proseguì con intensità fino al pomeriggio del giorno 22, durante quale il marchese di Villasor, indisposto, venne temporaneamente sostituito da don Francesco Castelvì, marchese di Laconi ". Mentre la commissione sulle abilitazioni effettuava la verifica dei titoli (ammettendo quasi tutti i richiedenti e tollerando che diversi procuratori gestissero un numero di eleghe superiore a quello consentito dalle norme), i tre Bracci, confor-memente a quanto disposto dal viceré, si riunirono per loro conto al fi-
27 Sull'attività svolta dalla commissione sulle abilitazioni cfr. Parlamento, dal doc. 41 al doc. 174, cc. 33-194.
28 Con molta probabilità il lavoro impegnò la giunta anche nei giorni successivi. Alcu-ne procure, riguardanti gli ultimi ritardatari, risultano infatti inserite tra le carte 180 e 194 che contengono il verbale della riunione delle Corti del 7 maggio, giorno in cui i tre Bracci presentarono la cedula al viceré.
29 Sull'attuazione di tale disposizione cfr. Relación de las costes cit., p. 14.
30 L'ambasciata inviata dal Braccio ecclesiastico venne affidata ai canonici Cosimo Scarxoni e Gaspare Soler.
ne di eleggere la commissione dei trattatori delegati a determinare l'im-porto del donativo.
Con l'ambasciata venne spedita anche la lista degli abilitati, affinché alla Prima voce di ogni Braccio fosse noto chi avesse diritto al voto. Per accelerare la conclusione delle Corti, molte altre modalità non vennero invece osservate.
Fin dall'adunanza del 21 aprile il marchese di Bayona, sottolineando l'urgenza e la straordinarietà della convocazione, invitò infatti le Corti a nominare non solo gli abilitatori ma anche 8 Diputados o tratadores che, riunendosi tra loro, individuassero i mezzi «mas efficaces siguros y faciles»
per pagare il donativo al sovrano ".
L'accettazione da parte degli Stamenti di una convocazione straordi-naria consentì dunque al viceré di superare diversi vincoli procedurali e di evitare ogni discussione sulla richiesta di agravios.
In Sardegna, come era stato inizialmente progettato dall'Olivares, la normale procedura costituzionale venne dunque messa da parte al fine di celebrare un parlamento particular avente per oggetto solo ed esclusiva-mente il problema della difesa militare dei regni iberici.
Gli atti del Parlamento non ne fanno menzione, ma i verbali dello Stamento reale ci rendono edotti del fatto che il 23 aprile, mentre esso si trovava riunito in una sala del palazzo di città, giunsero gli ambasciatori dell'Ecclesiastico 32 e del Militare " per sollecitare l'elezione degli 8 trat-tatori del Braccio reale ed annunciare che gli altri due Stamenti vi ave-vano già provveduto. Anche i rappresentanti del Reale, dopo breve di-scussione, procedettero alla nomina dei delegati 34.
Essendo stato portato dai soliti 4 ad 8 il numero dei deputati, tutti i delegati nominati dalle città si trovarono a far parte della commissione, nella quale fu ampiamente rappresentato anche lo Stamento ecclesiastico.
A far parte della commissione speciale di 24 trattatorí vennero inol-tre chiamati 8 dei più illustri rppresentanti del Militare. I voti dei 78 de-legati si concentrarono sui marchesi di Villasor e di Laconi, sul conte di Palmas, su don Michele Comprat e don Francesco Manca de Homedes e alcuni altri nobili.
31 L'ambasciata del Militare risulta condotta dal marchese di Villasor, dal conte di Palmas, da don Francesco Escano Castelví, da don Francesco Capata.
32 Su queste ambasciate cfr. ACC, Archivio Aymerich, Carte dello Stamento Militare (1560-1631), busta 9, fasc.
33 La nomina venne comunicata agli altri Bracci con una ambasciata affidata ai sinda-ci di Cagliari e di Oristano.
" L'elenco dei deputati è riportato nella Relación de las cortes cit., p. 14; ma della loro elezione non si è trovata traccia negli atti delle Corti.
4.
La gestione del donativo
e il reclutamento del «tercio» di Sardegna
1. La concessione degli 80.000 scudi annui per il mantenimento di sol-dados pagados, che costituì il contributo dell'isola alla Unión de Armas, venne accompagnata da promesse e patti con i quali gli Stamenti cerca-rono di tutelarsi da eventuali pretese regie e ottenere alcune significative concessioni a vantaggio del Regno.
In particolare le Corti supplicarono il sovrano di accettare il paga-mento del donativo offerto in prodotti della terra e non in moneta; di af-fidare ad una deputazione parlamentare l'amministrazione della colletta del donativo; di riservare gli eventuali asientos a commercianti locali; di concedere ai nobili sardi la riserva delle cariche militari del tercio finan-ziato col donativo del Regno; di autorizzare l'imposizione di nuove tasse per pagare il contributo all' Unión. Questa piattaforma contrattuale i era frutto di una discussione parlamentare che per quanto breve aveva fatto emergere all'interno degli Stamenti posizioni differenziate. Nel Militare si erano delineati infatti due partiti. Quello più influente, capeggiato dal marchese di Villasor e formato dall'aristocrazia e dalla nobiltà cagliarita-na, votò per la proposta di concessione dell'ingente donativo senza por-re alcuna condizione. La piccola nobiltà e il cavalierato del Capo di Sas-sari, dichiararono invece, per bocca di don Francesco Escano Castelvì, di approvare la proposta a condizione che i tercios stipendiati col donati-vo fossero due, uno per ciascuna ripartizione amministrativa in cui era suddivisa l'isola 2.
Il contributo più rilevante all'elaborazione delle richieste o capitoli presentati dalle Corti venne dallo Stamento reale. La presenza al suo in-terno di alcuni dei più esperti avvocati e magistrati operanti nell'isola consentì infatti ai rappresentanti delle città regie di articolare e definire rapidamente le forme e i modi della collaborazione offerta alla Corona.
In tal modo lo Stamento reale sfruttò a proprio vantaggio lo spazio poli-tico che Filippo IV era disposto a concedere ai regni che avessero aderi-to al progetaderi-to regio. Nella proposta sull' Unión elaborata dall'Olivares
i Parlamento, doc. 176, c. 196-198.
2 Parlamento, doc. 180, c. 205.
Conveniencias de la Unión de los reinos desta Monarquía representados a los de la Corona de Aragón, in British Library, Add. Ms. 13997, ff. 11-16. Il testo è stato recentemente edito dal-
ed illustrata dai reggenti del Consiglio d'Aragona alle Corti aragonesi, valenzane e catalane in versioni parzialmente differenti, il ministro sotto-lineava infatti la disponibilità del sovrano ad accettare che le forze mili-tari venissero comandate e amministrate da ufficiali nati nei regni che avessero finanziato l'iniziativa, senza alcuna possibilità di intromissione degli ufficiali regi. Lo spazio aperto dalla Corona alla istituzione di
mili-zie nazionali
integrate nel suo esercito consentì dunque al Braccio milita-re ed a quello milita-reale di condizionamilita-re il pagamento del donativo alla duzione di alcune norme innovative che accrescevano il potere di intro-missione dei ceti nell'amministrazione del Regno.A tal fine questi ultimi presentarono al sovrano, per via di supplica, una serie di richieste e ne chiesero l'approvazione. Le trattative fra la mo-narchia e le Corti vennero effettuate con la mediazione del viceré, ma dei risultati di esse non è restata alcuna traccia ufficiale né negli atti del Par-lamento né nei registri del Consiglio d'Aragona. Gli unici riferimenti in-diretti all'approvazione di queste richieste sono reperibili in alcune lette-re del viceré nelle quali quest'ultimo ricordava a Filippo IV che a seguito dell'assenso regio alle richieste presentate dal Regno egli sí sentiva obbli-gato ad onorare tali accordi anche perché gli Stamenti, se il sovrano aves-se violato quelle clausole, non avrebbero più pagato le rate del donativo.
Sulla base di questi indizi sembra lecito affermare che le richieste presen-tate dal Regno siano spresen-tate approvate da Filippo IV solo verbalmente e che la monarchia e le Corti abbiano considerato il patto come se fosse stato effettivamente registrato e sottoscritto. Questa inusuale procedura era stata già seguita qualche mese prima nel Regno di Valenza 4.
dunque probabile che il sovrano ed il Conte-Duca abbiano esteso anche alle Corti sarde la possibilità di non registrare negli archivi della Corona ed in quelli della Procurazione reale del Regno gli atti legati alla concessione del donativo. L'intento che i trattatori parlamentari persegui-rono, accettando questa proposta, fu di evitare che la corresponsione a Filippo IV di una offerta finanziaria così ingente si trasformasse da con-tribuzione occasionale in un tributo di carattere permanente. A tal fine la concessione del donativo — e su questo avevano ripetutamente insistito
l'Elliott che ne ha curato l'edizione critica, cfr. J. H. Etuorr, J. F. DE LA PERA, Memoriales y cartas cit., I, doc. IX, pp. 183-193; per una redazione parzialmente differente cfr. A. CANO-VAS DEL CASTILLO, Estudios sobre el reinado del Felipe IV, Obras, Madrid, 1888, I, pp. 56-60.
4 Anche il Dormer giustifica l'insolita concessione regia col timore, diffuso tra i mem-bri delle Corti valenzane, che il donativo potesse trasformarsi in un tributo permanente, cfr.
Real Acadernia de la Historia, Madrid (Registro G. 43, cc. 236-237), D. J. DORMER, Atiales de la Corona de Aragón en el reinado de don Phelipe el Grande.