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Disegni e disegnator

I disegni estemporanei dei taccuini dei viaggiatori, gli schizzi progettuali degli architetti, i bozzetti preparatori per le scenografie sono solo alcune delle possibili esemplificazioni che ci offrono la possibilità di ragionare circa l’atto del disegnare, il processo attraverso il quale si crea quella particolare relazione che lega il disegno e l’oggetto disegnato, l’interazione tra la carta e la superficie che riceve il disegno e diviene il disegno11.

9 M. Goldin (a cura di), Turner e gli impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa, Linea d’ombra Libri, Treviso 2006, p. 18.

10 Quest’opera, alla quale Turner lavora dal 1807 al 1819 circa, comprende composizioni ricavate da disegni a penna e tempera e trasposte nella mezzatinta. Le composizioni corrispondono ad una precisa classificazione del paesaggio per generi: “storico”, “montagnoso”, “pastorale”, “marino”, “architettonico”. Quest’ultima sezione include rappresentazioni di rovine, di città di castelli, di chiese. Cfr. R. Dubbini, Geografie dello sguardo, op. cit., p. 120. 11 J. Horan, Conversazioni con un disegno, in M. Docci (a cura di), Disegnare. Idee e immagini, Rivista semestrale del

Giornata di Studi - Genova 11 maggio 2015, Dip. DSA

L’atto del disegnare richiede tempo, riflessione, concentrazione, è un momento speciale che il disegnatore si concede per fermare “il proprio tempo”, per estraniarsi dal contesto e concentrarsi su una particolare inquadratura, su un particolare oggetto, su una particolare sensazione e decidere di trasferirla su carta, di fissarne il carattere in modo definitivo e univoco. Nel momento in cui tali scelte vengono compiute ecco prendere avvio un processo di profonda comprensione dell’oggetto da rappresentare, che richiede molte osservazioni: guardare, vedere, comprendere, disegnare, guardare ancora, provare, vedere, comprendere un po’ di più, disegnare un po’ di più, e così via. L’occhio è in un costante movimento tra l’oggetto e la carta, avanti e indietro migliaia di volte fino a quando il disegno è completato. L’arte di disegnare fa dunque in modo che l’immagine si stampi nella mente. Se si disegna qualcosa la si ricorderà12.

La poetica di tali disegni -sia che siano estemporanei sia che siano frutto di rielaborazioni grafiche- risiede quindi proprio nella connessione quasi empatica che si viene a creare tra il paesaggio e il disegnatore nell’atto del rappresentare.

Tutti i disegnatori sanno quanto sia quasi fisicamente necessario disporre di un taccuino su cui fermare graficamente un’immagine ma più ancora una sensazione. È fin troppo banale sottolineare il valore intrinseco di tali elaborazioni, come d'altronde non è possibile elencare tutti i grandi autori che con i loro lavori confermano tale accezione: pensiamo a Leonardo -ai suoi studi non solo sul paesaggio, ma alle sue macchine, agli studi sull’uomo e sulle specie arboree-; pensiamo a Goethe; abbiamo citato Turner –si pensi alla sua influenza sulla poetica e la produzione grafica di John Ruskin, negli studi sul colore e sulla luce13 sapientemente

dosata per rendere in maniera efficace la percezione dei piani visivi-; si pensi ai taccuini di autori come Delacroix, Picasso, Le Corbusier, Frida Kahlo, Hugo Pratt, Edward Hopper -e molti altri- si pensi soprattutto a quanta poetica è racchiusa in essi, a quanto unici momenti di vita tali disegni corrispondano.

Fig. 14 J. Ruskin, “The Bernese Oberland”, 1866, Indianapolis Museum of Art, USA, acquerello e matita su carta da lucido.

12 J. Horan, op. cit., p. 42

13 (…) per assicurare la supremazia della forma sul colore, Ruskin suggerisce di considerare forma e colore come elementi da studiare separatamente, realizzando prima un disegno accurato del soggetto e, a parte, un memorandum colorato, che sia anche del tutto privo di forma ma fedele nelle tinte e finalizzato allo scopo. Cfr. F. Colonnese, M. Carpiceci, John Ruskin e la via dei colori, in M. Rossi, V. Marchiafava, Colore e Colorimetria. Contributi Multidisciplinari, vol. X A, Atti della X Conferenza del Colore, Genova, Settembre 2014, Maggioli Editore, Roma, 2014, pp. 852-862.

sagoma del crinale della rocca de La Turbie alle spalle di Monaco) riescono quindi a legare insieme vedute che appartengono a mondi, tempi e, perché no, tipi di rappresentazioni assolutamente distanti e diversi tra loro. Il rapporto tra architettura e elementi naturali -quali ad esempio il promontorio roccioso a picco sul mare su cui Libera costruisce Villa Malaparte a Capri o i volumi del mai realizzato Huntington Hartford Sports Club and Resort incombenti sulla vallata sottostante- riescono a raccontare le intenzioni progettuali di architetti appartenenti a periodi diversi ma anche e soprattutto a comunicare quella particolare poetica resa unica solo dalla compresenza dell’elemento naturale, fortemente drammatico, con quello architettonico, fortemente evocativo.

Figg. 15-16 P. D. Cambiaso, “Monaco”, tratto da P. D. Patrone, G. Blengino, “Viaggio nell’Italia dell’800 dalle vedute di p. D. Cambiaso”, ECIG Genova, 1985, disegno acquerellato a seppia con sfondo la rocca de La Turbie; C. Vernon, E. Darnell, T. McGrath, fotogramma tratto da “Madagascar” con sfondo Monaco e La Turbie, 2012.

Figg. 17-18-19 A. Libera, “Villa Malaparte”, schizzo, 1943, Capri; F. L. Wright, “Huntington Hartford Sports Club and Resort”, tavola di progetto, Hollywood, California, 1947; M. Botta, “Villa Malaparte”, disegno di taccuino.

Laddove nell’osservare il paesaggio Le Corbusier effettua contemporaneamente un lavoro di immaginazione, invenzione e creazione, nei suoi carnets, egli traccia con gesto rapido e sintetico solo gli elementi colti come fondamentali evidenziando l’impossibilità di una rappresentazione neutrale e selezionando dispositivi architettonici che poi ricorreranno nei suoi progetti14. L’individuazione degli eleemnti caratterizzanti un paesaggio, sia per la loro

riconoscibilità e identificazione sia per il loro valore evocativo, rappresentano il primo momento nella redazione dello sketch di taccuino. La fase successiva diventa quella della scelta della sintesi grafica opportuna e della tecnica di rappresentazione che meglio la corrisponda e che meglio caratterizza l’animo del disegnatore, fino a definirne lo stile:

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possiamo così ricostruire la formazione di Le Corbusier semplicemente leggendo la sovrapposizione temporale dei tratti delle matite colorate: prima la linea del paesaggio, sulle quali viene tracciato successivamente il profilo dell’edificio che mantiene tuttavia la trasparenza del disegno15. Il segno veloce, sia esso tracciato a penna, a matita, a pennarello,

ad acquerello o con altre tecniche, è ulteriore e fondamentale caratteristica che accomuna questo tipo di elaborazioni grafiche: la necessità di fissare il momento, la luce e l’atmosfera particolare, richiedono rapidità, immediatezza, così come nell’elaborazione di un’idea di un bozzetto. Ecco quindi spiegato, al di là dell’assonanza cromatica, l’accostamento del disegno tracciato da Le Corbusier per ricordare il profilo della città di Istanbul, durante il suo Vojage d’Orient, con un bozzetto realizzato per la scenografia di Star Wars in cui la morfologia del paesaggio sorvolato è sapientemente reso dalla trama a tratteggio e dai verticali più incisivi di pennarello per rendere l’asperità dei suoi rilievi/elementi edificati.

Figg. 20-21 Le Corbusier, “Istanbul silhouettes”, in “Vojage d’Orient”, 1911, Fondation Le Corbusier, Parigi, acquerello su carta; G. Lucas, bozzetto di “Star Wars”, 1977.