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Le competenze interattive triadiche

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 97-102)

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regolare il tono emotivo nell’interazione con gli altri è un aspetto critico della competenza sociale e del successo nelle relazioni con i pari.

Le ricerche (Manstead, Edwards, 1992; Slomkowski, Dunn, 1992; Denham Renwick-DeBardi, Hewes, 1994; Corsano, Cigala, 2004), negli ultimi decenni, hanno evidenziato numerosi legami tra la competenza emotiva ed alcune dimensioni della competenza sociale, corroborando da un lato l’ipotesi che i vari aspetti del funzionamento emotivo si apprendano nelle interazioni sociali e dall’altro che la competenza emotiva contribuisca al successo nelle interazioni interpersonali. A fronte di molteplici relazioni individuate dalle ricerche, alcuni autori si sono posti il problema dell’esistenza di una chiara linea di demarcazione tra competenza emotiva e competenza sociale. Come risposta al quesito Halberstadt e collaboratori introducono il costrutto di competenza socioaffettiva (affective-social competence) ad indicare una parziale sovrapposizione tra i due ambiti (Halberstadt, Denham, Dunsmore 2001).

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l’appunto l’interazione del bambino con più di una persona alla volta. A partire da una domanda: “i bambini sanno interagire in gruppo?” gli Autori sottolineano come lo sviluppo delle interazioni triadiche nell’ambito delle interazioni tra pari risulti poco esplorato e di conseguenza poco conosciuto.

Gli studi, che hanno coinvolto i bambini con più di un partner valutando le reciproche interazioni, si collocano prevalentemente nell’ambito dello sviluppo comunicativo e hanno coinvolto, oltre alla madre e ad un oggetto inanimato, anche il genitore e una persona sconosciuta al bambino (stranger), ad esempio nello studio del riferimento sociale. In particolare però, ritroviamo sempre almeno la presenza di un adulto all’interno della triade, come ad esempio in uno studio di Nadel e Tremblay-Leveau (1999), nel quale è stata studiata la risposta dei bambini, all’esclusione nell’interazione da parte dell’adulto in triadi composte da due bambini e lo sperimentatore. Nello specifico lo sperimentatore si rivolgeva ed interagiva con uno solo dei due bambini ed è stata osservata le reazione di bambini di età differente (11, 16 e 23 mesi). Per quanto riguarda, invece, studi condotti su triadi di soli bambini, è possibile rintracciare un numero molto esiguo di ricerche. Una di queste, riguarda nello specifico lo sviluppo comunicativo (Lavelli, 1992) e consiste nello studio dello sviluppo delle interazioni comunicative triadiche tra i 18 e i 36 mesi.

Una seconda ricerca (Selby, Bradley, 2003) riguarda l’osservazione qualitativa di triadi di bambini tra i 6 e i 10 mesi, avvenuta in laboratorio, che ha previsto la disposizione dei bambini in un triangolo, formato dalla configurazione assunta dai tre passeggini su cui erano seduti. Nello specifico sono stati rilevate le capacità di interazione triadica dei bambini, a livello comunicativo (sguardi, gesti, vocalizzi) nei confronti degli altri due partner.

Infine, uno studio (Ishikawa, Hay, 2006) ha osservato 60 bambini di 2 anni (dai 24 ai 31 mesi) suddivisi in triadi, in un setting di laboratorio che ricreava una stanza da gioco, in presenza delle madri, alle quali veniva chiesto di comportarsi in modo naturale ma di non prendere iniziative verso i bambini se non necessario. Nello specifico sono stati rilevati tutti i comportamenti dei bambini diretti verso i compagni in termini di iniziative e di risposte. I risultati mostrano che a questa età i bambini, non solo sono in grado di mettere in atto interazioni triadiche, ma questo tipo di pattern interattivo, nelle situazioni osservate, predominava rispetto alle interazioni diadiche.

Riassumendo, gli studi individuati, che hanno previsto lo studio delle capacità di interazione triadica in triadi di soli bambini, si riferiscono in particolare ad una fascia

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di età ristretta e relativa ai primi anni di vita e riguarda principalmente lo sviluppo comunicativo.

In questo senso meno esplorate risultano altre fasce di età, quali quella prescolare e lo studio delle interazioni triadiche tra i bambini a livello interattivo ed emotivo. In particolare, ci riferiamo agli aspetti relativi al coordinamento che le interazioni triadiche richiedono e alle abilità psicologiche ad esso sottese, approfondite nel primo capitolo (cfr. parag. 1.4.3), quali la capacità di stare nel rapporto con un altro, quella di strane fuori e quella di interagire con due partner contemporaneamente senza sottrarsi né escludere nessuno. A partire da questi presupposti, in che modo i bambini di questa età interagiscano e si coordinano nelle interazioni con più di un compagno alla volta?

Vi sono relazioni con altri aspetti indagati dalla letteratura quali la competenza emotiva e sociale?

Lo studio di tali competenze dei bambini nelle interazioni tra pari appare un aspetto particolarmente interessante sia all’interno della psicologia dello sviluppo,come importante contributo allo studio delle interazioni dei bambini nel gruppo dei pari, sia per valutare le influenze delle relazioni familiari. E’ presumibile, infatti, che la famiglia, e le interazioni e relazioni che al suo interno si sviluppano, possano rappresentare una matrice per lo sviluppo delle competenze interattive triadiche che i bambini mettono in atto in altri contesti e in particolare nelle relazioni con il gruppo di pari.

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Capitolo Quarto

INFLUENZA FAMILIARE SULLO SVILUPPO SOCIO-EMOTIVO DEL BAMBINO: STATO DELL’ARTE DELLA RICERCA

Tra gli aspetti considerati influenti sullo sviluppo delle competenza emotiva, oltre ai fattori intrapersonali, quali ad esempio le competenze raggiunte in vari ambiti dello sviluppo, trovano uno spazio rilevante anche i fattori interpersonali ed in particolare il ruolo svolto dai genitori e della famiglia quali ad esempio, gli stili genitoriali di socializzazione emotiva (quadro 4.1.).

Le ricerche mostrano che tutte le interazioni sociali del bambino, sia con i pari, sia con i genitori, sia con gli insegnanti, contribuiscono in modi diversi allo sviluppo o alla disorganizzazione della competenza emotiva del bambino stesso (Corsano, Cigala, 2004).

Quadro 4.1. La socializzazione emotiva in famiglia

Secondo Lewis e Michalson (1983), i bambini attraverso i processi di socializzazione emotiva, imparano: come esprimere le proprie emozioni, quando esprimerle in funzione delle condizioni sociali e del contesto di riferimento, come definirle in base a un lessico emotivo appropriato, come classificare le emozioni degli altri e, infine, come interpretare le condotte emozionali proprie e altrui entro una situazione sociale dotata di senso.

Da questa definizione discende un processo molto complesso e con più sfaccettature che permette di vedere le emozioni come processi e prodotti delle interazioni sociali (Parke, 1994) e, molto si può ricavare dalle relazioni che si vengono a creare in una famiglia, che è tra le principali agenzie di sviluppo dell’identità del bambino e delle sue capacità sociali ed emotive.

I processi di socializzazione emotiva assolvono a diverse funzioni; una di queste è data dalla possibilità di interpretare in modo adeguato l’interazione in atto fra un individuo e il suo ambiente. In questo modo il bambino diventa capace di attribuire un significato preciso alla situazione e di instaurare una connessione fra uno stimolo e una risposta emotiva adeguata. Un’altra funzione è attinente a capacità di coping. Il bambino attraverso le relazioni con i pari e gli adulti, apprende su come fronteggiare una situazione attraverso varie strategie che hanno lo scopo di salvaguardare l’autostima della persona, i sentimenti degli altri e l’immagine che ognuno ha di sé. Le strategie devono essere usate in maniera flessibile, secondo quanto dettato dalla situazione e possono essere di vario tipo, come ad esempio quelle che riguardano la regolazione emotiva o l’espressione di una certa emozione. In tutto questo i membri di una famiglia o i caregiver, in generale, svolgono un ruolo determinante nel promuovere una competenza emotiva adeguata, sia per l’enorme quantità di situazioni che si verificano

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nel manage quotidiano sia per la possibilità di offrire modelli più o meno adeguati a uno sviluppo sociale ottimale.

Un modello molto utile per studiare i processi di socializzazione emotiva è stato proposto da Halberstadt (1991), in seguito modificato da Denham (1998), che propone tre modi con cui avviene l’apprendimento sociale emotivo. I tre meccanismi sono:

1. Modeling. Questa è una modalità che avviene anche senza un esplicito intento di voler insegnare una capacità sociale emotiva e, può adoperare vari canali di comunicazione che vanno da quello verbale a quello mimico, non verbale. Un bambino impara che cosa è un’emozione e come si esprime attraverso le espressioni emotive dei propri genitori. Si tratta di momenti che il bambino vive, anche in modo indiretto, attraverso le numerose occasioni di esposizione alle situazioni emotive. Alcune ricerche mostrano come l’espressività positiva della madre sia direttamente correlata con la capacità del bambino di controllare le proprie emozioni negative (Garner e Power, 1996) e non soltanto quelle positive.

Mentre un’elevata produzione di espressioni di rabbia è inversamente correlata con la capacità dei bambini di riconoscere le espressioni e le situazioni emotive (Denham, Zoller, Couchoud, 1994).

Sembrerebbe pertanto, l’eccesso a risultare disfunzionale, in questa prospettiva tutte le emozioni risulterebbero positive ai fini della socializzazione, mentre la censura netta di alcune emozioni è disfunzionale. Nelle famiglie in cui alcune tipologie di emozioni sono congelate, succede che di fronte a talune emozioni i bambini non hanno dei modelli di espressione di quest’ultime, ciò può arrivare a suscitare dei problemi nella gestione delle emozioni stesse, mentre condizioni di modellaggio adeguate anche di emozioni di per sé negative, consentono al bambino di esprimerle.

2. Coaching. Particolari eventi emotivi che possono coinvolgere o meno i bambini, sono presi come spunto per insegnamenti espliciti da parte degli agenti socializzanti che utilizzano in modo preferenziale il canale verbale.

3. Contingency. Il bambino che esprime una determinata emozione va incontro a delle reazioni da parte delle figure accudenti che sono occasione di apprendimento. Anche in questo caso si possono utilizzare i diversi canali comunicativi verbale, espressivo e comportamentale. Alcune ricerche (Malatesta, Haviland, 1982) hanno mostrato la precocità di tale modalità, inoltre i genitori rinforzano di più le espressioni positive che durano più di un secondo. In questo modo le madri rispondono in modo selettivo alle espressioni emotive del bambino, diventando progressivamente più attente alle espressioni positive tra cui quelle di interesse e di sorpresa e meno pronte a rispondere alle emozioni negative.

Attraverso questo processo fondamentale di apprendimento i bambini si allenano a manifestare maggiormente le emozioni piacevoli rispetto a quelle spiacevoli, attraverso lo stesso meccanismo imparano inoltre quali espressioni emozionali i genitori trovano accettabili costruendo così le regole di esibizione proprie della cultura.

A partire da queste premesse teoriche, Cigala e Sala (2008) hanno condotto una ricerca con lo scopo di indagare che relazione ci fosse tra la competenza emotiva in bambini di età prescolare e le strategie di socializzazione emotiva in famiglia. Dai risultati della ricerca, emerge come ci sia una stretta relazione fra stile espressivo familiare e competenza emotiva dei bambini, in particolare, sembra che lo stile negativo influisca in modo disorganizzante sullo sviluppo della comprensione emotiva dei bambini. Più incisivo risulta essere lo stile negativo-sottomesso della madre, tanto che una madre che tende con molta

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frequenza ad apparire delusa, sconfortata, imbarazzata sembra rappresentare un ambiente che influisce negativamente sulla comprensione delle emozioni da parte dei bambini (Cigala, Sala, 2008).

Secondo quanto emerge da alcuni studi (Parke, Cassidy, Burks, Carson, Boyum, 1992; Cassidy Asher, 1992; Hubbard, Coie, 1994) diversi aspetti legati alle emozioni, quali la regolazione emotiva, l’espressione delle emozioni risultano essere importanti antecedenti della competenza con i pari. Per questi motivi, si osserva in letteratura, negli ultimi decenni, un aumento dell’interesse per l’esplorazione degli antecedenti del comportamento sociale dei bambini, in particolare dell’esame delle influenze familiari, primo contesto per il riconoscimento e la comunicazione dei messaggi emotivi, sullo sviluppo di tali comportamenti (Boyum, Parke, 1995).

Nello specifico se è possibile rintracciare in letteratura modelli che enfatizzano sempre più la famiglia nel suo insieme quale fonte di influenza, rispetto al comportamento di un singolo genitore, da una analisi degli studi che hanno affrontato questa tematica emerge, tuttavia, come nella maggior parte dei casi l’influenza del contesto familiare sullo sviluppo del bambino venga rilevata comunque attraverso una prospettiva diadica.

4.1. RECENTI MODELLI DI ANALISI DELL’INFLUENZA

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