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La compatibilità del principio dello Störerhaftung con le clausole di esonero

1. La sentenza Mc Fadden c Sony

1.2. La normativa tedesca

1.2.3. La compatibilità del principio dello Störerhaftung con le clausole di esonero

Sulla base di queste premesse, è possibile procedere interrogandosi sulla compatibilità del principio dello Störerhaftung con le cause di esonero della responsabilità previste dalla Direttiva 2000/31/CE prima e dal TMG, poi.

La questione è piuttosto complessa se si considera che, come anticipato, tra le condi- zioni richieste ai fini dell’emanazione di un provvedimento inibitorio, con cui si esplica il suddetto principio, è richiesta la violazione da parte dello Störer di un ragionevole dovere di diligenza nella prevenzione delle violazioni da parte dei propri utenti. Ciò sembra, tuttavia, esser in contrasto con l’art. 15 della Direttiva 2000/31/CE, il quale riconosce l’impossibilità di imporre un dovere generale di sorveglianza in capo ai providers454.

451 Ibidem, pp. 236 ss.

452 A. BITTO, La responsabilità civile dell’internet service provider in Italia e in Germania, cit., p. 127.

453 Si veda A. R. KLETT – M. SONNTAG – ET AL., Intellectual property law in Germany: relevant legislative instruments, Monaco, 2008, pp. 97 e ss. Con riferimento alla citata autorità amministrativa, è possibile rilevare l’assenza nell’esperienza tedesca di un’autorità amministrativa indipendente con poteri di vigilanza, cfr. A. BITTO, La responsabilità civile dell’internet service provider in Italia e in Germania, cit., p. 129. Tuttavia, l’Urheberrechtsgesezt all’art.

108 prevede che, nel caso siano poste in esser azioni di aggiramento, rimozione o alterazione a misure tecno- logiche di protezione, vengano applicate le sanzioni amministrative pecuniarie ex art. 111, lett. a) UrhG (sul punto M. MACDONALD – U. SUTHERSANEN – ET AL., Copyright: world law & policy, in Oxford University Press, 2011, pp. 49 ss.).

454 Come ha rilevato anche J.B. NORDEMANN, Liability for Copyright Infringements on the Internet: Host Providers (Content Providers) – The German Approach, cit., p. 37.

Rispetto ha questo, tuttavia, Angelopoulos (cfr. C. ANGELOPOULOS, Beyond the safe harbors: harmonising substantive intermediary liability for copyright infringement in Europe, cit., p. 18) ha opposto la previsione del Considerando 47

della Direttiva 2000/31/CE, in cui si afferma che «Gli Stati Membri non possono imporre ai prestatori un obbligo di sorveglianza di carattere generale. Tale disposizione non riguarda gli obblighi di sorveglianza in casi specifici e, in particolare, lascia impregiudicate le ordinanze emesse dalle autorità nazionali secondo le rispetti- ve legislazioni».

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Sul punto, è stato essenziale l’apporto della giurisprudenza, la quale è intervenuta chiarendo i dubbi a riguardo e riconoscendo che l’esonero della responsabilità a favore degli intermediari ex artt. 7- 10 TMG non esclude il diritto del soggetto danneggiato da un illeci- to posto in esser dall’utente del servizio messo a disposizione dell’ISP, a chiedere un prov- vedimento inibitorio, nei confronti del provider stesso, finalizzato a porre fine all’attività ille- cita455. L’intermediario che mantenga a disposizione di terzi contenuti illeciti, anche senza modificarli456, si ritiene che contribuisca alla violazione dei diritti, pertanto è chiamato a ri- spondere sulla base del principio dello Störerhaftung. Ciò, tuttavia, non si traduce in un dove- re di controllo dei contenuti trasmessi o di ricerca attiva delle circostanze che facciano de- sumere un’attività illecita. Gli intermediari, infatti, saranno solamente tenuti a rimuovere i contenuti contestati o ad impedire l’accesso agli stessi457. Qualora il provider non si attivi in tal senso, nonostante sia a conoscenza dell’illiceità dei contenuti ospitati o veicolati, potrà esser destinatario di un provvedimento inibitorio. Nell’ipotesi in cui, invece, costui abbia adempiuto ai propri doveri di rimozione o di blocco dell’accesso, dovrà attivarsi per impe- dire la reiterazione dell’illecito. Ciò però non si traduce in un generico dovere di sorveglian- za, quanto piuttosto in un onere di controllo specifico, ossia limitato ai soli contenuti illeciti di cui sia stato portato a conoscenza458.

Una simile ricostruzione consente di leggere il principio dello Störerhaftung alla luce della disciplina prevista in materia di responsabilità degli ISP. Di fatto, l’applicazione di un provvedimento inibitorio nei loro confronti determina il venire meno del principio di neu- tralità alla base delle safe-harbors459. L’espletamento di una tutela inibitoria, nell’ipotesi in cui venga violato il dovere di diligenza nella prevenzione delle violazioni, non si traduce in un dovere generico di sorveglianza, anche se nei contenuti risulta esser analogo460.

Tuttavia, all’epoca in cui sono avvenuti i fatti della causa in commento461, non era chiaro se tale disciplina potesse trovare applicazione anche nei confronti di associazioni o

455 In tal senso si veda la sentenza c.d. «Rolex» del BGH, I ZR 304/01, 14 marzo 2004, relativa ad un’asta su Internet (nel vigore della normativa ora abrogata).

456 Quindi anche senza farli propri. 457 Cfr. art. 14 Direttiva 2000/31/CE.

458Cfr. M.T. RÖRIG, Germania, contenuto in P. PASSAGLIA (a cura di), L’inquadramento normativo della stampa online, in cortecostituzionale.it, 2011, p.21, disponibile all’URL: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/CC_SS_stampa_190112.pdf .

459 Sul punto si veda G. DI VETTA, Violazione del Diritto d'Autore nel Cloud Computing: Analisi del Modello di Enfor- cement Europeo e Applicabilità delle Safe-Harbours al Cloud Provider, in Opinio Juris in Comparatione, Studies in Compara- tive and National Law, 2014, p. 50.

460 Ibidem, p. 50.

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privati che fornivano l’accesso gratuito alla Rete462, ovvero a coloro che per errore non ave- vano protetto l’accesso alla propria rete con una password, consentendovi l’immissione e la commissione di illeciti attraverso la stessa. Tale dubbio ha trovato soluzione con un succes- sivo intervento del legislatore tedesco, il quale ha introdotto un emendamento al Telemedia Act finalizzato a fare chiarezza sul punto463. Prima di allora un contributo utile nel delineare

la disciplina applicabile era pervenuto dal BGH, il quale con la pronuncia relativa al caso

Sommers unseres Lebens464aveva riconosciuto che la responsabilità di un soggetto privato era

imputabile alla mancata protezione dell’accesso alla Rete. Nello specifico, il Bundesgerichtshof aveva precisato che «il soggetto privato che gestisce una rete Wi-Fi con accesso ad Internet può essere qualificato come “Störer” qualora non abbia protetto la propria rete mediante una password, in tal modo consentendo a un terzo di violare un diritto d’autore o diritti con- nessi»465. In sostanza, il proprietario della rete avrebbe dovuto proteggerne l’accesso con

misure idonee ad evitare la violazione da parte di terzi466. In questa ipotesi, il BGH non pre-

se nemmeno in considerazione la possibilità di applicare l'esenzione di responsabilità intro- dotta dalla Direttiva 2000/31467.

462 Quindi anche a WCNs (es. Freifunk); la questione era stata, appunto, oggetto di domanda pregiudiziale alla CGUE.

463 La questione verrà approfondita in questo capitolo al par. 2.1.

464 Si tratta della sentenza del BGH, Sommer unseres Lebens, C-121/08, 12 maggio 2010; tale decisione è stata richiamata, peraltro, dalla stessa CGUE (cfr. Tobias Mc Fadden c. Sony Music Entertainment Germany GmbH, cit., par. 21). In questa circostanza il BGH si è espresso circa la legittimità di una domanda di inibitoria e di risar- cimento del danno (per violazione del diritto d’autore ex art. 97 UrgG) proposta nei confronti del titolare di una connessione Internet wireless, utilizzata nell’ufficio dello stesso. Sul punto, il giudice tedesco, ha riconosciu- to la sussistenza di una presunzione di colpa a carico dell’intestatario della connessione, rintracciabile grazie l’indirizzo IP tracciabile al momento della commissione dell’illecito.

465 Tobias Mc Fadden c. Sony Music Entertainment Germany GmbH, cit., par. 21.

466 L’idoneità delle misure avrebbe dovuta esser valutata (ed in generale dovrebbe esser valutata) sulla base delle tecniche standard applicabili al momento dell’installazione del modem. La mancata sostituzione da parte del proprietario del router della password impostata dal produttore ha rappresentato, per il BGH, un elemento sufficiente a configurare la violazione di un preciso dovere di diligenza. Così F. GIOVANELLA – M. DULONG DE ROSNAY, Community wireless networks, intermediary liability and the McFadden CJEU case, cit., p. 13. Questo cri-

terio, tuttavia, non risulta così univoco considerando che, come rileva Giovanella (ibidem, p.13), altre Corti hanno optato per un approccio diverso, valutando l’impiego della password impostata dal produttore come una protezione sufficiente (cfr. Lg Frankfurt/Main, 14 giugno 2013, disponibile all’URL: https://dejure.org/dienste/vernetzung/rechtsprechung?Gericht=LG%20Frankfurt%2FMain&Datum=14.06 .2013&Aktenzeichen=18%20O%20572%2F11).

467 Il BGH ha optato per una simile soluzione anche nelle ipotesi in cui la connessione messa a disposizione dal gestore della Rete fosse stata utilizzata per porre in esser violazioni dai famigliari dello stesso. Così F. GIOVANELLA – M. DULONG DE ROSNAY, Community wireless networks, intermediary liability and the McFadden CJEU case, cit., p.13.

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