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31 Figura 9 – Siti estrattivi storici lungo costa, tracce di lavorazione e materiale semilavorato

2.2 Cave e paesaggio, la storia fa la differenza

L’attività di coltivazione dei materiali di cava è una attività produttiva finalizzata a sottrarre una risorsa non rinnovabile che genera inevitabilmente degli effetti negativi sia sotto l’aspetto ambientale sia sotto l’aspetto paesaggistico; l’espansione dell’industria estrattiva e l’aumento della quantità di materiale estratto nel tempo ha creato la necessità di elaborare un sistema di regole finalizzato a minimizzare e compensare gli impatti. La necessità di pervenire a dei

2 Il Cimitero parco (Skogskyrkogarden, Cimitero nel bosco) situato a Enskede (Stoccolma) è stato progettato da Erik Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz nel 1915 ed è realizzato in cave di ghiaia attive fino agli inizi del Novecento; la realizzazione del parco cimiteriale risale al periodo 1916 – 1961. Il progetto integra il paesaggio naturale con quello artificiale delle cave di ghiaia dismesse. Il cimitero è inserito nella lista del World Heritage.

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risultati concreti in tale direzione è sempre attuale in quanto l’attività di estrazione delle materie minerali di cava è legata al soddisfacimento di un fabbisogno primario, costante e irrinunciabile. Inoltre a fronte dei numerosi sforzi orientati in tale direzione i risultati raggiunti risultano limitati; lo scenario nazionale fotografato da una recente ricerca di Legambiente (2008) mostra una situazione dove permangono siti estrattivi dismessi non recuperati e abbandonati e delle difficoltà oggettive nel governare la fase di recupero della cava dopo la dismissione.

L’esternalità generata dall’attività estrattiva maggiormente sentita è quella legata alle trasformazioni del paesaggio, se gli impatti durante le fasi di attività sono avvertiti dalle popolazioni locali quelli sul paesaggio sono percepibili dai residenti, dai frequentatori abituali o occasionali, visibili anche all’osservatore meno attento.

Tuttavia un passaggio importante è rappresentato dalla “Convenzione europea del paesaggio” che definendo il campo di applicazione (articolo 2) specifica che la stessa “(…). Concerne sia i

paesaggi che possono essere considerati eccezionali, che i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati”. Franco Zagari3 (2006) interroga il sapere esperto sulla definizione di paesaggio e Achille Maria Ippolito nel fornire la propria definizione parte da quella di Lucine Kroll “Tutto è paesaggio”.

I paesaggi di cava sono accomunati dall’essere percepiti in senso negativo, sono un “paesaggio

rifiutato”4 (Trasi, 2001) dalla collettività che in esso non si riconosce; la percezione di tali

trasformazioni è fondata da un presupposto di negazione, le cave vengono percepite come dei detrattori ambientali che contribuiscono in senso negativo alla qualità dello stesso.

La popolazione si sente privata di una risorsa mineraria, ambientale e paesaggistica, ceduta all’interesse collettivo senza avere dei benefici, anche in relazione ad un numero significativo di realtà regionali che non prevedono un canone per il materiale cavato o prevedono dei canoni ritenuti non adeguati. Le amministrazioni locali che in generale propendono per accogliere nuove attività produttive non accolgono di buon grado l’attività estrattiva nel proprio territorio, sino ad osteggiarla, rivendicando maggiore autonomia anche nel rilascio delle autorizzazioni a cavare; esiste una sorta di sfiducia nei confronti di tale attività.

Domenico Luciani5 (2006) nell’ambito della citata ricerca “Rekula” propone una teoria sulla percezione dei paesaggi estrattivi, percezione che condiziona l’approccio verso tali paesaggi. La teoria si riferisce al caso specifico della Regione Veneto, tuttavia è esemplificativa di quanto accaduto a livello nazionale. Luciani distingue tre principali momenti di riferimento nella storia dell’attività estrattiva. La prima fase è quella che si estende dall’inizio dell’attività cavatoria dell’uomo fino alla fine del XIX secolo e per alcuni aspetti sino alla prima metà del XX secolo, periodo storico dove la coltivazione dei materiali di cava è caratterizzata dalla bassa velocità di estrazione in relazione alle modeste tecnologie utilizzate. In questo periodo l’attività di cava non

3 Zagari F. (2006), Questo è paesaggio, 48 definizioni, Gruppo Mancosu Editore, Roma, pagg. 208-209. 4 Trasi N. (2001), Paesaggi rifiutati Paesaggi riciclati. Prospettive e approcci contemporanei, Dedalo, Roma.

5 Luciani D. (2006), Cave, nuove regole, nuovi progetti, in Atti del convegno “Ricerche e proposte sulle cave del Veneto”, Treviso, 10 marzo 2006. Documento disponibile su internet all’indirizzo: http://www.fbsr.info/futuro/media/2011/cave-nuove-regole-nuovi- progetti_917.pdf; [ultimo accesso agosto 2011].

C A P IT O L O 2

CAPITOLO 2

è ancora percepita in senso negativo sia in relazione alla diversa sensibilità nei confronti dell’ambiente e del paesaggio sia in relazione al minore impatto di tale attività sulle modificazioni del territorio6. Un passaggio importante nel rapporto tra tutela del paesaggio e attività di cava è rappresentato dalla vicenda dei Colli Euganei e dei Monti Berici che porta all’emanazione della Legge 29 novembre 1971, n. 1097 “Norme per la tutela delle bellezze

naturali ed ambientali e per le attività estrattive nel territorio dei Colli Euganei”, finalizzata a

regolamentare il rapporto tra esercizio dell’attività estrattiva e tutela del territorio7. Luciani osserva che questa nuova sensibilità rappresenta il momento in cui inizia l’attenzione alle cave, che aumentano in numero ed in estensione per soddisfare il fabbisogno di materiali legato ai processi edilizi; l’espansione significativa del settore estrattivo arriva per i materiali di seconda categoria a partire dal periodo del dopoguerra. La seconda fase corrisponde alla presa di coscienza degli impatti legati all’attività intensiva e non regolamentata dell’attività di cava. La necessità di definire delle regole porta ad individuare nella programmazione e nella pianificazione la soluzione; le Regioni legiferano in materia di cave e predispongono Piani riferiti al settore estrattivo. Le disposizioni legislative introducono la necessità del recupero alla fine dell’attività della cava, programmano l’esercizio alla coltivazione in funzione dei fabbisogni locali di materiale, individuano le aree suscettibili di estrazione introducendo il divieto di coltivazione nelle aree vincolate e nelle aree di particolare pregio, ancorché non vincolate. La terza fase è quella che pone al centro dell’attenzione il rapporto che intercorre tra la popolazione e i luoghi. Nelle fasi precedenti il fattore predominate di interesse era rappresentato dall’aspetto economico, nella terza fase l’aspetto prioritario è il paesaggio, l’ambiente e il rapporto diretto tra il benessere collettivo e la qualità dei luoghi insediati.

Il preambolo della “Convenzione europea del paesaggio” evidenzia il ruolo importante svolto dal paesaggio sul piano culturale, ecologico, ambientale, sociale ed economico, parte centrale è la volontà di garantire l’esistenza di un paesaggio di qualità, componente essenziale del benessere individuale e sociale.

6 In antichità e in particolare nel periodo di espansione edilizia dell’impero romano, quando le quantità estratte risultarono significative, personaggi illustri come Ovidio e Plinio si posero il problema delle trasformazioni arrecate al territorio in relazione alla attività di estrazione dei materiali.

Ovidio scrisse nel De Arte Amandi: “andavano a mancare gli stessi monti” e Plinio così si esprimeva nella sua Naturalis historia: “La natura aveva fatto i monti per sé, per conformare alcune parti della terra colle viscere sue, e per domare l’impeto, e rompere l’onde de’ fiumi: ora noi tagliamo e trasciniamo questi monti non per altro che per fantasie di delizie.” (Corsi, 1845).

7 L’emanazione della Legge 1097/71 rappresenta un momento storico significativo perchè per la prima volta l’attività estrattiva è subordinata al rispetto di valori prevalenti diversi da quelli di carattere economico.

La legge in particolare prevedeva, al fine di tutelare le bellezze naturali e ambientali dei Colli Euganei e del territorio collinare dei Comuni di Este e di Monselice, il divieto di apertura di nuove cave (o miniere) e la ripresa di esercizio di cave (e miniere) che risultassero inattive alla data del 1 ottobre 1970 (articolo 1). La legge prevedeva altresì per le cave da cui si estraeva pietrame trachitico, liparitico e calcareo, etc. la cessazione tassativa dell’attività entro il 31 marzo 1972 (articolo 2). La coltivazione e l'esercizio di talune cave venivano subordinate all'approvazione di un apposito progetto di coltivazione da parte del Soprintendente competente per territorio. Il progetto doveva contenere precise indicazioni in merito alle modalità e ai tempi di escavazione e alla sistemazione finale dei luoghi. Si prevedeva inoltre che qualora la prosecuzione dell'attività estrattiva risultasse di pregiudizio all'ambiente paesaggistico e naturale il Soprintendente respingesse il progetto e disponesse la cessazione dell'attività secondo specifiche modalità (articolo 3).

L’indirizzo dato dalla Legge 1097/71 ha rappresentato un precedente di grande importanza, ha segnato un passaggio sia nella storia della relazione tra attività estrattiva, paesaggio e popolazione insediata sia nella storia della tutela delle bellezze naturali. Tale prescrizione è stata infatti ritenuta dalla Corte Costituzionale (Sentenza n. 9 del 1973) estendibile all’intero territorio nazionale per quelle situazioni assoggettabili a uguale tutela.

Così si esprimeva nella citata sentenza la Corte Costituzionale riferendosi alla Legge 1097/71:

“La Corte osserva che i limiti di localizzazione della legge in esame non costituiscono trattamento singolare e differenziato da quello di situazioni che, altrove, siano ritenute, di volta in volta, sottoponibili ad eguale tutela. Trattasi, (…), di attuazione collegata, in concreto, ai principi informatori contenuti nella legge del 1939 che ha carattere di generalità e, (…), tutela espressamente tutte le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali.”

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Questa nuova idea di paesaggio è il frutto di una rivoluzione culturale dove un ruolo di rilievo è affidato: alla divulgazione delle buone pratiche, capaci di mostrare anche al sapere comune come il paesaggio di cava può diventare una opportunità per il territorio; al progetto; ai concorsi di progettazione; alle idee costruite e condivise con gli attori e la popolazione locale. Non più

non luoghi ma paesaggi produttivi estrattivi da progettare, da reinterpretare. Il progetto acquista

il ruolo principale di ridare una nuova vita al sito, creando un nuovo assetto condiviso dalle popolazioni locali, superando la connotazione negativa che contraddistingue i territori interessati dall’attività di cava.

Dalla teoria di Lucani possiamo affermare che tale percezione nei confronti dei paesaggi produttivi estrattivi è andata strutturandosi al crescere del numero e dell’estensione delle cave e al maturare di una nuova attenzione nei confronti del territorio scaturita in relazione ai risultati delle trasformazioni complessive incoerenti con i caratteri identitari del luogo.