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Motivi della decisione

11. La testimonianza Martellini

Occorre allora esaminare per intero la testimonianza in questione perché proprio la teste d’accusa, ad avviso del Tribunale è la migliore teste a difesa degli imputati. La deposizione della Martellini è davvero di grande interesse in quanto rappresenta la più lampante dimostrazione di quella vera e propria nemesi alla quale si è assitito nel corso del presente giudizio.

La Martellini 209 è stata indicata come voce “fuori dal coro” e portata ad esempio di come avrebbero dovuto agire gli imputati se davvero indipendenti, e non complici.

Il sindaco Maria Martellini, componente del Collegio sindacale di Parfin, ha riferito della sua esperienza in Parmalat Finanziaria, del fatto che, in coincidenza con l’entrata in vigore della Legge Draghi, si prospettò di adottare il codice Preda e delle questioni da lei sollevate in proposito. Ha riferito in particolare delle sue reazioni alle risposte di Tonna alle sue domande in punto di liquidità e di mezzi di pagamento di obbligazioni assunte; ha sottolineato l’approssimativa verbalizzazione delle riunioni di consiglio constata

209 Cfr. esame in verb. trasc. ud. 26.4.06

direttamente in relazione ai suoi interventi, nonché l’attacco nei suoi confronti, quando pretese che la verbalizzazione venisse integrata. Da ultimo ha risposto – sostanzialmente come gli imputati – ad una serie di domande analoghe a quelle poste agli imputati.

La teste ha indubbiamente svolto con grinta il suo ruolo di sindaco di una società che si rivolge al mercato e con apprezzabile sensibilità, derivante dalla sua formazione accademica, ha posto una problematica alla quale il legislatore del TUF, con la legge 262/05 - da poco in vigore quando la teste è stata esaminata in dibattimento –, ha dedicato notevole attenzione, (diversamente da quanto accadeva con il TUF del 1998, in vigore nel 2003).

La stessa Martellini aveva già colto negli anni 99/2000 uno degli snodi essenziali del modello societario Parmalat, rappresentato dalla necessità di sottoporre a controllo effettivo, da parte della capogruppo controllante, le società controllate, prospettando la necessità che tale controllo fosse in mano, nella specie, a Parfin. Cioè la Martellini aveva posto un problema di struttura societaria.

Apprezzabile anche il tono complessivo della sua testimonianza, che dà conto che il suo comportamento battagliero è stato motivato in concreto dalla caratterialità specifica di Tonna che parlava di tutto, sapeva di tutto e rispondeva di tutto; compiaciuta, comprensibilmente, di avere costretto questo signore supponente e indisponente – e il Tribunale ha personalmente constatato qualche traccia di tali caratteristiche, nel corso del suo esame – a mettere a verbale che se ne andava dal Consiglio per contrasti con un Sindaco.

La stessa Martellini peraltro ha confermato che ancor oggi si è ben lontani da raggiungere la finalità di imporre che le società quotate si dotino effettivamente di strutture adeguate alla best practice del mercato, ponendo in luce, ad avviso del Tribunale che, in assenza di un intervento del legislatore deciso e cogente di differenziati – quanto a soggetti – organi di amministrazione e controllo sull’amministrazione, di quotate del tipo della Parmalat, neppure un sindaco indipendente ed attento ha armi per opporsi utilmente alle decisioni di esecutivi che contemporaneamente amministrano la società controllante e le controllate e che sono espressione di una persona o di una famiglia che detiene il 51% del capitale sociale.

La esperienza in Parfin della teste, nominata nel luglio 1999 e rimasta in carica fino all’aprile del 2002, 210 è stata illustrata nei seguenti termini, anche compendiati in una memoria che dopo il default la stessa aveva predisposto e depositata ai PM di Parma . Si parte da una domanda del PM in cui si chiede se la teste avesse notato un atteggiamento particolare nei suoi confronti nei consigli di amministrazione Parfin (a cui la stessa

210 Premette la teste: ”ho avuto il privilegio di essere uno dei primi, pochissimi sindaci in allora nominati dalle minoranze. Era stata appena promulgata la legge Draghi del 1998, era previsto il voto di lista nella Parmalat Finanziaria ed i fondi di investimento poterono nominare in sindaco ..fondi che raggruppano la maggior parte dei titoli che erano collocati sul mercato”

partecipava compatibilmente con gli incarichi accademici ) e la teste risponde citando un episodio del suo inizio mandato, in occasione della illustrazione di una comunicata operazione, realizzata da una controllata, in cui c’era da pagare un ingente prezzo costituito da alcune centinaia di milioni di euro. La Martellini aveva chiesto con che soldi sarebbe stata pagata ed ebbe “ una risposta sensata , molto sbrigativa del tipo “saranno utilizzate risorse finanziarie ricavate da operazioni compiute alla fine dello scorso esercizio e all’inizio di questo esercizio. I soldi ce li abbiamo, in una parola.”

La teste si è sofferma poi sul fatto che venivano regolarmente illustrate, in Consiglio, le ragioni di convenienza delle molteplici operazioni di acquisizione: ragioni di aumento di quote di mercato, di sinergie etc…. “ la Parmalat vendeva latte. Il latte è un prodotto a basso valore aggiunto, la quota di mercato è una strategia vincente perché solo se riesci a vendere tutto il latte del mondo poi puoi profittevolmente continuare l’attività”.

E ciò – sia detto per inciso – con buona pace dell’assunto d’accusa che tutti potevano e dovevano accorgersi della falsità dei valori appostati in bilancio relativamente alla produttività industriale perché il latte rende poco e non si può guadagnare tanto, nonché sulla inconciliabilità tra la liquidità e la politica espansionistica per linea esterna di Parmalat.

La Martellini dice il contrario di quanto vorrebbe inferire la accusa e dice che siffatte spiegazioni erano accettabili e di buon senso.

Dice ancora la teste quello che è accaduto poi, e cioè che, avendo riprovato a chiedere come si sarebbero pagate le operazioni che venivano illustrate o altro ( per esempio nella riunione di consiglio 12.9.00 in cui si trattava di approvare la semestrale aveva chiesto a Tonna che cosa mai facesse la società e il gruppo con quella ingente liquidità in bilancio) ho avuto sempre delle risposte più secche e più tranchant del tipo “non ci faccia perdere tempo “ o del tipo “alla società conviene così” .

In realtà nella occasione della sua richiesta sulla semestrale del 2000, Tonna con effettivamente inutile villania l’aveva apostrofata con una sorta di “stai zitta, sciocchettona” che mandò su tutte le furie il sindaco Martellini, la quale reagì con una lettera a Tanzi, in cui sostanzialmente si diceva “così non si fa”, rivendicando il rispetto dei ruoli da parte degli amministrativi Tonna e Petrucci nei confronti di un sindaco. E tutto ciò dopo aver consultato un avvocato perché – dice sempre la teste – bisogna stare attenti ad iniziative nei confronti di una quotata; tutto è price sensitive, con buona pace – verrebbe da dire – del rimprovero “penale” delle pretese, ed omesse dagli imputati, iniziative di denuncia quando intervenne la Consob; e quando il Fondo Epicurum non provvide a rimborsare la quota di investimento o addirittura l’8-9 dicembre, quando anche Bondi aveva in mente di capire la reale portata e natura di siffatti avvenimenti.

Contemporaneamente la teste aveva coltivato una puntigliosa richiesta di attivazione da parte del collegio sindacale per convocare la società di revisione affinchè predisponesse,

per la verifica relativa al bilancio al 31.12.2000, un elaborato da cui il collegio potesse riscontrare la globalità dei flussi , degli oneri e dei proventi finanziari del consolidato.211 . Ha detto, a proposito della risposta di Tonna di cui si è detto sopra, al di là dell’epiteto offensivo utilizzato “ io divenni furibonda, non tanto per la risposta, che aveva una sua ragionevolezza , perché, a non sapere quello che c’era dietro, aveva una sua ragionevolezza. Cioè la stessa Martellini, il sindaco onesto e aggressivo, constata che sulla questione della liquidità, non vi era motivo di dubitare delle spiegazioni fornite dal managament operativo.

Essenziale è poi la precisazione da parte sua del motivo che sosteneva la sua lamentela e richiesta al presidente del collegio sindacale. “adesso gli daremo una lezione (a Tonna) perché chiederemo alla società di revisione che è quella che può fare questo lavoro di farci una ricostruzione dei flussi. Il mio era una sorta di… in questo sembravo più una persona dispettosa …”.

Quello che la teste precisa è fondamentale anche per comprendere quale fosse il sentire delle riunioni di consiglio di Parfin, a prescindere dalla loro durata, che neppure lei avverte come anomala e che tale risulta solo da una verbalizzazione carente. Sotto questo profilo, la Martellini – teste più che attendibile – ha assolutamehte confermato quanto hanno riferito nel loro esame gli imputati ed in particolare Silingardi. Le stesse domande, formulate dalla Martellini in Consiglio, risalgono al suo “noviziato” giacchè anche a lei non passava per la mente di porsi e porre le domande che invece l’accusa pretende avrebbero dovuto fare gli amministratori non esecutivi.

Tutto l’esame è costellato di affermazioni e di spiegazioni alle domande del P.M, attestanti che l’unico problema avvertito dalla Martellini era quello della villania e supponenza di Tonna; ma lei era convinta e non aveva alcun motivo di dubitare della bontà della gestione, della effettività dei dati di bilancio, e della valenza – a tal fine – delle sempre intervenute certificazioni di bilancio.

“Io non avevo motivo di pensare che ci fosse una irregolarità , io avevo la certezza che fosse tutto regolare ..” : questo è il leitmotiv della Martellini.

A proposito, poi, di molte domande circa il fatto che la relazione arrivata (nell’ottobre del 2001 ma che era stata chiesta in tempo per la relazione di accompagnamento per la approvazione del bilancio del 2000 che è stato approvato nel 2001) da D&T non dava risposta del se rendesse di più la liquidità investita rispetto a quanto si pagava di oneri passivi; o del rilievo che la relazione di D&T non dava neppure il dettaglio di investimento della liquidità – era una mezza paginetta 212 - a parte varie spiegazioni tecniche (da cui comprende il Tribunale che, per un esperto della materia, tutto appariva regolare) la teste ha risposto: “ no, non ci furono (osservazioni, rilevi, domande, chiarimenti, richieste di documenti da parte dei componenti il collegio sindacale ) questa descrizione rispondeva

211 Cfr. verbale di verifica sindacale 4.10.00 da cui risulta la presenza di Zucchinali della D & T.

212 Cfr. verb. di verifica sindacale 19.10.01 in cui è trascritto il testo della risposta di D & T

alla mia esigenza di impiegare la società di revisione in approfondimenti in luogo dei sindaci ..io personalmente non avevo motivi di non ritenere realistiche e veritiere queste descrizioni; queste sono il risultato dell’analisi sui documenti, che fa la società di revisione“.

“ A me Maria Martellini non è sembrato necessario chiedere altro , di questo forse mi devo pentire, non lo so..,; non mi posso pentire perché non c’era motivo in allora di chiedere altro . Anche perché se questi signori avessero saputo che la contabilità non era veritiera qualsiasi cosa avessimo chiesto ci avrebbero detto sempre qualcosa che poi noi lì dovevamo fermarci, di fronte a questa carta di identità. ( e si riferisce alla società di revisione) Ma questo lo posso dire oggi, sinceramente non mi passava nemmeno lontanamente per la mente, perché è questa la difficoltà della situazione..” .

E ancora: “c’è stato dato il dettaglio degli investimenti che erano stati fatti all’interno del gruppo con la rassicurazione che tutto era in naturale, ordinato equilibrio. A proposito della Bonlat (di cui la teste non aveva notizia e alla quale comunque non interessava sapere dove fosse allocata la liquidità ) e di cosa essa fosse, la Martellini precisa: “noi non l’abbiamo nemmeno chiesto perché c’era da immaginare un gruppo articolato , la liquidità è presso le varie società, finanza di investimenti , ci sono flussi in entrata, flussi in uscita .. questo tipo di domanda in realtà non viene in mente a nessuno… è curioso ma non è una domanda che ci si pone.., la società lavora con tre o quattro banche e le banche del gruppo sono quelle presso le quali è la liquidità”.

“Una società prende il denaro quando il mercato glielo da’ per averlo pronto da spendere quando serve..”. Quindi sempre la integerrima Marrellini dice che non viene in mente a nessuno di chiedere dove siano miliardi di euro liquidi, in un gruppo delle dimensioni di Parmalat; non viene in mente perché è chiaro che un gruppo così ha le sue strutture finanziarie, evidentemente anche off shore. Chissa perché, allora, il fatto che questa domanda non sia stata fatta dagli “indipendenti”, li dovrebbe rendere sospetti di complicità.

Un’altra questione molto attenzionata è stata quella del mancato scorporo, fine alla semestrale 2003, della voce debiti verso banche da quella debiti verso obbligazionisti;

scorporo – come noto – richiesto da Consob nell’ottobre del 2003. Qui la consulente Chiaruttini ha sostenuto che la scrittura cumulativa era in evidente e netta violazione delle norme del codice civile, di talchè chiunque – dotato di competenza tecnica – avrebbe dovuto e potuto rilevare tale inesattezza. Ebbene, colpisce allora che la questione non se l’è posta l’organismo di vigilanza sulle quotate, almeno fino ai rumors di stampa del luglio 2003 e non se l’era posto il Collegio sindacale di Parfin; in entrambi i casi essendo notorio il ricorso al mercato tramite emissione di bonds.

Neanche la Martellini, a cui il pubblico ministero ha ricordato il suo attenzionamento alla Legge Draghi e alla trasparenza per il mercato, si è mai posta il problema, e spiega:

“questo tipo di analisi non è stata mai fatta , sicuramente non da me, non mi competeva di farla e non c’era una ragione di farla se c’è un problema sull’aggregazione all’interno di

una posta di bilancio consolidato questo problema lo pone la società di revisione… .Se questo tipo di imput arriva al Collegio sindacale, allora il collegio sindacale può essere allertato e chiedere conto, ma se tutti ti dicono che tutto è perfetto non … non immaginiamo un mondo in cui si fanno cose non necessarie..”.

La Martellini, come già anticipato, ha poi posto la questione relativa al rispetto del codice di Autodisciplina, che nel 1999 fu affrontata in Parfin. La problematica viene sollevata, innanzi tutto, all’interno dello stesso collegio sindacale. Qui la Martellini stimolò la tematica del rispetto della legge Draghi la quale, a suo avviso, aveva voluto affrontare argomenti e regole importanti, staccando la dipendenza diretta di almeno uno dei sindaci dalla maggioranza - con le liste di minoranza-, prevedendo l’adeguatezza di strutture, nonché trattando di quel Codice di Autodisciplina (codice Preda) da lei interpretato nel senso che di fatto le società quotate dovessero accettare di uniformarsi ad esso.

In questa prospettiva il collegio sindacale nel settembre 1999 aveva convocato entrambe le società coinvolte nella revisione del Gruppo213: “ il collegio si informa sulla struttura amministrativa della società, e in ciò coadiuvati dalla società di revisione, si ripromette di accertare che i flussi informativi disponibili delle società controllate siano idonei ad assicurare un efficace controllo della gestione”214.

Secondo la Martellini era inadeguata la struttura intrinseca di governance, che constava in maggioranza di esecutivi; il sindaco proponeva una diversa strutturazione del consiglio di amministrazione che consentisse di creare un Comitato di Controllo interno con persone diverse dagli esecutivi e dotato di risorse, sia di persone che di mezzi, da impiegare per le finalità del medesimo. Ma soprattutto la Martellini sottolineava che la holding Parfin di suo non aveva niente da controllare, in quanto non faceva altro che partecipare società controllate al di sotto di sé, della cui operatività non era in grado di conoscere alcunché.

Un controllo che avesse voluto essere effettivamente degno di questo nome, avrebbe richiesto una adeguamento della struttura amministrativa tale per cui Parfin avrebbe dovuto essere messa in grado di avere accesso autonomo ai flussi di dati provenienti dalle controllate, che convergevano invece, concentrandosi, in Parmalat s.p.a. . Quindi – questo è l’aspetto fondamentale perché sulla idoneità delle strutture di controllo molto si è detto da parte dei PM – la Martellini non dice affatto che l’organo di controllo interno di Parfin era inadeguato (giudicato anzi del tutto congruo ad una holding), ma propone una diversa organizzazione dei rapporti tra società di partecipazione e società operative, affinchè la

213 Cfr. verbale riunione collegio sindacale 16.9.99 in cui risultano intervenire Bianchi e Verde della G.T, nonché Rovelli e Zucchinali, ovvero il responsabile e l’operativo del team operativo nella revisione stessa delle rispettive società .

214 Ed interessante è la considerazione – ribadita costantemente nei loro esami dagli imputati – della teste che spiega come il collegamento vero con la realtà operativa del gruppo erano i revisori, perché “ loro avevano accesso, diritto, facoltà e strumenti per andare a conoscere, a verificare tutto ciò che serviva per il loro lavoro” .

prima potesse esercitare una reale vigilanza sulla attività delle seconde. Cioè qui parliamo di ingengneria societaria, non del fatto che il povero Viotto facesse o meno bene il suo lavoro in Parfin.

Tale suo suggerimento – ha detto la Martellini – sembrò venire accolto, giacchè il 18.4.2000 su proposta dello stesso Tanzi si deliberava in Consiglio di amministrazione di portare all’assemblea una proposta di variazione di statuto che prevedesse l’adeguamento della struttura di governance, con riferimento proprio alle dimensioni ragguardevolissime del Gruppo.

Quando nel Consiglio di Amministrazione del 16.1.01 fu messo all’ordine del giorno l’analisi del raffronto tra il codice di Autodisciplina delle società quotate e il sistema di governo societario di Parfin , il sindaco Martellini che partecipava al consiglio, sostenne e argomentò il proprio convincimento.

La stessa riferisce che il suo discorso fu nel senso che per Parfin , anziché recepire il codice di Autodisciplina e di riflesso istituire un Comitato di Controllo interno, sarebbe stato più onesto dire che il Consiglio non poteva nominare un Comitato di controllo interno, perché il controllo era di fatto nella Parmalat s.pa. La modifica statutaria che autorizzava l’adeguamento della struttura di governance si era fatta ma era rimasta sulla carta; dunque bisognava prima attuarla quale presupposto, anche in termini di persone e mezzi, per realizzare sostanzialmente la funzionalità specifica agli intenti del codice Preda. Diversamente l’adozione del codice con l’istituzione del Comitato di controllo interno sarebbe stata solo una operazione di immagine.

A quel consiglio erano presenti Barachini e Sciumè e la Martellini non ha ricordato loro interventi, anche se risulta verbalizzata la proposta di rinvio di ogni decisione in merito, da parte di Sciumè , accolta dal Consiglio che rinviava alla successiva riunione.

Ha riferito la Martellini che quando circolarono le bozze, in vista della approvazione del verbale, leggendo la verbalizzazione della riunione 16.1.01, constatò che questa non rispecchiava quanto da lei argomentato; sicchè ella prese l’iniziativa di inviare una lettera di precisazioni al verbalizzante Petrucci, riprendendo i termini del suo intervento e con richiesta di integrazione del verbale. Tale lettera, a rettifica della verbalizzazione pretesa, veniva allegata al verbale della riunione del 28.2.02, a cui la teste non potè partecipare.

Quando visionò successivamente il verbale di tale riunione, la Martellini constatò che Petrucci e Tonna l’ avevano accusata di qualsiasi nefandezza, di mettere in dubbio la qualità della informazione, del management del gruppo, mi accusavano di atti al limite del querelabile” . Correlativamente i due informavano il consiglio dei problemi di natura economico-sindacale, per il diverso regime del contratto di lavoro dei dipendenti Parmalat s.p.a. rispetto a quello dei dipendenti Parfin, quale ostacolo alla ipotesi di organizzare una struttura in Parfin di controllo interno autonomo, come sollecitato dalla Martellini. In poche parole, nella sostanza, sarebbe costato inutilmente di più organizzare una struttura che consentisse il trasferimento di controllo diretto da Parmalat s.p.a a Parfin s.p.a. sui

flussi dei dati delle controllate e non era il caso, visto che il controllo era già praticato dalla sub-holding, a meno che si volesse mettere in discussione l’affidabilità e la qualità del

flussi dei dati delle controllate e non era il caso, visto che il controllo era già praticato dalla sub-holding, a meno che si volesse mettere in discussione l’affidabilità e la qualità del