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scopo; la trasformazione dell'ente nel caso in cui il patrimonio sia esiguo, attraverso la limitazione del campo di attività o attraverso la fusione con una fondazione avente fini analoghi.

(118) Per tutti, si rinvia ai contributi di GALGANO F. citati poc’anzi alle note 102, 106 e 115.

(119) Costituisce opinione oggi pacifica in dottrina che la trasformazione della fondazione comporti la continuazione dell’ente, e non determini, viceversa, l’estinzione della fondazione originaria e la successiva creazione di un nuovo ente. Accedendo, infatti, a tale seconda opinione, dovrebbe conseguentemente ammettersi che la nuova fondazione possa venire ad esistenza per effetto del solo provvedimento di trasformazione adottato dall’autorità; il che si pone in aperto contrasto con il principio accolto nel nostro ordinamento, in virtù del quale l’autorità pubblica non ha il potere di costituire le persone giuridiche ex nihilo. In passato, aveva sostenuto tale tesi FERRARA F., Le persone giuridiche, cit., p. 359.

(120) Sulla natura e sui limiti all’esercizio del potere di trasformazione in capo all’Ufficio del Registro presso cui la fondazione risulta iscritta (a seconda dei casi, Prefettura, Regione o Provincia autonoma), si rinvia ai contributi di PANZA G., voce Successione tra enti (diritto privato), in Enc. Dir., Milano, 1990, XLIII, p. 1404; CHAUVENET C., La fusione tra fondazioni, in Riv. Dir. Civ., 2008, II, p. 603; MESSINEO F., Manuale di diritto civile e commerciale, IX ed., Milano, 1957, I, p. 296; GALGANO F.,

Persone giuridiche, cit., p. 412; RESCIGNO P., voce Fondazione, cit., p. 808.

(121) In base all’art. 32 c.c., eventuali oneri da eseguire in favore di terzi rimangono invariati anche nel passaggio di proprietà dei beni dal soggetto estinto ad altro ente.

In aggiunta alle figure tipiche dell’associazione e della fondazione, il codice civile dedica un residuo spazio anche all’istituto del comitato (122).

L’esiguità, nonché la lacunosità, delle disposizioni dedicate a tale ente, ha determinato complesse dispute dottrinali circa la natura giuridica del comitato.

Nello specifico, possono essere isolate ben cinque teorie ricostruttive diverse: a) il comitato si inquadra nella categoria del contratto associativo (123); b) il comitato può essere assimilato all’istituto della fondazione (124);

c) il comitato sfugge all’inquadramento sia nella categoria delle associazioni non riconosciute, sia in quella delle fondazioni (125);

d) il comitato persegue scopi che si inseriscono nel più ampio campo delle attività proprie dell’associazione non riconosciuta (126);

e) nel comitato può essere ravvisata una combinazione fra la figura dell’associazione non riconosciuta e quella della fondazione (127).

Peraltro, la delicata disputa è ricca di conseguenze sul piano concreto, poiché la stringata disciplina legislativa necessita di essere ampiamente integrata, dovendo la

(122) Per una bibliografia essenziale v. AURICCHIO A., voce Comitati (diritto civile), in Enc.

Dir., Milano, 1960, VII; GALGANO F., voce Comitato (diritto civile), in Enc. Giur., Roma, 1988, VI; BASILE M., voce Comitati, in Dig. Civ., Torino, 1988, III; ID., Gli enti di fatto, cit.; BIANCA C. M., La

norma giuridica. I soggetti, cit.; SCOGNAMIGLIO C., Riflessioni in tema di natura giuridica e soggettività

del comitato, in Giur. It., 1987, I; FORCHIELLI P., Saggio sulla natura giuridica dei comitati, in Riv. Trim.

Dir. Proc. Civ., 1954, p. 121; CALICETI P., Considerazioni inattuali in tema di comitati, Milano, 1994. (123) In tal senso BIANCA C.M., La norma giuridica, cit., p. 369; SCOGNAMIGLIO C., Riflessioni

in tema di natura giuridica e soggettività del comitato, cit., p. 1015; AURICCHIO A., voce Comitati (diritto

civile), cit., p. 755.

(124) Adottano tale impostazione SANTORO PASSARELLI F., Dottrine generali del diritto civile, IX ed., Napoli, 1989, p. 49; COSTI R., Fondazione e impresa, in Riv. Dir. Civ., 1968, I, p. 13; GRECO F.,

Le fondazioni non riconosciute, Milano, 1980, spec. p. 81.

(125) Così BASILE M., Gli enti di fatto, cit., p. 335, il quale sottolinea l’opportunità di fare

riferimento, per la regolamentazione dei profili della materia non espressamente disciplinati, ai principi desumibili – di volta in volta – dalla normativa riguardante le varie formazioni sociali, ovvero, mancando questi, ai principi generali dell'ordinamento.

(126) ZOPPINI A:, Le Fondazioni, cit., p. 304, afferma che il comitato «definisce non uno schema

generale, ma un modulo speciale di attività (e di responsabilità) che si aggiunge a quello dell'associazione non riconosciuta. S’intende dire che alla fattispecie del comitato potrebbe riconoscersi un ruolo analogo a quello assolto dai “beni con destinazione particolare” (art. 32 cod. civ.) nell'ambito degli enti personificati: esso esaurisce la propria portata precettiva esclusivamente nella disciplina del patrimonio di destinazione che afferisce all'organizzazione dell'associazione non riconosciuta e che sarà sottoposto al regime previsto dagli artt. 40 e 42 cod. civ., per quanto attiene alla responsabilità degli amministratori e alla destinazione dei beni».

(127) Per tale ricostruzione v. GALGANO F., Associazioni, cit., p. 261; CONDORELLI M.,

Destinazione dei patrimoni e soggettività giuridica nel diritto canonico. Contributo allo studio degli Enti non personificati, Milano, 1964, p. 48; SCAVO LOMBARDO L., In tema di oblazioni raccolte da un unico

promotore, in Dir. Eccl., 1960, II, p. 270; FORCHIELLI P., Saggio sulla natura giuridica dei comitati, cit., p. 121.

giurisprudenza, sotto questo punto di vista, applicare la normativa ritenuta più compatibile con la natura giuridica del comitato (128).

Circostanza comunemente accettata, ad ogni modo, è che ricorre la figura del comitato quando i suoi componenti annunciano la volontà di realizzare uno scopo, ed a tal fine iniziano a raccogliere oblazioni dal pubblico.

L’art. 39 c.c. fornisce un’elencazione, da considerarsi meramente esemplificativa, dei possibili scopi cui tende l’istituzione di un comitato, quali il soccorso o la beneficenza, nonché la realizzazione di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre o festeggiamenti.

In essi è stata, peraltro, rintracciata dalla giurisprudenza una matrice comune, consistente nello «scopo generalmente d’interesse pubblico ed in ogni caso non egoistico» perseguito dal comitato (129).

La fonte genetica del comitato non richiede forme particolari; ciò non toglie che, se l’ente ambisce ad essere riconosciuto quale persona giuridica, deve essere senz’altro adottato l’atto pubblico (130).

Nel caso – tipico – di comitato non riconosciuto, l’art. 40 c.c. dispone che «gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunziato», mentre «i suoi componenti rispondono personalmente e

(128) La giurisprudenza maggioritaria sembra ormai aver aderito alla tesi dottrinale che individua nei comitati la presenza sia dei caratteri associativi che di quelli fondazionali. Tali caratteri, che si succedono nel tempo, rendono possibile l’individuazione di una prima fase (relativa alla raccolta dei fondi mediante pubbliche sottoscrizioni) in cui il comitato è riconducibile alla figura di un’associazione, nonché di una seconda fase (relativa alla conservazione del patrimonio di oblazione e alla sua devoluzione allo scopo annunciato) in cui scompare ogni elemento di natura associativa ed appaiono elementi di tipo fondazionale. Sul tema v. Cass. Civ., 23 giugno 1994, n. 6032, cit.; Cass. Civ., 12 giugno 1986, n. 3898, in Foro It., 1986, I, p. 2123; Cass. Civ., 12 novembre 1977, n. 4902, in Foro It., 1978, I, p. 39.

(129) Cass. Civ., 15 ottobre 1960, n. 2757, in Foro It., 1961, I, p. 1361; in seguito cfr. anche Cass. Civ., 23 giugno 1994, n. 3062, in Nuova Giur. Civ., 1995, I, p. 27: «la nozione di comitato recepita

dall'art. 39 c.c. non è incompatibile con il mutamento dell'originaria componente soggettiva dell'organizzazione, poiché la configurazione di questa come una struttura chiusa, se è aderente all’ipotesi di strumenti operativi posti in essere per realizzare finalità che si esauriscano in un periodo di tempo determinabile in anticipo (come nei casi di comitati per festeggiamenti o per recare soccorso nelle pubbliche calamità), non lo è con riguardo ad organismi istituiti per conseguire obiettivi che si proiettano in un lungo arco di tempo, come nei casi delle mostre ad esposizioni permanenti ovvero del perseguimento di scopi assistenziali perduranti, con riferimento ai quali è configurabile una persistenza dell'organizzazione pur di fronte al mutamento suddetto».

(130) Ciò è quanto emerge inequivocabilmente a contrario dall’art. 41 c.c. Rientra, viceversa, nell’ambito della disputa circa la natura giuridica del comitato capire quali siano gli altri requisiti necessari affinché il esso possa utilmente ottenere il riconoscimento, proprio perché la disciplina viene esclusivamente dettata soltanto per associazioni e fondazioni (cfr. D.P.R. 361/2000).

solidalmente delle obbligazioni assunte»; viceversa, «i sottoscrittori sono tenuti soltanto a effettuare le oblazioni promesse».

Anche nei confronti del comitato è stata prevista una forma di intervento da parte dell’autorità governativa: difatti, qualora i fondi raccolti siano insufficienti o eccedenti rispetto allo scopo, questo non sia più attuabile ovvero sia stato raggiunto, sarà essa a stabilire la devoluzione dei beni, se questa non è stata disciplinata al momento della costituzione del comitato.