Motivi della decisione
10. La tematica del codice Preda: amministratori indipendenti e comitato di controllo interno
10.1 Gli indipendenti e i requisiti di indipendenza
Va affrontata in primo luogo la questione della reale “indipendenza” degli imputati;
questione che non va valutata a “sensazioni soggettive”, tenuto conto dei valorizzati rapporti personali o economici intrattenuti o supposti da parte di Barachini, Silingardi e Sciumè con Tanzi o società varie (che si vedranno trattando le singole posizioni per la diversa valenza che, ad avviso del Tribunale, hanno ), bensì a tenore della corrispondenza o meno ai requisiti richiesti dal Codice Preda.
L’accusa sostiene che Barachini, Sciumè e Silingardi non potevano fregiarsi della qualifica di “indipendenti”.
L’accusa stessa ha offerto una ricostruzione storico-funzionale e soprattutto cronologica della figura degli indipendenti, attenzionata dagli studiosi con impegno via via crescente in conseguenza di eventi di default particolarmente devastanti per il mercato e soprattutto per i risparmiatori.
Ha ricordato il PM la genesi storica dell’inserimento della figura degli indipendenti nella governance societaria negli Stati Uniti, dopo gli scandali finanziari degli anni settanta, e del ruolo ivi pensato per loro, in una realtà economica di società a capitale diffuso, con attribuzione di funzioni di controllo dei managers esecutivi e con la finalità di scongiurare il pericolo che questi operassero “pro domo sua”, in conflitto di interessi con la società e gli azionisti.
La figura è stata poi importata in Italia, alla fine degli anni ‘90, con analoga funzione di controllo sugli esecutivi, qui però emanazione diretta della proprietà. Quindi, si potrebbe dire, allo scopo – in tal caso – di controllare che gli esecutivi non privilegino l’interesse dell’azionista di maggioranza, rispetto a quello della società in quanto tale, soprattutto con riferimento a possibili interessi della proprietà nella gestione societaria, confliggente con l’interesse economico effettivo dei soci di minoranza, dei creditori e in particolare dei terzi investitori e risparmiatori.
L’ “indipendente” è così tratteggiato nel codice Preda del 1999 202, ( idem nella versione del 2002 che si limita a prevedere la maggioranza degli indipendenti nel Comitato di Controllo interno): “amministratori non esecutivi che non trattengono direttamente, indirettamente o per conto di terzi né hanno intrattenuto di recente relazioni economiche
202 Il Codice di Autodisciplina è stato emanato la prima volta nell’ottobre 1999 ad opera del Comitato per la corporate governance delle sociatà quotate istituito da Borsa Italiana s.p.a. quale fonte di principi e tecniche di corretta organizzazione societaria, ed è stato rafforzato a più riprese da Borsa Italiana s.p.a. Nel marzo 2000 il nuovo Regolamento della borsa nazionale ha imposto a tutte le società richiedenti la quotazione di confrontare il proprio modello di governo societario con le raccomandazioni proposte dal Codice . Successivamente, con la Raccomandazione per la compilazione della relazione annuale sulla corporate governance emanata il 28/2/02 veniva richiesto alle società quotate di fornire una specifica informativa ai soci (resa poi pubblica da Borsa Italiana) in merito alla struttura di corporate governance adottata, con particolare riferimento all’adesione ai principi sanciti dal codice. Ai consigli di amministrazione delle società che non avessero fatto proprie le raccomandazioni ivi previste, Borsa Italiana s.p.a ha chiesto di specificare le motivazioni sottostanti al mancato adeguamento, sulla base della regola generale del comply or explain . La Raccomandazione è stata tradotta in Regolamento dall’1 luglio 2002. Nel presente procedimento interessano le versione originaria del Codice di autodisciplina del 1999 e quella del 2002.
Il codice di Autodisciplina del 1999 qualificava l’indipendenza con definizione in negativo del requisito; mentre solo successivamente e cioè nel 2005, previsioni più rigorose comprendenti un più variegato ambito di rapporti e di situazioni, venivano indicate dalla Raccomandazione della Commissione UE e riprese dalla versione 2006 del Codice di Autodisciplina.
con la società, con le sue controllate, con gli amministratori esecutivi, con l’azionista o gruppi di azionisti che controllano la società, di rilevanza tale da condizionarne l’autonomia”.
Il PM ha sottolineato l’attenzione crescente a questa figura, anche da parte della Commissione Europea, che con la direttiva n. 162 del 2005 richiedeva per gli indipendenti la “libertà da relazioni professionali, famigliari o di altro genere con la società, il suo azionista di controllo o con i dirigenti che creino un conflitto di interesse tali da poter influenzare il suo giudizio”.
Ben comprende il Tribunale come si auspichi oggi una valutazione di “indipendenza” in termini più pregnanti, in una rivisitazione del ruolo degli indipendenti da renderla funzionale a meglio prevenire eventi come quello per cui è processo; soprattutto ad esperienza Parmalat già consumata, in termini di “scandalo” di portata e risonanza multinazionale. Ma si tratta, ad avviso del Tribunale, di altra forma di declinazione del
“senno di poi” che porta a fa rifluire nel passato non solo normative posteriori, ma anche una interpretazione “sensibile” del ruolo degli indipendenti, che viene valutato inadeguato per gli allora amministratori non esecutivi ed indipendenti sotto lo specifico ed unico profilo delle minime e comunque irrilevanti relazioni economiche.
La negativa di “indipendenza” a carico degli imputati è funzionale a rappresentarli, sotto il profilo soggettivo, quali correi tipo, inaffidabili per definizione, visto che già si sarebbero attribuiti (o hanno accettato che fosse loro pubblicamente attribuita) una qualificazione di indipendenza non corrispondente a quanto previsto dal codice di autodisciplina che essi stessi avevano concorso ad adottare.
Il che non è obiettivamente .
Nel processo si ha a che fare con tre persone che hanno sostenuto e rivendicato la propria
“indipendenza” (che – ontologicamente – è sicuramente un atteggiamento interiore, ma che, sul piano giuridico, va parametrata esclusivamente ai requisiti richiesti da fonte normativa) nei termini di cui al codice di Autodisciplina che, come si è visto, struttura la qualifica di indipendente in quanto soggetto che non intrattenga o abbia intrattenuto di recente determinate relazioni economiche, tali da condizionare la sua libertà di giudizio. Quindi solo ed esclusivamente il codice di Autodisciplina è il parametro per valutare la indipendenza di cui si sta parlando.
Orbene, l’accusa ha letteralmente declamato – in tale senso – la esistenza di rapporti economici intercorsi tra gli imputati e la famiglia Tanzi, ma non ha, per converso, nemmeno prospettato una prova di valore quantitativo, relativo a suddetti rapporti, che valesse ad escludere l’indipendenza di neanche uno di questi amministratori. In particolare, la accusa ha solo accennato a incontestati rapporti professionali riferibili a Silingardi.
Mentre non sono stati forniti elementi quantitativi di valenza probatoria per definire altrimenti che “indifferente” il valore dei rapporti economici intrattenuti da Sciumè con l’area di interesse “Tanzi”; analogamente, nulla è stato seriamente comprovato per
Barachini, che ha negato di avere intrattenuto rapporti economici e di avere ricevuto compensi di sorta in relazione ad un suo intervento finalizzato ad un finanziamento bancario a Tanzi203 (e il problema di mancanza di prova contraria alle affermazioni di Barachini se l’è posto correttamente lo stesso P.M requirente204).
Per contro, l’argomento delle relazioni economiche è stato ovviamente attenzionato dalla difesa Silingardi (nei cui confronti la mancanza di indipendenza è stata particolarmente enfatizzata) che ha calcolato e riferito – non smentita da prova contraria – un valore delle prestazioni effettuate dallo stesso Silingardi per le tre società di cui si dirà e per altre consulenze pari a meno del 3% dell’intero fatturato dello studio del medesimo. Quindi un valore inadeguato ad attribuire al medesimo un interesse economico al mantenimento dell’operatività di Parfin e del suo conseguente ruolo, tale da condizionare la sua libertà di giudizio e indurlo a farsi complice di Tanzi.
Quindi conclusivamente gli imputati, non esecutivi, rispondevano anche ai requisiti di
“indipendenza” in allora elaborati e richiesti dal Codice di Autodisciplina adottato da Parfin, non essendo stata dimostrata la esistenza – in capo ai medesimi – di relazione economiche di rilevanza tale da condizionarne l’autonomia. Altra cosa è discutere sul fatto che i requisiti posti dal codice Preda non apparivano così tanto stringenti; ma di ciò non si può certo fare una colpa agli imputati.
Mentre il PM ha compiuto una evidente inversione logica, desumendo sostanzialmente la non indipendenza dal fatto che i tre imputati sarebbero stati corresponsabili del crack; il che invece avrebbe dovuto essere il punto di arrivare del processo probatorio.
10.2 Il contenuto della posizione di garanzia per gli esecutivi non indipendenti nel