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Riflessioni sull’articolo 13

2. La proposta di Direttiva Copyright

2.2. Riflessioni sull’articolo 13

Alla luce di quanto delineato al paragrafo precedente, è possibile effettuare delle osservazioni generali sulla proposta ex art. 13.

Nello specifico, è possibile notare l’abbandono, da parte del legislatore, di ogni riferimento all’introduzione di un duty to prevent the availability di contenuti non autorizzati, il che si sarebbe tradotto in un obbligo di controllo preventivo della liceità di quanto condiviso sul web. Oltre alle criticità che ne potevano derivare, una previsione di questo tipo avrebbe molto probabilmente avuto delle serie implicazioni sulla struttura e sul funzionamente della Rete così come la conosciamo oggi620. Ecco allora che si è ritenututo più opportuno sostituire il controllo preventivo con una verifica successiva che, almeno nelle intenzioni del legislatore, appare sia cooperativa che oppositiva. Ed in questo stà il cuore della proposta, la quale dispone la rimozione successiva di contenuti laddove vengano diffusi in assenza di una licenza concessa dal titolare dei diritti. La mancata rimozione sarà fonte di responsabilità indiretta per il provider.

È possibile notare poi come il legislatore opti per il dare per scontato che l’OCSSP, nel consentire all’utente di accedere ai suoi servizi, di fatto ponga in esser un atto di comunicazione al pubblico621. Si tratta di un concetto mantenuto dall’originaria formulazione. Appare evidente, tuttavia, la discrasia con la prima giurisprudenza comunitaria622. Infatti, in tali ipotesi, si era soliti considerare che la comunicazione al

619 Come ad esempio Google Immagini.

620 Si veda M. FIORILLO, Diritto d'autore online: le novità dal Parlamento Europeo sulla Direttiva, cit.

621 In tal senso di veda lo stesso art. 13, co. 1, il quale riconosce che «fatti salvi l'articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/29/CE, i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online svolgono un atto di comunicazione al pubblico»; ma anche il Considerando 38, che afferma: «I prestatori di servizi di condivisione di contenuti online effettuano un atto di comunicazione al pubblico e sono pertanto responsabili del loro contenuto».

622 Tale scelta, tuttavia, risulta esser in linea con la giurisprudenza comunitaria più recente, la quale si è dimo- strata propensa ad un’estensione del concetto di comunicazione al pubblico in relazione alla responsabilità degli ISP. A questo proposito risulta esser significativa la sentenza Stichting Brein c. Ziggo BV, XS4ALL Internet

BV, cit., relativa al famoso caso c.d. Pirate Bay. In tale circostanza, la CGUE ha affermato che la gestione di

una piattaforma online potesse costituire un atto di comunicazione al pubblico, in considerazione della facile fruibilità dei contenuti a favore degli utenti posta in esser attraverso i servizi della stessa. In questo modo la Corte ha esteso la nozione di «comunicazione al pubblico», fino a ricomprendervi condotte meramente facili- tative dell’accesso ad opere protette; si tratta di comportamenti che, almeno in un primo momento, costitui-

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pubblico fosse posta in esser dall’utente, in virtù dell’up-load dello stesso contenuto623. Affinchè l’ISP fosse chiamato a rispondere dei contenuti caricati da terzi, era necessario che fosse portato a conoscenza di una simile azione, del suo contenuto e della sua illiceità, cosicchè l’atto di comunicazione al pubblico potesse risultare ascrivibile anche all’intermediario stesso. In caso contrario, il provider poteva esser considerato responsabile in via indiretta, per aver, con la sua condotta, facilitato o comunuque favoreggiato la commissione dell’illecito. La proposta di direttiva contempla, invece, un’ipotesi di responsabilità diretta: l’intermediario potrà, infatti, esser chiamato a rispondere direttamente per l’illecita condivisione di contenuti da parte dell’utente nell’ipotesi in cui non abbia concluso accordi di licenza. Un simile regime trova giustificazione nel fatto che nella nuova discipliana è lo stesso intermediario, come anticipato, a porre in esser un atto di comunicazione al pubblico, e per questo può esser chiamato a risponderne.

A ciò devono esser aggiunti ulteriori profili di criticità. Permane, infatti, una generale vaghezza lessicale. Ad esempio, si prevede che gli OCSSP siano tenuti a stipulare i contratti di licenza con i titolari dei diritti, ma al contrario quest’ultimi possono decidere di non voler concedere la licenza. Non si specifica, tuttavia, se a carico dei provider sussista un obbligo a contrarre, che possa consentire al titolare dei diritti d’autore di ottenere un provvedimento giurisdizionale che tenga conto del consenso ricusato dall’OCSSP; ovvero se quella ex art. 13 sia una generica previsione, la cui violazione determini solamente una serie di (indefini- te) conseguenze sanzionatorie624.

Di dubbia interpretazione risulta, inoltre, la previsione secondo cui gli accordi di li- cenza debbano disciplinare «la responsabilità per le opere caricate dagli utenti di tali servizi di condivisione di contenuti online» (art. 13 par. 2). Il legislatore, infatti, omette di specifica-

vano fonte di responsabilità extracontrattuale (la quale, come ricordato nel secondo capitolo, è di competenza nazionale e pertanto non risulta esser armonizzata). Una simile soluzione, implicava la necessità per la stessa piattaforma che diffondeva l’opera, sia direttamente che indirettamente, ma anche che appunto ne facilitava l’accesso (magari mediante un link; ipotesi, per altro, esplicitamente esclusa dal Considerando 38 dell’attuale proposta di direttiva), di ottenere un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti d’autore ai fini della diffu- sione stessa.

623 Perplessità sorgono in considerazione del fatto che attualmente, l’art. 3 della Direttiva Copyright, contempla che l’atto di «comunicazione al pubblico» sia posto in essere solo da chi materialmente carica il contenuto on- line (ossia l’utente), non da chi ne fornisce il mezzo (ossia il provider).

624 In termini di tutela del diritto d’autore appare sicuramente preferibile la prima soluzione; questa, tuttavia, dimostra una serie di elementi di criticità sia a livello pratico che a livello giuridico. Risulta difficile, infatti, configurare un obbligo a contrarre in un’ipotesi, come quella in commento, in cui non esistono delle specifi- che previsioni atte a regolare il contenuto del negozio da concludere. In argomento, si veda M. FIORILLO, Di-

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re a quale responsabilità si riferisca. Ci si chiede quale fenomeno abbia inteso disciplinare il legislatore, posto che l’accordo di licenza dovrebbe esser di per sé finalizzato a regolamen- tare le conseguenze della diffusione di contenuti da parte degli utenti625.

In argomento è possibile evidenziare come il concetto di responsabilità, per sua natu- ra, sottenda l’avvenuta commissione di un illecito ovvero di un inadempimento. Sulla base della considerazione che, nel caso in questione, l’unica vicenda illecita potrebbe esser quella dell’utente che diffonde online dei contenuti in violazione del diritto d’autore, si potrebbe desumere che la disposizione in commento intenda affermare che l’utente (purché non per- segua fini di lucro) non risponde (perlomeno nei confronti del titolare del diritto d’autore) dell’illecita diffusione, essendo già disciplinata la questione nell’accordo di licenza626.