• Non ci sono risultati.

- come la scuola

Nel documento DON BOSCO (pagine 114-118)

ll r'r. sonxnurr.aER-TH.

^DoRNo,

Dialettica dell'Ilhninisno, Torino 1966; u. rra,rncuse, §aggio

di

Francoforte l'aveva formulata

già

nell'epoca

dei

totalitatismi europei, levando

il

suo grido d'allarme per

la

situazione dell'occi-dente

in

tegime

di

occultamento della ragione. Gonfiata col razio-nalismo,

la

ragione era stata condotta attraverso

il

materialismo sia capitalistico che collettivistico ad un suo funzionamento schia-vizzato alle ideologie del potere economico e politico.

La

ragione, che ha come suo obiettivo naturale la verità plutilivellata, tanziona ancora in realtà, ma

in

ordine al gioco dell'irrazionale, che si spinge

fino

all'invenzione

di

strumenti direttamente

mirati alla

distru-zione dell'uomo come comunità globale.

E

così

si

arriva

al

paradosso della razionalità irrazionale.

È

questa la patologia

più

grave della coscienza storica odierna.

Accanto

poi

all'eclissi della ragione

si regisra un

indebito

-e p-erciò ktazional-e

-

rimescolamento delle carte della scienza, che è conoscenza del puro fenomeno, con quelle del piano della sapien-za, che è conoscenza

o

tentativo

di

conoscenza dei significati radi-cali della realtà.

La

scienza divora

la

coscienza. Si

fa

onnivora. E perciò si condanna alf inumano .

La

scienza senza coscienza apptoda ad Hiroshima, aDachau, a Chernobyl e,

in

prospettiva ormai rav-vicinata, agli

ibridi

sub-umani lucidamente programmati

per i

Ia-vori più duri e per

il

rifornimento

di

organi a servizio della ,, razza superiore »>.

La ragione si riveste

di

allucinazione.

L'trgenza si fa anche più pressante, oggi, <<

in

un tempo

in

cui per l'aspetto conoscitivo

la

scienza si è sostituita poco alla volta alla religione, nello spiegare

e nel cosruire il

significato della realtà umana;

in un

tempo

in

cui

vi è

sostituzione della religione anche nella sfeta afr.ettiva, poiché la caratteristica dei gruppi esperienziali

è la

esclusione

di

qualsiasi frnalizzazione

del

processo

di

gruppo

che vada

al di là

dell'esperienza del momento »> 12.

sulla liberazione, Totino 1966; ro., L'aomo ad ana dimensione, Torino 1967; u.

HoRKHET-lar"t, Eclissi d.ella rucione. Critica della ragione strumentale, Torino 1969; rt., La ttostalgid del totalmexte alno, Brescir 1972.

12 r. scrrl,rco, Dimelsioxe comunitaria dell'ed*cazione salesiatta, in el.w., Il sistema edt-catioo di Don Bosco tra pedagogia afltica e nuoaa, Totino-Lcumann 1974, p, 87,

LL5

3. nrrrcroxE:

DTMENSToNE DELL'uouo-prù-cHE-uoMo

La

ragionevolaza

è

anzitutto metodo

di

scavo interiore per cogliere

la

verità dell'uomo

nel

profondo

del

sé.

Il

<< conosci te stesso

»

della sapienza delfica è

l'obiettivo

primo della razionalità vitale per toccafe quel « cor inquieturu >> che

è tutto

l'uomo che spera, che gode, che

lotta,

che sofire, che

si

dibatte, che cade e

si

rialza, ma continua

a

chiedersi

il

senso

di tutto

quello che lo circonda e, massimamente,

di tutto

quello che egli è.

La ragionevolezza come disciplina insegna

qui,

a sperimentare la speranza.

Il

personalismo sta oggi sottolineando, sulla linea dell'antropo-logia contemporanea, l' au t o tr a s c e n d i rn e n t o come costitutivo dell'uo-mo. La formula pascaliana <<l'hontrne passe l'bomme

rr"

è

la

sin-tesi più condensata

di

questa visione.

La persona è come un incessante movimento non solo iru aaanti, ma anche

in

alto. <<

Il

movimento che costituisce

la

persona

-

os-serva

E.

Mounier

-

non

si

conclude

in

essa, ma rimanda ad una trascendenza che è presente

fra

noi, e che sfugge ad ogni denomi-nazione » ra. Quest'afiermazione riposa sul

fatto

che <, lessere per-sonale è un essere fatto per sorpassarsi: allo stesso modo che l'aero-plano e

la

bicicletta non acquistano

il loro

equilibrio se non nel movimento, al

di là di

una certa forza viva, così l'uomo non può tenersi

ritto

che con

un

minimo

di

forza ascensionale: se perde quota, egli non ricade su posizioni modeste

di

umanità o, come si dice, al livello dell'animale, ma assai al

di

sotto dell'animale:

nes-sun essere vivente,

infatti,

eccettuato l'uomo, è riuscito ad inven-tare le crudeltà e le bassezze

di

cui egli si compiace tuttora »> ts.

All'interno di

ogni esperienza

di

comunione

e di

riferimento

ai

valori,

il

dinamismo della persona si presenta come <(

un

movi-mento verso

un

ffanspersonale »> 16,

che trascende ogni realtà del sistema attuale

di vita,

che

si

condensa nel prendere coscienza di

<{ essere

più

che

la

mia vita »>, nell'atto dell'elevazione e dell'auto-superamento dell'uomo.

13 B. pAscAL, Pensieri, Milano 1976, n. 414.

14 r. uouxtrn, Il personalismo, o. c., p. 101 ts lbidem, p. 704.

t6 lbidem, pp. 107, 101.

Nell'esperienza dell'uomo, che ha fatto

di

questo autotrascendi-mento I'impegno quotidiano, in cui ha

rovato

la pienezza del signi ficato

di

ogni suo movimento vitale, << voler vivere ad ogni costo significa finire, a

un

certo momento, per accettare

di

vivere anche a prezzo delle ragioni stesse del vivere.

Noi

non esistiamo,

in

defi-nitiva, che dal momento

in

cui

ci

siamo costituiti

un

quadro inte-riote

di

valori o

di

ideali, sapendo che nemmeno la minaccia della morte poffà prevalere su

di

essi »'7.

Ed ecco

il

paradosso: vivendo anche a costo

di

rischiare la pro-pria vita, si coglie

il

suo significato più profondo.

È infatti

nell'os-servazione

vitale di

questo dinamismo costitutivo, che

è

I'uomo come autottascendimento

non

solo

intuito ma

sperimentato con scelte esistenziali incisive, che si coglie

la

sperunza delle speranze,

sul piano

dell'assoluto,

da

Gabriel Marcel formulata

nello

« lo

spero >>,

distinto

dall'<<

io

spero che >>'8.

È

questa speranza fondamentale, senza la quale l'uomo sarebbe come una corsa senza approdo, una gara che fatalmente si conclude nel vortice del nulla, quella che dà colore

e

calore alle speranze umane

di

ogni

tipo. È

tale speranza fondamentale che apre al Tu assoluto, punto

di

approdo

di

ogni tensione, punto

di

partenza

del-I'atto

universale

di

creazione. <<

È

così determinato quello che si può chiamate

il

segno ontologico della speranz^

-

speranza

asso-luta

-

inseparabile da una fede essa stessa assoluta e che ffascende ogni condizionamento, e con ciò, beninteso, ogni rappresentazione.

Bisogna ancora specificare qual è l'unica istanza possibile

di

questa

spetanza assoluta. Essa

si

pfesenta come risposta

della

creatura all'essete

infinito al

quale sa

di

dovere

tutto ciò

che

è e di

non

potere senza scandalo porre alcuna condizione.

Dal

momento in

cui mi

prostro,

direi

quasi, dinanzi

al Tu

assoluto, che nella sua

infinita

condiscendenza

mi

ha

tratto

dal

nulla

sembra che

io

mi

vieti per

sempre

di

disperare,

o più

esattamente che riconosca implicitamente nella disperazione possibile un indizio

di

uadimento tale da non potermici abbandonate senza pronunciare

la

mia con-danna >> le.

Qui,

disperazione

è di tipo

esistenziale. Significa cioè ammis-sione

del non

senso, accettazione dell'uomo come assurdo. Solo

t7 lbidem, p. 108,

l8 c. ulncnL, Homo uiator, o. c., p. 55, re lbidem, pp. ,7-58.

11,7

la fede riscatta da questa disperazione

di

esistenza. Resta

l'alterna-tiva:

o 1l rnistero accettato dall'uomo nell'esercizio della sua razio-nalità aperta nella ricerca dei significati rudical|

o

l'assurdo come ammissione

e

logica

del non

senso dell'esistenza,

ridotta a

dina-mismo senza obiettivo, a fame senza

il

proprio pane.

Non è possibile oedere

in Dio

e disperarsi. La disperazione è

il

tradimento

più

radicale della fede. Disperare è, per

il

oedente, disertare.

La

iperanza fondamentale

non è

che

la

fede radicale, proiettata nel

futuro

totale esigito dall'uomo

coi

suoi dinamismi

di

fondo funzionanti.

È

a questo punto che Don Bosco innestava

la

religione, come risposta agli aneliti costitutivi dell'uomo.

Per

lui,

come abbiamo osservato,

la

ragionevolezza era I'eser-cizio della ragione che viene alimentata nel momento dell'evange-lizzazione, con motivazioni fondanti. La forma

più

alta della ragio-neuolezza era l'accettazione ragioneaole del mistero che, senza es-sere razionale pet la logica dell'uomo così abissalmente dislivellata rispetto a quella dell'infinito trascendente, è l'unica legittima presa

di

coscienza consequenziale del

limite

della oeatura e dell'illimite del principio onnifondativo che è

il

Creatore.

Il primo

servizio da rendere

ai

giovani,

per Don

Bosco, era quello della « carità intellettuale »>

di

rosminiana memoria, cioè la catechesi. L'inizio dell'opera di Don Bosco era, secondo la sua nota espressione, <(

un

semplice catechismo »> 20.

Si tratta di un

inizio non solo di tipo cronologico ma, per

dir

così, eziologico. Don Bosco ha considerato londamento e mouente primo

di

tutta la sua operu, così vasta, la catecbesi.

L'evangelizzazione

di Don

Bosco aveva come

punto

cenffale I'annuncio della paternità

di Dio:

<<Dans

l'esprit

de

Don

Bosco, l'irnportant... est de tnettre Dieu dans le coeur des enlants »> 21 .

Come

il

culmine della visione personalistica è segnato

dall'ap-pello alla

uascendenza personale

da parte

della persona umdÀa colta nel suo dinamismo costitutivo

in

funzione, così

il

culmine del sistema preventivo di Don Bosco è dato dalla religione: <<

Io

ritengo

Nel documento DON BOSCO (pagine 114-118)