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Capitolo Quarto

PROFILI PROBLEMATICI E MODELLI NELLA PRASS

4. Osservazioni conclusive

Per evitare ipotesi di responsabilità oggettiva dell’ente, occorre promuovere una piena affermazione del principio dell’esigibilità anche in questa materia, individuando, cioè, il “rischio accettabile”, una soglia effettiva che ponga un limite alla quantità/qualità delle misure di prevenzione da introdurre per evitare la commissione dei reati. Questo, certamente, produrrebbe l’effetto di una maggiore certezza del diritto, individuando parametri certi e condivisi a cui le imprese possano affidarsi per l’implementazione del Modello.

Nella materia di esame, tenuto conto, tra l’altro, che le conoscenze scientifiche, a volte contraddittorie, non sempre consentono una previsione esatta del rischio, la soglia di rischio accettabile dovrebbe essere rinvenuta nella realizzazione di una condotta in violazione del modello organizzativo di prevenzione nonostante la puntuale vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza.

In sostanza, si deve in qualche modo recuperare l’autonomia della colpa dell’ente, la quale sussiste in quanto non vi è “sovrapposizione teleologica” tra i due modelli di

prevenzione. Detto altrimenti, la colpa di organizzazione dell’ente (assumendo, ricordiamolo sempre, che sia soddisfatto anche il criterio oggettivo dell’interesse o vantaggio) non dovrebbe scaturire solo dalla violazione delle cautele sostanziali da parte della persona fisica, ma altresì dalle cautele procedimentali ulteriori tipiche del Modello di organizzazione, gestione e controllo.

Come si è visto, infatti, la sovrapposizione tra Modello e sistema prevenzionistico riguarda le cautele sostanziali rivolte alla prevenzione del rischio infortunio, ma il Modello persegue anche finalità ulteriori che attengono alla prevenzione del rischio reato; per questo, il Modello prevede delle aggiuntive cautele procedimentali e di controllo volte al contenimento di tale rischio-reato: solo in presenza della violazione di tali ulteriori cautele si deve ritenere pienamente esistente la responsabilità dell’ente. Tra l’altro, in quest’ottica sarebbe ben plausibile che, anche laddove non fosse configurabile la colpa del singolo individuo, fosse comunque ravvisabile una colpa di organizzazione dell’ente; invece, nel nostro ordinamento ad oggi la responsabilità dell’ente è costruita come accessoria rispetto a quella della persona fisica e, pertanto, essa è configurabile solo se e quando sia stato commesso un reato presupposto da una persona fisica.

In ogni caso, i Modelli dovrebbero muovere nella direzione di favorire la ricostruzione della figura di un agente-modello collettivo rispetto al quale orientare i doveri di organizzazione, che sono certamente maggiori di quelli esigibili dal singolo. Da ciò deriva, come conseguenza logica, una rinnovata esigenza di individuare dei criteri certi per la elaborazione dei Modelli, e conseguentemente per la valutazione della loro idoneità e dell’adeguatezza, al fine di evitare che si sconfini in una responsabilità oggettiva, da respingere definitivamente se si ammette finalmente una piena applicazione dei principi penali anche alla responsabilità degli enti.

Questo, tra l’altro, è necessario al fine di garantire la tenuta e l’efficienza del sistema della responsabilità degli enti, poiché l’assenza di parametri certi cui affidarsi per l’elaborazione dei Modelli potrebbe disincentivarne l’adozione da parte delle imprese, in quanto queste sono chiamate a investire ingenti risorse nell’implementazione di Modelli senza alcuna garanzia circa la loro adeguatezza

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