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III. Il mondo delle drag queen: famiglia, lavoro, mimes

2. Madrine, novizie e il decalogo

2.9 Umorismo e relazionalità

2.9.1 Una risata vi seppellirà

Uno dei campi semantici e dei topoi più comuni nell’umorismo è quello della morte. La morte assurge ad assurdo di più facile consumo, perché tutti sono av- vezzi a parlare di morte benché nessuno l’abbia mai capita. Scherzarci, allora, è giocare a colpo sicuro. Durante il mio lavoro di campo ho osservato come spesso e volentieri, nel rapporto umoristico che si crea tra i performer, ma anche tra performer e pubblico, si giocava con la morte. L’appena menzionata Pipe Rita, durante i suoi monologhi di presentazione agli show del Why Not, era solita fare un appello di tutte le colleghe assenti – la serata era nata con ben 16 resident, con vari ruoli, ma difficilmente riuscivano ad averne più di 5 tutte insieme. La cosa interessante è che la retorica usata era sempre quella della morte, qualunque fosse il problema che affliggeva le assenti. Che fossero malate, in pensione, as- senti, presenti ma in borghese o trasferite, erano tutte ugualmente morte e ve- nivano salutate da Pipe Rita con un gesto teatrale, la mano rivolta in alto verso la luce dei riflettori, come se fossero state morte del Paradiso.

Anche alla Gaudenzia ogni tanto si parlava di morte in termini di umorismo. Ne parlava Cassandra Casbah e quando si rivolgeva a una spettatrice in particolare, M.A., una signora sulla sessantina, assidua e fedele frequentatrice della serata con cui Cassandra aveva stretto un rapporto di amicizia particolare, e che più tardi durante la mia ricerca divenne anche parte del cast, facendo una parte in un nu- mero molto divertente accanto a Ladalgisa. Le poche volte che M.A. era assente, Cassandra si rivolgeva al pubblico, all’inizio dello spettacolo, e annunciava la triste scomparsa della povera M.A., pur essendo questa perfettamente in salute e solo assente. Questo tormentone andò avanti qualche volta, fino a che M.A. venne a co- noscenza degli episodi e scrisse una mail a Gianluca nella quale si complimentava per lo spettacolo ma lo pregava di smettere di dire in giro che era morta.

Nemmeno il Toilet fu risparmiato dall’umorismo nero. Tutto era comin- ciato all’Antibagno, la serata del giovedì sera del Toilet dove Erik Deep, nei panni de La Fosca, accoglieva degli ospiti nel locale riattato a salotto borghese nello stile di Harem, la celebre trasmissione condotta da Catherine Spaak, e chiedeva loro di suonare una playlist di brani ideata da loro e di mostrare spezzoni di film che in qualche modo li rappresentassero e li aiutassero a raccontarsi. L’Antibagno

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È un attimo. Relazionalità, performance e politica tra le drag queen di Milano

a cui ho assistito era quello in cui Nancy Posh e Rachele De Niro erano le ospiti e le travestite pullulavano come quasi neanche allo Squat. La serata fu molto tranquilla, l’atmosfera era quasi intima. Rachele e Nancy, sedute una di fronte all’altra a lume di candela e vestite una con un enorme strascico, l’altra con un velo di tulle rosso infinito, sembravano due cartomanti mentre consultavano i loro portatili alla ricerca dei brani adatti. Tutto stava andando per il meglio fino a che le due ospiti non uscirono con il fotografo della serata in strada per fare gli scatti d’obbligo, e Rachele ebbe la brillante idea di stendersi sul parapetto in ferro battuto che separa via Lodovico il Moro dal Naviglio, dello spessore di circa tre centimetri. Caso volle che un secondo dopo essersi stesa, sia scivolata all’in- dietro e stava per cadere nel canale se Nancy non l’avesse prontamente affer- rata per le braccia. Il fotografo è riuscito ad immortalare tutte le fasi di questa tragi-commedia, con una Rachele all’inizio serissima e dopo la caduta in preda a risate isteriche, e una Nancy visibilmente preoccupata e decisamente infasti- dita dal giovanotto che fermò la macchina, scese e chiese se erano prostitute transessuali in cerca di un veloce servizietto.

L’episodio divenne subito una leggenda del Toilet, se ne parlò per setti- mane, tanto che il testo della pagina Facebook per il successivo evento Squat, così recitava:

Stanno girando delle voci in città, di una travestita che ha cercato di suicidarsi nel naviglio e di un’altra che ha cercato di darsi fuoco. O forse è quella che si dice abbia cercato di darsi fuoco che ha buttato l’altra nel naviglio che per vendicarsi ha cercato di darle fuoco [a causa del tulle e delle candele, a un certo punto della serata il velo di Nancy stava per prendere fuoco]. Prima che la storia diventi leggenda e che la leggenda diventi mito, l’ultima puntata di SQUAT! Di questa stagione darà come il finale dell’episodio pilota di un telefilm che non verrà mai girato. Perché le protago- niste in realtà si odiano tutte, perché faranno di tutto per rovinarsi a vicenda, perché se tutto va bene ne sopravviverà solo una (che poi si farà fuori perché non avrebbe più senso esistere senza le altre).33

È molto nero l’umorismo di cui è intriso l’episodio che mi ha raccontato Mirco dei riti che si vociferava avrebbe messo in atto per rubare il posto di Walter,

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ben prima che si vestisse da Nancy Posh per Halloween. E tutto questo perché il soprannome che Mirco aveva ricevuto al liceo per uno strano caso coincideva con il cognome vero di Walter. Ma, anche qui, la leggenda sorpassava di gran lunga la verità:

Allora s’è creato anche questo mito che io volessi emulare […] Nancy Posh. E che quindi praticamente ci sarebbe stato addirittura […] un rituale dove io praticamente avrei mangiato Nancy Posh e robe del genere! Ahahah! […] qualcuno aveva detto che l’avrei uccisa per prendere il suo posto. (Intervista a Mirco, p. 17)

Anche Walter venne a conoscenza di questo episodio e la sua reazione, quanto mai azzeccata, fu una bella risata.