• Non ci sono risultati.

Le condizioni poste dagli Stamenti, oltre a modificare radicalmente il sistema di riscossione, resero indilazionabile l'attuazione di un

com-plesso iter amministrativo per la realizzazione del quale le Corti propo-sero il rinvio della prima rata del pagamento all'agosto 1627 22

.

In que-sti quindici mesi i tre Bracci speravano di ottenere l'assenso regio alle richieste presentate, di effettuare il nuovo censimento dei fuochi fiscali

15 Parlamento, doc. 176, cit., richiesta 2.

16 Parlamento, doc. 176, cit., richiesta 13.

17 Parlamento, doc. 176, dr.., richiesta 17.

18 Parlamento, doc. 176, cit., richieste 19 e 20.

19 Parlamento, doc. 176, cit., richieste 15 e 16.

20 Parlamento, doc. 176, cit., richiesta 20.

21 La richiesta venne però respinta dalla Corona che non volle offrire ai contribuenti nessuna argomentazione per rinviare o dilazionare i pagamenti dovuti: ACA, Consejo de Ara-gón, leg. 1180, deliberazione del 28 maggio 1627.

22 Parlamento, doc. 176 cit., richiesta 4.

53

e di stabilire modalità e strumenti «para la mas suave y cierta execución deste servicio».

3. Subito dopo la chiusura del Parlamento il viceré, non dovendosi regi-strare gli atti, inviò a Madrid, con il capitano Alonso de Aguirre 23, non una copia integrale di essi ma un breve estratto contenente solo i verbali della seduta parlamentare relativa all'offerta, la cedola degli 80.000 scudi e le richieste presentate dalle Corti. A questo materiale venne accluso anche un memoriale del viceré Bayona nel quale egli informava Filippo IV che il Regno si era ormai impegnato al mantenimento di 1200 soldati per cinque anni (riconfermabili ulteriormente) e gli proponeva di accon-discendere alla richiesta presentata dal Parlamento per costituire non uno ma due tercios al fine di superare quella «competición y disconformi-dad» esistente tra il Nord ed il Sud dell'isola. Il viceré caldeggiò anche l'approvazione delle restanti richieste sottolineando il fatto che i tre Bracci chiedevano non onerose concessioni ma titoli onorifici 24.

Subito dopo la chiusura del Parlamento tra il marchese di Bayona e la corte madrilena iniziò un serrato scambio epistolare per definire gli effettivi risvolti delle condizioni poste dal Regno per onorare il paga-mento degli 80.000 scudi da destinare alla Unión de Armas e verificare l'opportunità di concedere le grazie richieste. La giunta polisinodale alla quale l'Olivares aveva demandato l'esame dei problemi emersi durante le Corti del 1626 dedicò a questo compito diverse sedute 25 nel corso delle quali, pur tenendo conto delle controdeduzioni inviate dal viceré, l'alto consesso valutò attentamente i privilegi da concedere ed i capitoli da approvare.

In tale contesto il ruolo svolto dal Bayona e dal reggente Blasco ap-pare assai significativo. Nell'intento di ottenere l'assenso del Regno alla Unión essi avevano fatto alle Corti diverse promesse e per mantenerle e facilitare il pagamento del donativo si videro costretti a fare pressioni sul

23 Alonso de Aguirre, che aveva militato sotto il Bayona nelle campagne di Lombar-dia, ricopriva nell'isola l'incarico di capitano della cavalleria miliziana. Egli venne scelto per il nuovo incarico poiché il viceré nutriva assoluta fiducia sulle sue capacità e sulla sua riser-vatezza.

24 ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140, lettera del 28 maggio 1626. Oltre al Conte-Duca facevano parte della giunta polisinodale sui Parlamenti il tesoriere del Consiglio d'Aragona, un membro del Consiglio delle Indie, un consigliere della città di Madrid, un ecclesiastico ed uno dei segretari del sovrano.

25 Risultano confortate da obiettivi riscontri le sedute che la giunta dedicò ai proble-mi delle Corti sarde il 1° luglio, il 14 settembre, il 24 ottobre 1626 e il 25 maggio 1627. Cfr.

ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140 cit.

Consiglio d'Aragona e sulla giunta polisinodale sui Parlamenti affinché approvassero le suppliche del Regno. Tra le richieste presentate dal Par-lamento quella relativa all'estensione alla Sardegna della prammatica di Castiglia era certamente una delle più importanti. Il problema delle pen-sioni e dei benefici ecclesiastici concessi dalla Corte pontificia e dallo stesso sovrano ad individui non residenti né nati nel Regno era infatti fra i più sentiti dallo Stamento ecclesiastico, che lo aveva ripetutamente portato all'attenzione delle Corti. La rapidità con cui la richiesta venne inserita tra i capitoli 26 induce a ritenere che essa sia stata uno degli stru-menti utilizzati dal viceré per ottenere l'adesione dell'Ecclesiastico al pa-gamento del donativo 27. La prammatica, approvata da Filippo IV il 7 febbraio 1626, vietava espressamente ai funzionari di ogni ordine e gra-do ed alle stesse Corti di concedere la naturaleza a sudditi nati in altri re-gni. Il decreto sospendeva inoltre il pagamento di pensioni e rendite ec-clesiastiche a stranieri fino a quando essi non avessero effettivamente ri-sieduto in loco.

Il protonotario Villanueva, sostenuto dal reggente Francesco de Le-ón, non si mostrò tuttavia propenso ad approvare la richiesta ed invitò gli altri consiglieri alla prudenza: egli temeva che al Parlamento successi-vo gli Stamenti aragonesi, sardi e catalani pretendessero di estendere il privilegio concesso agli ecclesiastici ad altri uffici secolari togliendo al sovrano la possibilità d'intervenire nel Regno per tutelare gli interessi della "res pubblica". Le argomentazioni del Villanueva, diventato fidu-ciario dell'Olivares, fecero presa sui colleghi riportandoli alla consueta prudenza. Il divieto di concedere la naturaleza stabilito nella prammatica di Castiglia venne pertanto applicato al Regno solo per la durata del pa-gamento del donativo. Nel concederlo il sovrano si riservò tuttavia la possibilità di nominare agli uffici ecclesiastici dell'isola i prelati che ave-vano operato per tutelare gli interessi del Regno per almeno un qua-driennio. Dalla richiesta degli Stamenti vennero inoltre esclusi i diritti di real patronato e quelli relativi agli uffici civili, sui quali la Corona si ri-servò i tradizionali poteri.

26 Parlamento, doc. 176 cit., richiesta 7.

27 La prammatica sugli uffici ecclesiastici del Regno di Castiglia, approvata dal so-vrano il 7 febbraio 1627, era stata immediatamente estesa ai regni di Valenza e di Arago-na perché le Corti di quegli stati avevano condizioArago-nato l'approvazione del doArago-nativo alla concessione di tale privilegio. La proposta di concedere il beneficio anche al Regno dí Sardegna venne fatta, probabilmente, dal Blasco e dal viceré con l'intento di facilitare l'assenso dello Stamento ecclesiastico. Cfr. R. Dikmaso DE LARIO, El Conde Duque de Oli-vares cit. p. 111.

Il Regno ricevette una risposta interlocutoria, se non del tutto in-soddisfacente, anche su un altro scottante problema: quello del rispetto delle prammatiche sulle sacche di esportazione del grano degli ecclesia-stici e dei produttori agricoli che interessava sia il Braccio militare che quello ecclesiastico.

Tra il marchese di Bayona e la corte madrilena emerse un differente criterio di valutazione anche per quanto riguarda l'interpretazione di al-tri capitoli dell'accordo. Particolarmente dibattuta fu la questione della responsabilità collettiva nei pagamenti del donativo. Il Regno aveva chiesto che, fissate le quote rispettive, ogni città o feudo pagasse le sue competenze senza essere obbligato a contribuire in solidum per i soggetti fiscali inadempienti. La giunta polisinodale sui Parlamenti ritenne inve-ce che per tutelare gli interessi della Corona fosse opportuno conservare l'istituto della responsabilità collettiva dell'intero Regno. Su questo pro-blema l'intervento del viceré fu decisivo. Egli ricordò infatti ai ministri madrileni che il mantenimento della clausola avrebbe determinato una grave menomazione della sua autorità e della fiducia che i tre Bracci avevano riposto in lui. Poiché molti contribuenti, temendo di dover pa-gare per gli evasori, avevano opposto delle resistenze alla concessione di un così ingente donativo, egli aveva fornito ai membri degli Stamenti ampie assicurazioni sulla abolizione di tale norma fiscale. D'altra parte per modificare quella clausola sarebbe stato necessario riconvocare le Corti ma ciò — stigmatizzava il marchese di Bayona — poteva determi-nare pericolosi inconvenienti poiché diversi delegati avrebbero potuto negare il loro assenso alla Unión. Di fronte a questa infausta alternativa ai consiglieri regi non restò che adattarsi alla situazione, raccomandando al viceré di adoperare tutta la sua influenza affinché gli 80.000 scudi ve-nissero pagati in moneta sonante e non con derrate alimentari.

Confermando quanto avevano richiesto gli Stamenti, il sovrano con-cesse infine alle due deputazioni pieni poteri per variare, alterare o co-munque modificare a fini fiscali qualsiasi legge o capitolo di Corte fosse stato concesso in passato al Regno 28

.

Con le modifiche apportate dalla giunta polisinodale sui Parlamenti alle richieste presentate dai tre Bracci e l'assenso reale ad essi vennero definitivamente fissate le condizioni che impegnarono il Regno al paga-

28 ACA, Consejo de Aragón, leg. 1140, consulta del 24 ottobre 1626. Tale privilegio non venne riservato solo al Regno di Sardegna. In precedenza nell'accettare l'offerta del Regno di Valenza il sovrano aveva concesso agli Stamenti la facoltà di disporre o cambiare qualsia-si provvedimento che qualsia-si fosse reso necessario per la colletta del donativo. Cfr. R. DAMASO DE LARIO, Cortes del reinado de Felipe IV. Cortes valencianas de 1626 cit., p. 17.

mento del donativo. Alle due deputazioni, che avrebbero dovuto so-vraintendere alla colletta, non restò che avviare le complesse procedure di riscossione, utilizzando gli ampi poteri discrezionali di cui erano state investite per rimuovere ogni ulteriore ostacolo, per organizzare un nuo-vo censimento e ripartire (come avevano chiesto le Corti) in forma più equa il carico fiscale, attivare in ogni villaggio o contrada le commissioni locali addette alla riscossione e provvedere alla costituzione di un ufficio centrale di contabilità a cui le giunte locali avrebbero dovuto fare capo.

4. Mentre le deputazioni delle due aree geografiche in cui era stata divi-sa amministrativamente l'isola mettevano a punto le strutture burocrati-che necessarie alla riscossione del donativo, tra il marburocrati-chese di Bayona e la giunta polisinodale sui Parlamenti riprese un fitto scambio di opinioni sulle modalità di organizzazione delle forze militari con le quali l'isola avrebbe dovuto contribuire alla Unión de Armas.

Come si è già accennato, nel corso delle trattative con i tre Bracci il viceré, per superare le resistenze emerse all'interno dello Stamento nobi-liare, aveva promesso al cavalierato sassarese la costituzione dí due ter-cios di 600 soldati ciascuno e la paritetica ripartizione delle cariche tra gli ufficiali nativi dei due Capi. Avendo compiuto gran parte della sua carriera nell'esercito, il marchese di Bayon non ignorava il fatto che i ter-cios avevano, in quegli anni, una dotazione organica non inferiore ai 1200-1300 uomini 29 e giustificò con la Corte madrilena la sua proposta adducendo ragioni di opportunità politica determinate dalla necessità di evitare l'innesco di ulteriori rivalità tra il Nord e il Sud dell'isola 30. Per inderogabili necessità finanziarie la giunta polisinodale ed il Consiglio d'Aragona non accolsero tuttavia il suggerimento del Bayona e dispose-ro che l'isola contribuisse con un solo tercio í cui ufficiali avrebbedispose-ro do-vuto essere scelti rispettando una eguale proporzione numerica fra i na-tivi dei due Capi. Per evitare tensioni all'interno degli Stamenti, ai mem-bri delle deputazioni parlamentari venne fatto credere che la decisione di istituire un unico tercio era stata assunta da Filippo IV in persona.

Fra il marchese di Bayona e la corte madrilena si giunse invece ad un compromesso sul problema della durata della leva militare. La Teso-

29 Il lercio, che nell'età di Carlo V aveva una dotazione di 3000 soldati, per ragioni fi-nanziarie e per i vuoti causati nelle classi d'età da fattori demografici e sociali si era pro-gressivamente ridotto a 1300-1400 uomini. Su questi aspetti si vedano le tabelle inserite nella recente opera del Parker: G. PARKER, El Ejército de Flandes y el Camino Espar7o1 (1567- 1659), Madrid, 1986, p. 325 ss. ediz. inglese, Cambridge, 1972).

30 ACA, Consejo de Aragón, leg. 1180, lettera del viceré al sovrano, 26 maggio 1628.

reria generale e la Giunta polisinodale avrebbero voluto evitare del tutto l'effettiva mobilitazione dei soldati sardi ed utilizzare il donativo offerto dall'isola per pagare alcuni debiti pregressi sui quali la Corona corri-spondeva forti interessi. Il viceré dissuase tuttavia l'amministrazione cen-trale dal prendere tale decisione facendo osservare che se non si fosse proceduto alla leva militare il Regno si sarebbe tenuto in deposito le somme raccolte e non avrebbe inviato denaro fino a quando il tercio sar-do non fosse diventato realmente operativo. Sulle nomine degli ufficiali la fretta del viceré (che dopo l'espletamento degli atti sperava di proce-dere senza opposizioni alla raccolta della prima rata del donativo) sem-bra contrastare con gli interessi che andavano coagulandosi attorno agli uffici militari. Nel memoriale inviato a Madrid qualche settimana dopo la chiusura delle Corti, quando sembrava che i tercios dovessero essere ancora due, il Bayona si era premurato di spedire anche le proposte di nomina alle rispettive cariche 31 allegando le biografie degli aspiranti e pregando il Consiglio di procedere con rapidità. Per la carica di Mestre de campo del tercio del Capo di Sassari egli propose, in alternativa, don Francesco Manca, barone di Usini, e don Michele Comprat, barone di Torralba. Aspiravano al medesimo incarico don Francesco Amat di Al- ghero 32, Giovanni Cariga, capitano della cavalleria miliziana ", France-sco Ravaneda ", Antioco Dexart " e don Bernardino Cervellón 36.

31 Nel maggio 1626 il Consiglio d'Aragona non si era infatti ancora pronunciato sulla opportunità dí armare un solo tercio anziché due.

32 Egli vantava illustri antenati ma nessuna esperienza militare; su di lui il viceré an-notò a margine: parecéme le basta ir nombrado.

33 Il Cariga aveva ricoperto l'incarico di tenente e capitano della cavalleria miliziana per più di 40 anni ricevendo anche la nomina onorifica a mestre de campo. Un suo antenato era stato governatore del Capo di Sassari ed il padre Gaspare aveva partecipato alla spedi-zione di Algeri. Il Bayona riteneva che la ricchezza e la nobiltà del candidato fossero ade-guate alla carica ma che l'interessato avesse scarsa capacità di comando.

34 Francesco de Ravaneda nel 1626 ricopriva l'incarico di mestre racional per la minore età del nipote Pedro, titolare effettivo dell'ufficio di maestro razionale; egli era stato veguer della città di Cagliari ed aveva svolto anche funzioni di capitano della cavalleria miliziana della curatoria di Siurgus. Il viceré segnala la collaborazione da lui offerta durante il Parla-mento del 1626 ma non lo ritiene adatto a tale importante ufficio. Cfr. ACA, Consejo de Ara-gdn, leg. 1140.

35 Dopo aver tenuto per qualche anno l'incarico di capitano della città di Iglesias si era recato nelle Fiandre dove aveva combattuto per 13 anni distinguendosi in diversi episo-di bellici fino alla presa episo-di Breda (1625).

36 Figlio secondogenito del conte di Sedilo, Bernardino Cervellón aveva ricoperto per un decennio l'incarico di capitano delle milizie feudali. Nel novembre 1625, quando si era temuto un attacco inglese contro l'isola, era stato nominato dal governatore Aragall mestre de campo dell'esercito che si voleva mobilitare nell'isola. In alternativa a tale carica egli chie-

La sollecitudine del viceré per i primi tre candidati era giustificata

Outline

Documenti correlati