Motivi della decisione
4. Falsità dei bilanci Parfin e reale situazione economico-patrimoniale del Gruppo La disamina approfondita dei bilanci Parfin e Parmalat ad opera del consulente tecnico del
PM dott.ssa Stefania Chiaruttini32 ha consentito di acclarare come gli stessi siano stati massicciamente falsificati, allo scopo finale di evidenziare una situazione di crescita complessiva del Gruppo e al contempo occultare le aree di criticità che si erano
31 Sul punto cfr. esame Maurizio Bianchi (revisore di GT), ud. 24.01.08, p. 168 ss trascriz.
32 La dott.ssa Chiaruttini è stata esaminata nel corso delle udienze 7.03.06, 14.03.06 e 16.03.06, all’esito delle quali si è provveduto all’acquisizione dell’elaborato redatto dalla medesima.
progressivamente verificate sin dalla quotazione di Parfin alla Borsa Valori di Milano, risalente al 199033.
Le principali aree di criticità su cui incidevano le falsificazioni erano integrate dalla tenuta dei margini operativi (EBIT e EBITDA), dal livello di indebitamento verso banche e obbligazionisti, dalla consistenza del patrimonio netto, dalla veridicità e dall’esigibilità dei crediti, nonché dalle distrazioni poste in essere a favore della famiglia Tanzi e delle società ad essa riconducibili.
Nell’immediato, peraltro, le falsificazioni consentivano al Gruppo di rispettare i limiti imposti dai covenants34 e, così, evitare l’insorgenza degli obblighi connessi al rimborso anticipato dei bonds emessi e al riacquisto di partecipazioni detenute da terzi nelle proprie società.
33 Il CT del PM ha ricostruito analiticamente le operazioni preordinate alla quotazione in borsa, evidenziando come la decisione di collocarsi sul mercato sia stata presa a fronte dell’esito negativo degli investimenti effettuati da Parmalat negli anni 1988-1989 nel settore televisivo con l’acquisizione del gruppo Odeon. Già alla fine del 1988, era emerso che le aspettative di successo delle reti Odeon non avrebbero trovato riscontro, situazione a cui si era rimediato cedendo le partecipazioni nel Gruppo Odeon alla Sata srl, società riconducibile a Calisto Tanzi, che a sua volta le aveva cedute ad una società esterna al Gruppo Parmalat al prezzo simbolico di una lira, a fronte dell’assunzione da parte di quest’ultima di vari impegni finanziari nei confronti del Gruppo Odeon (le cui società venivano dichiarate fallite dal Tribunale di Milano il 6 luglio 1990). A seguito della allocazione dei debiti derivanti dall’investimento nel settore televisivo fuori dall’area di consolidamento, l’operazione di quotazione era stata realizzata attraverso: l’acquisto da parte di Coloniale (società riferibile alla famiglia Tanzi) della FNC, società già quotata al listino della Borda Valori di Milano; la vendita alla medesima del 55% delle azioni Parmalat al prezzo di circa £/mld 370; l’aumento del capitale sociale della FNC di circa £/mld 583 raccolti per metà dal mercato e per l’altra metà mediante l’utilizzo dei flussi derivanti dalla cessione delle azioni Parmalat a FCN, la cui denominazione venia mutata in Parmalat Finanziaria. L’utilizzo della Coloniale quale schermo per l’acquisto del controllo della FCN ha consentito di evitare la perizia obbligatoria ex art. 2343 cod.
civ. e di sostenere l’intera operazione con il valore attribuito da una perizia di parte (redatta dal Prof. Guatri), che ha costituito il fondamento della valorizzazione di bilancio, a livello consolidato, delle immobilizzazioni tecniche e dei marchi per tutti gli esercizi successivi sino al default, senza essere oggetto di alcuna revisione (l’arco temporale prescelto nella perizia Guatri per l’ammortamento di tali assets era pari a 25 anni, in deroga a quanto stabilito dai principi contabili che prevedono un periodo massimo di 20 anni). Sul valore di iscrizione delle immobilizzazioni immateriali si tornerà in tema di irregolarità formali. Si noti, da ultimo, che il capitale sociale della Parfin è progressivamente aumentato sino al 1996 per effetto di quattro operazioni di aumento e di una serie di incrementi a seguito di esercizio di diritti di opzione (warrants) assegnati ai sottoscrittori di alcuni prestiti obbligazionari, sino a raggiungere l’ammontare finale pari a € 815.669.721, come risultante dalla relazione semestrale al 30 giugno 2003 (sulle operazioni di aumento di capitale cfr. consulenza tecnica, Vol. I, p. 65 ss).
34 Per covenant si intende quella garanzia che il debitore rilascia al suo finanziatore, con la quale si impegna a mantenere in equilibrio la sua struttura finanziaria e a conseguire un livello minimo di margine operativo, che consenta di realizzare flussi di cassa tali da essere sufficienti al rimborso dei debiti finanziari (sul punto, cfr. consulenza tecnica PM, Vol. I, p. 346).
Il CT del PM ha individuato tre diversi profili di falsità: i) le falsità “materiali”35, intese come iscrizione in contabilità di fatti non rispondenti al vero anche sulla base di falsa documentazione (false operazioni di vendita, false fatturazioni, falsi estratti conto bancari, falsi contratti), allo scopo di far apparire liquidità inesistente ovvero incrementare i ricavi effettivamente conseguiti e così produrre utili fittizi da esporre in bilancio; ii) le irregolarità formali, intese come rappresentazione nei bilanci e nelle relazioni periodiche di fatti veri, ma in violazione delle disposizioni normative applicabili, con ripercussioni nelle esposizioni successive (nella categoria in esame assumono per lo più rilievo poste valutative come, ad esempio, i valori delle immobilizzazioni immateriali, delle rimanenze ecc.); iii) le irregolarità informative, intese sia come assenza totale di informazione in relazione ad accadimenti di importanza significativa per il Gruppo sia come informazioni lacunose e fuorvianti in quanto non rappresentative dell’effettivo svolgimento dei fatti.
Gran parte dell’istruttoria è stata dedicata alla ricostruzione analitica delle falsità dei bilanci Parfin, ciò in quanto le false comunicazioni sociali assurgono a presupposto dei reati in contestazione: invero, secondo l’ipotesi accusatoria che ha trovato conferma in dibattimento, i dati fasulli riportati nei bilanci confluivano nei comunicati stampa diffusi al mercato, nelle risposte alla Consob e nelle relazioni emesse dalle società di revisione, assumendo così un evidente rilievo ai fini dell’accertamento dei reati di aggiotaggio, false comunicazioni alla Consob e falsità nelle relazioni delle società di revisione di cui alla rubrica.
Ciò detto, va però rimarcato che nessuno degli imputati ha contestato la sussistenza delle false comunicazioni sociali caratterizzanti i bilanci Parfin, ma piuttosto si è difeso o negando di esserne stato a conoscenza (questo è il caso dei c.d. consiglieri indipendenti, di Bonici e dei funzionari di Bank of America) o rappresentando di non aver previsto le devastanti conseguenze che ne sarebbero derivate (questo è il caso di Calisto Tanzi).
Alla luce di tale considerazione, si darà conto in termini succinti delle falsità accertate dal CT, trattandosi di fatti non oggetto di contestazione.
Partendo dalle c.d. falsità materiali, va premesso che -ai fini della loro individuazione- nei giorni immediatamente successivi al default il CT si è avvalso dell’ausilio prestato da Gianfranco Bocchi, contabile di Parmalat36, il quale ha fornito un rilevante contributo alle indagini, specie per quanto riguarda gli anni 1990-1998, in relazione ai quali non era disponibile la contabilità del bilancio consolidato, essendo mutato proprio in quel periodo il sistema informatico utilizzato per la sua redazione37.
35 Le falsità in parola, per la verità, attengono più al concetto di falsità ideologica che materiale, ma si vuole mantenere -per semplicità- la nomenclatura scelta dal CT del PM. I documenti di supporto creati ad hoc per giustificare le operazioni inesistenti, invece, integrano senz’alcun dubbio dei falsi materiali.
36 Sentito in qualità di imputato di reato connesso all’ud. 28.03.06: cfr. infra.
37 Al riguardo, giova evidenziare come anche Enrico Bondi (sentito alle udienze 28.02.06 e 7.03.06) e Franco Lagro della PWC (sentito alle udienze 13.06.06, 15.06.06, 6.07.06 e 28.09.06) abbiamo
In proposito, la dott.ssa Chiaruttini ha raccontato che, nel corso di un interrogatorio avanti la Procura di Milano, Bocchi aveva consegnato un CD Rom, affermando che in esso si trovavano i loghi di alcune banche che egli aveva scaricato da internet per poi utilizzarli nella creazione del supporto documentale relativo ad operazione fittizie38. Ella aveva aperto tale CD per mera curiosità, così accorgendosi che il contenuto del medesimo era in realtà assai più corposo, consistendo in 700 files che davano conto, in articolate tabelle, dei falsi realizzati da Parmalat nel corso degli anni (con affianco l’indicazione dei dati reali) e che lei aveva decifrato con il prezioso supporto di Bocchi39.
Avendo riguardo alle modalità di realizzazione dei falsi materiali, il CT ha individuato due periodi distinti a seconda che la revisione principale del gruppo fosse affidata a GT o a DT.
Come già rilevato, GT è stato il revisore principale del Gruppo Parmalat per tutti i bilanci sino al 1998 compreso.
I falsi realizzati durante il “periodo GT” si caratterizzavano per la loro grossolanità e venivano posti in essere, in una prima fase, intervenendo direttamente sul bilancio civilistico di Parmalat e, in una seconda fase, attraverso interventi di rettifica sul bilancio consolidato della stessa sub-holding.
In merito agli interventi sul bilancio civilistico, il CT ha individuato la seguente casistica:
iscrizione di falsi ricavi con il supporto di falsi contratti (in particolare, ricavi da royalties e da concessionari per esclusiva di zone); iscrizione di interessi attivi a fronte di crediti fittizi e inesigibili; cessione di crediti falsi o inesigibili (iscritti nei confronti di società e soggetti gravitanti nell’orbita personale della famiglia Tanzi, in contropartita di corrispettivi mai ricevuti); storno di debiti nei confronti di banche mediante fittizio accollo dei debiti stessi da parte di società partecipate, in modo da eliderli in sede di redazione del bilancio consolidato, oppure da parte di società “di comodo” fuori dall’area di consolidamento.
Per realizzare le suddette operazioni, venivano utilizzate tre società appartenenti al Gruppo, i cui bilanci venivano consolidati con quello di Parmalat, e cioè Curcastle, Zilpa e Contal (le prime due con sede nelle Antille Olandesi, l’ultima con sede in Italia), nonché tre società formalmente non appartenenti al Gruppo, ma nella sostanza riferibili al medesimo, e cioè Rushmore, Kelton e Carital (le prime due con sede nelle Isole Vergini, l’ultima con sede nelle Antille Olandesi).
messo in luce come la scoperta in tempi rapidi dei tecnicismi con cui erano state realizzate le falsità sia stata in parte resa possibile dalla collaborazione prestata, nei giorni immediatamente successivi al default, da alcuni dipendenti del Gruppo.
38 Come si vedrà, oltre al logo di Bank of America, è stato utilizzato anche quello della Sumitomo Bank.
39 La dott.ssa Chiaruttini ha ricordato che le colonne dei falsi recavano spesso la dicitura “ret put”:
alla domanda rivolta a Bocchi sul significato di tale singolare acronimo, questi le aveva risposto
“Ma rettifiche puttanate, Dottoressa, non ha ancora capito?” (cfr. dep. ud. 7.03.06, p. 173 trascriz.).
Per quanto riguarda, invece, gli interventi sul bilancio consolidato Parmalat, nella maggior parte dei casi, tali interventi erano finalizzati: i) alla diminuzione di debiti verso banche e obbligazionisti (in sede di scritture di consolidamento parte dei debiti veniva stornata con altrettanti crediti intercompany, mentre la parte più considerevole veniva eliminata tramite compensazione con crediti inesigibili verso clienti delle varie società del Gruppo); ii) a sostenere il conto economico delle società controllate in perdita, in particolare le società dell’area sudamericana (Brasile e Argentina), attraverso l’iscrizione nei bilanci di queste ultime di crediti verso Parmalat e, come contropartita, di ricavi fittizi.
Le falsità sin qui considerate, concernenti il bilancio civilistico e consolidato di Parmalat, incidevano in modo assai incisivo in termini migliorativi sul patrimonio netto consolidato sia di Parmalat che di Parfin.
Venendo ai falsi materiali caratterizzanti il “periodo DT”, deve preliminarmente considerarsi che quest’ultima è stata incaricata dal 1999 sino al default della revisione del bilancio civilistico e consolidato Parfin, del bilancio sub-consolidato Parmalat e dei bilanci civilistici di una serie di società del Gruppo, mentre la revisione del bilancio civilistico Parmalat e Bonlat è stata mantenuta in capo a GT.
In sostanza, DT ha ricoperto il ruolo di revisore principale del Gruppo Parmalat, nonostante al revisore secondario GT risultasse affidata la revisione delle entità più critiche e significative dell’area di consolidamento40, in violazione dei principi contabili che stabiliscono che il revisore principale deve raggiungere una conoscenza del gruppo o dell’azienda nel suo complesso e deve effettuare la revisione delle entità del Gruppo o azienda più significative per la natura delle operazioni svolte41.
Il CT ha evidenziato che la successione di DT a GT quale revisore principale ha segnato uno spartiacque assai netto nel concepimento e nella realizzazione dei falsi in bilancio di Parmalat.
Invero, il sistema delle falsificazioni veniva raffinato essenzialmente sotto due profili.
In primo luogo, veniva individuata in un solo soggetto -la società Bonlat, costituita nel dicembre 1998- la controparte delle operazioni fittizie, che ha rivestito il ruolo di vera e propria “discarica” utilizzata nella manipolazione dei bilanci: “il passaggio dei
<<rifiuti>> provenienti dalle società precedentemente utilizzate, essenzialmente Curcastle e Zilpa, ma anche Rushmore, Kelton, Carital e Contal, cioè il passaggio dei debiti e dei crediti frutto dei falsi contabili è avvenuto in modo graduale sino a che Bonlat è diventato
40 Nel paragrafo successivo, dedicato alla ideazione dei falsi, verrà messo in rilievo come il mantenimento in capo a GT della revisione dei bilanci Parmalat e Bonlat sia stata precipuamente preordinata da Calisto Tanzi, Fausto Tonna e dai partners GT Maurizio Bianchi e Lorenzo Penca all’occultamento delle false comunicazioni sociali poste in essere sino ad allora.
41 Su tale argomento si rimanda alla consulenza tecnica del PM (Vol. II, p. 113 ss), nonché alla deposizione di Marina Cicchetti della struttura Divisione Emittenti, Ufficio Controlli Societari della Consob (ud. 16.05.2006).
l’unico recettore di tutti gli artifici e conseguentemente le vecchie <<discariche>>
vengono svuotate e progressivamente abbandonate”42.
Per altro verso, il salto di qualità nella registrazione dei falsi si verificava attraverso la produzione di supporti cartacei delle singole operazioni, apparentemente accettabili, ma in realtà tutti rigorosamente falsi: “Bonlat diventa una vera e propria “stamperia” da cui viene prodotta la falsa documentazione di supporto delle singole operazioni; pertanto, se nel periodo di revisione GT ci si limitava, tutt’al più, a produrre un supporto contrattuale fittizio senza alcun riguardo alla formalizzazione del momento esecutivo di tali contratti, nel periodo di revisione DT tali supporti vengono invece creati, fornendo così una base documentale e formale sia alla concezione sia alla realizzazione delle singole operazioni”43.
Il CT ha messo in rilievo come l’utilizzo di Bonlat abbia inciso significativamente sulle aree di criticità che le falsificazioni erano destinate ad occultare.
Innanzitutto, la tenuta dei margini operativi lordi e netti consolidati (EBITDA e EBIT) veniva garantita a mezzo di un business fittizio di vendita di latte in polvere in cui Bonlat svolgeva la funzione di intermediario tra la società fornitrice del latte (la Camfield, con sede a Singapore) e le società acquirenti (la Dancent, con sede nelle Virgin Islands, fino al 2000, e la Empresa Cubana Importadora, con sede a Cuba, per il periodo successivo)44. In secondo luogo, in capo a Bonlat veniva fatta risultare la titolarità di un conto corrente bancario fittizio (trattasi del famoso conto Bank of America di cui si è già detto) presso cui sono stati fatti confluire i crediti inesigibili/fittizi del Gruppo: nella specie, tale conto corrente veniva utilizzato dapprincipio per chiudere contabilmente -tramite la registrazione di un falso incasso- i crediti che si erano venuti a creare negli anni precedenti nei confronti delle società “discarica” e, successivamente, per incassare altri crediti sorti a seguito sia di operazioni fittizie riferibili alla stessa Bonlat sia di distrazioni realizzate, a partire dal 1999, in favore di persone e società riconducibili alla famiglia Tanzi (il riferimento è, in particolare, alle società del gruppo del turismo HIT)45.
Bonlat, inoltre, assolveva alla funzione di far diminuire l’indebitamento del Gruppo verso banche e obbligazionisti. Invero, alla fine di ogni anno, la liquidità apparentemente formatasi presso il conto di Bank of America veniva impiegata, non solo per l’acquisto
42 Cfr. consulenza tecnica del PM, Vol. I, p. 368, dove viene peraltro evidenziato che, a partire dal 2002, una parte dei “rifiuti” raccolti in Bonlat è stata trasferita a Parmalat Capital Finance (revisionata da DT dal 2002) che, infatti, secondo quanto indicato nel bilancio di esercizio 2002, risulta creditrice di Bonlat per circa 7 miliardi di dollari.
43 Cfr. consulenza tecnica del PM, Vol. I, p. 369.
44 I margini derivanti dalla vendita del latte in polvere sono stati da subito cospicui, sino a raggiungere nel 2002 la somma di € 1.027.063.000: per il dettaglio di questi dati si rimanda alla consulenza tecnica ed in particolare alla slide n. 196 per l’incidenza dal 1999 al 2003 del business del latte in polvere sull’EBIDTA consolidato Parfin.
45 Sull’entità di tali distrazioni cfr. infra.
fittizio di titoli e promissory notes, ma anche per il riacquisto fittizio dei bonds emessi dalla Parmalat Finance Corporation BV: in questo modo una parte dei debiti verso obbligazionisti, realmente esistente nel bilancio civilistico della Parmalat Finance Corporation BV, veniva riclassificato come debito intercompany verso l’obbligazionista Bonlat, la quale a sua volta iscriveva il credito verso l’emittente da riscuotere alle varie scadenze46.
Altro metodo con cui si procedeva all’abbattimento del debito del Gruppo verso istituti bancari consisteva nella stipulazione di contratti di partecipation agreement tra Bonlat e alcune partecipate estere. Al riguardo, il CT ha spiegato che Bonlat trasferiva sistematicamente liquidità su conti correnti vincolati a favore di partecipate estere, che altrimenti avrebbero avuto difficoltà ad accedere autonomamente al credito bancario: in tal modo, le varie banche concedevano credito alle partecipate e, nel caso di inadempimento di queste ultime, avevano il diritto di trattenere direttamente le somme depositate a titolo di garanzia da parte di Bonlat. Tecnicamente, la partecipata estera avrebbe dovuto iscrivere un credito verso Bonlat per la liquidità ricevuta a titolo gratuito e un debito verso la banca finanziatrice, mentre invece -a livello di consolidato- il debito della società estera verso la banca veniva trattato direttamente come un debito intercompany verso Bonlat e, quindi, eliso con il corrispondente credito vantato da quest’ultima.
Bonlat veniva, altresì, utilizzata per far apparire investimenti in realtà mai realizzati. Come innanzi rilevato, la liquidità apparentemente formatasi presso il conto di Bank of America veniva impiegata per l’acquisto fittizio di titoli e promissory notes. Altro caso eclatante di investimento fittizio cui si è già fatto riferimento è quello realizzato da Bonlat nel Fondo Epicurum, effettuato per far credere al mercato che in tale fondo fosse depositata una liquidità a disposizione del Gruppo Parmalat in realtà mai esistita: ed infatti, il CT ha accertato che in tale fondo di investimento erano stati fatti confluire crediti inesigibili, vantati dal Gruppo nei confronti dei beneficiari delle distrazioni effettuate in favore della famiglia Tanzi e di società ad essa riconducibili47.
46 Sulla base di quanto ricostruito nella tabella n. 51 allegata alla consulenza tecnica del PM, il Gruppo ha iniziato a riacquistare (fittiziamente) i propri bonds già nel corso del 1999 e di ciò non è stata data alcuna evidenza nelle comunicazioni sociali sino al 2003.
47 Si noti che nel verbale di verifica sindacale Parfin del 10 aprile 2003, in occasione della quale i sindaci venivano informati per la prima volta dell’esistenza del Fondo Epicurum da parte dei revisori GT (nella persona del partner Maurizio Bianchi e dell’operativo Marco Verde), il fondo in questione veniva definito come investimento caratterizzato da basso profilo di rischio e così descritto: “un fondo di investimento aperto delle Isole Cayman, di capitale pari a 50.000.000 US$
del quale Bonlat detiene il 10,5%. Su tale investimento la società ha anche richiesto un parere legale all’Avv. Zini, che ha curato la costituzione del fondo stesso. L’oggetto de fondo Epicurum Ldt. (mutual fund) è l’investimento, diretto o tramite il conferimento da parte di investitori ne fondo stesso, in equità e debito di società di qualsiasi nazionalità, operanti, come precisato nel Private Placement Memorandum in genere in tutti i settori industriali e di servizi riconducibili in generale al settore <<leasure and pleasure>> e della salute, quindi alimentare, industria vinicola, viaggi,
Attraverso Bonlat, infine, venivano poste in essere operazioni fittizie volte ad abbattere interessi passivi e perdite su cambi realmente conseguiti dal Gruppo: in proposito, assumono essenzialmente rilievo contratti fittizi di swap48 stipulati da Bonlat con la Sumitomo Bank e con il Fondo Epicurum49.
Ovviamente, anche nel “periodo DT”, le falsità sin qui considerate incidevano in modo assai significativo sul patrimonio netto consolidato sia di Parmalat che di Parfin, ma tale aspetto verrà meglio illustrato in seguito.
Passando ora alle c.d. irregolarità formali, il CT ha innanzitutto esaminato le voci
“marchi”, “avviamento” e “differenze di consolidamento”, evidenziando come la loro esposizione nei bilanci Parfin sia avvenuta, in contrasto con le regole contabili, a valori
“marchi”, “avviamento” e “differenze di consolidamento”, evidenziando come la loro esposizione nei bilanci Parfin sia avvenuta, in contrasto con le regole contabili, a valori