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ciò che nel disegno di Dio prowidente l'educarore si inseiisce come strumento. La predestinazione al ministero educativo,

Nel documento DON BOSCO (pagine 120-126)

pro-vata

e

conosciuta

da Don

Bosco attfaverso segni stfaordinari, è

garunzia della omnis potestas

a

Deo.

È

anche

ionferma del

rap-porto " padre-figli

",

esemplato su quello divino, tale quale è nefla

Trinità, e

quale anche è rispetto alle oeature

e in

pàrticolare ri-spetto agli uomini chiamati alla

divina

frgliolanza.

E

non solo 1o spirito

di

{amiglia e

il

rapporto " padre-figli

",

bensì anche l'amore-volezza,

Ia

carità,

la

pazienza,

mansuetudine, trovano

la

loro motivazione principalissimamente

in

elementi religiosi, cioè nel-I'atteggiamento

di

Gesù verso

i

fanciulli,

in

Gesù che non spezzò la canna fessa e non spense

il

lucignolo fumigante,

in

Francesco di

Sales che 7a tradizione venerava come

il

più pèrfetto imitatore della dolcezza

di

Cristo »> 6.

La religione non era tuttavia per Don Bosco un espediente

edu-cativo sia

pur molto

importante. Nella cultura contemporanea si va facendo strada sempre

più il

funzionalismo dell'espérienza re-ligiosa, la aerità corne pragma, inteso come incisività

di

una teoria religiosa

a

ffasformare una situazione coinvolgendo dinamismi di

26 r. srELLA, Don Bosco, ll, o. c., p. 469.

simboli appartenenti alla sfera del sacro.

La

religione

è

vera solo perché è molto utile. §7i11iam James, John Dewey e Giovanni

Gen-tile

esaltano l'esperienza religiosa ma strumentale alla formazione della personalità dell'educando, bisognoso

di

potenziare la sua atti-tudine radicale

di

simbolica interiore, a sua volta funzionale e pro-pedeutica all'operuzione

della

significazione fondamentale della

vita?7.

La

religione non

è

per Don Bosco una realtà funzionale, ma

rna

dirnensione esistenziale

oientata

alTa comunione con l'amore creatore

e

redentore

e

bisognosa

di

alimento continuo

coi

segni

della salvezza. <<I temi religiosi fondamentali

di

Don Bosco oflrono

!

fossibilità di fissare glt oiizzontipiù vasti del termine " religione ".

Con

esso

Don

Bosco

non

reclama unicamente pratiche r.ligiose

da

far compiere, non vuole

in

sé e per sé

la

frequenza dei ùma-qlenti per

il

semplice

fatto

che ne sCopre l'efficacia

in

educazione.

Egli

supera una visione frammentaria della pietà sacramentale o dgll'impegno educativo; supera questioni

prirmente

metodologi-che.

La

religione non ba

per

lui- funzione puramente esteriore e strumentale.

I

sacramenti sono per

lui

consapevolmente strumenti

di

grazia

atti

a conseguire

la

silvezza

et.rn,

e

la

santità.

I

sacra-menti preservano dal male, ma anche alimentano. Essi richiamano l'intera tematica dei novissimi, di Cristo divin salvatore, della Chiesa atca di salvuza, della necessità di inserirci

di

" buon'ora

"

nel piano uni-ficate-interessi ed energie ota dispersi. Può dirigere ltazione, gerr.àre ilialore dellaiassione e Ia luce dell'intelligenza. La funzione di una simile unione operativa dell'ideale e dell'at-tuale mi sembra identica alfa fotzr che è stata di fatto connessa al concetto di Dio in rutte

piuttosto culmine e relos dell'impegno educativo. << Scopo dell'educazione è dunque " fare un bell'abito al Signore' con ogni giovane, ottenere fin nel tempo della gioventù quella rea-lizza\e il motto-preghiera "Da tnibi aximas, coeieru tolle". lnsomma, pedagoÀia e

spiritua-lità hanno in Don Bosco come nucleo unico una soteriologia ttadotta in convinzione e r!

L2T

La profonda religiosità

di

Don Bosco è alla base della capacità formativa

di

uomini dalla robusta dimensione religiosa D.

G.

Bal-lesio testimonia, ricordando

gli

anni della sua convivenza con l'uo-mo di

Dio:

<< Così governava Don Bosco

il

suo,

anzill

nostro caro Oratorio. Col santo timore

di Dio,

con l'amore,

con

l'edificazione del buon esempio. Qualcuno chiamerà questo, governo teocratico.

Noi lo

chiamiamo governo della persuasione

e

dell'amore,

il

più

degno dell'uomo.

E

non è a

dite

quanto fossero

mitabili gli

efietti

di

questo regime. Le centinaia

di

giovani studenti ed operai com-pivano con ardore ed esattezza

i

loro doveri.

[...]

Don Bosco, rap-presentante di Dio, comandava

in

nome

di Lui

ed

il

santo timor

di Dio

bastava per

più di

centinaia

di

giovani, studenti ed attigiani, perché schivassero

il

male ed operassero

il

bene. La pietà del buon Direttore

si

comunicava

ai

suoi subalterni e, da questi,

a tutti i

suoi

figli

» s.

La ptoposta teligiosa che Don Bosco presenta risente della sua personalità come esperienza e del suo personalismo come otizzonte,

in

funzione della

vita

concreta

e

pienamente umana.

È

una teli-giosità

di

costruzione etica e ascetica dell'uomo, proteso a lavorarsi lavorando al servizio degli

alri.

<<

In

definitiva

-

afierma

G.

Grop-po -

Don Bosco appare sulla linea della spiritualità ascetica pre-valsa dopo

la crisi

quietistica; appare

in

linea con

la

spiritualità che colloca

la

perfezione nell'esercizio virtuoso, conforme alla vo-lontà

di Dio,

manifestata anzitutto attraverso

i

doveri del proprio stato. L'accento

è

posto sulle

virtù,

sul

loro

esercizio, sulla fede amorosa

e

sulla carità operativa, sulle opere esigite dalla propria vita quotidiana »> 3r.

I

contenuti

di

questa, che poremmo chiamate pedagogia della santità, sono anzitutto

le

esperienze

di

fede

nei

suoi momenti

li-sultante dall'equilibrio di elementi, tra i quali hanno il loto buon posto le passeggiate, la, musica, il teatrino, l'ampia libertà di " saltare, couere e schiamazzare a piacimento " »-(Ibiden).

29 P. Albera, alunno di Don Bosco intorno agli anni sessanta, così ricorda: « Egli educava amando, attimndo, conquistando, e ffasformando,.. Da ogni sua parola ed atto emanava la santita del'unione con Dio che è carità perfetta. Eravamo suoi, perché in ciascuno di noi eru la cefiezz^ essere ecli velamente l'uomo di Dio, homo Dei, nel senso più espressivo e comprensivo della parola... Salvare le anime fu la parola d'otdine di Don Bosco, fu si può dire I'unica ragione di esistere e la tagione d'essere della congregazione salesiana ». (r. ar--BERA, Lettere circolari, pp. 340, 342, fir).

30 c. nettEsto, Vita intima di Don Giouanni Bosco nel sao primo Orutorio, Torino 1888,

p. 12.

3l c. cnorro, Vita sacramextale..., in aa.w., Il sistema edrcatiao ìli Dott Bosco trd pedd-eogia antica e fliloud, o. c., pp. 58-59.

t22

turgici più forti

che costituiscono

le

due colonne che reggono

il

mondo: << Credetelo, miei cari figliuoli,

la

frequente comunione è

una grande colonna sopra

di

cui poggia un polo del mondo. La

di

vozione alla Madonna

è l'altra

colonna sopra

cui

poggia

l'altro

polo >> 32. Parimenti, parlando dei diversi metodi educativi, si espri-meva

in

questi

termini:

<< Dicasi pure quanto

si

vuole intorno ai

vari

sistemi

di

educazione, ma

io

non trovo alcuna base sicura se

non nella frequenza della confessione e comunione; e credo

di

non dire troppo asserendo che, omessi questi due elementi,

la

moralità resta bandita >> 33.

In

un'intervista

fatta da un

giornale francese, cinque anni prima della morte, egli dichiatò: << La formazione con-siste

in

due cose: dolcezza

in tutto

e

la

cappella sempre aperta, con ogni facilità

di

frequentare la confessione e

la

comunione »> s.

L'insistenza

di

Don Bosco sull'esperienza della liturgia del

rito

è congiunta alf indicazione costante del prolungamento di essa nella liturgia della

vita

o compimento dei doveri del proprio stato:

stu-dio,

lavoro, prtrùza, obbedienza, allegria, servizio fraterno.

La

sua proposta religiosa è quella

di

una santità che si inarca nelle pieghe del quotidiano, che fa spendere

gli

spiccioli accessibili a tutte le tasche più che stimolare ad eroismi ruri. <<

Io

consiglierei di caldamente invigilare che siano proposte cose facili che non

ispa-ventino,

e

neppure stanchino

il

fedele cristiano, massime

poi

la gioventù.

I

digiuni, le pteghiere prolungate e simili rigide austerità per

lo più

si omettono

o

si praticano con pena

e

rilassatezza. Te-niamoci alle cose

facili,

ma

si

facciano con pefsevetanza. Questo

fu il

sentiero che condusse

il nosro

Michele ad

un

meraviglioso grado

di

perfezione >>

".

Va sottolineato che

il

cenro

di

tutta questa segnaletica

di

pet-{ezione

è il

senso

di Dio,

anzitutto considerato come padre' La persona non cresce senza

la

sintesi della sicurezza

e

tenerezza pa-tetna sia sul piano dell'evoluzione puramente umana, che su quella dell.a grazia.

Va

inoltre notato che Don Bosco, nell'esposizione

del

suo .ll-stefia preuentiao,presenta esptessamente la libertà come condizione

32 MB, VII, pp. 583, 585.

33 c. Éosco, -Il

pastorcllo delle Alpi oooero oita del giooane Bestcco Fruncesco, in SSP,

p. 2rA.

g

lvIB, XVI, p. 168.

35 c. Bosco, Cenno biografico sul gioranetto Magone Michele, in SSP, p. 205.

t2)

indispensabile all'accesso fruttuoso a tali espetienze di fede. << Ognu-no

-

parla della pratica sacramentale

- vi

si accosti liberamente, per amore e non mai per timofe >> tr.

Nel trattato

sul Sistema preuentiao dice chiaramente

di

<( non mai obbligare

i

giovanetti alla frequenza dei Santi Sactamenti, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro comodità

di

approfittarne »> 37.

Altrove

esorta

gli

educatori ad << agire

in

modo che

i

giovani re-stino spontaneamente invogliati

ai

sacramenti,

vi si

accostino vo-lentieri, con piacere e con

frutto

>> s.

Per raggiungere questo traguardo,

egli si

impegna

e

consiglia

a

larc alffettanto nella presentazione

di un

cristianesimo arioso e

umanizzante: « Si faccia rilevare

la

bellezza,la gtandezza,la

san-tità di

quella Religione che propone mezzi così facili, così

utili

alla tranquillità del cuore, alla salvezza dell'anima, come appunto sono

i

Santi Sacramenti >> s.

Il

modulo

di

educazione religiosa si presenta molteplice: dalla catechesi sistematica a quella occasionale. Va menzionato, a questo riguardo, l'uso largo che egli faceva della « parolina all'orecchio >>.

Così esortava

i

suoi educatori: << Procura

di

dire all'orecchio qual-che afiettuosa parola qual-che tu ben sai,

di

mano

in

mano che ne scor-gerai

iI

bisogno »> 0.

Il

motivo dominante dell'annuncio catechetico

di

Don Bosco è

la

paternità

di Dio,

fondamento della familiarità reciproca: << Dio è buon Padre »>, << egli

ci

ama come

un

padre aflettuìsissimo »> ar,

« Dio è

il

più buono dei padri » a2. Ed esortava sovente: << Amiamo

Iddio,

amiamolo che è nostro Padre. Come è mai consolante quel Padre nostro che recitiamo mattina e sera. Come fa piacere

il

pen-siero che abbiamo

in

cielo

un

Padre che pensa a noi »> a3.

Possiamo concludere con Pieffo Stella: <<

Il

sistema educativo di Don Bosco appare essere qualcosa di più che una teologia o una pedagogia teologica. Tale sistema tende

-

come diceva

il

cardinale Alimonda

-

a diuinizzare

il

mondo;

è, in altri

termini, nella sua

La

pedagogia della santità mfua

a

educare evangelizzando

e

a evangelruzare educando,

in

funzione della fotmazione dell'uomo nuovo salvato da Gesù Cristo, rivelazione

di Dio e

sùvezza inte-grale della persona umana e

di

ogni sua dimensione.

4. t'AtuoRrvoLuzz|,

LA LEVA DELLA CRESCITA DELL'uoMo

Se l'esercizio

dell'bono

religiosus dà senso alla

vita

ed è mo-mento di sintesi suprema della persona, l'esercizio dell'homo alnans è la leva per mettere

in

atto

i

dinamismi

di

fondo, orientati sia in direzione verticale che orizzontale.

L'amore non è prima

di tutto

una

virtù,

ma una dimensione, un modo

di

essere dell'essere uomo, che costituisce

il

centto ener-getico propulsivo della persona.

La

sua espansione nella

vita

relazionale sia nell'ambito inter-personale che sociale

è il fattore

catalizzante

del

passaggio dalla persona alla personalità matura, equilibrata, esperta

di

una certa pienezza

di

essere.

L'amore

è

espansivo

e il

suo moto centrifugo mette

in

equi-librio l'io,

tendente a rannicchiarsi come nella posizione prenatale, che è quella della passività, del ripiegamento, della stasi.

J. P. Sartre ha sottolineato che l'amore, ove mai

ci

fosse, con-ferirebbe al soggetto la percezione della pienezza d'essere e 1o ren-derebbe tadicalmente giustificato nell'esistenza. Ma poiché l'amore è impossibile, data

la

costituzione dell'uomo

a

strutturu

di

sguar-Ai lanerali di trigesima..., Torino 1888, p.7. E il santo timote di Dio, pur presente negli inse-gnamenti del Nostro, che posto occupa in questa cenralità tematica della patemità di Dio? In verità Don Bosco parla spesso del timore di Dio: « La più grande ricchezza di questo mondo è il santo timore di Dio », leggiamo nel xo Epistolaùo (I, p. 151). Al ministro Urbano Rattazzi, parlando dell'otatorio, egli dichiara: << Anzitutto qui si procura di infondere nel cuote dei giovanetti il santo timore di Dio ». (MB, V, p. 52). Così anche nel Regolamexto scrive ai suoi giovani: << Ricordatevi, o giovani, che nulla ci giovetebbe tutta la scienza e

tutte le ricchezze del mondo senza timore di Dio, Da questo santo timore dipende ogni nostro bene temporale ed eterno » (SSP, p. 4r2), A. Caviglia, attento studioso sia di Don

Bosco che di Domenico Savio, io rapporto a quest'ultimo e alla scuola di Don Bosco, alla quale si formò, afietma: << Il timore di Dio non fu mai tertore di Dio. Non vi è culto degno

di tal nome che non sia la voce della conlìdenza. E confidenza non vi è senza sentimento

filiale» (,r. cAvrGLrA, Conlerenze sallo spirito salesiaro, o. c., p.1ll). Parimenti Pietro Ricaldone, quiuto successore di Don Bosco, in una lucida analisi in metito asserisce: << Ti-mote di Dio significava vivere alla presenza del Signore e, considerandone f infinita Bontà, evitate tutto ciò che potesse dispiacergli» (r. nrcer»oxr, I-a pietà, II, Colle Don Bosco

1955, p. 371).

125

do

reificante, << eccoci ancora una

volta

rimandati dall'essere-cbe-guarda all'essere-dall'essere-cbe-guardato,

e non

usciamo

dal

circolo chiuso »>as.

Allora I'uomo diventa, fallito com'è nella sua tensione onniinclusiva che gira a vuoto, << una passione inutile >> ft.

È

questa

l'ultima

parola

di

una vasta e spietata analisi fenome-nologica dell'autore.

È la

contoprova della centralità dell'amore-dimensione

nel

pensiero contemporaneo che resta personalistico anche

nella forma di non

confessata nostalgia

del

poter-essere

dell'uomo. «

Il

filosofo esistenzialista

vi

aggiunge

più

realistica-mente

il

senso fallimentate che ne consegue. Poiché l'uomo è ten-denza alla comunione, che è poi

-

e Sartre 1o intrawede nella

con-clusione della sua opera principale

- la

diviruzzazione,

e

poiché

questa

è

assurda

per l" ìonfliitualità

costitutiva

di

qualsivoglia rapporto,

si

registra

un

impulso alla felicità

più

alta

e

una

sttut-tura non

solo inetta,

ma

conffaria

a

quella spinta.

È

una befia dell'esserci. E l'esistenza stessa non è che enore e peccato. L'uomo

Nel documento DON BOSCO (pagine 120-126)