I
sistemidi
totalizzazione che prendevano consistenza nella tem-perie della cultura del suo tempo, vengono da Don Boscorifiutati
con una idiosincrasia chiaru, insieme atutto
quello che sadi
sper-sonalizzazionee di
enf.atizzazione dell'<< oggettivo >>e
dell'<< uni-vetsale »>.Tutto il
suo mododi
sentiree di
vedere,di
orientarsie
di comportarsi, è suggerito dal privilegiamento della singolarità, del-I'uomo cioè visto nella suaitripetibilità
sacra.A
difietenza del suo contemporaneo Kierkegaard-
cheriven-dica la posizione centrale all'individualità, colta petò
in
regime di angoscia per l'unilateralitàdi
visione della sua impotenza da auto-sufficienzae
da peccato-
Don Bosco coglie l'uomo nella concre-tezza dialetticadi
peccato edi
grazia,di
ombra edi
luce.Attribui-sce al secondo termine della dialettica
il
ruolodi
punto nevralgico,di
iniziodi
metodo.Il
suo pensiero resta insmitto nella sua prassi sul piano della dimensione della paternità, vivamenteda lui
avvertitae
ampia-mente esercitata e
poi
allivello
pedagogico, sia nel momento teo-retico sia nell'eserciziodel
suo sistena preuerutiuo,col
punto fo-cale della persona dell'educando apertoin alto e
versogli alri,
nella dimensione rascendente cioè, e
in
quella sociale.È proprio
quest'impostazionedi
metodologia prassicae
teo-retica che legittima
la
desoizione dell'orizzonte del personalisrno, nel quale si colloca la sua figura ela
sua opera.Tutta la nostra analisi non mirerà ad altro che a documentare
la
passionedi un
uomo vero per ogni uomovivo,
cioèper
ogni 49L. rr,
srNcor,oAL
cENTRouomo con
cui
avesse rapporto, afinché fosse semprepiù vivo.
E questa passione,in
una natura così poliedrica e così pratica-
cioèincline alf incessante operazione dell'investimento
di
capitaliuma-ni -
diventò servizio educativo afinché ogni uomo che inconffava etutto l'uono
chevi
inuavvedevasi
sviluppasse nella dimensione dell'uomo autentico.2. rr prnsoNAlrsMo
coME oRrzzoNTEIl
concettodi
personalismo esula dall'incapsulamentoin
unascuola peculiare
o dal
monopoliodi
una particolaredottina.
Si configura invece comeun
fenomeno globalee
variegatodi
tipo reattivo e propositivo.È
anzitutto una reazione storica alle impo-stazioni totalizzanti da una parte, e individualistiche dall'altra. Né-doncelle ne ffacciaun
quadro chiaroe
sintetico, menffe afretma:<<
Il
termine personalismo designaogni dottrina che
atuibuiscealle persone
un
importante posto nella realtào,
afortiori,
che le considera comela
sola realtà.In un
sensopiù
approssimativo,il
personalismo consiste nel reclamare
il
rispetto della persona umana nell'azione moralee
nell'organizzazionedella
società >> 1.1 u. NÉooNcrI-ty, Verso una filosofia dell'amore e della persora, Roma 1959. E prosegue:
« Nella storia si sono avute molte pulsioni personalistiche: i| enotbi seaù6n, di Socrate, l'aatarkeia degli stoici, la societas generis humani di Cicerone bastano a mostrarne la pre-senza e la vatietà nel mondo greco-romano, Ma soprattutto il ctistianesimo ha conuibuito ad aricchite l'idea di persona, avendola divinizzata sia col dogma della Trinità, sia con quello deil'Incarnazione e con la concezione di una Chiesa corpo di Cristo. Il Medio Evo ha dato fotma concettuale a questa idea e ne ha tratto qualche conseguenza di ordine teo-logico, metaÉsico e morale. Dal Rinascimento, la persona umana si allerma staccandosi dalle sue radici religiose o istituzionali e tende, d'altra parte, a identificarsi con la coscienza stessa, come nel Cogito di Cartesio, Così Berkeley scrive: " nulla esiste propriamente all'infuori delle petsone ossia delle cose coscienti. Tutte le altre cose non sono esseri quanto modi d'essere delle persone ". Morale in Kant, il petsonalismo diventa ontologico in Fichte poi
in Renouviet e costituisce allora un ben distinto orientamento del pensiero, nonostante la diversità di forme che può assumere.
Il vocabolo è tuttavia recente in filosofia. Sembra venuto dalla Getmania, dove i commenti a Spinoza lo han fatto nascere in un contesto di discussioni teligiose. Si trattava di decidete se l'idea d'una personalità infinita fosse accettabile. Nel 1798 Herder aveva parlato di Dio come di un " unpersiinliches §0esen ". I personalisti o teisti si opposero subito agli imper-sonalisti o panteisti. In questo senso, per esempio, Schleiermacher usa Personalismus nei suoi Reden ilber die Religiox e Goethe chiama Jacobi personalista. Un'accezione meno spe-ciale del termine non sembra anteriore a Teichmùller (Neae Grundlegung der Psycbologie
afld Loeik, 1889). In Inghiltetra la parola si trova in un articolo della Quarterly Reuieu nel 1846, ma il suo primo impiego filosofico è del 1865 nel|'Explorutio philosopbica di John Grote. In Francia Paul Janet, sotto l'influsso della Germania, avtebbe fatto volentied di personalismo un sinonimo di spiritualismo, ma vi ha rinunciato temendo gli equivoci che
Come l'ottocento aveva prodotto
i
sistemi delTatotalità,
così aveva esasperatoIe visioni
delTa indiuidualità.Max Stirner,
in
origine filosofo della sinistra hegeliana, con la sua riflessione L'unico ela
suaproprietà',
esalta f individualismodi un io
riscoperto come principioe
finedi
ogni cosa, esclusivo e definitivo paramerodi
verità.È la
sostituzione dell'assoluto teologicoe
dell'assoluto delle filosofie umanistiche con I'io,il
proprio io, dell'<< uomo selvaggio »>,ne sarebbero potuti derivare nella lingua, in cui quella parola indicava allora un atteggia-mento egoistico e anarchico; Ia stessa riserva rimatrà ancora in Maurice Blondel. Fz
Re-xol.oier, infatti, a lar la lortuxa del persottalisruo e a riuscire a dissociare il oocabolo da
tiltte le coflttotazioxi peggioratiue (Le persornalisne, L90)). Qualche anno più tardi, §7.
Stetn comincia a esporre in Germania un " personalismo critico " di orientamento pantei-stico (Person und Sacbe, 1906) mentre l'ameticano B. P. Bowne pubblica a sua volta un Personalismo (1908) più vicino al teismo tradizionale.
Verso il 1930 si è avuta una nuova spinta personalistica, di maggiore ampiezzr che nel
se-colo xrx e che si distingue per due caratteri molto rilevanti. Da una parte, costituisce una
tivolta contro le minacce che la civiltà contemporanea fa pesare sull'individuo: meccanizza-zione mediante la tecnica, irreggimentazione nella collettività. Dall'altra, però, il personalismo non è più una monadologia, come era ancora in Renouviet: ma patte decisamente da una telazione della petsona con altre persone. Questi due tratti si ritrovano in Max Schelet e
in Nicola Berdiaev, o, negli Stati Uniti, in R. T. Flewelling. Si ritrovano soprattutto in Ftancia nell'opeta postuma di Labetthonniète e nel movimento EsWit f.ondato da Emma-nuel Mouniet.
Fautote d'una tivoluzione u personalistica e comunitaria ", Mounier lottava insieme contro l'egoismo liberale e il collettivismo dispotico. La comunicazione era per lui un fatto ptimi-tivo ma petdetebbe tutto il suo significato se non avesse come cortelativo una vocazione
intima, una libettà di scelta e di adesione, un'autocosruzione del carattete, un riferimento a una fonte uascendente che mette ogni essere umano al di sopta dei condizionamenti della natura e della società. La tensione e il superamento manifestano così un appello e .una grazia,
Appunto questa ispirazione mistica rendeva Mounier dillerente nella pratica, verso assoluti prematuti (suffragio universale o dittatura d'un gruppo, primato economico o emancipazione politica, ecc.). Accanto a lui Jean Lacroix considera il personalismo come " f intenzione stessa dell'umanità " e 1o studia nelle sue applicazioni giuridiche ed economiche come nelle sue im-plicazioni metafisiche. Ritiene che una mascendenza si sveli nell'immanenza della storia e propone ai marxisti e agli esistenzialisti - fratelli-nemici - di lasciarsi informate o riformare
da una dialettica personalistica. Solo questa è capace di rispondere allo slancio integrale del-l'uomo e di compiete nell'intersoggettività amante 7e realizzazioni incompiute della forza o della giustizia. Sarebbe facile scoprire lo stesso spirito nell'opeta di P. Landsberg, di P.
Ricoeur o di D. de Rougemont.
Meno preoccupati di ptoblemi sociali, o apportandovi altre preferenze, i pensatori che L.
Lavelle e R. Le Senne hanno raggruppato intotno a17a Philosophie de l'Esprit, rinunciano
in generale a una determinata etichetta. Ma non sono lontani dalle opzioni metafisiche di Mounier, che molto doveva a Gabtiel Matcel e soprattutto a J. Maritain. Si può dire infine che vi è attualmente una specie di personalismo di.Éuso nella maggior patte dei maestti del metodo riflessivo, si tratti di G. Madinier o di G. Berger, di G. Bastide, di J. Nabert o di Lachièze-Rey e di A. Fotest, per citare solo qualche nome.
La testimonianza che si leggerà qui sotto Don cottisponde dunque a un atteggiamento
iso-lato. Impegna tuttavia soltanto il suo autore. Fondato innanzitutto sull'esame della " reci procità delle coscienze " presuppone che ogni persona sia una prospettiva univetsale. Ma queste nozioni, più che un'evidenza, sono un enigma da deciftate o un programma da in-ventare. Niente di più dificile del'tisalire dal me aTfio e dall'io al /e, secondo tutte le divetsità di specie, di grado e di ampiezza che tali tetmini comportano; il legaoe che li
unisce è tuttavia inevitàbile di fatto è di diritto; sotto certi aspetti ofite anche f idea pti-mitiva che sola può sostenere tutto l'edifcio del personalismo». (lbidem, pp.2$-206).
2 t"r. sTrnNrn, L'anico e la saa propileù, Bologna 1982,
5l
senza radici, incurante
di
ogni realtà esterna, dell'<< uomo-leone >>, dominatore del suo spazio conquistato conla
forza, dell'<< uomo-topo », che rosicchia e distrugge quanto si frappone come ostacolo lungola
strada. <<Il divino è
cosadi Dio,
l'umanoè
cosa del-l'uomo.La
mia causa nonè
né divina né umana, néil
vero, néil
giusto, né la libertà, ma solo ciò che è mio[...]
Nessuna cosa mi stapiù
a cuotedi
me stesso »>'.Passa quindi alla dichiarazione della morte
dell'intersoggettua-lità ridotta da lui a
mero rapporto oggettuale. <<Nei miei
con-fronti tu
sei solo ciò che sei per me, cioèil
mio oggetto.E
perché seiil mio
oggetto, sei perciòmia
proprietà >> a. Ancorapiù
cru-damente dichiarain
prosieguo, parlando dell'alteritàridotta a
og-gettualità: <<