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La complessa disciplina dei Modelli finalizzati alla prevenzione dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro tra d.lgs 231/2001 e d.lgs 81/

Capitolo Quarto

PROFILI PROBLEMATICI E MODELLI NELLA PRASS

1. La complessa disciplina dei Modelli finalizzati alla prevenzione dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro tra d.lgs 231/2001 e d.lgs 81/

Come visto nel corso del presente elaborato, a partire dal 2001 è stata introdotta nel nostro ordinamento la responsabilità amministrativa degli enti da reato, la quale costituisce una novità assoluta nel panorama italiano, pur essendo conosciuta già da tempo da altri paesi europei ed extraeuropei. Superato così il (lungamente) dibattuto principio che “societas delinquere non potest”, si è prospettata, tuttavia, un’altra accesa disputa dottrinale, circa la natura della responsabilità dell’ente. A questo proposito, sebbene il dibattito sia noto, deve necessariamente darsi atto della intervenuta sentenza del 18 settembre 2014, relativa alla vicenda Thyssenkrupp, con cui la Suprema Corte, accogliendo un’interpretazione sostanzialistica, ha affermato che la responsabilità dell’ente afferisce alla materia penale, e che, conseguentemente, devono applicarsi ad essa tutti i principi che regolano il diritto penale. È chiaro che questo comporta delle conseguenze non da poco, come, ad esempio, il rispetto dell’art. 27 Cost. e della presunzione di innocenza, che dovrebbe consentire il definitivo superamento di quell’interpretazione secondo cui, nel caso di reato commesso dagli apicali, sussiste un vero e proprio onere probatorio a carico dell’ente, sicuramente incompatibile con il citato articolo della Costituzione.

In generale, deve prendersi atto che in questi (quasi) 15 anni di applicazione della normativa, essa ha subito grandi evoluzioni. Senza dubbio, è stato determinante l’ampliamento dei reati presupposto da cui può scaturire la responsabilità dell’ente e, in questa direzione, la previsione della responsabilità dell’ente per il reato di omicidio colposo e lesioni gravi e gravissime dipendenti dalla violazione di norme antinfortunistiche ha avuto un ruolo certamente non marginale.

In questo contesto, si inserisce il ruolo dei Modelli finalizzati alla prevenzione dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

La disciplina di tali Modelli è particolarmente interessante perché è frutto dell’interazione tra la disciplina del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e del Testo Unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro (d.lgs. 81/2008).

Per quanto attiene al rapporto tra la disciplina specifica dell’art. 30 d.lgs. 81/2008 e la disciplina generale dettata dal d.lgs. 231/2001, in definitiva si deve ritenere che il rapporto tra le due normative sia complementarietà, in quanto il Modello ex art. 30, non contenendo tutti i requisiti che sono richiesti dal d.lgs. 231/2001, non può essere autonomamente adottato; in altre parole, l’art. 30 d.lgs. 81/2001 attiene solo ad una sezione del modello, che convive con gli altri elementi previsti dagli artt. 6 e 7 d.lgs. 231/2001. Si ha, cioè, un Modello dotato di un contenuto minimo necessario, rappresentato dalle componenti comuni a tutte le aree di rischio, e di un contenuto variabile, costituito, invece, dalle previsioni specifiche attinenti alle singole aree di rischio; in questo senso, l’articolo 30 d.lgs. 81/2008 disciplina un sub- Modello nell’ambito del più ampio Modello 231.

L’art. 30 si profila, insomma, come norma di specificazione dei contenuti della parte del modello volta alla prevenzione dei reati presupposto di cui all’art. 25 septies.

A conferma di ciò rileva anche la struttura del Modello, che, nella prassi, viene generalmente suddiviso in una “parte generale”, volta a individuare la fisionomia comune del modello, e una “parte speciale”, specificatamente volta alla regolamentazione delle attività esposte al rischio reato, accorpandosi in un unico documento i precetti (le cautele), il controllo (OdV) e le sanzioni (sistema disciplinare). La parte generale definisce l’impianto del modello, individuando istituti, funzioni, principi che si applicano all’intero modello, e che sono, dunque, comuni a ogni sub- modello finalizzato alla prevenzione di specifici rischi-reato; la parte speciale del modello, invece, è quella finalizzata all’individuazione e alla regolamentazione delle attività esposte al rischio reato e contiene i diversi sub-modelli, ciascuno rivolto alla prevenzione di uno specifico rischio-reato.

In particolare, nella parte speciale del Modello si ha una prima fase in cui l’ente deve individuare i fattori di rischi o e valutarne l’intensità (la c.d. mappatura del rischio) a cui segue una seconda fase, volta a gestire i rischi così individuati, attraverso la creazione dei protocolli di prevenzione del rischio reato, che consistono nella predisposizione di un processo operativo nel quale sono coinvolti una pluralità di soggetti e di funzioni. Sebbene questo sia, in un certo senso, il contenuto “tradizionale” del Modello, nel Modello finalizzato alla prevenzione dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro

si innestano delle peculiarità dovute all’interazione con il modello prevenzionistico previsto dal d.lgs. 81/2008.

I profili di maggiore interesse attengono alle attività di individuazione, valutazione e gestione del rischio: pensiamo alle affinità tra attività di valutazione dei rischi e Documento di Valutazione dei Rischi, tra l’adeguata articolazione di funzioni prevista dal Modello e l’istituto della delega di funzioni, tra il sistema di controllo richiesto dall’art. 30 d.lgs. 81/2008 e attività di vigilanza del datore di lavoro.

Deve concludersi che il modello prevenzionistico e modello di organizzazione si sovrappongono relativamente alla prevenzione del rischio-infortunio, dal momento che entrambi aspirano a realizzare la “massima sicurezza tecnicamente fattibile” in base alle più avanzate acquisizioni della scienza e dell’esperienza del momento: il modello di organizzazione, quando adottato dall’ente, diventa, in sostanza, lo strumento attraverso il quale l’ente ottempera agli obblighi di valutazione e gestione del rischio imposti al datore di lavoro dal d.lgs. 81/2008. In altre parole, la legislazione vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro detta principi cogenti e adempimenti organizzativi obbligatori ai fini della gestione dei rischi e, quando l’impresa decide di adottare un modello di organizzazione e gestione, deve assicurare la presenza di un sistema aziendale per l’adempimento delle previsioni del d.lgs. 81/2008.

Ciò trova conferma nella la presunzione di conformità del Modello adottato secondo le linee guida UNI-INAIL o BS:OHSAS, le quali rilevano per la predisposizione di sistema di gestione della sicurezza sul lavoro.

Il problema, tuttavia, è costituito dal fatto che i sistemi di gestione della sicurezza tratteggiati dai documenti sopra menzionati sono finalizzati a ridurre i costi complessivi della salute e della sicurezza sul lavoro minimizzando i rischi e ad aumentare, attraverso il miglioramento del livello di salute e sicurezza, l’efficienza e le prestazioni dell’impresa e migliorare l’immagine interna ed esterna dell’organizzazione. Come si conciliano, dunque, simili sistemi di gestione della sicurezza con i Modelli di organizzazione gestione e controllo che sono, invece, volti alla prevenzione del rischio reato? La soluzione scelta dal legislatore è una presunzione di conformità che opera solo in relazione alle ‹‹parti corrispondenti››, cioè quelle parti contenute nei documenti tecnici che corrispondono ai requisiti dell’art. 30 (oggi individuate in un apposito documento approvato dalla Commissione consultiva permanente in data 20 aprile 2011

e diramato in forma di Circolare dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in data 11 luglio 2011, con nota n. 15/ VI/0015816/MA001.A001).

Dunque, ancora una conferma di quanto esposto poc’anzi: il Modello Organizzativo incorpora alcuni elementi del sistema di gestione della sicurezza, pur rimanendo distinto da questo.

La logica conclusione, pertanto, è che la sovrapposizione tra il sistema di gestione della sicurezza e Modello ex art. 30 d.lgs. 81/2008 è sì accettabile sotto il profilo della prevenzione del rischio-infortunio, ma il Modello deve poi includere elementi ulteriori, finalizzati alla prevenzione del rischio reato.