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La commistione dei generi e il montaggio dei documenti

3. L’affaire Moro di Leonardo Sciascia

3.2 La commistione dei generi e il montaggio dei documenti

Sarà utile precisare, innanzitutto, che la dimensione narrativa in cui si colloca L’affaire

Moro è caratterizzata da una continua oscillazione fra realtà e letteratura.

Infatti, se da un lato la vicenda in oggetto è referenziale e non finzionale, dall’altro è dichiaratamente letterario il codice culturale entro cui Sciascia si muove, fin dall’ampia esibizione dei modelli ai quali si rifà. Si rileva, così, il richiamo a Pasolini, presente dalle prime pagine dell’opera; il Pirandello del dramma creaturale dell’autenticità, che ha qui per protagonista Aldo Moro; la manzoniana preoccupazione della verità e la sua ricerca, che passa attraverso l’esercizio della pietà; Borges e l’invito, posto a conclusione del libro, affinché il «lettore inquieto» possa rileggere e reinterpretare il tutto da sé, e via dicendo. Il

77 AMBROISE 1983, p. 238. 78 DONNARUMMA 2014, p. 199.

riferimento a questi modelli trova la sua ragione d’essere nelle coordinate entro le quali Sciascia stesso intende Moro e la sua vicenda, che gli sembrano «generati da una certa letteratura» [AM 28]. Si legge poco più avanti:

L’impressione che tutto nell’affaire Moro accada, per così dire, in letteratura, viene principalmente da quella specie di fuga dei fatti, da quell’astrarsi dei fatti – nel momento stesso in cui accadono e ancora di più contemplandoli poi nel loro insieme – in una dimensione di conseguenzialità immaginativa o fantastica indefettibile e da cui ridonda una costante, tenace ambiguità. [AM 29]

Nel dire questo, Sciascia è ben consapevole della sua responsabilità di intellettuale e scrittore, «ma sa anche che la sua letteratura non ha fatto altro che interpretare dei sintomi e fornire una sintesi, la quale ha un valore di verità e proprio per questo sembra, per un errore di prospettiva, prefigurare, quando invece diagnostica»79.

All’interno di una così complessa configurazione, L’affaire si offre al lettore come un testo tendenzialmente ibrido, difficile da imbrigliare in un solo genere letterario. Va detto, innanzitutto, che, a fronte di «un’insufficienza della fiction davanti al presente, persino nei maggiori scrittori degli anni Settanta»80, L’affaire Moro, opera di non fiction,

occupa nel panorama della narrativa sul terrorismo un posto preminente, sottraendosi con audacia a quel filone di discorsi letterari di compromesso «tra bisogno di raccontare, capire, giudicare e resistenza al racconto esteso, alla comprensione piena, al giudizio profondo»81.

La connotazione nonfinzionale dell’Affaire, che emerge soprattutto dall’incompletezza (si pensi alla conclusione nel segno di Borges) e dalla non definitività dell’interpretazione di Sciascia del caso Moro, permette di escludere che l’autore persegua gli obiettivi della ricerca storica. Infatti, com’è noto, questa è in aperta contraddizione con la parzialità della non fiction, che si manifesta almeno su due piani:

nella prospettiva adottata, dato che il punto di vista è spesso quello di un narratore implicato come testimone nella vicenda, e il suo discorso non è equidistante dalle parti in conflitto ma è funzionale a dimostrare una tesi a favore, o contro, qualcuno dei protagonisti; nella costruzione “completa” di una storia, dato il rapporto difficile che la non-fiction ha con i finali chiusi e riconoscibili.82

79 BENVENUTI 2013, p. 246. 80 DONNARUMMA 2010, p. 446. 81 Ivi, p. 443.

Così, messa da parte l’istanza storiografica, si registra piuttosto la presenza di tratti appartenenti ad altri e diversi generi letterari, come l’inchiesta giornalistica, il pamphlet letterario, la docu-fiction. In particolare, Francesco Zucconi ha individuato due direzioni principali lungo le quali il metodo di Sciascia si orienta: l’inchiesta e la diagnosi. I tratti dell’inchiesta emergono in rapporto all’esame degli scritti di Moro, dai quali Sciascia inferisce, come si vedrà, che «Moro voleva dirci qualcosa, e per eludere il vaglio delle Brigate Rosse è stato costretto a “dire con il linguaggio del non dire”»83. L’intento diagnostico, invece, mette a fuoco la manipolazione della comunicazione politica attorno alla vicenda Moro, nell’ambito della quale

la progressiva costruzione dell’immagine di Moro in quanto “folle” rivela l’intento di devalorizzare l’oggetto conteso, nonché la strategia discorsiva adottata per rendere gradualmente accettabile agli occhi dell’opinione pubblica la possibilità di lasciare il Presidente nelle mani delle Brigate Rosse.84

Dunque, la commistione dei generi che caratterizza L’affaire Moro, nel tenere insieme strategie letterarie differenti, fa sì che il testo schiuda un grande potenziale comunicativo.

Un altro aspetto importante della tecnica descrittiva utilizzata da Sciascia risiede nella sua minuziosa operazione di montaggio dei documenti. Questi non si limitano alle sole lettere scritte da Moro durante la prigionia, ma includono anche intercettazioni telefoniche, comunicati da parte dei brigatisti, appelli dei familiari di Moro, dichiarazioni e richieste trattative da parte degli organi di Stato o dei vertici della Democrazia cristiana, e così via. Si tratta, quindi, di un ampio repertorio di testi, che costituisce buona parte del tessuto dell’opera.

Tuttavia, questo materiale documentario è accuratamente selezionato da Sciascia, e proprio la disposizione che questi gli dà produce, in filigrana, la lettura dei fatti dell’Affaire. Come ha mostrato Alessio Piras, per comprendere il funzionamento di questo processo sarà utile guardare al modello dell’«immaginazione costruttiva», con il quale Hayden White ha studiato le relazioni discorsive fra storia e letteratura:

83 ZUCCONI 2005, p. 4. 84 Ivi, p. 5.

Gli eventi storici (e il rapimento di Aldo Moro è uno degli eventi storici chiave della storia italiana del XX secolo) forniscono degli elementi per una storia, essi vengono ‘trasformati’ in una storia attraverso la soppressione o la subordinazione di alcuni di loro e la sottolineatura di altri, grazie a strategie descrittive alternative (caratterizzazione, ripetizione di motivi, variazione di tono e punto di vista) che normalmente ci aspetteremmo di trovare nell’intreccio di un romanzo o di una pièce teatrale.85

In questo modo, quindi, «Sciascia seleziona il materiale a sua disposizione mettendo in evidenza alcune parti delle lettere e sottolineando quelle porzioni di discorso utili per la sua indagine»86. Questa si rivela tutta incentrata sulla voce di Aldo Moro, precisamente sull’analisi dei suoi testi: non tanto sulla concatenazione degli avvenimenti in senso proprio, quanto su quelle parole che, se fossero state debitamente accolte da chi le ha ricevute, sarebbero valse, secondo Sciascia, a strappare Moro dalla morte. Così, «spostando il suo discorso dalla cronaca alla narrazione, dai confini della realtà a quelli del linguaggio, Sciascia trova il modo per dare credibilità alla sua indagine»87, e questo accade, appunto, attraverso delle operazioni quali la ripetizione di determinati motivi, la variazione del tono e del punto di vista, la relativizzazione di certi documenti e l’assolutizzazione di altri.