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Dal punto di vista fiscale il Parlamento del 1626 costituì dunque un tornante di svolta; per collettare il donativo si realizzò infatti in

Sarde-gna (in misura più marcata rispetto alle altre terre d'Aragona) una pro-fonda revisione delle procedure e dei sistemi di esazione. In nome di una maggiore giustizia fiscale si abolì il precedente sistema a «foch y com-merci»; venne realizzato (a quaranta anni da quello precedente) un minu-zioso censimento della popolazione; si invitarono i ceti privilegiati a pa-gare volontariamente il 20% della somma complessiva e si adottarono accorgimenti per ridurre notevolmente l'evasione di fasce sociali prima considerate esenti.

Sui trend demografici e sugli effetti delle pestilenze e delle carestie cfr. B. ANATRA, I fasti della morte barocca in Sardegna tra epidemia e carestia, in «Incontri Meridionali» (1977), n.

4, pp. 117-142; G. SERRI, Crisi di mortalità e andamento della popolazione nella Sardegna del XVII secolo, in «Archivio Storico Sardo», XXI, p. 175 ss., e, del medesimo autore, Due censi-menti inediti dei fuochi sardi 1583, 1627, in «Archivio sardo del movimento operaio contadino e autonomistico», nn. 11-13 (1980), pp. 351-377. Sull'economia agricola dell'isola si veda inoltre B. ANATRA, Per una storia dell'annona in Sardegna nell'età aragonese e spagnola, in «Qua-derni sardi di storia», n. 2 (1981), e B. ANATRA, Economia sarda e commercio mediterraneo, in AA.Vv., Storia dei Sardi e della Sardegna. L'età moderna, III, cit., pp. 109-213.

Emerso fin dai primi anni di governo dell'Olivares, il problema di una più equilibrata ripartizione delle imposte non poteva essere procra-stinato troppo a lungo.

Da tempo nei vari regni della Corona i trattatisti discutevano infatti sulla necessità di una maggiore equità tributaria; sugli effetti inflazioni-stici determinati dai pagamenti di ingenti somme in moneta argentea 2; sull'eccessivo costo delle operazioni di riscossione e sulle speculazioni effettuate dagli arrendatori alle spalle dei contribuenti della Corona 3. Queste istanze, formulate inizialmente in Castiglia, vennero condivise un po' in tutta la Spagna e trovarono sostenitori anche nel Regno di Sarde-gna dove le proposte di yqualdad distributiva che la città di Sassari anda-va sostenendo da tempo nelle Corti finirono col coincidere con la indila-zionabile esigenza della Corona di accrescere le proprie entrate raziona-lizzando il sistema di riscossione. Infatti molte delle richieste del Parla-mento del 1626 presentate alla approvazione del sovrano ripresero e amplificarono alcune istanze avanzate da tale città durante il parlamento Gandia.

Particolarmente significative furono le petizioni formulate dai ceti urbani che impegnarono il sovrano ad attuare il censimento dei fuochi fiscali 4 subito dopo la chiusura delle Corti ed a suddividere i contri-buenti in tre classi censuarie 5.

A questo primo gruppo di proposte, chiaramente suggerite dai con-siglieri civici cagliaritani e sassaresi che condizionarono l'assenso al do-nativo alla loro effettiva approvazione, se ne aggiunsero altre che chie-dendo una più equa ripartizione fiscale contribuirono ad innovare note-volmente le modalità e le procedure del prelievo. Su richiesta dello Sta-mento reale, nelle Corti del 1626 venne sottolineata inoltre l'opportu-nità di abolire ogni privilegio e di far pagare «anche chí fino ad allora era stato considerato esente», impedendo che nella ripartizione per clas-si venissero compreclas-si i poveri 6 e quei sudditi che durante il Parlamento

2 Secondo alcuni trattatisti l'invio fuori Regno della moneta argentea versata dai con-tribuenti al fisco accentuava i fenomeni inflazionistici. Per ottenere un milione di ducati di entrate fiscali è stato calcolato che se ne dovessero spendere altrettanti per pagare gli inte-ressi monetari, le spese di riscossione, il cambio della valuta. Cfr. R. CALLE, La bacienda pu-blica en Esparki. Un analisis de la literatura ftnangra, Madrid, 1978, p. 80 ss.

3 Nel 1623 anche la Junta de Reformación attribuì Io spopolamento della Castiglia al-l'eccessiva pressione fiscale, cfr. A. GONZALES PALENCIA, La Junta de Reformación, cit. p. 13.

Parlamento, doc. 176, richiesta 4.

5 Parlamento, doc. 176, richiesta 14.

6 Ibidem.

avessero presentato al sovrano offerte particolari superiori alle quote in-dividuali di riparto'.

Le città, al fine di ottenere un consistente e sicuro gettito tributario, fecero inoltre inserire nella richiesta presentata dai tre Bracci la facoltà di poter imporre nei centri urbani della Sardegna nuovi dazi (siza) sui generi di largo consumo 8. Lo Stamento reale chiese inoltre al sovrano di abolire ogni responsabilità fiscale collettiva in solidum premiando in tal modo i contribuenti onesti ed utilizzando i rigori della legge solo nei confronti degli inadempienti. Anche rispetto a costoro le procedure mu-tarono notevolmente: si rinunciò infatti all'invio di commissari, di notai e di algualzili (che con balzelli e penali erano soliti raddoppiare e tripli-care l'importo delle somme dovute lasciando talvolta sul lastrico i debi-tori morosi), e vennero conferiti pieni poteri alle due deputazioni che, senza alcuna spesa od onorario, avrebbero potuto emettere sentenze im-mediatamente esecutive 9. Rispetto alle procedure utilizzate per quasi un secolo, quelle adottate per il donativo del 1626 determinarono dunque significative innovazioni. L'affidamento della riscossione a due giunte, la suddivisione dei contribuenti in più classi di reddito, l'abolizione di ogni esenzione a favore dei ceti privilegiati, se dal punto di vista ammini-strativo costituirono un ritorno alle procedure in uso alla fine del XV se-colo, per l'altro posero le basi per una possibile modernizzazione del si-stema fiscale 10

In questa prospettiva un rilevante salto di qualità si ebbe con l'at-tuazione del censimento che, in base agli accordi tra il viceré e il Parla-mento, doveva precedere la colletta del donativo. Esso assume particola-re importanza sia sul piano demografico che su quello amministrativo n.

Per quanto riguarda lo studio della popolazione, il censimento del 1627 è infatti l'unico rilevamento del XVII secolo finora reperito che ri-porti il nome e il cognome del capofamiglia ed il numero dei membri del nucleo familiare suddivisi per sesso. Purtroppo di questa importante

Costoro sarebbero stati invitati ad integrare la differenza solo nel caso che la somma offerta fosse risultata inferiore alle quote loro assegnate nella ripartizione generale.

8 Parlamento, doc. 176, richiesta 15.

9 Parlamento, doc. 176, richiesta 19.

10 In sintonia con quanto andava accadendo negli altri regni spagnoli anche in Sarde-gna la maggior parte di queste richieste venne presentata dalle città. Per la delibera dello Stamento Reale cfr. Parlamento, doc. 181, cc. 206-207.

'I B. ANATRA, Il donativo dei Parlamenti sardi, in Acta Curiarum Regni cit., pp. 186-196, e G. SERRI, Il prelievo fiscale in una periferia povera: i donativi sardi in età spagnola, in «Annali del-la Facoltà di Magistero dell'Università di Cagliari», VII, parte I (1983).

documentazione è restata solo quella che riguarda la città di Sassari. Es-sa colma tuttavia un vuoto significativo perché consente di effettuare in-teressanti comparazioni sia con i rilevamenti della fine del Cinquecento sia con quelli effettuati nella seconda metà del secolo successivo 12.

Anche a livello amministrativo si segnalano alcune sostanziali novità.

A stabilire le modalità operative non furono più il consiglio del Real Pa-trimonio e la Reale Udienza ma due giunte esterne alla burocrazia regia delle quali facevano parte i più illustri rappresentanti degli Stamenti.

Questi ultimi vennero spinti a modificare le tradizionali procedure dalla considerazione che il Regno sarebbe riuscito a pagare l'ingente somma del donativo solo facendo carico ai più ricchi di una quota dell'imposta, restringendo il numero degli esenti e rendendo meno onerose le opera-zioni della colletta. Il vecchio sistema per tres dos y as utilizzato nelle cor-ti Moncada, Elda e Gandía non era infatcor-ti adatto ad ottenere +o scopo poiché creava ingiusti privilegi tra alcune città e le terre feudali e lascia-va ampi poteri discrezionali ai funzionari addetti all'accertamento ed alla riscossione.

2. Un fascicolo contenente gli atti relativi al censimento della città di Sassari, effettuato tra 1'8 e il 29 aprile 1627, ci consente di conoscere le procedure e le modalità seguite in questo interessante rilevamento 13.

L'indagine demografica effettuata nella città di Sassari risulta realiz-zata dal procuratore reale, dal vicario, dal consigliere capo e da alcuni membri del Consiglio cittadino. Ogni componente della commissione prestò giuramento e si impegnò a denunciare tutti i fuochi fiscali di cui fosse venuto a conoscenza. Da questo punto di vista le istruzioni allegate al censimento del 1627 costituiscono dunque un significativo punto di riferimento tra quelle del XVI secolo e quelle allegate agli atti del Parla-mento del 1678 1.

12 Cfr. F. CORRIDORE, Storia documentata della popolazione di Sardegna (1479-1901), Tori-no, 1902; e G. SERRI, Due censimenti inediti dei «fuochi» sardi. 1583-1627, in «Archivio sardo del movimento operaio, contadino e autonomistico», (1980), nn. 11-13, cit. Sul ruolo di mo-dernizzazione fiscale svolto da questo censimento si sofferma anche B. Anatra, cfr. B. ANA-TRA, Il donativo dei Parlamenti sardi cit., pp. 191-194.

13 Il censimento della città di Sassari è stato pubblicato e commentato da F. CORRIDO-RE, La popolazione di Sassari dal secolo XV ai nostri giorni; in «Archivio Storico Sardo», V (1909), pp. 20-105. La documentazione originale è conservata nell'Archivio di Stato di Sas-sari, cfr. ASS, Archivio Storico Comunale, b. 11, fase. 2.

14 Utili indicazioni sulle procedure tecniche in uso alla fine del XVII secolo nei censi-menti non nominativi e per fuoco sono reperibili in G. SERRI, Due censimenti inediti dei fuo-chi sardi cit., p. 355.

Le procedure utilizzate appaiono paragonabili a quelle in uso nel-l'età di Filippo IV in Castiglia, in Aragona e nel Napoletano.

Le operazioni censuarie avviate nel febbraio 1627 si conclusero ín tutta l'isola a metà maggio. I risultati preoccuparono però il viceré, al quale giunsero ripetute lamentele da parte dei rappresentanti di villaggi che si ritennero ingiustamente penalizzati dal modo in cui il rilevamento era stato effettuato. Malgrado fosse a tutti noto l'incremento demografi-co verificatosi nei primi decenni del sedemografi-colo, il censimento, individuando un numero di contribuenti quasi uguale a quello stabilito 40 anni prima dal viceré Moncada, determinava infatti un artificioso innalzamento del-la quota fiscale pro-capite che risultava di quasi 50 soldi. Per il marchese di Bayona la responsabilità degli errori e delle manipolazioni era da at-tribuire ai delegati locali i quali, violando le minuziose istruzioni, non avevano conteggiato tutti i fuochi fiscali esistenti ". In considerazione del fatto che le elevate quote di riparto avrebbero determinato un au-mento della pressione fiscale ed un rapido indeboliau-mento dell'economia del Regno 16, dopo aver discusso il problema con alcuni dei più influenti membri delle deputazioni, il viceré ritenne opportuno procedere all'ef-fettuazione di un nuovo censimento.

Il marchese di Bayona, diffidando del comportamento degli ufficiali regi e non potendo disporre di altri mezzi finanziari per effettuare un nuovo rilevamento, pensò di realizzarlo servendosi dell'Inquisizione, che avrebbe potuto attuare l'iniziativa in gran segreto e senza alcun onere ag-giuntivo per la Tesoreria 17.

In considerazione del persistente conflitto in atto nel Regno tra gli organi amministrativi reali e l'Inquisizione il Bayona era però restio ad affidare il delicato incarico all'organo inquisitoriale, che appariva privo di adeguate competenze e della necessaria giurisdizione per attuarlo 18. Accordatosi con il Machin, nominato da poco arcivescovo di Cagliari, e con l'inquisitore Cotoner, il viceré superò le ultime esitazioni ed ordinò all'Inquisizione di effettuare il rilevamento in nome del sovrano. Quan-do, a risultati raggiunti, per bocca dello stesso viceré la Reale Udienza venne a conoscenza dell'incarico illecitamente affidato all'organo inqui-

15 ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140, lettera del viceré al Consiglio d'Aragona. Cagliari 2 settembre 1627.

16 ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140, lettera del viceré al Consiglio d'Aragona. Cagliari 16 settembre 1627.

17 Con molta probabilità sono da annoverare tra essi il vescovo Machin, l'inquisitore Cotoner, don Michele Comprat e qualche altro personaggio.

18 ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140, lettera del 16 settembre.

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sitoriale, i giudici della suprema magistratura dell'isola, pur manifestan-do inizialmente un notevole disappunto per la palese violazione delle funzioni di loro competenza, finirono con l'avallare a posteriori gli atti compiuti dal Bayona 19. Per dare parvenza legale al censimento ormai realizzato venne nominata una commissione censuaria composta dal reggente vicario la Reale Cancelleria (Nicola Escarchoni), dall'avvocato fiscale e patrimoniale Dexart e dal viceré. Essa procedette a confrontare i dati del censimento del 1589 con quelli forniti dai commissari regi e dai 'familiari dell'Inquisizione. La collazione dei dati definitivi venne ef-fettuata confermando tra le cifre indicate nei tre rilevamenti quella più elevata. I commissari giustificarono questa scelta, apparentemente ves-satoria nei confronti dei contribuenti, con il fatto che entrambi i censi-menti eseguiti nel 1627 riportavano il nome del capofamiglia e che sa-rebbe stato sufficiente confrontare gli elenchi ed aggiungere i nominati-vi delle famiglie mancanti per capire quali nuclei fiscali erano stati esen-tati dai delegati locali 20. D'altra parte — osservava il marchese di Bayo-na —, riducendo il numero degli esenti e accrescendo quello dei fuochi si finiva con l'abbassare l'imponibile pro-capite alleviando i contribuen-ti poveri. In questa prospetcontribuen-tiva i risultacontribuen-ti raggiuncontribuen-ti dalla monarchia con il censimento del 1627 possono essere considerati politicamente assai significativi.

Il lavoro di confronto tra le liste nominative, che portò i commissa-ri ad utilizzare ampiamente i dati forniti dall'Inquisizione, consentì in-fatti di individuare ben 8000 fuochi non censiti in precedenza e di ri-durre del 25% le quote individuali del donativo rispetto al riparto pre-ventivato durante il Parlamento.

La tassazione di fasce sociali prima esenti e l'attuazione, su base vo-lontaria, di alcuni elementari princìpi di giustizia fiscale sono dunque da annoverare tra i risultati più rilevanti della politica attuata dalla mo-narchia spagnola in questi anni. Occorre peraltro rilevare che per rag-giungere tali obiettivi il viceré si vide costretto ad aggirare le resistenze che si annidavano nelle strutture amministrative del Regno, ad eludere la normativa esistente e ad affidare all'Inquisizione compiti che fino ad allora erano stati considerati come gelosi privilegi della suprema magi-stratura giudiziaria.

19 Sui contrasti con la Reale Udienza si vedano le notizie inviate dal Bayona al Con-siglio d'Aragona, cfr. ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140, lettere del 2 e del 6 settembre 1627.

20 Ibidem.

3. L'approvazione da parte del sovrano delle iniziative assunte dal mar-chese di Bayona consentì alle due deputazioni di ridefinire le quote spettanti ai singoli contribuenti. Rispetto alla prima ripartizione effet-tuata nel Parlamento del 1626 restarono immutate solo le aliquote rela-tive alle città di Cagliari e di Sassari (75 soldi per fuoco) ed agli altri centri urbani (50 soldi per fuoco) mentre, per effetto dell'aumento del numero dei censiti, la quota relativa ai villaggi calò da 47 soldi e 10 de-nari a 37 soldi e mezzo.

Che il sistema fiscale adottato costituisse un vero e proprio

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