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La competenza sociale

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 87-92)

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1996). La socializzazione primaria ha luogo nel corso della prima infanzia ed è costituita dalla esperienze scoiali precoci che il bambino matura all’interno del contesto familiare. Tali esperienze permettono l’acquisizione di abilità specifiche del bambino sulla base delle quali può avviarsi la socializzazione secondaria, attraverso una serie di processi di sviluppo che coinvolgono partner sociali esterni al nucleo familiare. La socializzazione secondaria, infatti, svolge al funzione di accompagnare il bambino dal nucleo fondamentale di appartenenza verso il contesto costituito dalle relazioni con i pari e con gli adulti significativi (Corsano, 2007).

In letteratura sono presenti diverse definizioni di competenza sociale; infatti, a seconda dell’approccio teorico sotteso, vengono messe in risalto ora le capacità dell’individuo (White, 1959), ora i giudizi forniti dagli altri (McFall, 1982), ora i comportamenti adottati (Trower, 1982). Rose-Krasnor (1997) propone un modello prismatico che tenta la conciliazione fra le diverse definizioni del costrutto presenti in letteratura e considera la competenza sociale come un costrutto multistratificato, articolato in tre livelli differenti, organizzati gerarchicamente tra di loro.

Alla base del prisma si colloca il livello delle abilità ovvero gli obiettivi e le motivazioni di natura sociale, emotiva e cognitiva che, a seconda dell’età del bambino e del contesto in cui questi agisce, sono utili per iniziare, mantenere o terminare le interazioni o le relazioni (ad esempio, empatia, capacità di adottare la prospettiva dell’altro, comunicazione, regolazione affettiva, capacità di risolvere problemi di natura sociale) (Elia, Cassibba, 2009).

Il livello mediano comprende gli indici, ovvero una serie di dimensioni intra e interpersonali responsabili dell’adattamento dell’individuo alla realtà sociale circostante. A questo livello si pone l’idea dell’interazione come processo dialettico tra obiettivi personali e obiettivi sociali.

Al vertice del prisma si ritrova un livello teorico che definisce la competenza sociale come efficacia nelle interazioni, dove per efficacia si è soliti intendere il risultato di un insieme di comportamenti organizzati, in grado di soddisfare le necessità di sviluppo nell’individuo a breve e a lungo termine (Attili, 1990; Waters, Sroufe, 1983).

E’ necessario, inoltre, sottolineare che la competenza sociale ha una forte componente contestuale: i comportamenti che risultano efficaci in un contesto potrebbero non esserlo in altri (McFall, 1982).

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Alla base delle differenti definizioni di competenza sociale presenti in letteratura è possibile trovare il tema ricorrente dell’efficacia nelle interazioni sociali. In tal senso la competenza sociale viene intesa come la capacità di raggiunger obiettivi personali nelle interazioni sociali, mantenendo, al contempo, relazioni positive con gli altri. A sua volta la competenza sociale è composta da diverse abilità, che fanno riferimento a specifici comportamenti che si possono manifestare nel corso delle interazioni sociali.

In questa prospettiva, lo sviluppo sociale può essere inteso come l’insieme delle modificazioni a cui ciascuna di tali abilità va incontro nel corso della crescita, interagendo in varie forme con lo sviluppo delle abilità cognitive e linguistiche (D’Odorico, Cassibba, 2001).

L’influenza delle relazioni tra pari, sebbene a lungo sottovalutata a favore della relazione con gli adulti, appare ormai ampiamente riconosciuta nella sua specificità.

Infatti, diversi studi hanno evidenziato come il rapporto adulto bambino non esaurisca le opportunità relazionali che il piccolo ha la possibilità di sperimentare; di grande rilevanza sono, infatti, anche le relazioni instaurate con i pari.

Per differenziare il rapporto degli adulti da quello con i coetanei, abitualmente si fa riferimento alla struttura di tipo verticale e orizzontale che la relazione stessa genera (Hartup, 1989):

 Le relazioni verticali si instaurano con una persona che detiene conoscenza e potere in misura maggiore rispetto al bambino e quindi coinvolgono prevalentemente un individuo più vecchio, come un genitore o un insegnante. Le interazioni su cu tali relazioni si fondano sono tendenzialmente di natura complementare: l’adulto controlla e il bambino si sottomette, il bambino cerca aiuto e l’adulto lo fornisce. La funzione principale delle relazioni verticali è quella di fornire sicurezza e protezione ai bambini e di consentire loro di acquisire conoscenze e abilità.

 Le relazioni orizzontali sono quelle che intercorrono tra individui con lo stesso grado di potere sociale. Hanno carattere di uguaglianza e le interazioni sulle quali sono basate sono tendenzialmente reciproche: i ruoli possono esser invertiti perché i partner hanno abilità simili. La funzione delle relazioni orizzontale consiste nell’acquisire abilità che possono essere apprese solo tra pari, come quelle che implicano la cooperazione e la competizione.

Proprio per le loro differenze tali relazioni permettono al bambino di sperimentare e apprendere aspetti diversi. Per alcuni versi le relazioni orizzontali sono più difficili da

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sostenere delle relazioni verticali: se i genitori tendono a “sostenere” le interazioni con i loro figli piccoli, tali cortesie non si riscontrano allo stesso modo nelle interazioni tra pari.

Nonostante gli scambi con i coetanei siano più difficili da gestire e mantenere poiché viene meno il contributo di un partner più capace e competente nell’interazione qual è l’adulto, grazie all’interazione tra punti di vista diversi, l’interazione con i pari offre la possibilità di sperimentare la dimensione della reciprocità e della parità nell’interazione (Schaffer, 2004). Esse si configurano come una “palestra evolutiva diversa e indipendente da quella offerta dall’interazione con l’adulto, ma da quest’ultima insostituibile sia sul piano maturativo individuale che su quello degli scambi sociali” (Bombi, Pinto, 2000, p.84).

Le situazioni di gioco costituiscono il principale contesto interattivo nel quale i bambini apprendono e manifestano le loro competenze cognitive e sociali: la capacità di assumere la prospettiva dell’altro, la cooperazione, la mediazione, la creatività (Baumgartener, 2002; Baumgartener, Bombi, 2005).

Un altro aspetto particolarmente approfondito nell’ambito della competenza sociale riguarda le situazioni di conflitto tra pari, delle quali nel corso degli anni è sempre più stata riconosciuta l’importanza, fino a considerarle un occasione di negoziazione sociale (Camaioni, 1995; Laursen, Pursell, 2009). In questo senso il conflitto rappresenterebbe una sorta di palestra in cui misurare e potenziare le proprie forze, in termini sia di competenza relazione che di costruzione del Sé (Elia, Cassibba, 2009). Inoltre questi sono momenti in cui è possibile osservare la comparsa di comportamenti prosociali tra i bambini, che rappresentano un altro ambito, particolarmente indagato, rispetto alle competenze sociali dei bambini.

Un ulteriore aspetto indagato è l’amicizia, anche i bambini piccoli sono in grado di sviluppare un vero e proprio legame di amicizia (Dunn, 1993). Le amicizie dei bambini in età prescolare costituiscono un contesto privilegiato per acquisire e sperimentare alcune competenze sociali di base (Cassibba, Balenzano, Elia, 2008).

L’importanza dell’amicizia per lo sviluppo sociale è testimoniata dalla presenza, nei bambini con amici, di un repertorio di comportamenti sociali più articolato e raffinato e di un maggiore numero di comportamenti prosociali diretti ai propri compagni (Dunn, 2004).

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3.3.1.STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELLA COMPETENZA SOCIALE Per quanto riguarda, la rilevazione della competenza sociale in età prescolare, data la difficoltà di ricorrere direttamente al bambino per disporre di informazioni, spesso ci si basa sull’osservazione diretta del suo comportamento in situazioni in cui il bambino è chiamato ad interagire con i pari e/o con gli adulti, avvalendosi di griglie di osservazione e schemi di codifica (cfr per una rassegna Elia, Cassibba, 2009); oppure si opta sui resoconti degli adulti a cui il bambino è affidato (ad esempio genitori e/o insegnanti) attraverso la somministrazione di questionari (cfr parag 4.2.3). A questo proposito, tra i numerosi strumenti disponibili in letteratura, particolarmente interessante ci è parso il contributo di LaFreniere e Dumas (1995), i quali hanno messo a punto un questionario atto a rilevare la competenza sociale in bambini di età prescolare (quadro 3.1).

Quadro 3.1. Questionario per la rilevazione della competenza sociale: SCBE

Questi Autori partendo da un approccio etologico e biosociale, hanno sottolineato come già in età prescolare si può mettere in evidenza lo stretto legame fra competenza sociale e competenza emotiva, promuovendo quest’ultima l’adattamento socio-relazionale in contesti specifici. Gli autori hanno messo a punto uno strumento da poter somministrare alle educatrici dell’asilo nido e alle maestre della scuola materna, le quali sono chiamate a fornire informazioni sulle capacità di adattamento e la competenza sociale positiva dei bambini, nonché sulle difficoltà emotive-comportamentali; devono, inoltre, fornire una descrizione contestualizzata dei comportamenti dei bambini in interazione con i pari e/o con adulti.

Lo strumento in questione è il Social Competence and Behavior Evaluation (SCBE).

La validazione italiana è stata curata da Montirosso, Frigerio, Molteni, Cozzi, Pastore, Borgatti, LaFreniere (2007) e il test, utile sia in ambito clinico sia di ricerca, ha mostrato una buona attendibilità e affidabilità. Alle educatrici viene richiesto di valutare l’espressione affettiva e la regolazione emotiva dei bambini durante le interazioni sociali in classe, assegnando punteggi su una scala Likert a 6 livelli (che considera la frequenza con cui si presenta un determinato stato emotivo o un comportamento: da 1=mai a 6=sempre) (Montirosso et al., 2007). È importante che chi compila il questionario conosca in modo approfondito il bambino in questione e possa, quindi dare una descrizione del comportamento sociale ed emotivo abituale.

Il test si compone di 80 item organizzate in otto scale di base; per ognuna sono previsti 5 descrizioni di adattamento positivo e 5 di adattamento negativo. Le scale prevedono una struttura bipolare per cui il punteggio ottenuto si colloca in un punto del continuum definito da un polo positivo e uno negativo. Tanto più il punteggio è basso è tanto più si colloca verso il polo negativo. All’interno del polo positivo si ritrovano indici come: Gioioso, Tollerante, Sicuro, Integrato, Calmo, Tendente ad atteggiamenti prosociali, Cooperativo, Autonomo; mentre nel polo negativo sono compresi indici come:

Depresso, Ansioso, Rabbioso, Isolato, Aggressivo, Tendente ad atteggiamenti egoistici, Oppositivo,

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Dipendente. Delle otto scale, tre valutano la regolazione emotiva, altre tre le relazioni con i pari e le ultime due, il rapporto adulto-bambino.

Le analisi statistiche hanno individuato tre fattori:

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