione e l’abuso di psicofarmaci, ma di sicuro impatto sociale e politico.

Quello che caratterizza la Gaudenzia, non è una mancanza di interesse verso tali tematiche o verso la politica in toto, ma è una scelta consapevole e meditata da parte di un performer che ha deciso di includere certi argomen- ti e di escluderne attivamente e situazionalmente altri da una sfera precisa della sua attività, per includerli in altri contesti, ritenuti forse più adatti o più ricettivi.

3.5 Il Toilet

Non solo Rovyna una degli altri, ma anche il Toilet meriterebbe di essere menzio- nato in questa sezione sulla politica. Il motivo non è semplicemente il legame tra Rovyna Riot, la campagna e i gestori del locale (che, Simone a parte, erano parte del collettivo insieme a Nancy Posh), che da solo basterebbe per une breve citazione di valore didascalico. Il fatto è che il Toilet si rivelò interessante sia per le serate che organizzava, a cui ho partecipato con enorme curiosità e diver- timento, che soprattutto per il modo in cui venivano organizzate.

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Come già scrissi nella sezione introduttiva, il Toilet era parte del circuito dei Circoli ARCI di Milano, ovvero non era un locale qualunque, ma la sua ge- stione sottostava a uno statuto nel quale si sottolineavano i campi di “priorità”, tra i quali comparivano:

r) la cultura della convivenza civile, delle pari opportunità dei diritti, delle differenze culturali, etniche, religiose, e di genere, della tutela delle diversità linguistiche non- ché della libertà di orientamento sessuale e dell’antiproibizionismo;

s) lo sviluppo di forme di prevenzione e di lotta all’esclusione, al razzismo, alla xeno- fobia, all’intolleranza, al disagio, all’emarginazione, alla solitudine;

t) la promozione di una società aperta e multiculturale, dove diversità e intercultu- ralità siano una risorsa. La promozione del protagonismo e dell’autorganizzazione dei migranti e delle minoranze. (Statuto nazionale dell’Associazione ARCI, associa- zione di promozione sociale, del 18 aprile 2010)70

L’impegno, dal punto di vista sociale e politico, dunque, era esplicito, ma non sempre gli statuti venivano applicati con grande vigore. Così era per il vecchio Toilet, prima che LoZelmo, Simone ed Erik ne rilevassero le quote. Era un loca- le che si rivolgeva a un pubblico prevalentemente gay, faceva parte del circolo ARCI, ma le serate organizzate non avevano come tematiche quelle indicate nello statuto.

Con la nuova gestione la cosa si può dire che cambiò, non solo nella ge- stione dei locali ma anche nella mentalità dei gestori:

A parte adesso che avendo un circolo [ARCI], si sta anche più attenti a determinate cose, quindi... ben venga se c’è qualcosa su cui puntare. Un discorso da portare avan- ti, far capire eccetera. Però, prima [quando partecipai a Rovyna una degli altri] insomma non la vivevo in questo modo. Cioè, lo [il mio ruolo] vedevo giusto come quello che era fondamentalmente, il mio lavoro [fare il DJ]. C’era quel tipo di sviluppo in più: ben venga. Però, come ideologia... lo seguivo ben poco. Cioè, nel senso: sono loro che ne capiscono di più. Lascio fare a loro. Poi […] se c’è modo comunque di dare una mano, e posso darla in questo modo, so che quella è una cosa che so fare. Quindi mi occupo di quello. Punto. Adesso, vabbè, logicamente le cose si sono sviluppate in una maniera un pochettino più impegnativa, quindi si lavora anche su più fronti. 70 http://www.arci.it/arci/statuto_nazionale/index.html

Figura 9. Il logo dell’attuale Toilet Club, il cui slogan è: “Al Toilet siamo tutti uguali”.

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Ci sono cert-, un certo tipo di collaborazioni, e è giusto che sia così. E poi ben venga, nel senso: sono esattamente come ti dicevo prima, stimoli in più che ti portano a-, a crescere, comunque è tutto uno sviluppo. (Intervista a Erik Deep, p. 7)

Prendere in mano le sorti di un circolo ARCI porta con sé delle responsabilità, o meglio delle potenzialità: si può sfruttare la natura del luogo, che nasce proprio per promuovere l’integrazione, per portare avanti tali discorsi, seguendo però una linea originale dettata dalla personalità e dal gusto dei gestori di turno. Il nuovo Toilet nasceva con un obiettivo: cancellare le differenze attraverso la musica.

Erik: Quindi, fondamentalmente siamo arrivati qui in, con una situazione dove fon- damentalmente era un locale. Cioè, le tematiche erano veramente molto...

Marcello: Spicce.

E: Là! esatto. Sì, devono esserci da statuto ma [non erano portate avanti con grande convinzione]... invece per ora noi portiamo avanti questo tipo di discorso. Cioè, nel senso: vogliamo proprio far capire che la diversità a livello sessuale non dev’essere una diversità. Che tutti possono, anche se hanno gusti diversi, convivere e divertirsi assieme. Quindi stiamo utilizzando... come il legante, il discorso musicale, curato in un certo modo. Proprio per riuscire ad attirare gente e far capire che si sta bene anche assieme. (Intervista a Erik Deep, p. 8)

Il modo di “curare il discorso musicale” era quello della scuola di Nancy Posh: mescolare i generi e le epoche, senza paura dei puristi (che sono solo “cazzari”, come mi disse Nancy) cercando di accostare buon musica che valichi i confini del pop, del rock, dell’elettronica e della disco. Ed è appunto attraverso la musi- ca che i gestori del Toilet erano intenzionati a veicolare questo messaggio, sia riproducendola durante le serate che producendone da zero. Erik Deep, infatti, durante il periodo della mia ricerca, aveva un singolo in preparazione di cui mi accennò:

E infatti adesso c’è quest’altro progetto che sto portando avanti, dovrebbe uscire tra... credo un mesetto e mezzo, massimo due, dovrebbe uscire questo singolo. Dove, ap- punto farò questo personaggio che non-, stranamente non sarà al Fosca ma sarà Erik Deep... […] E sarà un brano legato a questo tipo di messaggio. Nel senso che verrà-,

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viene fatto apposta per portare avanti il discorso del legalizzare i matrimoni gay in Italia. Quindi mi uscirà questa cosa, verrà pubblicizzata parecchio. Il video dovremmo farlo tra un paio di settimane. E... dovrebbe appunto uscire credo tra un paio di mesi perché il video poi in tre giorni massimo verrà realizzato e uscirà subito anche perché, c’è già un contratto firmato con una casa di distribuzione. […] E quindi questa cosa sarà ancora-, ancora più amplificata. Perché comunque anche a livello mediatico sarà un pochettino più... più pubblicizzata e-, e quindi, insomma, il discorso che stiamo portando avanti qui dentro, lo tireremo fuori anche lì. (Intervista a Erik Deep, p. 11)

Il video, che doveva avere come protagonista Erik Deep, doveva raffigurare un matrimonio tra due uomini nello stile delle commedie americane, con grande fasto, “in un parco all’aperto, quindi iper-eccessivo. Cioè, tipo gente coi pavoni al guinzaglio. Quelle cosa un po’ così...” (p. 12). Quello che trovai interessante, oltre al progetto in sé, era la scelta di usare Erik Deep e non La Fosca, che Erik stesso mi spiegò in questi termini:

Però, come dicevo, stranamente non utilizzerò i panni della Fosca, ma proprio quelli di Erik. […] Perché forse è anche quella-, è un po’ andare incontro. […] Quindi, cioè, avere il personaggio tacco a spillo eccetera, parrucca, caschetto, bionda, iper-truc- cata, rossetto, magari è un po’ troppo d’impatto. Quindi già il messaggio è forte, il video sarò-, sarà parecchio Carnevale di Rio. […] non vorrei fare la cosa troppo forte perché... mh. RuPaul già c’è. Billy More già c’è stato. L’idea è un po’ quella, però meno aggressive, ecco. (pp. 11-12)

Scegliere l’androgino Erik Deep invece che la sciura Fosca tra i personaggi a di- sposizione di Erik, si iscrive in un tentativo di mediazione, per cercare di pre- sentare un messaggio già alquanto delicato nel panorama politico (e non solo) italiano in un modo meno “aggressive”, dimostra come i gestori del Toilet eser- citassero una sensibilità strategica nel portare avanti delle tematiche delicate che stavano loro a cuore. Usare Erik Deep e non La Fosca, nelle previsioni di Erik, doveva apportare un maggiore impatto e possibilmente quindi un mi- gliore risultato di sensibilizzazione, lasciando inalterato il nucleo della perfor- mance: appoggiare i matrimoni tra persone dello steso in Italia e mantenere il portavoce in drag.

L’impegno in fatto di tematiche di interesse sociale e politico non si fer- mava, tuttavia, alla musica e alla filosofia del circolo, ma investiva anche l’or-

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ganizzazione delle serate. Due in particolare hanno suscitato in me particolare interesse: Squat e Cool Kids Can’t Die (d’ora in poi abbreviato a CKCD).

Il primo Squat a cui partecipai, quello di Pasqua, il 30 marzo 2013, come scoprii vedendo le fotografie scattate durante la serata e pubblicate qualche giorno dopo e come ebbi conferma parlando successivamente con Simone, era stata dedicata al collettivo politico di protesta Femen, e in particolare al mem- bro tunisino Amina Tyler, scomparsa nel marzo 2013 per aver prima pubblicato foto a seno nudo su Facebook con delle scritte in cui rivendicava la proprietà da parte delle donne del loro corpo e per aver tentato di introdursi al meeting del partito tunisino CPR (Congresso per la Repubblica), per denunciare la ministra Sihem Badi. Amina era ricomparsa ad aprile per essere di nuovo incarcerata ed infine liberata agli inizi di agosto dello stesso anno.71 Il titolo che venne dato allo Squat di Pasqua fu Free Amina. Come mi spiegò Simone:

Però vedi, comunque, è una figata perché, tipo... l’altra volta la serata era dedicata ad Amina, quella delle Femen, no? Tutte le volte devi trovare il tema sociale, ma quella cosa lì è nata da uno che viene abitualmente a Squat, fa: “Ragazzi, minchia, io voglio