1.4 I personaggi
1.4.6 Tra gli antifascisti: Filippo Turati e Adriano Olivetti
Tra i personaggi che popolano Lessico famigliare sono annoverati diversi esponenti dell’antifascismo dell’area torinese, alcuni dei quali hanno preso parte attiva come cospiratori contro il regime. Molti di loro sono solo nominati, mentre di altri è narrata qualche azione specifica, magari connessa con la famiglia Levi, che spesso si trovò a offrire protezione ai cospiratori (lo stesso Mario Levi peraltro, come si è visto, è stato un cospiratore).
Prima di soffermarsi più da vicino su due degli antifascisti del Lessico, Filippo Turati e Adriano Olivetti, è interessante notare che nel testo, in generale, è precluso ai cospiratori l’accesso al discorso diretto, o comunque non è mai accordato loro di affermare, ma di dire solo «tutto ciò che viene prima o dopo la risposta: il vasto campo dell’interrogazione e dell’esclamazione, del dubbio, del desiderio, della nostalgia, della preghiera, del rimpianto, della deprecazione, dell’imprecazione, del lamento, dell’invettiva
[…]»29. Questo aspetto può essere particolarmente riscontrato nel caso di Turati; è invece molto meno valido nel caso di Adriano Olivetti, il quale, sposando Paola, diventa parte integrante della famiglia Levi, per cui la sua voce acquista uno spazio maggiore.
Turati è introdotto nel racconto mediante il giudizio del padre di Natalia, che lo reputa troppo ingenuo, mentre lo stesso aspetto non è affatto una colpa agli occhi della madre. A questi pareri si aggancia poi la narratrice, che così sintetizza la figura di Turati:
Venne una volta, a quell’epoca, Turati a casa nostra, essendo di passaggio a Torino; e lo ricordo, grosso come un orso, con la grigia barba tagliata in tondo, nel nostro salotto. Lo vidi due volte: allora, e più tardi, quando dovette scappare dall’Italia, e abitò da noi, nascosto, per una settimana. Non so tuttavia ricordare una sola parola che disse quel giorno, nel nostro salotto: ricordo un gran vociare e un gran discutere, e basta. [LF 27]
L’uso del passato remoto, infrequente nel Lessico, insieme al ricordo vago di un «gran vociare» indistinto evidenziano l’intento di circoscrivere quest’incontro in un passato concluso e limitato. Non diversamente, nell’altra occasione in cui Ginzburg vede Turati, cioè quando, ricercato, egli si nasconde per una settimana a casa Levi, il personaggio – e con esso l’evento narrato – viene subito ridimensionato. Infatti, da un lato si sottolinea l’ambiguità del fatto che l’uomo è chiamato a tratti “Filippo” e a tratti “Paolo Ferrari”, e puntando, quindi, sull’aspetto dell’ingenuità della bambina che poco ci capisce; dall’altro, il nascondimento di Turati viene presto deviato su una Natalia che non tollera la scarsezza di curiosità di Lucio, il suo compagno di giochi30.
Del resto, a parte queste due circostanze, il nome di Turati compare nel racconto solo poche altre volte, e per di più sotto forma di mera menzione, sempre legata al rimpianto – spesso enunciato dalla madre di Natalia – per un modo di fare politica ormai passato, che aveva come protagonisti esponenti del calibro di Turati.
Adriano Olivetti è presentato, in prima battuta, come uno degli amici di Gino, del quale è stato compagno di servizio militare. Il suo ingresso nel racconto è accompagnato da un ritratto che lo descrive come essenzialmente goffo, timido e confuso, insieme all’impressione iniziale del signor Levi, che lo definirebbe, dice Ginzburg, «un impiastro». Poi Adriano s’innamora di Paola, ragione per cui continua a frequentare casa Levi. Si apprezza di lui – ma in generale dell’intera famiglia Olivetti – soprattutto la spiccata
29 MAGRINI 1996, p. 802. 30 LF 68-69.
gentilezza, insieme a una ricchezza semplice, mai ostentata. Anche lui, come Turati, rimane per diversi mesi nascosto dai Levi, e riesce quindi a non farsi arrestare.
La narratrice riferisce della presenza di Adriano anche al momento della fuga di Turati. È lui a prelevarlo e a coprirlo, e Ginzburg così descrive il suo atteggiamento in quell’occasione:
Aveva occhi spaventati, risoluti e allegri; gli vidi, due o tre volte nella vita, quegli occhi. Erano gli occhi che aveva quando aiutava una persona a scappare, quando c’era un pericolo e qualcuno da portare in salvo. [LF 70]
Si tratta di un’esperienza molto familiare alla stessa Natalia. Anche lei, infatti, parecchi anni dopo, è tratta in salvo insieme ai suoi figli proprio da Adriano (che, nel frattempo, ha sposato sua sorella Paola): è lui a consigliarle di fuggire dalla loro casa a Roma in seguito a uno degli arresti di Leone, e a condurla al sicuro presso alcuni amici. Ginzburg ricorda con particolare commozione e intensa gratitudine quel momento:
Io ricorderò sempre, tutta la vita, il grande conforto che sentii nel vedermi davanti, quel mattino, la sua figura che mi era così familiare, che conoscevo dall’infanzia, dopo tante ore di solitudine e di paura […]; e ricorderò sempre la sua schiena china a raccogliere, per le stanze, i nostri indumenti sparsi, le scarpe dei bambini, con gesti di bontà umile, pietosa e paziente. E aveva, quando scappammo da quella casa, il viso di quella volta che era venuto da noi a prendere Turati, il viso trafelato, spaventato e felice di quando portava in salvo qualcuno. [LF 150]
Adriano, dunque, ha ricoperto una posizione affettiva importante per Ginzburg. E, allo stesso modo, essendo diventato un membro acquisito della famiglia Levi, ha anche intessuto, negli anni, relazioni privilegiate con alcuni di loro. Si racconta, per esempio, di diversi confronti con il signor Levi in merito alla crescita del loro primo bambino, oppure di loro ordinari diverbi; allo stesso modo, è registrata la particolare affinità che si sviluppa fra Adriano e la madre di Natalia, che si basa sul loro infaticabile ottimismo:
Mia madre accoglieva Adriano sempre con la più viva gioia, perché gli voleva bene, e perché sempre aspettava da lui notizie che alimentassero il suo proprio ottimismo. [LF 123]
Riassumendo, si può affermare che le descrizioni dei personaggi antifascisti di
espressione, che, quando c’è, è tendenzialmente affidata al discorso indiretto, se non ridotta al minimo. Analogamente, anche la narrazione delle fughe o dei nascondimenti dei cospiratori è stringata o ridimensionata. Rispetto a questo quadro, il caso di Adriano Olivetti costituisce una sorta di eccezione, dal momento che egli è direttamente coinvolto, sul piano familiare e su quello affettivo, con i Levi e con la narratrice stessa.