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La riqualificazione dei Borghi antich

Nel documento Patrimonio artistico culturale paesaggistico (pagine 190-195)

Una emergenza architettonica che si pone come di estremo interesse sia dal punto di vista storico-testimoniale che come elemento morfologicamente emergente del paesaggio (pertanto determinante dal punto di vista percettivo “multi scalare”), è quella dei Borghi antichi. Il Borgo era una estensione di una città fuori delle antiche mura, come luogo fortificato, ma poteva avere anche una sua indipendenza giuridica. In Italia era generalmente un villaggio autonomo, posto in posizione tale da essere facilmente difendibile, costituito da un gruppo di abitazioni abitate dal popolo, distinto quindi da altre modalità insediative come il castrum o castellum8.

La preservazione dei Borghi in Italia ha visto diverse operazioni, più o meno tutelative del loro valore testimoniale e comunque in grado di mantenere una consona presenza sul territorio come elementi caratterizzanti il nostro paesaggio. Nell’estremo sforzo di mantenere un numero di abitanti sufficiente a garantire la conservazione, si è a volte indulto ad operazioni di manutenzione che via via ne hanno modificato alcune qualità forse percepibili solo ad una parte dei potenziali percettori. Si tratta di modifiche di dettaglio – per cui individuabili ad una visione ravvicinata - ma che cambiano “il gusto” del luogo: tipo di intonaco, proporzioni delle bucature, rapporti dimensionali tra pieni e vuoti, ecc. (con interventi a volte irreversibili). Tali modifiche – che se limitate al singolo organismo architettonico possono apparire come peccati veniali – portano con sé un rischio maggiore: quello di trasfigurare i “tipi” locali e, nel tempo, trasferire una realtà modificata di patrimonio storico.

6 Il Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico (P.T.C.P.) regionale è uno strumento – previsto dalla Legge n. 431 del 1985, recepito con specifiche leggi regionali anche in funzione del D.Lgs 42/2004 – preposto a governare sotto il profilo paesistico le trasformazioni del territorio. Il Piano viene redatto sulla base di un complesso di studi propedeutici e di analisi che consentono di leggere e interpretare il territorio a livello di ambiti paesistici sovracomunali e, alla scala locale, secondo sistemi legati alle caratteristiche insediative, quelle geomorfologiche e quelle vegetazionali, secondo strutture e definizioni variabili da Regione a Regione.

7 Art. 10 comma 5 del Codice dei beni culturali “Salvo quanto disposto dagli articoli 64 e 178, non sono soggette alla disciplina del presente Titolo le cose indicate al comma 1 che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili, nonché le cose indicate al comma 3, lettere a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni.”

nell’entroterra del ponente ligure. L’incarico dato all’architetto Giancarlo De Carlo, ad inizio anni ’90 da parte della società SIVIM9, e il coraggio della committenza, hanno portato a

nuova vita questo nucleo, formatosi tra il XII e il XIV sec che aveva visto un progressivo abbandono da parte della popolazione a partire dal 1887 a causa di un terremoto.

La tutela del Paesaggio ha un valore economico oltre che culturale. I territori il cui valore paesaggistico è universalmente riconosciuto, e non è solo patrimonio locale, sono in grado di attrarre gli interessi del mercato turistico sia di massa che di nicchia. Il recupero dei Borghi può essere attuato attraverso strategie di valorizzazione tali da permetterne la conservazione quali luoghi di estremo interesse non solo per la subcultura degli architetti e degli archeologi10 ma per la società tutta, rendendoli però remunerativi e in grado di autosostenersi.

Colletta di Castelbianco deve la sua notorietà, oltre che al nome del progettista De Carlo, alla innovativa idea di cablare gli edifici per permetterne la connessione in rete, negli anni ’90 una vera novità per il settore civile. Gli edifici sono quindi stati messa in vendita e in affitto pubblicizzando la possibilità di poter abitare permettendo il telelavoro, quindi godendo della pace e della bellezza del luogo senza l’assillo di doversi spostare quotidianamente verso la città. Il processo di re-insediamento non è stato per nulla veloce e l’esperienza si è sviluppata via via sino a che, in modo analogo ad altri casi sviluppatisi successivamente, è stato sostenuto grazie a nuove forme di ricettività turistica. Nel 2007 questo bordo è stato inserito nel Club dei Borghi più Belli d’Italia11. Nel 2010 le diverse attività insediatesi formano un

consorzio, il Consorzio Gestione Ospitalità Diffusa di Castelbianco, per opera del Sindaco Marino Fenocchio e degli operatori delle strutture ricettive del paese12. Tra le attività un

albergo diffuso, idea chiave che sta portando al recupero di diversi centri antichi semidisabitati in Italia.

La nascita della definizione di albergo diffuso risale a molti anni fa. Concettualmente viene concepito dopo il terremoto del Friuli, nel 197613; l’idea era di ristrutturare, a scopo turistico, i

nuclei danneggiati dal terremoto ed abbandonati, in modo da sostenere le comunità locali e, allo stesso tempo, conservare il patrimonio tradizionale. Ma è alla fine degli anni ’80 che viene coniato la denominazione Albergo Diffuso14, dallo stesso Giancarlo Dall’Ara che aveva

seguito dapprima il caso friulano e, successivamente, il progetto pilota Comeglians nel

9 M.C. Torricelli (1997).

10 Probabilmente è eccessivo parlare di subcultura rispetto a categorie professionali in quanto non si tratta di gruppi così omogenei come il concetto di subcultura richiederebbe, ma rende comprensibile quanto può differenziarsi l’interpretazione di un fenomeno quando influenzata da una attività lavorativa intellettuale.

11 Il club de I Borghi più Belli d´Italia nasce nel 2001 su iniziativa della Consulta del Turismo dell´Associazione dei Comuni Italiani (ANCI). L´esigenza di valorizzare il grande patrimonio artistico e culturale della tradizione ancora evidente nei piccoli centri italiani induce a trovare forme di compensazione rispetto alla difficoltà di attrarre flussi di visitatori e turisti. Si tratta di un Club di Prodotto che raccoglie le esigenze di amministratori sensibili alla tutela e alla valorizzazione del Borgo, il quale deve presentare, e conservare, le caratteristiche armoniche del tessuto urbano originario legate ad una specifica qualità del patrimonio edilizio.

12 www.borgotelematico.it

13 www.albergodiffuso.com/l:_idea.html

14 Caratteristica dell’Albergo Diffuso è quella di utilizzare spazi abitativi distribuiti per il nucleo insediativo, non troppo lontani gli uni dagli altri, fornendo però (diversamente dai “residence” diffusi) servizi del tutto uguali a quelli di un

198215. Dopo altre esperienze analoghe, a metà degli anni ’90 Dall’Ara pubblica la prima

opera dedicata specificatamente al concetto di Albergo Diffuso16. Nel 2002 la “Rivista del

Turismo” del Touring Club Italiano pubblica un “Report sull’Albergo diffuso in Italia”, definendolo come modello per una nuova opportunità di recupero del patrimonio edilizio tradizionale e per definire una forma di ricettività turistica di particolare qualità. Nel 2006, quindi, viene fondata l’Associazione nazionale degli Alberghi Diffusi.

A coadiuvare le operazioni di riqualificazione delle emergenze architettonico-paesaggistiche troviamo anche l’iniziativa delle Bandiere Arancioni, nata nel 1998 a Sassello, in Liguria,a seguito di una serie di incontri tra la Regione e i comuni interessati a valorizzare il proprio territorio economicamente depresso a causa della progressiva perdita delle attività produttive tipiche, considerate non più remunerative. La Bandiera Arancione è un marchio di qualità turistico ambientale supportato dal Touring Club Italiano, destinato alle piccole località dell'entroterra che si distinguono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità. Molti dei Borghi in cui troviamo iniziative di Albergo Diffuso hanno quindi ottenuto la Bandiera Arancione, che dà loro maggiore visibilità sul mercato nazionale ed internazionale. Il potenziale dell’Albergo Diffuso è legato alla sua capacità di attivare indotto locale, proponendo, insieme a spazi abitativi di fascino, prodotti gastronomici tipici del territorio e inducendo gli ospiti a trascorrere il proprio tempo (e spendendo i propri soldi) godendo delle bellezze del paesaggio circostante, visitando architetture di interesse e piccoli musei etno- antropologici, comprando i prodotti locali, ecc. Ad un primo investimento - in genere sostenuto da società in grado di sostenere costi iniziali piuttosto alti, dovendo, oltre che recuperare gli immobili, offrire una ospitalità caratterizzata da servizi del tutto uguali a quelli di un albergo (pena l’impossibilità di fregiarsi della denominazione) - se l’operazione funziona, seguiranno altri investimenti privati dovuti all’apertura di piccoli punti di ristoro, negozi di prodotti tipici, ecc. che porteranno a un progressivo recupero di porzioni dell’insediamento sempre più ampie. Ciò comporta un mantenimento, e forse addirittura un ritorno, della popolazione locale che ritrova la possibilità di rendere remunerativo il proprio lavoro sul territorio.

Sebbene l’Albergo Diffuso basi la sua attrattività sulla proposta di spazi tradizionali, quindi determini una buona garanzia di conservazione dell’immagine esteriore degli edifici e dell’insediamento nel suo insieme, le modalità di allestimento degli spazi interni, e quindi le tecniche di riqualificazione e i materiali impiegati, variano molto da caso a caso. Sicuramente la necessità di adeguare gli spazi abitativi alle esigenze e agli standard di comfort odierni obbligano ad inserire elementi estranei quali servizi igienici, impianti di riscaldamento ecc. D’altronde non è possibile immaginare una totale cristallizzazione e “museificazione” di tali insediamenti, pena la quasi impossibilità di renderli autosufficienti economicamente. Certamente l’attenzione nei confronti di un recupero filologico non sempre è possibile. In alcuni casi questo viene effettuato e sottolineato dal contrasto con dotazioni impiantistiche dal design contemporaneo; in altri si tende ad accentuare il carattere “tipico” con il rischio di disneyficazione e caduta nel kitch; in altri ancora, la necessità di contenere i costi porta ad allestimenti “da catalogo” che rischiano di far perdere il fascino dei luoghi. In ogni caso si ritiene che questa forma di ricettività abbia le caratteristiche giuste per sostenere una adeguato recupero delle emergenze architettoniche costituite dai Borghi antichi.

15 Tesi di Laurea “Albergo Diffuso. Lo sviluppo di un fenomeno”, Elena Sofia Guidi di Bagno, aprile 2015, relatore prof. A. Giachetta, correlatore prof. A. Magliocco.

Un altro importante aspetto da considerare oggi nell’affrontare la riqualificazione di edifici considerabili come “emergenze” architettoniche è la necessità di individuare modalità di intervento coerenti con gli obiettivi di forte riduzione dei consumi energetici nel settore edilizio che la Comunità Europea si è posta.

La Direttiva 2010/31/UE al punto 17 della premessa dichiara “È necessario istituire misure volte ad aumentare il numero di edifici che non solo rispettano i requisiti minimi vigenti, ma presentano una prestazione energetica ancora più elevata, riducendo in tal modo sia il consumo energetico sia le emissioni di biossido di carbonio. A tal fine gli Stati membri dovrebbero elaborare piani nazionali intesi ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero e provvedere alla trasmissione regolare di tali piani alla Commissione.” Ciò implica che vi è la necessità di occuparsi anche degli edifici esistenti, non solo delle nuove costruzioni, i quali devono essere riqualificati se vogliamo raggiungere valori di riduzione dei consumi sostanziali17. Secondo l’art. 4 paragrafo 2 della stessa Direttiva, gli Stati Membri possono

decidere se applicare requisiti energetici anche alla categoria di “edifici ufficialmente protetti come patrimonio designato o in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, nella misura in cui il rispetto di determinati requisiti minimi di prestazione energetica implichi un’alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto; (...)”. Ciò significa che è necessario verificare la possibilità di adottare soluzioni di retrofitting energetico che non modifichino i valori per i quali l’edificio è stato individuato come organismo edilizio da tutelare, ma vuol anche dire che questi edifici non sono esclusi a priori dall’applicazione della legge18.

L’individuazione di soluzioni di intervento per la riduzione dei consumi energetici negli edifici di valore è una questione delicata che, nonostante sia già stata affrontata in diverse esperienze di ricerca19, va ancora perseguita. È difficile raggiungere i valori limite individuati

dalla normativa (trasmittanza delle chiusure opache e trasparenti, indicatore di prestazione energetica), ma è comunque possibile ridurre sostanzialmente il fabbisogno energetico per riscaldamento20. Un attento studio delle tecnologie costruttive tradizionali e delle

“opportunità” di intervento che possono presentarsi sono necessarie per approntare le soluzioni più adatte, in virtù del grado e del tipo di vincolo che l’edificio ha e degli interventi che può sopportare senza modificare il proprio carattere e il proprio valore.

17 Secondo il Rapporto CRESME SAIENERGIA gli edifici di interesse storico si aggirano attorno all’8% del totale patrimonio esistente.

18 Il 18 ottobre 2012 si è svolto a Lucca, nell'ambito della manifestazione internazionale Lu.Be.C. 2012, un workshop organizzato da ENEA Smart, sostenibile e sicuro: il futuro dei centri storici “; tra le sessioni “Riqualificazione energetica di edifici storici”.

19 Sono stato personalmente co-responsabile dell’unita locale di ricerca (per il DSA) del progetto Casemediterranee, nell’ambito del programma Marittimo IT_FR 2007-2013. I comuni di Camogli (lead partner), Portoferraio, Putifigari, Alghero e Bocognano (in Corsica, attraverso il partner Chambre des Métiers de la Corse du Sud) avevano il compito di individuare edifici all’interno dell’area costiera con vincolo paesaggistico, in cui questi comuni si trovano, e, con la nostra collaborazione, individuare, con i loro consulenti tecnici, soluzioni di riqualificazione energetica che non modificassero l’aspetto di questi edifici. Le soluzioni sono state ovviamente concordate con le locali Sovrintendenze. 20 Questi edifici normalmente non hanno grandi problemi nella stagione estiva, a causa della grande massa muraria che li contraddistingue e che corrisponde ad alti valori di capacità termica (funzione della massa, appunto, e del valore di calore specifico del materiale costituente la muratura), responsabile di valori di sfasamento e attenuazione superiori alle 8 ore. Questa condizione determina buone condizioni di comfort, in quanto il picco dell’onda termica viene non solo

Altra questione legata alla riduzione dei consumi energetici da fonte fossile è quella individuata dalla direttiva 2009/28/CE sulla produzione di energia da fonte rinnovabile; questa sembra porre una ulteriore sfida: far convivere l’architettura storica con dispositivi di produzione energetica che necessitano – almeno alcuni – di essere esposti agli agenti atmosferici, poiché è da quelli che traggono fonte “gratuita” (sole, vento). In questo frangente si possono percorrere due strade contrapposte (e, ovviamente, una tra le mille varianti intermedie): quella della mimesi e quella della evidenziazione formale. La mimesi spesso non è percorribile o viene illusoriamente percorsa portando ad esiti inadeguati21. Spesso viene

adottato un approccio di "occultamento", volto ad eliminare l'impatto visuale dovuto all'inserimento dei nuovi elementi, almeno rispetto a viste preferenziali. La strada della minimizzazione dell'impatto visuale, in funzione dei valori storico-architettonici dei paesaggi urbani in cui si va ad operare, non è però sempre perseguibile, anche se è l'approccio di intervento predominante nella nostra cultura. Una possibile strada, che potrebbe essere interessante in determinate circostanze, è quella del “confronto” tra preesistenze e nuovi inserimenti, a partire da principi di conservazione dell’individualità e dell’identificabilità. Tale approccio permette di mantenere intatti gli edifici preesistenti, i quali dialogano con le “nuove presenze”, come d'altronde è sempre accaduto dalla nascita della città ad oggi. Questo approccio, indubbiamente richiede una grande sensibilità da parte del progettista e una capacità di controllo formale che d’altronde dovrebbe essere capacità propria degli architetti. È sicuramente una strada più difficile che però vede esempi frequenti e interessanti nei casi di allestimento di edifici antichi destinati a scopi museali. Se nel “paesaggio interno” di un edificio è possibile tale coesistenza – con attenzione e misura - perché non dovrebbe esserlo nel paesaggio urbano?

Bibliografia

W. Benjamin (2000), “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, Einaudi, Torino (ed orig. 1936).

G. Dall’Ara, (1997) “Albergo diffuso. Bosa: Laboratorio per una soluzione ricettiva innovativa e replicabile”. Ed. Il Ponte, Rimini

G. Giallocosta, A. Magliocco, a cura di (2014), “Fattori percettivi in architettura”, Alinea Editrice. Firenze.

M. Merleau-Ponty (2012), “Fenomenologia della percezione”, Bompiani, Milano (ed. orig. 1945). M.C. Torricelli “Tecnologie avanzate per il villaggio di Colletta di Castelbianco”, in Costruire in Laterizio n. 57/97 Sitografia www.albergodiffuso.com/l:_idea.htm www.borghitalia.it www.borgotelematico.it www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/04042dl.htm www.casemediterranee.eu www.convenzioneeuropeapaesaggio.beniculturali.it/ www.enea.it/it/comunicazione/events/lubec-workshop/FANOU_1.pdf

Territorio e paesaggio: il colore come elemento di identità e

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