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Città e natura

Nei suoi leggendari Croquis de voyages, Le Corbusier sottolinea il suo rapporto quasi fisico con la natura, che rimane intrinseca protagonista di tutti i suoi progetti e alla quale torna negli ultimi anni della sua vita, trasferendosi a vivere nel celebre Cabanon presso Cape-Martin, tra Monaco e Mentone, dove tragicamente troverà la morte per annegamento.

Nella sua descrizione programmatica per la realizzazione della città ideale Ville Radieus egli sottolinea l’importanza di ristabilire il rapporto uomo-natura16 ed è proprio per rappresentare

questa visione che si portano ad esemplificazione di tale rapporto alcune immagini legate al mito della città di Laputa, raccontata da Jonathan Swift nei suoi Viaggi di Gulliver nel 1726.

15 P.A. Croset, Occhi che vedono, in “Casabella”, n. 531-2, 1987, p.4.

16 Un evento di importanza rivoluzionaria: sole, spazio, verde (…) bimbi giovani e adulti avranno a disposizione il parco intorno all’edificio. La città sarà immersa nel verde e sul tetto delle case troveremo gli asili per i piccoli. La città di

accomuna sia il bozzetto del regista, sceneggiatore, animatore e fumettista Hayao Miyazaki sia la visione surrealista del celebre quadro di Magritte Le Chateau des Pyrènèes. La forza di tali paesaggi, non più reali quanto evocati, è stata più volte ripresa, interpretata e rafforzata da una rappresentazione estremamente realistica, sia analogica -la copertina disegnata da Roger Dean per l’album progressive che raccoglie i maggiori successi degli YES, nel 2013– sia digitale –come nel celebre film di fantascienza Avatar di James Cameron, dove i sorprendenti effetti di computer grafica hanno saputo realizzare dar vita a queste montagne volanti, alludendo tuttavia agli scenari reali della catena montuosa cinese dei Monti Huangshan. Il ricorso al tema della simbologia della natura è il fil rouge che lega insieme anche altre esemplificazioni il cui ardito accostamento è spigato dalla convinzione che, nel campo della rappresentazione, non esistano immagini totalmente nuove, inedite, ma che ogni disegnatore attinga –in modo più o meno voluto o inconscio- ad un vastissimo bagaglio di immagini impresse nella propria mente, che ne costituiscono il back ground culturale. In tal senso si accomunano i volumi squadrati delle rocce e gli esili e puntuali elementi arborei che rappresentano il paesaggio di sfondo della Fuga in Egitto di Giotto, il monolite del quadro di Salvator Dalì e le pareti rocciose della copertina realizzata dal pittore surrealista italiano Domenico dall’Osso per l’ultimo album del cantautore italiano Caparezza, nel 2014. Del resto la celebre Venere a cassetti proprio di Dalì -i cassetti dell'inconscio che solo la psicoanalisi sa aprire- rappresenta le opere in cui l’artista saccheggia l'arte del passato, con un approccio che anticipa il post-moderno17.

Figg. 22-23-24-25 H. Miyazaki, “Tenku no shiro Rapyuta” (Il castello nel cielo), 1986, Giappone, bozzetto della città di Laputa, citazione letteraria della omonima città di J. Swift, “I viaggi di Gulliver”, 1726; R. Magritte, "Le Chateau des Pyrènèes", 1959, Israel Museum, Gerusalemme, olio su tela, 200,3x145 cm; R. Dean, copertina della raccolta degli YES, “The Studio Albums 1969-1987”; J. Cameron, fotogramma tratto da “Avatar”, 2009.

Conclusione

Non è possibile concludere questo contributo senza soffermarsi almeno brevemente sul carattere fortemente simbolico che ha da sempre avuto, in termini di rappresentazione, l’albero in tutte le culture e nel corso dei secoli. Disegnare un albero è già di per sé una rappresentazione iconografica perché, per quanto il disegnatore si sforzi di riprodurne fedelmente la chioma, il sistema principale e secondario dei rami, la nervatura del tronco, l’albero sfuggirà sempre ad una rappresentazione pienamente realistica, per trasformarsi, almeno in parte nell’idea che il disegnatore ha dell’albero, nell’immagine mentale che egli ha costruito nel corso della sua vita osservando gli alberi esistenti e ricordando le molteplici

Giornata di Studi - Genova 11 maggio 2015, Dip. DSA

declinazioni degli alberi rappresentati nelle diverse arti visive. Gli alberi reali quindi diventeranno, quindi, alberi frutto della fantasia e gli scenari a cui sottendono si ammanteranno di atmosfere di volta in volta accoglienti –il disegno di taccuino di John Ruskin- stupefacenti -il bozzetto di Alan Lee per il film La compagnia dell’anello di Peter Jackson- misteriosi o paurosi.

La presenza degli alberi in un determinato contesto paesaggistico può essere talmente caratterizzante da trasformarsi da immagine realistica a carattere identitario del brand di una azienda. Si fa riferimento alla esemplificazione proposta relativa al marchio ed alla serie di etichette realizzate dal pittore Giancarlo Ferraris per l’azienda vitivinicola Michele Chiarlo di Calamandrana, in un percorso durato circa trent’anni. I vigneti dell’azienda, riprodotti in una costante ricerca grafica fatta di sperimentazioni differenti, sono ormai identificati –ed identificabili univocamente- dalla rappresentazione delle due colline “pizzute” che caratterizzano il paesaggio circostante e dai tre cipressi che le sormontano, elementi anche del marchio del Parco artistico Orme su La Court che ospita, tra le altre, opere di Emanuele Luzzati e Ugo Nespolo.

Fra tutte le possibili simbologie degli alberi, la più rappresentativa è probabilmente l’Albero della Vita, sicuramente in questo momento la più attuale, in quanto rappresenta proprio l’icona più visibile della presenza italiana all’Expo 2015. Realizzato a partire da un’idea di Marco Balich, direttore artistico di Padiglione Italia, questa torre di acciaio e legno, alta 35 metri, costruita al centro di un lago, è ispirata al disegno di Michelangelo per la piazza del Campidoglio. L’Albero della Vita, di cui si ritrova traccia sin dal IX secolo a.C. -nei bassorilievi di epoca assira in Mesopotamia- assume grande importanza simbolica nel cristianesimo e quindi, sin dal medioevo è oggetto di innumerevoli rappresentazioni, ma in questa sede si presentano solo due tra le più note, l’Albero della Vita di Gustav Klimt, realizzato per Palazzo Stoclet, a Bruxelles tra il 1905 e il 1909 e l’Albero della Vita di Keith Haring, del 1984, a cui si contrappone provocatoriamente La morte di un albero, dipinta da Jean Michel Folon nel 1973.

Figg. 26-27-28 Giotto, “La fuga in Egitto” (particolare), 1304-06, Cappella degli Scrovegni, Padova, affresco, 200 x 185 cm; S. Dalì, “Paesaggio”, 1948; D. Dell'Osso, copertina dell’album “Museica” del cantautore italiano Caparezza, 2014.

Figg. 29-30-31-32-33-34 (in senso orario); John Ruskin, “View of Bologna”, 1845; K. Haring, “L’Albero della Vita”, 1984, collezione privata; J. M. Folon, “La morte di un albero”, 1973; A. Lee, bozzetto per il film di P. Jackson, “La compagnia dell’anello”, 2001; G. Klimt, “L’Albero della Vita”, 1905-1909; M. Balich, “L’Albero della Vita”, concept per Expo2015, Milano, 2015.

Figg. 35-36-37 G. C. Ferraris, etichetta vino “La Court 1996” di produzione Michele Chiarlo, bozzetto preparatorio e schizzi preliminari “Vendemmia La Court”, tratti da “Il segno dei filari arancioni. Opere di Gian Carlo Ferraris per Michele Chiarlo. Pittura e grafica in etichette e manifesti”, L’Artistica Editrice, Cuneo 2008; elaborato grafico dello studente Aires Pedro, elaborato nell’ambito del Corso di Disegno e Rappresentazione del Paesaggio, docente M. Mazzucchelli, a.a. 2014/15, Scuola Politecnica dell’Università degli Studi di Genova.

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Disegnare dal vero : imparare, vedere, ragionare, esprimere.