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La nuova identità multifunzionale dei paesaggi rural

Nel documento Patrimonio artistico culturale paesaggistico (pagine 146-148)

Matteo Pedaso Gruppo LAND

Introduzione

Oggi più che mai l’attenzione disciplinare è rivolta al grande tema del paesaggio, visto come bene irrinunciabile per il benessere dell’uomo e delle sue azioni sul territorio nella società contemporanea.

Tale argomento centrale nel dibattito attuale non può non coinvolgere e non relazionarsi con il grande tema del ruolo dell’agricoltura nell’economia contemporanea e di conseguenza della tutela dei paesaggi rurali. La ruralità è infatti uno dei principali caratteri comuni a tutta l’Europa, nonché elemento unificante, riscoperto e sancito dall’Unione Europea nella Conferenza di Cork del 19951.

Affrontando il paesaggio, inteso come opera collettiva data dalla sommatoria di azioni individuali con implicazioni estetiche e valenze sociali ed economiche, la questione assume subito un’altra dimensione al di la di ogni banalizzazione che ha portato spesso a spazi ibridi, in bilico tra città e campagna, senza una ben minima pretesa di emanare una qualità autonoma e tanto meno autoctona.

Le discipline che si occupano di tutela del paesaggio si stanno con sempre maggior rigore orientando alla salvaguardia del binomio ‘agricoltura-ruralità’, ruralità intesa come storico rapporto uomo-agricoltura-natura per molto tempo custode e garante della qualità del paesaggio e che oggi rappresenta un valore aggiunto in una società del benessere che mira a prodotti di qualità, di origine controllata e soprattutto ad una maggiore trasparenza del ciclo produttivo.

Ricondurre queste esigenze in termini spaziali significa ricordarsi maggiormente dell’origine del paesaggio agricolo, valorizzando i segni (canali, strade, filari, ecc) e le microrstrutture (monasteri, pievi, santuari, borghi, ville, fattorie) che testimoniano la stratificazione storica dei luoghi.

Proprio sul tema del paesaggio come volano per nuove forme di sviluppo sostenibile abbiamo lanciato al MIPIM 2012, in collaborazione con ANCE e con il supporto di ANCE Piemonte, il tema della Green Landscape Economy, (www.greenlandscapeeconomy.org) una declinazione della Green Economy legata alle trasformazioni urbane e territoriali.

Un modello tutto italiano, visto la delicatezza e bellezza dei propri paesaggi che possono tornare a rappresentare, non solo un elemento di forte identità culturale, ma anche uno straordinario motore di ripresa economica.

Per far ciò diventa indispensabile ragionare non più in termini di singoli progetti ma di processi complessi, fondati su strategie che mirano alla valorizzazione delle risorse esistenti e all’attivazione di sinergie tra le diverse azioni progettuali con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, l’operatività e l’economicità dell’intero sistema.

attesa di una nuova forma di economia capace di risanare le ferite e nel contempo di rilanciare forme di produttività, incorporando il limite ecologico-ambientale al suo interno, integrando le specificità territoriali e promuovendo una cultura urbanistica e architettonica in grado di dare risposte a misura.

I campi di applicazione sono molteplici e coinvolgono in pieno i grandi temi che l’Europa è chiamata ad affrontare: il nuovo paradigma energetico, sempre più attuale anche con la politica europea 2030, l’adattamento ai cambiamenti climatici e l’incombente questione demografica. E’ l’urbanistica del paesaggio che dice “Si alla rigenerazione urbana, No al consumo di suolo”, trovando la sua applicazione sia nei centri urbani consolidati che nei paesaggi agricoli e naturali, alla ricerca di nuove forme di promozione anche a fini turistici.

Il consumo di suolo e la perdita di agro-diversità

“Il paesaggio è il grande malato d’Italia. Basta affacciarsi alla finestra: vedremo villette a schiera dove ieri c’erano dune, spiagge e pinete, vedremo mansarde malamente appollaiate su tetti un giorno armoniosi, su terrazzi già ariosi e fioriti. Vedremo boschi, prati e campagne arretrare ogni giorno davanti all’invasione di mesti condominî, vedremo coste luminose e verdissime colline divorate da case incongrue e ‘palazzi’ senz’anima, vedremo gru levarsi minacciose per ogni dove.3

Vedremo quello che fu il Bel Paese sommerso da inesorabili colate di cemento. […] Monti, campagne, marine sono sempre meno il tesoro e il respiro di tutti i cittadini”2.

La Green Landascape Economy diventa pertanto una strategia indispensabile per contrastare il consumo di suolo: già i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) relativi all’uso delle terre in Europa nel periodo 1990-2000 dimostravano la rapidità con la quale stava mutando l’aspetto dei paesaggi europei.

In particolare, la superficie urbanizzata europea ha subito in quel decennio un incremento netto di circa 865.000 ettari, più del 5,4% rispetto al 1990. Lo 0,25% del territorio rurale europeo si è trasformato in aree urbanizzate nell’arco di un solo decennio, producendo per lo più la cosiddetta dispersione urbana, intorno alle grandi agglomerazioni, spesso senza una specifica identità rispetto al territorio nel quale si colloca.

Il Rapporto ISPRA 2014 sul consumo di suolo in Italia documenta l’andamento dal secondo dopoguerra ad oggi e mostra una crescita giornaliera del fenomeno che non sembra risentire dell’attuale congiuntura economica e continua a mantenersi intorno ai 70 ettari al giorno, con oscillazioni marginali intorno a questo valore nel corso degli ultimi venti anni. Si tratta di un consumo di suolo pari a circa 8 metri quadrati al secondo che continua a coprire, ininterrottamente, notte e giorno, il nostro territorio con asfalto e cemento, edifici e capannoni, servizi e strade, a causa dell’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità, di infrastrutture, di insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, e con la conseguente perdita di aree aperte naturali o agricole.

Di fronte ad un continuo consumo del suolo, il settore agricolo attraversa una profonda trasformazione con evidenti ricadute sul paesaggio non solo rurale. Basti pensare alla diminuzione continua delle aziende agricole sul territorio nazionale, calate del 40% nell’ arco di dieci anni nella sola Lombardia, o alla superficie agricola totale che ha subito una riduzione rispetto al 1990 di circa 3 milioni di ettari (superficie pari alla somma di quelle di Liguria e

Giornata di Studi - Genova 11 maggio 2015, Dip. DSA

Piemonte) per rendersi conto dell’ importanza del settore non solo dal punto di vista produttivo ma anche e soprattutto di quello della salvaguardia di un territorio formatosi in secoli e secoli di cultura e tradizione agricola.

Altro elemento che caratterizza l’impoverimento del nostro territorio è legato alla perdita di biodiversità e agro-biodiversità. Nella storia del nostro pianeta tutto ha avuto un’origine e una fine e, in ogni epoca, si sono estinte molte specie, ma mai alla velocità impressionante di questi ultimi anni. Una velocità mille volte superiore alle epoche precedenti. In un secolo si sono estinte oltre 250.000 varietà vegetali e, secondo le stime di Edward O. Wilson, continuano ad estinguersi al ritmo di tre ogni ora, 27.000 all’anno. Insieme alle piante e agli animali selvatici, scompaiono le piante e le razze animali selezionate dall’uomo. Secondo la FAO il 75% delle varietà vegetali è ormai perso irrimediabilmente.

Nel documento Patrimonio artistico culturale paesaggistico (pagine 146-148)