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Motivi della decisione

12. Il fondo Epicurum

In altra parte della motivazione si è già dato contezza di tale fasullo “investimento” di liquidità inesistente.

In questa sede importa esaminare i comportamenti dei non esecutivi indipendenti a fronte delle informazioni loro pervenute sia in Consiglio di Amministrazione, sia dal ripreso intervento Consob a partire dalla intervenuta riserva della società di revisione D & T, nella relazione di revisione al bilancio 2003.

Anche rispetto al Fondo Epicurum la comunicazione societaria è avvenuta in termini falsificati e l’aggiotaggio contestato agli imputati riguarda anche tutti i comunicati di Parfin che tentavano di tranquillizzare il mercato con informazioni farlocche, financo culminate in una vera e propria strategia intimidatoria-truffaldina messa in piedi dall’avvocato (e originario coimputato Zini) Zini.

Col senno di poi, chiarito e ricostruito quale fosse la effettiva realtà del Fondo Epicurum e dell’investimento in tale fondo presentato come molto conveniente e che invece ha segnato l’inizio della fine del gruppo Parmalat, la domanda che ha percorso l’istruttoria dibattimentale pertinente le posizioni degli imputati in questione è stata come hanno potuto gli indipendenti non capire, visto l’andamento delle vicende relative alla mancata liquidazione del fondo, che queste attestavano la inesistenza della liquidità appostata in bilancio consolidato Parfin: o comunque che la società era in condizioni di indebitamento ben superiore a quello esposto.

Prescindendo dal già tanto menzionato postulato originario che la posizione stessa di componenti del Consiglio di Amministrazione Parfin costituisse prova della complicità necessaria degli imputati in tutti i reati contestati a Tanzi & company, valuta il Collegio che anche la vicenda del Fondo Epicurum debba essere esaminata nell’ottica propria di eventuale segnale di anormalità per i consiglieri deleganti non esecutivi, tale da attestare una intervenuta conoscenza – o percezione da parte loro – della falsità delle informazioni a loro pervenute, (così come alla Consob fornite) e trasfuse nei comunicati-stampa.

Anche in questo caso la valutazione è negativa.

Ed intanto: può condividersi la rivendicazione di Consob del merito di avere, con il suo intervento attivo di vigilanza nel 2003 – in particolare dal luglio –, tallonando incessantemente Parmalat con richieste di spiegazioni e inviti ad una correlata specifica comunicazione al mercato, attivato il meccanismo che alla fine ha fatto venire al pettine il nodo della liquidità fasulla.

Anche se altrettanto vero è che nonostante tale attivazione non è stato né impedito il default né diminuita l’entità dello stesso.

Giacchè occorre prendere atto che Tanzi & company hanno posto in essere tali e tanto sofisticati artifici e raggiri , di tale valenza ingannevole che nessuno, neanche Consob, ed il suo staff di esperti analististi ha mai avuto evidenza, prima del conclamato default, che i dati di bilancio, a maggior ragione dopo la sua approfondita disamina fossero falsi o in punto di liquidità o in punto di indebitamento.

Non si comprende proprio come dagli stessi eventi di cui era informata Consob con il potere di intervenire come è intervenuta, verificando anche le carte di lavoro delle società di revisione, Barachini, Silingardi e Sciumè, che avevano solo il dovere e il potere di fare domande – e può ripetersi con il riscontro della deposizione Martellini, non il dovere di farne di inutili né di essere naturalmente dotati di chiaroveggenza – si possa ipotizzare una percezione da parte loro dello stato effettivo del gruppo non coincidente con quanto esposto e comunicato.

Neppure è prospettabile una conoscibilità – giacchè questo è in realtà lo schema della prospettazione accusatoria – della inesistenza della liquidità o di un debito di gran lunga superiore, con conseguente percezione che avveniva sistematicamente una diffusione di informazioni false al mercato. E anche la prospettazione di dolo eventuale non è appropriata . Il contesto era tale che, se davvero gli imputati avessero percepito la mancanza totale o parziale della liquidità, il non attivamento da parte loro nell’impedire l’evento – anche se avessero fatto mille domande – necessariamente avrebbe attestato un dolo diretto.

Può anche ammettersi che la formula “potevano sapere” fosse prospettabile come ipotesi investigativa, ma allora avrebbe dovuto attivarsi un ambito di indagine per acquisire prove a livello di precisa informazione pervenuta in altro modo ai non esecutivi, che è data per

presupposta, facendo ultra valere nei loro confronti eventi conosciuti in dettaglio sicuramente da altri ruoli.

Quanto in specifico al fondo Epicurum, Consob l’aveva già visto da un pezzo e non si era fatta colpire dal nome, né dalla circostanza che si trattava di un fondo da 7 miliardi di dollari, né che quell’investimento si poneva in contrasto con la strategia di impiego della liquidità almeno per euro 900 M/l che Ferraris aveva indicato al mercato per ridurre l’indebitamento. Tutte circostanze contestate ai non esecutivi.

Consob aveva fatto domande e aveva ricevuto risposte documentate con la contrattualistica e la documentazione relativa a tale operazione, callido tentativo – col senno di poi – di Tanzi e Tonna di tirare ancora avanti con la chimera di un investimento di liquidità talmente redditizia da convincere chiunque della bontà della strategia del gruppo, conditio sine qua non per continuare ad operare fraudolentemente.

Si è già visto come l’istruttoria Consob sia stata chiusa formalmente a fine ottobre 2003, già avendo evidenza dell’investimento del fondo Epicurum che era stato appostato nel bilancio dell’esercizio 2002 per la prima volta e riportato nella semestrale.

Infatti il 3 ottobre 2003 Consob aveva chiesto informazioni relative ai criteri utilizzati per la valutazione del Fondo Epicurum al 30.6.03 e Parfin – sempre in persona di Del Soldato – aveva risposto già il 7 ottobre, precisando che il titolo Epicurum era iscritto a bilancio nei conti semestrali al 30.6.03 ad un valore pari al subscription price (criterio riconducibile al costo) alla data di riferimento, con trascrizione di “definizioni” da cui arguire la natura mutualistica di fondo aperto che consentiva l’uscita a richiesta del socio con conseguente riduzione del capitale.216

Il 31 ottobre Consob reinterviene sul Fondo Epicurum quando tale operazione era stata portata alla ribalta da un evento unico nella storia del gruppo Parmalat: una relazione

“limitata” rilasciata da D&T sulla semestrale del gruppo, con riferimento al valore di iscrizione del fondo di 504 mln di euro, rilevando la società di revisione di non disporre di elementi a supporto della corretta esposizione di tali attività finanziarie e degli effetti delle operazioni effettuate dal fondo nel periodo nonché di non essere in grado di confermare, con riferimento ad un’altra operazione di una società del gruppo, che nel marzo 2003 aveva stipulato uno swap valutario con Epicurum, la correttezza della contabilizzazione

216 In tale testo di informazioni sono indicati anche i bonds del luglio: Nextra, Ubs, e Deutsche Bank, che in tesi d’accusa non sarebbero stati oggetto di tempestiva comunicazione di informazione price sensitive e che vanno a comporre il debito della semestrale al 30.6.03; bond che sono stati oggetto di contestazione agli indipendenti e su cui Consob non ha avuto niente da ridire a Parfin sul contrasto di strategia rispetto a quanto comunicato in precedenza.

Vi sono anche i titoli, tra cui Epicurum, iscritti nell’attivo circolante con tanto di documentazione e Consob non rileva e non denuncia una omessa prima informativa societaria né chiede spiegazioni su da dove vengano i titoli confluiti nel fondo. Singolare è anche che Consob sa degli investimenti in titoli privi di rating, come si è visto nella relazione finale dell’istruttoria e non denuncia Parfin per diffusione di falsa informazione al mercato.

dell’incasso iniziale per circa 45 mln di $ accreditato al conto economico del semestre al 30.6.03.

In particolare la Commissione chiedeva a Parfin di specificare anche nel comunicato conseguente alla relazione trimestrale al 30.9.03 – accettandone l’inserimento nella voce attivo non immobilizzato – a proposito del Fondo Epicurum l’importo dell’investimento, le strategie alla base dello stesso (indicando il rendimento atteso e la durata prospettica dello stesso) la situazione patrimoniale del fondo, i criteri di valutazione in bilancio nonché informazioni in ordine alla liquidabilità delle quote.

Parfin con i Comunicati del 10 e 11 novembre forniva tutte le specificazioni richieste – ovviamente tutte false – e continuava a smentire l’esistenza di un presunto “nodo della liquidità”.

Intanto il 7 novembre, verosimilmente vista la situazione determinatasi proprio in relazione al Fondo Epicurum, il presidente del Comitato di Controllo interno di Parfin, Silingardi convocava una riunione di siffatto organo che si poneva operativamente come organo di controllo, almeno a livello di approfondimento informativo, di quanto verificato direttamente dal sostanziale controllo dagli esecutivi in Parmalat s.p.a.217

Una iniziativa naturale visto che come già riferito in altra parte motiva la riserva di Deloitte aveva comprensibilmente concentrato i rumors della stampa su questa operazione di investimento della liquidità, di cui si leggeva che la società di revisione non era in grado di

217 Ne ha parlato ampiamente Silingardi in particolare nel suo esame in verb trasc. ud. 19.6.08, rimarcando che si trattava di un organismo di recente conio in allora – istituito in effetti solo il 15.5.01 – sconosciuto ai più - di tutt’altro che comune adozione da parte delle società quotate – su cui egli si interrogava in punto di modalità operative e competenze del medesimo, cercando di realizzare un controllo il più ampio possibile con convocazioni ripetute ben oltre il numero previsto dal Codice di autodisciplina, tenuto presente anche di quella che era la struttura del Consiglio Parfin.

Tanto che quando il codice Preda versione 2002 previde la maggioranza di composizione da parte di consiglieri indipendenti, si valutò di aderirvi in prospettiva futura attesa la prossima scadenza dell’intero comitato costituito il 15.5.01 come si dà atto nell’assemblea 8.5.03 in cui si spiega il motivo per cui si riteneva di mantenere la composizione originaria fino alla scadenza dell’organismo e cioè fino alla approvazione del bilancio che chiuderà il 31 dicembre 2003.

Considerazioni che il Tribunale valuta di tutta ragionevolezza anche alla luce delle prospettazioni difensive sul tema del Comitato di Controllo interno ( cfr. memoria difensiva Silingardi che dedica un intero capitolo riassuntivo in contrapposizione fondata – e condivisibile-ai rilievi dell’accusa.) considerando la normativa del codice preda, il fatto che non vi era nulla di normativamente cogente trattandosi di adesione volontaria ad una best practice proposta peraltro in prospettiva di comparazione tra il modello di governance proposto dal codice e la struttura amministrativa liberamente prevista in termini statutari dalle società, secondo il criterio cd. del comply or explain . Valuta altresì il Tribunale che l’enfasi accusatoria su tale tematica – esibita con impegno degno di miglior causa e di ben altri soggetti responsabili certi del default, usciti per strategia inquirente con pene irrisorie, già oggetto di indulto – nasca da un riflusso di approfondimenti valutativi ex post da cui è nata la già citata indicazione del TUF novellato, non a caso solo dopo la ricostruzione delle modalità operative del default Parmalat.

certificarne il valore e il cui incremento rappresentava la ragionevolezza economica del medesimo.

Il verbale di tale riunione recita sinteticamente come il solito (e la deposizione Martellini docet sulla non affidabilità della forma di verbalizzazione ): “Dopo una disamina di quanto esposto dal dr. Del Soldato e dal dr. Brughera interviene ripetutamente il dr. Silingardi per chiedere chiarimenti e ulteriori precisazioni” .

Silingardi – non smentibile dal testo sopra detto, il quale anzi conferma una appropriata

“voce fuori dal coro” nell’ambito di quella riunione – ha riferito di aver chiamato Del Soldato a riferire sulla questione del fondo in relazione alla riserva di Deloitte: Del Soldato aveva fatto una lunga relazione confermando che il Fondo Epicurum amministrava 7 miliardi di capitale, che l’andamento dell’investimento era molto buono e che il problema era solo che bisognava aspettare il bilancio di Epicurum, che serviva alla società di revisione per certificare il valore dell’investimento.

Silingardi aveva invece chiesto di liquidare il fondo, visto che quell’investimento danneggiava, la società il cui titolo stava subendo un tracollo per effetto indotto dalla riserva Deloitte.

Del Soldato si era dichiarato di parere contrario, suggerendo anzi di rimandare ogni decisione a quando si sarebbero acquisiti i dati per verificare il valore dello stesso: ovvero intorno all’aprile 2004 quando disponibile il bilancio di Epicurum e si sarebbe anche fatto il consolidato del gruppo al 31.12.03.

Silingardi aveva insistito sull’opportunità di liquidare il fondo e richiedere l’importo investito, pur ritenendo con ciò di porsi in aperto contrasto con Tanzi, di cui Del Soldato era a suo avviso la voce parlante perché a differenza di Ferraris era “uomo d’ordine”, ovvero soggetto che eseguiva gli ordini di Tanzi, nell’unica lettura possibile di tale espressione.

Sta di fatto che anche l’atteggiamento di Silingardi obbliga Parfin a prendere una posizione pubblica sulla vicenda.

Il comunicato stampa del 12 novembre, certo non richiesto da Consob, dà conto che Tanzi e gli altri componenti della cabina di regia (comunque i delegati a curare la comunicazione continua, come attesta indubitabilmente la cadenza ravvicinata dei comunicati, al di fuori del Consiglio) avevano trovato un ostacolo che sapevano non superabile per la natura sostanziale delle obiezioni sulle perdite del titolo, ed hanno dovuto fingere una prevalente considerazione della necessità di far cessare le turbolenze del mercato, inventandosi anche una difesa aggressiva, con riserva di fantomatici danni.

Così si legge nel comunicato: “Parmalat Finanziaria.. rappresenta di aver ricevuto nella notte ( tarda serata americana ) una formale comunicazione da parte del fondo aperto caimano Epicurum che lamentava con toni di preoccupazione e forte disappunto la grave situazione venutasi a creare in Italia e successivamente anche in altri paesi, in relazione e a seguito di taluni articoli di stampa e comunicati di varia fonte, anche di natura

finanziaria…. riservandosi di agire.. a tutela della propria immagine e degli interessi propri e dei propri investitori a titolo di risarcimento dei danni….A ragione di detta richiesta e della grave situazione strumentalmente ed immotivatamente creatasi a danno del Gruppo e del Fondo .. ha ritenuto di accettare la richiesta di liquidazione della propria quota ..che avrà luogo nei termini ed alle condizioni delle disposizioni statutarie del Fondo…entro quindici giorni a far data da oggi”.

Gli autori della colossale truffa Parmalat anche in questa occasione hanno dimostrato notevoli capacità di inganno, protestando manovre speculative sul titolo quando ben sapevano come stavano le cose. Insomma, diventata quasi Epicurum a chiedere a Parmalat di andarsene, facendo evidentemente perdere a questa gli ingenti guadagni che si prospettavano dall’investimento.

E valuta il Tribunale che il tenore delle informazioni che fornisce Tanzi, spalleggiato da Del Soldato nel consiglio straordinario convocato per il 14.11.03, comprovi proprio che Tanzi era di suo niente affatto intenzionato a liquidare la quota del Fondo Epicurum e che, trovandosi costretto a farlo, ha preteso che il “Consiglio” si assumesse la responsabilità di ratificare quella decisione, quasi di rivendicata competenza. Un consiglio dove sedeva Silingardi che in veste di Presidente del comitato di controllo aveva sostenuto che era interesse della società liquidare l’investimento.

Il verbale del Consiglio 14.11.03 dà conto della informazione che Tanzi fornisce al Consiglio così verbalizzata:

- si rende informazione in ordine alle recenti vicende legate ai comunicati stampa diffusi dalla società il 10/11/12 novembre e sull’anomalo andamento negativo dei prezzi e dei volumi degli strumenti finanziari emessi dal Gruppo Parmalat in relazione e a seguito di alcuni articoli di stampa e comunicati di varia fonte;

- si riconducono tali fatti alla relazione della società di revisione sulla revisione contabile limitata della relazione semestrale al 30.6.03, redatta il 31.10 ed in particolare all’investimento effettuato da Parmalat nel fondo Epicurum..che ha creato un ingiustificato allarmismo inserendo la frase “diversamente da quanto effettuato sul bilancio consolidato di fine esercizio non esprimiamo un giudizio professionale di revisione sulla relazione semestrale”. Tale frase è la medesima riportata nelle relazioni della società di revisione sulla revisione contabile limitata delle precedenti relazioni semestrali e viene inserita nel testo in ottemperanza a quanto raccomandato dalla Consob per il tipo di lavoro di revisione svolto dalla società di revisione;

- viene riportato il testo della relazione Deloitte, con riferimento all’assenza di un bilancio di periodo del Fondo Epicurum e il fatto che Deloitte ha chiesto una valutazione indipendente commissionata dalla stessa; in attesa della medesima la società di revisione non può confermare la correttezza della contabilizzazione dell’importo incassato nell’ambito dello swap valutario, contabilizzato da Parmalat (come informa Tanzi ) e valutato corretto da Grant Thorton in sede di procedura di revisione;

- si relaziona sulla presa di posizione del Fondo Epicurum come comunicato al mercato, chiedendo alla Parmalat di aderire alla richiesta di liquidare interamente il proprio investimento nel fondo;

- precisa poi Tanzi: Parmalat ha deciso, anticipando una scelta che doveva essere sottoposta all’approvazione del Consiglio nell’odierna riunione, di aderire alla raccomandazione e di liquidare la propria quota di partecipazione nel fondo.

Da sottolineare infine che in quel consiglio, Tanzi o meglio Del Soldato propone di revocare l’incarico di revisore principale a Deloitte per giusta causa e alla fine invece si delibera di dare mandato allo stesso Del Soldato di prendere ogni provvedimento per far assumere nuovamente alla società di revisione Deloitte il requisito di revisore principale del gruppo”, sostanzialmente – come ha detto Silingradi – dando a questa società l’incarico di revisionare Bonlat, la cui ultraoperatività nel periodo aveva invertito il rapporto tra revisore secondario – cioè Grant Thornton – e principale.

Il verbale come al solito tace; ma è credibile Silingardi quando dice di essersi lui opposto alla revoca dell’incarico, giacchè questa a suo avviso, rappresentava una pura ritorsione da parte di Tanzi nei confronti di Deloitte. Altro elemento di suo coerente con la tesi difensiva di Silingardi – come dei coimputati – che ancora a quella data ignorava “ le segrete cose”

del gruppo, e si comportava nell’interesse del medesimo e non in complicità adesiva al volere di Tanzi.

Quella di Tanzi è una recriminazione bella e buona, con tanto di proposito vendicativo finalizzato anche a tenersi stretta Grant Thornton, avendo verificato che Deloitte lo aveva messo nei guai, costringendolo a liquidare il fondo Epicurum. Questo evidentemente non era il pensiero di Silingardi, convinto di una realtà del gruppo quale attestata dai dati della trimestrale al 31.9.03 che proprio in quel consiglio si approvava, insieme ad una proposta di aumento di capitale, funzionale a ridurre lo squilibrio tra mezzi propri e indebitamento (iniziativa che Silingardi auspicava): quello squilibrio che era la sola fonte di attenzione da parte del “mercato” e origine degli attacchi della stampa specializzata, anche se tale squilibrio era stato verificato sostenibile dal gruppo per valutazione della stessa Consob.

Una recriminazione rancorosa – quella di Tanzi – che faceva perno sulla valenza della riserva Deloitte a provocare danni al titolo e quindi sulla necessità di liquidare subito il fondo, anzichè aspettare che si realizzassero le condizioni per la valutazione del valore oggetto di riserva della società di revisione, lasciandogli quello spazio e quel tempo che a lui serviva per trovare altri escamotage per tirare avanti.

L’incipit di Tanzi in consiglio afferma, in altri termini, che a suo avviso non c’era alcun bisogno di procedere alla liquidazione del fondo; che anzi era ingiustificato, visto il tenore della, riserva e che il gruppo era solo sotto attacco di manovre speculative sul titolo. Tanto che si apriva una discussione sulla valutazione dei pro e dei contro di tale scelta, giacchè si dice che: terminata l’esposizione del Presidente vengono formulate diverse domande dei

presenti in merito all’ammontare dell’importo che verrà liquidato, ai tempi, al rendimento dell’investimento e alle eventuali penali da pagare.

Si cita nominativamente Brughera, il presidente del Collegio sindacale, che chiede che venga confermata la data indicata nel comunicato, di liquidazione e di incasso dell’importo ricavato dallo smobilizzo dell’investimento nel Fondo e quindi prende la parola Luciano Del Soldato che in risposta alle varie domande specifica i termini per la liquidazione del

Si cita nominativamente Brughera, il presidente del Collegio sindacale, che chiede che venga confermata la data indicata nel comunicato, di liquidazione e di incasso dell’importo ricavato dallo smobilizzo dell’investimento nel Fondo e quindi prende la parola Luciano Del Soldato che in risposta alle varie domande specifica i termini per la liquidazione del