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La colpevolezza dell’ente, il ruolo dei Modelli e la prass

Capitolo Quarto

PROFILI PROBLEMATICI E MODELLI NELLA PRASS

2. La colpevolezza dell’ente, il ruolo dei Modelli e la prass

L’intero impianto della normativa in materia di responsabilità degli enti è imperniata sui Modelli, che rilevano sia ai fini dell’esonero da responsabilità, quando adottati prima del reato, sia ai fini della applicazione della sanzione, quando adottati post factum. I Modelli, infatti, esplicano una duplice funzione: da un lato, una funzione propriamente esimente, relativamente ai Modelli adottati ante factum; dall’altro, una funzione riparatoria, in riferimento ai Modelli adottati dopo la commissione del reato. Questo perché i Modelli svolgono un ruolo chiave di prevenzione dei reati presupposto e, pertanto, i meccanismi premiali non operano soltanto a favore dell’ente diligente che si è dotato dei Modelli prima della commissione del fatto, ma altresì a favore dell’ente che, sebbene privo di un’adeguata organizzazione al momento del fatto, se ne dota successivamente per evitare che in futuro possano essere commessi reati della stessa specie di quello commesso. Si tratta del c.d. carrot and stick approach: se da un lato vengono minacciate pene severe finalizzate a distogliere l’ente da propositi criminosi, dall’altro vengono applicate riduzioni di pena per valorizzare le condotte premiali post

factum, laddove l’ente ponga in essere attività riparatorie volte a rimuovere le

conseguenze del reato o adotti modelli organizzativi idonei a prevenire reati della stessa specie di quello commesso.

Alla luce di ciò, l’ente può sottrarsi alla propria responsabilità mediante l’adozione e l’efficace attuazione dei Modelli organizzativi e gestionali: laddove il reato sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente (c.d. criterio oggettivo di imputazione), la colpa, o meglio colpevolezza, di organizzazione è intesa come omessa

predisposizione di una struttura organizzativa idonea a prevenire la commissione dei reati della specie di quello verificatosi.

Relativamente ai Modelli finalizzati alla prevenzione dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, una simile efficacia esimente, da intendere come causa di esclusione della colpevolezza, se non anche dell’antigiuridicità del fatto, viene espressamente riconosciuta dall’art. 30 d.lgs. 81/2008; in deroga a quanto previsto dalla disciplina generale, ma in linea con le più recenti interpretazioni che ammettono l’applicazione dei principi penali anche alla materia in esame, si deve concludere che essa sia indistintamente riferita ai reati commessi da apicali e sottoposti, con l’ulteriore conseguenza che l’onere di provare l’inadeguatezza del Modello grava sempre a carico dell’Accusa.

Ai fini dell’applicazione di tale scriminante da responsabilità, si deve ritenere, in definitiva, che il Modello, costituisca per l’ente un onere e non un obbligo, perché questo è libero di scegliere se usufruire o meno dell’efficacia ‘scusante’ dei modelli idonei. Una simile soluzione si impone, tra l’altro, come scelta obbligata perché all’ente deve essere accordata la massima autonomia nel valutare quale sia l’organizzazione più aderente alle proprie caratteristiche dimensionali/di rischio.

A questo proposito, è necessario un’incidentale riferimento ai Modelli nelle piccole e medie imprese. Sebbene esse siano caratterizzate da una struttura poco articolata - tale da rendere talvolta impossibile scindere la volontà della persona fisica da quella dell’ente - e non dispongano di ingenti risorse, in relazione ai reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro le PMI non possono ritenersi estranee ai rischi che possono derivare dalla mancata adozione dei Modelli.

Il problema è che l’implementazione dei Modello, sulla carta solo facoltativa, può risultare eccessivamente onerosa per tali tipologie di imprese. Per questo, sebbene la disciplina generale sia carente sul punto, l’art. 30 d.lgs. 81/2008 promuove l’adozione di modelli più aderenti alle esigenze dell’impresa, tenendo conto delle specifiche caratteristiche delle piccole e medie imprese; tali Modelli semplificati sono oggi esplicitati nel con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 13 febbraio 2014 recante “Recepimento delle procedure semplificate per l’adozione de modelli di organizzazione e gestione (MOG) nelle piccole e medie imprese (PMI)”. Inoltre, si è previsto che l’adozione dei Modelli nelle imprese sino a 50 lavoratori rientri

tra le attività finanziabili promosse dal Testo Unico sulla sicurezza, dimostrando che il legislatore ha preso atto dell’eccessivi oneri che la predisposizione dei Modelli comporta nelle PMI.

Tutto ciò sembra muovere nella direzione di una personalizzazione del Modello a cui potrebbe finalmente corrispondere un’autentica personalizzazione del rimprovero, incentrato esclusivamente sull’adozione e sulla efficace attuazione del modello antinfortunistico, superando il criterio anacronistico dell’”interesse o vantaggio”.

Tornando al ruolo del Modello, se è vero che questo resta facoltativo anche in materia di salute e sicurezza sul lavoro, qualora venga adottato deve essere elaborato conto degli specifici contenuti tecnici indicati nell’articolo 30 d.lgs. 81/2008, che, di fatto, richiama la normativa antinfortunistica.

In definitiva, la conclusione obbligata è che il rispetto delle disposizioni del TUS si impone per superare la valutazione giudiziale di idoneità del Modello.

In tema di valutazione giudiziale, i profili maggiormente problematici attengono al fatto che il Modello è frutto dell’autonormazione dell’ente; a ben vedere, comunque, tale problema è in parte risolto in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ove in effetti il legislatore definisce, quanto meno parzialmente, il contenuto del Modello.

Tra l’altro, si deve ricordare che in materia il legislatore ha previsto ulteriori “rimedi” a questa problematica, introducendo una presunzione di conformità del Modello elaborato secondo Linee guida UNI-INAIL del 2001 o il British Standard OHSAS del 2007. Essa, tuttavia, dal momento che viene accolta come una presunzione relativa, non soddisfa pienamente l’esigenza del mondo imprenditoriale di poter confidare sull’efficacia liberatoria delle procedure adottate già nel momento in cui investe nella sicurezza e adotta il modello, esigenza che sarebbe stata pienamente soddisfatta solo con una presunzione iuris et de iure.

Comunque, tale presunzione segna una significativa svolta nella direzione di una maggiore certezza del diritto e dell’affermazione di un criterio di imputazione della responsabilità dell’ente finalmente incentrato sulla colpa specifica e non più tarato sul parametro astratto dell’ente diligentissimo; parametro, in questo caso, costituito invece dalle best practices nazionali e internazionali.

Altro “rimedio” suggerito dal legislatore in materia è la prevista possibilità di asseverazione del modello da parte degli organismi paritetici; un simile meccanismo è

pensato per garantire maggiore certezza a chi investe nella sicurezza, ma, in realtà, suscita non poche perplessità poiché non sono garantite specifiche competenze dell’organismo asseveratore né la correttezza delle operazioni di asseverazione su cui si fa affidamento. In ogni caso, l’asseverazione non garantisce né il mantenimento nel tempo delle caratteristiche di idoneità del Modello né la puntuale valutazione dei rischi o l’individuazione e l’esecuzione delle corrispondenti regole cautelari; pertanto, laddove si verifichi un infortunio causato dall’inadempimento di obblighi di sicurezza, l’avvenuta asseverazione non può valere aprioristicamente come scusante. L’asseverazione, in definitiva, non preclude in alcun modo il giudizio circa l’efficacia del Modello.

In ogni caso, il problema della sfiducia dell’organo giudicante non è da sottovalutare, perché potrebbe indurre gli enti a non adottare ed attuare il Modello, stante il pericolo che, dopo l’impiego di notevoli risorse per l’implementazione del Modello, questo venga comunque giudicato inidoneo.

Da qui l’esigenza che il giudice valuti ex ante l’idoneità del Modello per evitare una responsabilità puramente oggettiva per il solo verificarsi dell’’evento-infortunio, affidandosi a parametri preesistenti, e condivisibili.

Bisogna ammettere, tuttavia, che in materia di salute e sicurezza sul lavoro, i parametri che il giudice deve utilizzare sono, almeno in parte, definiti con maggiore certezza, in quanto, per ciò che attiene alla cautele sostanziali, occorre riferirsi alle norme antinfortunistiche; in questo senso, il dettato normativo dell’art. 30 d.lgs. 81/2008 consente di restringere la discrezionalità del sindacato giudiziale, impedendo il ricorso a parametri valutativi dedotti dalle generiche clausole di diligenza e perizia.

In conclusione, la predeterminazione (seppure parziale) del contenuto del Modello da parte del legislatore non è irrilevante ai fini della valutazione giudiziale: il giudice, infatti, si dovrà mantenere nell’orbita della colpa specifica, senza sconfinare nella sfera della colpa generica; la colpa dell'ente, quindi, sussiste laddove si rinvenga la violazione di una la specifica norma cautelare o l’inadeguatezza di tale cautela, mentre non si può configurare alcuna colpa dell’ente in assenza di specifica regola cautelare violata, o comunque reputata inidonea.