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3. Il contesto europeo

3.3. Le singole attività: mere conduit, caching, hosting

3.3.3. Hosting: art 14

L’host provider è colui che mette a disposizione dello spazio sui propri server per pub- blicare materiale degli utenti. L’attività di hosting consiste, quindi, in una forma di memoriz- zazione a carattere tendenzialmente duraturo. In tal caso, l’art. 14 prevede che l’intermediario non possa essere considerato responsabile delle informazioni memorizzare a richiesta del destinatario di un servizio, a condizione che: a) non sia effettivamente al cor- rente del fatto che l’attività o l’informazione è illecita153 e, per quanto attiene ad azioni ri-

151 Ciò si sostanzia in un elemento distintivo e qualificante rispetto all’attività portata avanti dall’ISP. 152 M. COCUCCIO, La responsabilità civile per fatto illecito dell’Internet Service Provider, cit., p.4.

153 Piuttosto dibattuto in ambito comunitario è il requisito del c.d. actual knowledge: l’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE infatti, prevede che il provider possa beneficiare di un’esenzione di responsabilità (safe harbour) laddove in base ad una segnalazione (notice) o ad una consapevolezza dell’illecito (actual or constructive knowledge), agisca prontamente ai fini della rimozione del contenuto o dell’impedimento dell’illecito stesso (si veda B. SAETTA, La nuova responsabilità degli intermediari in Europa, in brunosaetta.it, sez. Internet e Diritto, 30 luglio 2017, disponibile all’URL: https://brunosaetta.it/responsabilita-provider/nuova-responsabilita-intermediari-in- europa.html).

Nello specifico, tale concetto appare mutuato da quello di actual knowledge proprio del DMCA, il quale prevede che l’”effettiva conoscenza” sorga a seguito di una notification inviata all’intermediario, anche da parte del sin- golo soggetto che lamenta la lesione (ciò avviene nel più ampio contesto di una procedura di notice and take

down). Tale meccanismo è stato recuperato dalla Unione Europea, ma non in maniera pedissequa (si pensi alla

mancanza di una regolamentazione comune in materia di notificazione), creando non poche incertezze. Di fatto, l’auspicio della autorità europee era quello di un intervento statale volto a colmare le lacune, tuttavia la maggior parte degli Stati si è limitata ad un recepimento pedissequo della direttiva.

In simili circostanze, il Conseil constitutionnel francese ha preferito intervenire per abrogare la norma della legge 719/2000 che recepiva il disposto dell'art. 14 della Direttiva 2000/31/CE, ma solo nella parte in cui si ricono- sceva la responsabilità (anche penale) del provider nell’ipotesi in cui non si fosse attivato ai fini della rimozione o blocco di un contenuto illecito immesso sui suoi server da un terzo a seguito di richieste in tal senso perve- nuti dai presunti soggetti lesi. È stato delineato così un regime di responsabilità successiva solo ad una notifica qualificata effettuata dall’autorità giudiziaria.

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sarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illegalità dell’attività o dell’informazione, o b) non appena al corrente di tali fatti, agisca immediata- mente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso154. Ai sensi della norma appena citata, il provider viene quindi alleggerito da alcune responsabilità. Le condizioni che conducono a tale circostanza, tuttavia, risultano esser ben diverse da quelle di cui all’art. 12. A tal riguardo assume importanza la tesi secondo cui nel servizio di hosting, a differenza di quello di mere conduit, si verificherebbe una forma di comunicazione «indifferenziata» perché diretta ad una cerchia indeterminata di soggetti e «pubblica», perché destinata ad una molti- tudine potenzialmente illimitata155. Ciò comporta una differenziazione anche per quanto ri- guarda il grado di coinvolgimento con l’informazione immessa in rete. Nello specifico, nel caso dell’access provider, il grado di coinvolgimento è pressoché nullo, esaurendosi il rapporto con l’informazione al momento stesso della veicolazione156. Nel servizio di hosting, invece, il

Tale orientamento è sembrato esser stato seguito anche nel nostro ordinamento: in tal senso assume rilievo un’ordinanza del tribunale di Firenze (Trib. Firenze, 25 maggio 2012, n. 14420, in leggioggi.it, disponibile all’URL: https://www.leggioggi.it/wp-content/uploads/2012/06/5118693.pdf). Con essa si è stabilito che l’effettiva conoscenza dell'illiceità dei dati trasmessi dall'hosting provider attraverso i suoi servizi ricorre solo qua- lora un organo competente abbia effettuato una valutazione in questi termini ovvero abbia ordinato la rimo- zione o la disabilitazione all'accesso alle informazioni diffuse in violazione della legge. Si è precisato, infine, che la conoscenza effettiva dell’illiceità dei contenuti non possa «essere desunta neppure dal contenuto delle diffide di parte, trattandosi di prospettazioni unilaterali», ed occorre appunto una notification qualificata. D'al- tronde si ritiene che nel nostro ordinamento solo l'autorità giudiziaria sia competente a stabilire l'illiceità di un contenuto, e tale valutazione non può essere demandata ad un privato(si veda B. SAETTA, Responsabilità del

motore di ricerca e consapevolezza dell'illiceità dei contenuti, in brunosaetta.it, sez. Internet e Diritto, 13 luglio 2012, re-

peribile all’URL: https://brunosaetta.it/responsabilita-provider/responsabilita-del-motore-di-ricerca-e- consapevolezza-dellilliceita-dei-contenuti.html). Per un approfondimento relativo alla situazione italiana veda anche quanto affermato in nota 286 ed in nota 320; per uno sguardo sui diversi orientamenti giurisprudenziali nazionali si rimanda al par. 4.2.2.2. di questo capitolo.

154 La norma riprende pedissequamente la sezione 512 (c)(1)(A) del DMCA e così le nozioni di actual e red flag knowledge; tuttavia la trasposizione diretta di questa disciplina nel contesto comunitario non è stata in grado di

garantire i risultati di efficienza sperati. Ciò è dovuto in sostanza alle diverse condizioni a cui tale previsione si trova ad operare: negli USA, l’approccio verticale del DMCA, diretto a sanzionare solo le violazioni di copyright consente di individuare uno standard interpretativo omogeneo; a ciò si aggiunge l’operatività del principio di

common law dello stare decisis che garantisce una certa uniformità nelle decisioni delle corti. Negli Stati Uniti,

quindi, la l’imprecisione terminologica trova bilanciamento nella presenza di uno standard interpretativo. Lo stesso non si può dire con riguardo alla situazione Europea, in cui la vaghezza lessicale ( si peni all’espressione «esser al corrente di» e «manifesta illiceità» di cui all’articolo 14, comma 1, lett. a): "the provider does not have ac-

tual knowledge of illegal activity or information and, as regards claims for damages, is not aware of facts or circumstances from which the illegal activity or information is apparent") rappresenta un rischio per l’armonizzazione delle legislazioni

nazionali e per le sorti degli stessi providers. Si veda R. IMPERADORI, La responsabilità dell’Internet Service Provider

per violazione del diritto d’autore: un’analisi comparata, in Trento Law and Technology Research Group, Student Paper n. 21,

2014, p. 67, consultabile all’URL:

http://eprints.biblio.unitn.it/4377/1/LT_Student_Papers_Imperadori_21.pdf. 155 G. CASSANO, Il diritto dell’Internet, Milano, 2005, pp. 349 ss.

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grado di coinvolgimento è maggiore, poiché il provider ospita a lungo l’informazione e quin- di ha potere di intervento sulla stessa dal momento della sua immissione sino a quello della sua cancellazione157.

Interessante risulta esser, inoltre, il terzo comma dell’art.14, il quale riconosce la pos- sibilità che i singoli Stati membri prevedano che sugli host providers incomba l’obbligo di im- pedire o di porre fine ad una violazione, previa richiesta dell’autorità amministrativa o giu- diziaria. È inoltre lasciata alla discrezionalità degli ordinamenti la possibilità di «definire procedure per la rimozione delle informazioni o la disabilitazione per l’accesso delle mede- sime». Tale previsione deve esser letta in combinato disposto con l’art. 15, il quale chiarisce che non debba esser previsto un obbligo generale di sorveglianza in capo agli intermedia- ri158.

Il quadro che ne risulta è quello di un intermediario sottratto ad un obbligo di moni- toraggio dei siti, ma gravato (laddove espressamente previsto) da quello di rimozione delle informazioni della cui illiceità abbia avuto conoscenza.