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La competenza autonoma e per connessione del Tribunale di Milano

Motivi della decisione

1. La competenza autonoma e per connessione del Tribunale di Milano

Nel corso del procedimento – invero, per la precisione, nella fase delle questioni preliminari – è stata posta la questione della competenza territoriale della A.G. di Milano, come competenza originaria ed autonoma. Premesso che – nell’ambito dei reati contestati a tutti gli imputati, nel presente procedimento ed in ragione del criterio di connessione sorretto dalla unicità del disegno criminoso – il ruolo “guida” deve essere assegnato al più grave reato di aggiotaggio (in particolare, con riferimento alla lettera A della imputazione, che è anche unico capo di aggiotaggio per il quale si addiviene a sentenza di condanna), con ordinanza datata 7 febbraio 2006, il Tribunale esplicitava le ragioni per le quali si doveva ritenere che detto reato fosse stato correttamente radicato in Milano. In questa sede, deve riaffermarsi il principio di diritto al tempo fatto proprio dal Tribunale*. In particolare, si ritiene che – ove la diffusione di notizie avvenga attraverso la comunicazione delle stesse alla autorità di borsa (con contestuale invio a Consob), ai sensi dell’articolo 66, regolamento Consob 11971/99 – la divulgazione al pubblico, che consuma il reato di aggiotaggio, abbia luogo solo mediante il contributo ultimo della stessa società di gestione del mercato, dal cui server (Network Information System - NIS) il comunicato viene posto

* Avendo altresì presente che la giurisprudenza di legittimità e merito si è ormai attestata sulla ricostruzione del reato di aggiotaggio come reato di condotta, considerazione che non richiede approfondimento ulteriore, non avendo diretta incidenza sulla decisione in tema di competenze

a disposizione della generalità indistinta degli investitori1. A tal proposito, si deve tenere presente che la condotta costituente il delitto di aggiotaggio consta dalla propalazione, ad un numero indefinito di soggetti, di notizie concretamente idonee a realizzare il pericolo di alterazione del prezzo degli strumenti finanziari. Dunque, pare idonea a consumare il reato solo una condotta che possegga dette caratteristiche; condizione che non sembra potersi dire soddisfatta dal mero invio – da qualunque luogo avvenga – di un comunicato, da parte della società emittente, ai soggetti indicati dal detto articolo 66. Ed infatti, l’inoltro della comunicazione alla Borsa Italiana non innesca una serie automatica e senza controllo, che esita sempre e comunque nella esternalizzazione del contenuto informativo trasmesso, ma rappresenta solo l’avvio di una serie procedimentale, nel corso della quale possono operare interventi (ad. es. articolo 2.7.1 del Regolamento dei Mercati Organizzati e Gestiti da Borsa Italiana s.p.a.) che conducono alla posticipazione, ovvero al blocco della comunicazione per ragioni di vigilanza. Tanto è vero che il citato articolo 2.7.1, comma 3, recita che l’emittente può considerare pubblico il comunicato “non appena abbia ricevuto, attraverso il NIS, della sua avvenuta ricezione da parte di almeno due agenzie di stampa”.

Allo stesso modo, ove per una qualsiasi ragione il comunicato, pur inviato a Borsa Italiana, non dovesse poi essere portato a conoscenza del pubblico, giammai potrebbe dirsi integrato il reato di aggiotaggio, mancando la condotta stessa di divulgazione.

Dunque, parrebbe veramente singolare ancorare la competenza territoriale ad un comportamento che non integra ancora la condotta criminosa, che potrebbe non integrarla mai e che non è tale da consentire alla società emittente di considerare pubblico, ad ogni effetto di legge, il comunicato in questione.

Il Tribunale ben conosce che la prospettazione sopra riferita è stata contraddetta dal decreto del Procuratore Generale della Cassazione n. 144/06. Peraltro, non solo la decisione della Procura Generale presso la Cassazione non può essere condivisa per le ragioni sopra esposte, ma la attenta lettura della giurisprudenza in materia di divulgazione di materiale pedo-pornografico, utilizzata proprio in detto decreto come argomento a sostegno della tesi contraria a quella qui sostenuta, pare invece confermare quanto detto. In particolare, è assolutamente condivisibile il principio per cui “in riferimento all'ipotesi delittuosa di distribuzione, divulgazione o pubblicizzazione, anche per via telematica, di materiale pedo-pornografico, previsto dall'art. 600-ter, comma terzo, cod. pen., il luogo di consumazione del reato coincide con il luogo nel quale è stato digitato il comando di invio delle foto per via internet. Tale momento corrisponde, infatti, al momento di perfezionamento della fattispecie, ossia all'immissione nella rete del materiale fotografico illecito, a disposizione dei potenziali destinatari” (Cass., 2.12.2004, n. 8296). La Suprema Corte pone, dunque, quale discrimine fattuale per il perfezionamento della fattispecie di cui all’articolo 600-ter,

1 Borsa Italiana, mediante il NIS, cura la diffusione al pubblico dei comunicati ricevuti attraverso l’invio degli stessi alle agenzie di stampa collegate al sistema, nonché attraverso la pubblicazione di un Avviso di Borsa Italiana s.p.a.

comma 3° c.p., la circostanza che il materiale pedo-pronografico sia posto nella disponibilità di chiunque vi voglia accedere, attraverso la sua collocazione virtuale in una rete pubblica. Ed allora, è proprio sulla base dello stesso principio che si deve affermare la insufficienza dell’invio del comunicato a Borsa Italiana, in quanto ciò – a differenza della immissione di un qualsiasi materiale sulla rete Internet – non pone lo stesso a disposizione dei potenziali destinatari.

Queste considerazioni in diritto – svolte al tempo delle questioni preliminari e sulla base di una conoscenza evidentemente minima dei fatti di causa – si rivelano, peraltro, del tutto superflue alla luce dalla istruttoria dibattimentale, la quale ha dimostrato inoppugnabilmente come la gestione ultima della comunicazione al mercato, da parte del gruppo Parmalat, avvenisse esattamente in Milano. In particolare, Tonna – che su aspetti organizzativi di questo genere non ha nessun interesse a mentire – ha spiegato che la informativa al mercato e all’autorità di vigilanza veniva gestita presso la Parmalat Finanziaria s.p.a., che aveva notoriamente sede in Milano. In particolare, il comunicato stampa veniva redatto dal direttore generale di Parfin che era Petrucci, ovvero dalla responsabile dei rapporti con il mercato, che era Irene Cervellera. Dopodiché, la bozza veniva trasmessa a Collecchio, per la approvazione dello stesso Tonna o di Tanzi, e restituita a Milano, per la divulgazione al pubblico.

Questo percorso è stato ribadito e specificato dalla teste Cervellera, che – come visto – della comunicazione era responsabile diretta. La Cervellera ha detto che la divulgazione di comunicati stampa – sia relativamente alla comunicazione periodica che in occasione di eventi di rilievo – aveva luogo in Milano, dalla Parmalat Finanziaria. Segnatamente, la testimone – esattamente come detto da Tonna – ha riferito che era Petrucci a preparare la prima bozza di comunicato. Questa bozza veniva – poi – rivista dalla stessa Cervellera e dal responsabile dell’ufficio stampa Gian Guido Oliva (i quali, ad esempio, potevano integrare dati, numeri.. o fornire suggerimenti vari); quindi la bozza veniva trasmessa a Collecchio, ove ne prendevano sempre visione Tonna e Tanzi, ed infine restituita alla stessa Parfin per la diffusione al pubblico (non senza che prima la stessa Cervellera desse un ultimo sguardo). In ultimo, lo stesso commissario Bondi, ha riferito che tutta la comunicazione al mercato passava dalla Parfin e che, come da lui stesso direttamente osservato, i comunicati venivano gestiti da Petrucci ed emessi attraverso Parfin.

In conclusione, è da Milano che avviene l’inoltro del comunicato alla borsa.

La difesa Tanzi ha, inoltre, ribadito la richiesta di trasmissione degli atti alla A.G di Parma, individuata come competente per connessione ex articolo 12, lett. b, c.p.p. (in relazione alla identità del disegno criminoso), ovvero per assorbimento dei reati per cui si procede in questa sede in quelli più gravi perseguiti dal Tribunale emiliano. Premesso che sulla questione dell’assorbimento si dirà più diffusamente nella prosecuzione della motivazione, va ribadito che sulla questione della connessione si deve senza dubbio confermare quanto

già statuito con ordinanza del 7 febbraio 2006. In particolare, non sussistono ragioni di modificare dette determinazioni per le seguenti ragioni:

- la operatività del criterio di competenza per connessione venne esclusa, nella fase preliminare del dibattimento – deputata, come noto, al vaglio ultimo della competenza territoriale – (tra le altre ragioni) per il fatto che il procedimento di Parma si trovava, a quell’epoca, nello stato delle indagini preliminari. Oggi, la difesa di Tanzi vorrebbe la questione rivalutata in ragione del fatto che, in questi due anni e mezzo, la A.G. di Parma ha fatto progressi, facendo pervenire il procedimento ivi pendente al dibattimento.

Ora, la tematica della competenza per territorio è stata valutata in modo definitivo al momento della trattazione delle questioni preliminari. Gli intervenuti mutamenti, nello stato e fase del procedimento che dovrebbe esercitare forza attrattiva, non possono più incidere sul presente giudizio, pena la violazione del principio della perpetuatio iurisdictionis. A tal proposito, si è affermato che “in tema di competenza, il vincolo tra i reati, determinato dalla competenza per connessione, costituisce criterio originario ed autonomo di attribuzione di competenza indipendentemente dalla contemporanea pendenza dei relativi procedimenti: ne deriva che la competenza così radicatasi resta invariata per tutto il corso del processo - per il principio della "perpetuatio iurisdictionis" - anche nel caso di separazione della posizione del coimputato accusato dei reati che, in conseguenza del ritenuto vincolo di connessione, avevano determinato la competenza anche per gli altri coimputati” (Cass., 30.4.1996, n. 6754). Il principio statuito con riferimento alla permanente operatività dell’articolo 16 c.p.p. ove, nel corso del giudizio, ne vengano meno i presupposti, deve valere anche a contrario: quando si sia originariamente esclusa la sussistenza delle condizioni per lo spostamento territoriale del procedimento che si vuole connesso, si determina il radicamento definitivo della competenza secondo il criterio ordinario dell’articolo 8 c.p.p.;

- l’accoglimento della richiesta della difesa Tanzi porterebbe ad esiti irrazionali ed in contrasto con la ratio stessa della disciplina della competenza territoriale per connessione, che è quella di consentire il simultaneus processus (Cass., 25.2.1993, n. 3939). Il presente processo è nella fase della discussione finale, mentre in quello di Parma non si è neppure iniziata la istruttoria dibattimentale (la quale si preannuncia estremamente lunga e complessa). Quindi, la riunione del presente giudizio a quello indicato, comporterebbe la perdita di oltre due anni di attività processuale e la regressione del giudizio stesso ad una fase processuale anteriore a quella in cui è già pervenuto. In una parola, non sussiste tutt’ora quella condizione di identità di fase, che la giurisprudenza (già citata con la ordinanza dibattimentale) ritiene imprescindibile per la applicazione dell’articolo 16 c.p.p.;

- rimane, infine, il fatto che per tre degli imputati nell’attuale giudizio – e cioè Sala, Luzi e Moncada – le cui posizioni sono state trattare separatamente dalla A.G. di Parma, non si è ancora giunti al dibattimento. In una parola, gli stessi non sono presenti nel giudizio di Parma al quale la difesa Tanzi vorrebbe riunire quello qui radicato. Ciò contrasta con il

principio sistematicamente ribadito dalla Suprema Corte, per cui “l'ipotesi di connessione oggettiva ai sensi dell' art. 12 lettera b) cod. proc. pen., fondata sulla astratta configurabilità del vincolo della continuazione ex articolo 81, comma secondo, cod. pen.

fra distinte fattispecie di reato, determina lo spostamento della competenza per connessione, sia per materia che per territorio, solo se l'episodio in continuazione riguardi tutti gli imputati, giacché l'interesse di un imputato alla trattazione unitaria dei fatti in continuazione non può pregiudicare quello del coimputato in uno di quei fatti a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza, sicché, in tal caso, il vincolo della continuazione produce i suoi effetti solo sul piano sostanziale, ai fini della determinazione della pena” (Cass., 7.11.2006, n. 11963).