il contributo versato dal Regno) e ad accrescere le entrate della regia cassa con i diritti sulle licenze di esportazione. Infine, per evitare che i commercianti interessati a tale concessione monopolizzassero il mercato con grave danno per i produttori 6
,gli Stamenti chiesero che a partecipa-re all'asiento 7 fossero più mercanti e che l'affidamento venisse concesso
Sui danni causati dalla moneta de vellón all'economia spagnola e sui poss-ibili rimedi si veda quínto scriveva allora il Mariana, cfr. J. DE MARIANA, Tratado y discurso sobre la mo-neda de vellón (1626), a cura di L. Beltran, Madrid, 1987. Per alcune indicazioni metodologi-che sulle teorie monetarie prevalenti nella Spagna del '500 e del '600 cfr. J. LARRAZ, La épo-ca del merépo-cantilismo en Castilla 1500-1700, Madrid, 1963; P. VILAR, Los primitivos espatioles del pensamiento economico. Cuantitativismo y `bullonismol in P. VILAR, Crescimiento y desarrollo, Barcelona, 1964, pp. 175-207. Sulla situazione esistente in Sardegna cfr. E. BIROCCHI, Zecche e monete della Sardegna nei periodi di dominazione aragonese-spagnolo, Cagliari, 1952; E. STUM-po, Storia della moneta in AA.VV., La Sardegna, Enciclopedia a cura di M. Brigaglia, Cagliari, 1982, I, "La Storia", pp. 31-36.
6 Nel 1623 un -gruppo di intermediari facente capo al commerciante Polero aveva in-fatti ottenuto concessioni di sacche per 112 mila starelli realizzando un vero monopolio poiché il viceré Vivas aveva emanato un pregone nel quale si disponeva che le sacche di merced e dei Illauradors (pari a 180.000 starelli) non potessero essere concesse prima che l' a-sientista privilegiato avesse completato il suo carico. Su questi aspetti della politica economi-ca vicereale si vedano le proteste dello Stamento militare, cfr. ACC, Archivio Aymerich, Carte dello Stamento Militare, B. 9, memoriale 11.
7 L'asiento era un contratto che impegnava i banchieri (asientistas) della Corona ad an-ticipare alla Tesoreria regia, in forme e tempi prefissati, rilevanti somme di denaro riceven-
ad intermediari nativi dell'isola. Per tutelare i produttori agricoli, gli ec-clesiastici ed il ceto nobiliare ed evitare divieti sulla libera esportazione, i tre Bracci proposero inoltre l'integrale applicazione delle prammatiche promulgate da Filippo II sull'annona e sul commercio del grano 8.
2. La preoccupazione maggiore dei membri del Parlamento appare ri-volta tuttavia alle forme di gestione e di finanziamento del contingente di soldati promesso alla Corona. Oltre all'istituzione di due tercios, i membri sassaresi del Militare avevano posto come condizione prelimina-re per votaprelimina-re all'unanimità il donativo che gli uffici di Mestprelimina-re de campo, sergente maggiore, capitano e alfiere venissero ripartiti nella stessa pro-porzione tra i nativi dei due Capi in modo da realizzare una perfetta eguaglianza amministrativa fra di essi 9.
Tra il viceré e le Corti si era già creato comunque un clima di reci-proca fiducia. Pur avendo proposto agli Stamenti di effettuare libera-mente le nomine degli ufficiali, essi, non riuscendo a superare le rivalità municipali tra Cagliari e Sassari, vi avevano rinunciato. Affidandosi alle sperimentate capacità diplomatiche del viceré, lo invitarono a scegliere le persone che egli considerava più adatte a ricoprire le singole cariche.
Così facendo l'élite del Regno diede il suo assenso all'offerta e appog-giando la politica dell'Unión ottenne in cambio dalla Corona ampi spazi politici e di ascesa sociale.
Di rilievo appaiono anche le richieste con le quali i tre Bracci chie-sero di introdurre importanti modifiche nella struttura finanziaria pre-posta alla colletta del donativo. Da secoli i sistemi utilizzati per realizza-
do in garanzia del denaro dato l'argento che veniva estratto nei possedimenti spagnoli, i proventi di determinate imposte o i donativi che le Corti si impegnavano a pagare. L'inte-resse che veniva corrisposto su tali finanziamenti era di solito fissato all'8%. Esso veniva in-crementato di un'ulteriore percentuale (3-4%) in relazione al costo della transazione valuta-ria su piazza. Per una esaustiva descrizione di questa forma contrattuale si veda A. DOMIN-GUEZ ORTIZ, Politica y hacienda de Felipe IV cit., parte I, cap. 2, pp. 8-98 e, del medesimo au-tore, Las finanzas de la monarquía hispanica en tiempos de Felipe IV (1621-1665), Madrid, 1990, pp. 51;71; H. LAPEYRE, Simón Ruiz et los asientos de Philippe II, Paris 1953, pp. 1-20. Per alcu-ni accenalcu-ni alla situazione esistente in Sardegna cfr. U. PETRONIO, La proprietà dello stagno di Cabras: che sia la storia di un errore? in Studi in memoria di G. D'Ameno, I, Milano, 1978, pp.
289-294; B. ANATRA, Aspetti della congiuntura seicentesca in Sardegna, in «Annali della Facoltà di Magistero dell'Università di Cagliari», quaderno 23, Cagliari, 1983, pp. 1-41.
Sulla legislazione annonaria si vedano in particolare le Reali Prammatiche 21 agosto 1598 e 11 luglio 1627 con le quali venne concessa la libera esportazione delle quote di sac-ca riservate ai produttori agricoli. Ulteriori riscontri in J. DEXART, Capitula sive Acta Curia-rum Regni Sardiniae cit., vol. I, libro VIII, tit. VII, p. 568.
9 Parlamento, doc. 176 cit., richiesta 9, e doc. 180, c. 205.
re questo compito erano l' imposictò de drets e il compartiment. La prima veniva applicata imponendo un dazio sui generi importati o esportati dall'isola. In generale si trattava di merci che non erano di ordinario consumo (seta, stoffe, manufatti, ecc.) e per tale ragione questa forma di contribuzione, pur determinando una lievitazione dei prezzi, incontrava il favore deí contribuenti meno abbienti. Nel compartiment- l'importo complessivo dell'imposta dovuta veniva ripartito direttamente fra i tre Bracci assegnando 3 quote di esso allo Stamento militare, 2 a quello rea-le ed 1 a quello eccrea-lesiastico. Ogni Stamento, chiamato a rispondere col-lettivamente dell'imposta, provvedeva a suddividere tale somma al suo interno stabilendo le quote dovute da ogni fuoco fiscale'''.
Nel Parlamento del 1626 questo farraginoso meccanismo venne profondamente modificato e, anziché suddividere come in passato le quote per foch y comerc
i
, si procedette ad una ripartizione che tenne con-to sia del patrimonio familiare dei contribuenti sia del numero effettivo dei fuochi.Una percentuale pari al 19,2% della somma totale venne offerta vo-lontariamente dagli ecclesiastici, dai feudatari e dagli altri titolari di ren-dite che intesero distinguersi ponendo in evidenza la loro fedeltà alla Corona. Il restante 80,8% fu suddiviso tra la città (19,5%) ed i villaggi (61,3%) in proporzione al valore patrimoniale dei beni posseduti dai sin-goli soggetti fiscali.
Il contributo offerto dalle figure più eminenti e ricche del Regno ap-pare particolarmente rilevante: 106 individui si fecero infatti carico "vo-lontariamente" di una quota pari al 19% dell'ammontare annuo del do-nativo.
Significativo è anche il fatto che su proposta dello Stamento reale al pagamento della somma richiesta venissero obbligati tutti i sudditi, com-presi quelli che fino ad allora erano stati considerati, di fatto o di dirit-to, esenti da ogni contribuzione (ecclesiastici, familiari dell'Inquisizione, ufficiali regi e feudali, ecc.). I rappresentanti delle città proposero inol-tre di affidare la riscossione dell'imposta ad una speciale commissione
l° Per í criteri di ripartizione delle quote del donativo oltre il Dexart (Libro III, cap.
XIII) si veda quanto scrive G. Serri, cfr. G. SERRI, I donativi sardi nel XVI secolo, in B. ANA-TRA, R. PUDOU, G. SERRI, Problemi di storia della Sardegna spagnola cit., pp. 211 ss.; e, dello stesso autore, Due censimenti inediti sardi. 1583-1627, in «Archivio sardo del movimento ope-raio contadino e autonomistico», 11-13 (1980), pp. 351 ss. Ai fini del nostro discorso di par-ticolare interesse risultano anche le osservazioni metodologiche di B. Anatra, cfr. B. ANA-TRA, Il donativo dei Parlamenti sardi, in AA.Vv., Acta Curiarum Regni Sardiniae cit., p. 187 ss.
Sul caso specifico del parlamento Gandía vedi ora G. G. ORTO, Il Parlamento Gandía nella Sardegna di Filippo III cit., pp. 117-126.