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Il disegno del paesaggio: segno e interpretazione iconica

Michela Mazzucchelli

Dipartimento di Scienze per l’Architettura, Scuola Politecnica di Genova

Introduzione

Il tema del disegno del paesaggio contiene in sé -già nella definizione del termine- innumerevoli serie di variabili le cui possibili singole combinazioni hanno portato, nel corso dei secoli, alla realizzazione di un non definibile numero di rappresentazioni grafiche. Le matrici culturali, strettamente connesse ai periodi storici ed alle aree geografiche di appartenenza, le tecniche di rappresentazione, la sensibilità dei singoli autori, e in primis, la variabilità dei soggetti rappresentati, né hanno di volta in volta determinato la possibili differenti declinazioni, subordinandole a logiche funzionali diverse: la descrizione puntuale, l’analisi critica, la narrazione poetica e non ultima, l’evocazione ideale.

I diversi attori che si occupano di paesaggio -paesaggisti, progettisti, architetti, designer, geomorfologi e geologi, fitogeografi, ecologi, ma anche botanici, sociologi, storici dell'arte, psicologi, critici letterari, urbanisti, antropologi, registi cinematografici, per giungere poi al punto di vista degli amministratori pubblici, etc.- hanno inoltre tracciato approcci metodologici estremamente differenti in virtù dei quali è necessario definire tipi di rappresentazioni adeguate. Assistiamo quindi alla redazione di cartografie a diverse scale, di vedute panoramiche, di disegni di progetto per il paesaggio –si pensi al tema dei giardini- e con il paesaggio, laddove cioè il paesaggio viene visto come elemento caratterizzante un preciso ambito architettonico e non come unico protagonista dell’esercizio progettuale. Innumerevoli, inoltre, sono le rappresentazioni pittoriche così come gli studi puntuali sulle essenze vegetazionali a diverse scale di rappresentazione.

Le diverse interpretazioni del paesaggio nascono dagli svariati approcci al tema, dalle diverse discipline che se ne occupano, dalle possibili chiavi di lettura e soprattutto dalle interrelazioni che si creano tra i campi di studio e analisi. Il paesaggio crea indirettamente un vincolo, un patto emozionale, una “limitazione” inconscia, un’influenza psicologica e logica di giudizio. È evidente come l’osservazione, l’identificazione del paesaggio sia del tutto soggettiva1.In questo panorama, particolarmente diversificato, è indubbio riconoscere al

disegno -inteso come strumento di comunicazione, linguaggio a-temporale e filo conduttore di tali rappresentazioni- il fondamentale ruolo di interprete dell’atteggiamento, della disposizione e delle finalità che il disegnatore assume, di volta in volta, nei confronti dell’opera rappresentata. L’intento del presente studio è quindi quello di offrire alcune improbabili similitudini tra rappresentazioni molto differenti tra loro, che risultino esemplificative –e non certo esaustive- proprio di quell’intenzionalità sottesa, seguendo una sorta di cronologia che dalla visione moderna del paesaggio giunge sino ai giorni nostri, proiettandosi in un futuro fantascientifico.

per secoli la cartografia si è occupata della rappresentazione territoriale riflettendo l’approccio naturale con cui l’uomo si poneva in relazione al territorio e all’ambiente. Il significato delle carte, poi, nel XVII secolo muta, per evidenziare i contenuti scientifici mirati alla conoscenza e non più alla sola rappresentazione pittorica e celebrativa tipica, ad esempio, della cartografia di corte. Tuttavia non si può ancora parlare di vere e proprie carte territoriali, ma di rappresentazioni urbane inserite in contesti territoriali3. Una chiara esemplificazione di quanto

fosse predominante in queste realizzazioni la descrizione grafica dell’azione antropica rispetto a quella naturale può essere fornita dall’immagine delle cartografie prodotte nel Settecento per conoscere e divulgare il territorio della Repubblica di Genova. Coerentemente con quanto teorizzato da Alexander von Humbolt, che lega il concetto di paesaggio alla nozione centrale di carattere della natura di tipo qualitativo4, i cartografi non offrono un disegno oggettivo del

territorio, quanto una loro interpretazione iconica che ne enfatizzi i caratteri precipui: nel caso del territorio ligure, il disegno delle curve di livello associato al disegno del terrazzamento. Si evidenzia l’importanza di tale interpretazione laddove le scelte cromatico rappresentative pongono particolare attenzione proprio al territorio, rispetto all’ambito urbano: nell’elaborato del Denis, per esempio, quest’ultimo viene reso con una grafica a contrasto e con la sola identificazione dei sedimi dei lotti principali, mentre il disegno del paesaggio circostante viene reso tridimensionalmente dal sapiente uso dei valori tonali e, addirittura dal disegno degli alberi, con le rispettive ombre. Allo stesso modo Escher, nelle sue litografie, coglie il carattere peculiare della costa di Ravello geometrizzando in senso quasi astratto la morfologia del territorio. Nelle sue viste, il segno grafico e l’attenzione ai dettagli del primo piano -sia che si tratti di edifici sia di singoli alberi- vanno via via scemando per meglio leggere la profondità dell’inquadratura e i piani visivi della stessa.

Figg. 1-2-3 V. Denis, “Piano della città e contorni di Savona”, 1789, in M. Quaini “Carte e cartografi in Liguria”, catalogo della mostra, Sagep, Genova, 1986, tav. VI; Escher, “Ravello and the Coast of Amalfi”, 1931, litografia, 31,3×23,7 cm, collezione privata; M. Vinzoni, “Monterosso” tratto da “Il Dominio della Serenissima Repubblica di Genova in Terraferma”, 1773.

2 "Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. Definizione tratta dalla Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze 2000.

3 G. Pellegri, Sistemi infografici di rappresentazione dell’architettura e dell’ambiente. Un’esperienza didattica, Graphic Sector, Genova, 2009, pp. 3-4.

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Figg. 4-5 L. Vanvitelli, “Dichiarazione dei disegni del reale palazzo di Caserta”, 1756, Napoli; F. L. Wright, “Broadacre city. The Disappearing City”, schizzo di progetto tratto da “The Living City”, 1958.

Per quanto attiene alla rappresentazione del paesaggio progettato, merita una particolare riflessione la cosiddetta prospettiva a volo d’uccello, un metodo di rappresentazione fortemente teatrale in cui il disegnatore riesce a stabilire in maniera immediata il sistema di relazioni tra architettura e paesaggio. Le esemplificazioni proposte -il progetto del Palazzo Reale di Caserta di Luigi Vanvitelli e il progetto per l’irrealizzata visione di Frank Lloyd Wright di Broadacre City- vengono accomunate proprio per la loro indiscussa capacità sia di descrivere minuziosamente gli elementi caratterizzanti -il prospetto della Reggia, la composizione dei giardini formali, la tessitura dei terreni coltivati e delle zone boschive- sia per la loro visione del progetto del paesaggio: la scenografica prospettiva che lega la Reggia al suo parco, con la successione delle fontane monumentali e della cascata alla sommità del monte Briano, che vanno a coincidere con il punto di fuga dell’osservatore, e la concezione della città estesa resa ancor più evidente dall’inserimento, al primo piano del campo visivo, dell’aero veicolo monoposto le cui fughe si collegano con una delle torri residenziali. Attualmente, la medesima necessità di coniugare descrizioni oggettive e visioni, viene tradotta graficamente, soprattutto nei progetti di Landscape urbanism, con un linguaggio iconico caratterizzato da forme e colori, le cui composizioni trasformano il territorio in una sorta di texture: comportando una lettura e comprensione dei vari livelli e tipi di informazioni, spesso non immediata. La coesistenza di dati relativi agli aspetti morfologici del paesaggio, così come di forme edilizie ed infrastrutturali -sia riguardanti l’esistente sia riguardanti gli scenari futuri di progetto-, ma anche di dati critici emersi da valutazioni di vario genere (es. VIA, analisi SWOT) viene resa graficamente enfatizzando l’aspetto comunicativo di tali informazioni, anche al fine di attirare consenso attorno al progetto per creare condivisione di intenti e obiettivi. Alla concreta necessità di visualizzare i principi che sottendono ad una qualsivoglia analisi pre-progettuale e progettuale, infatti, fa seguito la necessità di visualizzazione dei risultati attesi, attraverso l’elaborazione di simulazioni grafiche degli esiti finali dei progetti stessi5.

5 M. Mazzucchelli, Progetto e rappresentazione: concept e comunicazione grafica, in P. Belardi, A. Cirafici, A. di Luggo, E. Dotto, F. Gay, F. Maggio, F. Quici (a cura di), Atti del VII seminario di Studi Idee per la Rappresentazione 7.

ed infine il Capriccio inteso di volta in volta come paesaggio quasi vero, costruito con un abile montaggio di elementi realistici; come una veduta puntualmente ripresa dalla realtà in cui si inseriscono degli edifici immaginari; oppure come una veduta di fantasia costruita con edifici realmente esistenti6.

Canaletto ed la scuola dei vedutisti veneziani sono considerati gli artefici della pittura di paesaggio quale mezzo di conoscenza realistica. Siamo nel periodo illuminista, l’approccio alla realtà deve essere di tipo scientifico ed anche la pittura non è più solo un gesto artistico estemporaneo, ma il frutto di una attenta rielaborazione grafica. Il pittore studia l’inquadratura, analizza le linee di forza della composizione prospettica, utilizza strumenti per la trasposizione delle immagini –la scatola ottica- e rielabora il quadro dopo averne disegnato gli elementi componenti.

Figg. 6-7-8 Canaletto, “Grand Canal”, 1730; E. Luzzati, “Partirsi da Vinegia tutti e tre…”, illustrazione per “Il Milione di Marco Polo”, Museo Correr, Venezia, 2006; Canaletto, “Capriccio con edifici palladiani”, 1756-59, olio su tela, 58x82 cm, Collezione Aglietti Venezia, n. inv. 284.

L’attenzione alla riproduzione dettagliata dei particolari assicura il realismo della scena richiesto da una ricca committenza -soprattutto inglese- che attribuisce alle vedute la possibilità di ricordare ma anche raccontare i luoghi visitati o che si vorrebbe conoscere. Tuttavia il Canaletto, nel rappresentare Venezia, suggerisce anche una apertura verso il carattere pittoresco della propria città, attraverso l’uso ma anche il superamento del cosiddetto capriccio: combina insieme elementi riconducibili a Venezia -il canale, le gondole- con alcune architetture palladiane di Vicenza –il Palazzo Chiericati e la Basilica Palladiana- e con un’architettura mai realizzata dello stesso palladio, il suo progetto per il Ponte di Rialto. Proponendo una visione del Canal Grande come galleria architettonica sull’acqua e interessandosi alle suggestioni che potevano derivare dall’avvicinamento di modelli diversi, sottoposti all’effetto della veduta egli tentava di elaborare una nuova immagine della città7.

Ad affiancare le due immagini di Venezia realizzate dal Canaletto si propone quindi l’illustrazione dello scenografo Emanuele Luzzati realizzata per la nuova edizione del Milione di Marco Polo. A quasi tre secoli di distanza, lo scenografo compie infatti un’analoga operazione di traduzione grafica degli elementi caratterizzanti la città, amalgamandoli con edifici tipologicamente simili ma di pura invenzione, finalizzati a suggerire al lettore –con la caratteristica tecnica del collages- la medesima suggestione di una veduta realistica, ma non reale, della città. Con una analoga chiave di lettura è possibile leggere i disegni a tratto che rappresentano Parigi e Genova: la veduta realistica -con la trascrizione fedele del tessuto

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edilizio esistente- si trasforma in rappresentazione soggettiva allorquando l’attimo colto dal disegnatore, sembra cristallizzarsi nel volo dei corvi e nell’oscillazione degli alberi delle navi nel porto. Il disegno di Marples del 1895 racchiude in sé elementi di grande emotività, che riescono a tradurre graficamente la descrizione di Parigi offerta da Victor Hugo nelle pagine di Notre Dame di Paris: …e se volete ricevere dalla vecchia città un’impressione che la città moderna non saprebbe più darvi, salite…su di un luogo elevato da cui possiate dominare l’intera capitale…8. La nostalgica rassegnazione per i cambiamenti che inevitabilmente stava

subendo la città accompagna lo sguardo dell’osservatore, che spazia sui volumi appuntiti dei tetti, continuamente distratto dall’incombente mole del gargoyle che dal primo piano conferisce profondità alla composizione. Lo sguardo si sofferma poi sulla densità dell’apparato urbano rappresentato con dovizia di particolari –bucature e camini- per percorrere infine le distanze dalla città storica alla campagna circostante, seguendo il tratto sempre meno definito del disegno. La profondità di campo viene resa dal confondersi delle macchie vegetazionali rappresentate con le poche sagome degli edifici sparsi nel paesaggio. Allo stesso modo viene rappresentata Genova dal Roberts nel 1822: una densa selva di edifici disegnati a tratto -per raccontare il centro storico e la zona del porto- e lievi tratti, volutamente

Figg. 9-10 G. Marples, “The Jackdaw of Chartres”, 1895, Herbert F. Johnson Museum of Art, New York; D. Roberts, “Town and Harbour of Genoa” (particolare), 1822, British Museum, Londra.

non finiti, per raccontare le curve di livello dei crinali retrostanti la città che vengono caratterizzati solo da alcune zone arboree riprese in prossimità dei giardini delle ville di mezzacosta o al limitare del tracciato delle mura storiche e dell’acquedotto.

Il progressivo allontanarsi dalla rappresentazione del paesaggio in termini oggettivi per perseguire una ricerca soggettiva dell’essenza della natura, del paesaggio inteso non più come creazione antropica e naturale ma squisitamente solo naturale, rimanda ai quadri di John Constable e di Joseph Mallord William Turner, due dei maggiori rappresentanti del pittoresco inglese. Nei quadri di Constanble per la prima volta il paesaggio viene rappresentato senza segni di antropizzazione, perché la natura diviene soggetto unico della composizione, una natura vera, originaria, non mutata dai suoi canoni primi. Non a caso Constable sosteneva: il

più cupe ricercate. Turner è l’esempio perfetto di come lo studio oggettivo del reale sia elemento fondante ed irrinunciabile per il suo stesso superamento. A seguito dei suoi viaggi di studio in Francia, Svizzera e Italia –nella consolidata pratica dei Grand Tours- egli raccoglie e sistematizza i suoi innumerevoli sketches di paesaggio in un volume intitolato Liber Studiorum nel quale egli offre una sorta di abaco di quadri conosciuti e a tutti noti che potevano servire per studi e riflessioni sugli sviluppi della rappresentazione del paesaggio, con particolare attenzione alle tecniche di rappresentazione impiegate, in una progressiva ricerca della determinazione –e resa grafica- non tanto del paesaggio reale, quanto delle atmosfere da esso evocate10. Con insuperata maestria Turner studia e rappresenta cieli in

grado di evocare alti livelli di drammaticità. E proprio il tema dello studio del cielo –in questo caso reale- e delle atmosfere ad esso legate è il legame che vede associare a questi dipinti l’immagine di copertina dell’album Animals dei Pink Floyd, disegnata dal bassista Roger Waters, con l’immagine della celebre centrale elettrica londinese Battersea Power Station, utilizzata come icona per fornire una critica feroce alle condizioni socio-politiche dell’Inghilterra negli anni settanta.

Figg. 11-12-13 J. Constable, “Paesaggio con nuvole”, 1821-22 ca., olio su carta applicata a tavola, 47,5x57,5 cm, The German Ryan Collection, The New Art Gallery, Walsall;, R. Waters, copertina dell’album “Animals” dei Pink Floyd, 1977; J. M. W. Turner, “Rockets and Blue Lights (Close at Hand) to Warn Steamboats of Shoal Water”, 1840, olio su tela, Sterling and Francine Clark Art Institute, Williamstown.