• Non ci sono risultati.

Ai fini di una chiarificazione dei ruoli svolti durante il Parlamento dai due ministri regi occorre peraltro rilevare che il Blasco, sebbene

avesse spedito al sovrano diverse sollecitazioni lamentando il mancato invio dei poteri, senza i quali non avrebbe potuto celebrare il Parlamen-

' Sul reciproco rispetto manifestato pubblicamente dai due personaggi vedi ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140, lettera del viceré Bayona al sovrano, 23 aprile 1626; leg. 1360, lettera del reggente Blasco, 25 aprile 1626 cit.

2 Sulle promesse di clemenza si vedano gli accenni del Blasco in ACA, Consejo de Aragón, leg. 1360, lettera del 25 aprile 1626 cit.

to 3, non ricevette alcuna risposta e venne tenuto all'oscuro anche del-l'imminente partenza del Bayona per l'isola 4.

La compresenza dei due eminenti personaggi, del tutto nuova per la prassi parlamentare dell'isola, causò tuttavia notevole disorientamento tra i membri dei tre Bracci. Il Blasco, fino all'arrivo del Bayona, aveva operato infatti come se fosse stato effettivamente incaricato da Filippo IV di presiedere le Corti 5. Dopo la venuta del viceré, malgrado la confu-sione determinata dall'inedita prassi convocatoria, la situazione che si andò delineando, sul piano istituzionale, appare tuttavia abbastanza con-forme alla tradizione. Come si è già accennato, il 15 novembre 1625 Fi-lippo IV aveva informato i viceré dei regni di Aragona che per illustrare alle Corti le urgenti necessità del tesoro reale avrebbe fatto presenziare ad esse i reggenti provinciali. Nella missiva indirizzata al viceré di Sarde-gna il sovrano aveva invitato inoltre il suo luogotenente generale a colla-borare col reggente Blasco affinché i delegati parlamentari potessero ve-rificare concretamente la deferenza che il presidente delle Corti manife-stava all'inviato della Corona 6.

Sulla base di tali premesse i rapporti tra il reggente ed il marchese di Bayona appaiono improntati all'interpretazione letterale delle istruzioni inviate da Filippo IV. Il viceré avrebbe dovuto presiedere il Parlamento, controfirmarne gli atti e curare la riscossione del donativo: il Blasco, in qualità di ambasciatore speciale, doveva illustrare agli Stamenti la diffici-le situazione politica e militare in cui si era venuta a trovare la Corona.

Oltre alla presenza del reggente del Consiglio d'Aragona, un altro ele-mento che distingue il Parlaele-mento sardo del 1626 da quelli che si anda-vano svolgendo negli altri regni è il fatto che in Spagna gli Stamenti pre-tesero la celebrazione di Corti generali che si chiusero con l'approvazio-ne di numerosi capitoli', mentre in Sardegna ci si limitò ad approvare il donativo senza alcuna contropartita.

3 Il Blasco fece presente al sovrano la mancata concessione dei poteri in due lettere spedite da Cagliari il 21 marzo ed il 23 aprile 1626, cfr. ACA, Consejo de Aragón, leg. 1360 cit.

4 «Si Vuestra Magestad no me escrive y me tiene tan olvidado como quando se vinò el virrey consoktrème con que aura hecho Vuestra Magestad», ACA, Consejo de Aragón, leg. 1360, lettera del Blasco al sovrano in data 23 aprile 1626 cit.

La maggior parte degli atti redatti dai notai cagliaritani fanno riferimento alla convo-cazione del reggente Blasco, mentre alcuni degli atti sottoscritti a Sassari riportano la con-vocazione effettuata dal viceré. Per i necessari riscontri cfr. Parlamento, docc. dal 46 al 174, cc. 42-194.

6 La lettera, di grande rilevanza giuridica e politica, viene riportata integralmente nel-la Renel-lación de nel-las cortes cit., Parnel-lamenta, doc. 1, cc. 1-2.

7 Nel Regno di Valenza (ma il discorso è valido anche per l'Aragona) il numero dei

In breve tempo tuttavia questa palese vittoria della Corona, che riu-scì a riunire le Corti e ad ottenere da esse l'offerta più rilevante della storia parlamentare dell'isola senza concedere nulla in cambio, rischiò di ritorcersi contro i realizzatori del progetto. Quando, alla fine del 1626, si diede avvio alle procedure amministrative per la colletta del donativo, all'interno dello Stamento reale e di quello ecclesiastico emersero infatti notevoli resistenze 8. In privato alcuni membri dei tre Bracci iniziarono a sostenere che per le numerose violazioni del cerimoniale quelle del 1626 non erano state vere Corti e che per tale ragione il donativo con-cesso doveva considerarsi volontario e non obbligatorio 9.

Conformemente alla normativa parlamentare catalano-aragonese i dissidenti sostenevano che al pagamento di esso erano tenuti, a titolo in-dividuale, solo ed esclusivamente i deputati che avevano partecipato a quella assemblea e presentato la propria offerta al sovrano l°. Per evitare una diffusa renitenza ai pagamenti il marchese dí Bayona si vide costret-to ad informare la Corona su questi gravi fatti ed a richiedere a Filippo IV di sanare a posteriori ogni e qualsiasi manchevolezza compiuta nella celebrazione del Parlamento.

Gli stringati accenni al problema che il viceré lascia trasparire nella sua lettera a Filippo IV non consentono di individuare con certezza le motivazioni che indussero il Bayona a richiedere l'intervento della Coro-na. Con molta probabilità ad essere messi in discussione furono l'invito scritto dal reggente Blasco ed accluso alle lettere convocatorie; il ceri-moniale dimesso; la violazione delle norme sulle abilitazioni; la mancata ascesa al soglio. Ma forse l'obiezione più insidiosa riguardò proprio l'o-perato del viceré il quale, pur disponendo dei poteri formali che lo abili-tavano a convocare Corti generali, si era trovato privo di un mandato re-gio che lo autorizzasse a celebrare un Parlamento particular avente per og-getto un argomento così specifico e rilevante 11 .

furs approvati nelle Corti del 1626 risulta di gran lunga superiore a quello dei precedenti parlamenti celebrati nel XVII secolo, cfr. L. Guia Marín, Las cortes del reinado de Felipe IV.

Cortes Valencianas de 1645, Valencia, 1984.

8 ACA, Consejo de Aragén, leg. 1140 cit., lettera del viceré Bayona a Filippo IV, Caglia-ri, 28 maggio 1626.

9 Ibidem.

'° Su questi aspetti della tradizione giuridica cfr. A. DE CAPMANY, Prdtica y estilo de ce-lebrar cortes en el remo de Aragén, principado de Catalur7a y remo de Valencia y una noticia de las de Castilla y Navarra, Madrid, 1821, pp. 111-112; COROLEU e INGLADA, J. PELLA Y FORGAS, Las cortes catalanas. Estudiojuridico comparativo de su organización y reserid analitica de todas sus slaturas, Barcelona, 1876, pp. 163, 169, 193, 257-259.

11 ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140, minuta della consulta del 6 novembre 1626.

La giunta polisinodale sui Parlamenti, incaricata dall'Olivares di se-guire la gestione degli affari relativi alle Corti dell'Unión de Armas, si riu-nì a Madrid il 6 novembre 1626 e dedicò al problema segnalato dal vi-ceré una lunga seduta. Dopo aver ricordato le condizioni eccezionali in cui il Parlamento si era svolto, i consiglieri sottolinearono il fatto che né al reggente Blasco né al marchese di Bayona erano stati concessi i poteri particolari necessari alla convocazione dei tre Stamenti e che per tale ra-gione vi era il rischio che qualcuno potesse avanzare richiesta di nullità degli atti parlamentari. Valutata la situazione, i consiglieri regi legalizza-vano «qualquier omision y falta de solemnidad que aya avido en la dicha con-vocación assi por parte de los dichos marques y don Lluis (Blasco] como de los mismos tres estamentos».

Il provvedimento regio, che faceva accenno alle anomale forme di convocazione, venne spedito al presidente del Parlamento con la racco-mandazione di mantenere il segreto su di esso e di utilizzarlo solo ed esclusivamente qualora i membri degli Stamenti avessero avanzato ri-chiesta di nullità degli atti parlamentari 12.

2. Il 20 aprile 1626, giorno fissato per l'apertura delle Corti, il viceré, poco prima della riunione, inviò un'ambasciata ai tre Stamenti per cono-scere in quale luogo essi intendessero presenziare al discorso che don Lluis Blasco, su incarico della Corona, avrebbe loro rivolto. L'Ecclesia-stico, il Militare e il Reale fornirono un'unica confortante risposta affer-mando che, non dovendosi celebrare Corti generali, né dovendo il vi-ceré ascendere al soglio (atti che per tradizione secolare venivano effet-tuati nella Cattedrale, considerata da tutti //oc comù), sembrava loro op-portuno, per rispetto al marchese dí Bayona, che il Parlamento si svol-gesse nel Palazzo del Governo 13. Con tale abile manovra, la scelta politi-ca di un Parlamento in tono minore, celebrato all'interno dello stesso Palazzo viceregio, venne dunque lasciata alla responsabilità dei tre Brac-ci evitando una pesante corresponsabilità della presidenza delle Corti.

12 Il verbale dell'originale A registra la posizione del Blasco «en una adira a part, prop de sa Excellencia», mentre la Relación de las cortes o Parlamento particular, redatta a posteriori con la supervisione del viceré e degli Stamenti, specifica che il reggente era assiso in una poltrona posta più in basso ed all'esterno dello spazio occupato dalla pedana in cui si tro-vava il marchese di Bayona. Per un confronto tra le due versioni cfr. Relación de las cortes cit., p. 3.

11 I diritti di precedenza della città di Castelsardo su quella di Bosa furono sanciti da una sentenza della regia corte emessa il giorno successivo, martedì 21 aprile 1626, cfr. Par-lamento, doc. 40, cc. 32-32v.

All'ora stabilita i membri dei tre Stamenti giunsero nel grande salo-ne del Palazzo vicereale. II marchese di Bayona, quasi contemporasalo-nea- contemporanea-mente ad essi, prese posto su una poltrona sistemata sopra una predella;

vicino a lui, ma non nella medesima eminente posizione onorifica

Outline

Documenti correlati