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Le interazioni familiari: i metodi osservativi

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 49-53)

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interattive e relazionali in modo funzionale al contesto. In secondo luogo, è possibile individuare anche un punto vista relazionale, che focalizza i significati delle interazioni che possono prendere forma nelle microtransizioni. In questa ottica, è possibile concepire le microtransizioni medesime in termini di microseparazioni, nel senso di spazi interattivi nei quali si verificano, in tempi piuttosto brevi, separazioni e ricongiungimenti tra i vari membri. In questo senso, ogni decostruzione delle forme interattive richiede ai membri di separarsi e di ricongiungersi in uno spazio relazionale nel quale le “separazioni” si configurano, non tanto in termini di presenza/assenza dell’altro, come nel paradigma classico della Strange Situation, quanto piuttosto come distanza interpersonale. In ogni microtransizione sono quindi implicati, in misura differente a seconda del tipo di situazione, processi di vicinanza ed esplorazione da parte dei singoli membri, vale a dire la disponibilità e la capacità di tollerare il distanziamento interpersonale per esplorare nuove forme interattive.

In questo senso, le dinamiche implicate nei processi di configurazione e microtransizione, rappresentano dei contesti all’interno dei quali i bambini, come gli altri membri e insieme agli altri membri, fanno esperienza continua della decostruzione e ricostruzione delle dinamiche interattive; essi si ritrovano di volta in volta coinvolti in relazioni che hanno forme differenti e nelle quali è chiesto loro di assumere ruoli diversi in termini di partecipazione all’interazione (partecipanti attivi o osservatori) e di coordinarsi con gli altri in modi diversi a seconda della situazione (Cigala, 2007). Le configurazioni ed in particolare le microtransizioni diventano quindi occasioni preziose, quotidiane e ripetute di sviluppo di modalità interattive e relazionali che ciascun membro della famiglia, ed in particolare un bambino, possono utilizzare in altri ambiti relazionali, come la scuola e il gruppo dei pari.

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Le procedure osservative risultano particolarmente adatte allo studio della famiglia, in quanto permettono di analizzare in maniera diretta i membri mentre, nel corso di un’interazione, comunicano, interagiscono e si relazionano piuttosto che le caratteristiche dei singoli che ad essa partecipano. Esse permettono, inoltre, di approfondire le modalità dinamiche e reciproche attraverso cui tale interazione ha luogo. A questo primo livello di analisi è possibile associare, in particolare grazie alle tecniche di videoregistrazione e agli approfondimenti che esse consentono, anche un secondo livello che attiene agli aspetti simbolici sottostanti a tali comportamenti.

Kreppner (2009, pag. 55) sottolinea che “fra gli scopi che caratterizzano l’osservazione, c’è un aspetto che rappresenta una sfida che va oltre la mera descrizione degli eventi o dei comportamenti: trovare un accesso alle spiegazioni che stanno alla base della ricorrenza di precisi pattern comunicativi o interattivi ”. Il presupposto di base è che attraverso l’osservazione dei comportamenti (famiglia praticante) si possa accedere al livello dell’intersoggettività, ovvero alle intenzioni, ai sentimenti, ai significati che sono espressi nelle relazioni familiari e possono e possono essere condivisi (Mazzoni, Lubrano, Lavadera, 2009).

Come sottolineano altri Autori (Stoneman, Brody, 1990), la ricerca osservazionale permette di acquisire dati che non potrebbero essere ottenuti in altro modo e pertanto rappresenta una posizione privilegiata, in grado di aggiungere informazioni uniche nel loro genere e indipendenti dall’autopercezione dei propri comportamenti che possiedono i soggetti all’interno del gruppo familiare. Inoltre i metodi di osservazione diretta possono rivelarsi molto indicati per lo studio delle famiglie con bambini piccoli, che non possiedono le abilità linguistiche necessarie per rispondere a questionari o all’intervistatore.

In secondo luogo, una delle decisioni più importanti riguarda sicuramente la scelta del compito da assegnare alla famiglia che ha lo scopo si indirizzare e limitare i comportamenti dei partecipanti a seconda dell’obiettivo della ricerca. I compiti utilizzati possono distinguersi per livello di strutturazione e variare da quelli relativamente poco strutturati (come ad esempio il gioco libero, in cui viene osservato il comportamento naturale dei partecipanti) a quelli relativamente specifici (come compiti di problem solving, in cui il ricercatore assegna alla famiglia un problema da risolvere per osservare le modalità utilizzate dalla stessa per giungere alla soluzione).

Oltre a quella del compito è molto importante la scelta del setting in cui esso viene svolto: generalmente la scelta è tra setting naturalistico (quale l’ambiente domestico) o

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setting di laboratorio. Le osservazioni compiute in un setting naturalistico hanno indubbiamente una validità ecologica maggiore e permettono maggiore libertà e comodità per la famiglia anche se difficilmente sono disponibili; generalmente sono però osservazioni molto dispendiose a livello di tempo, necessitano di un numero piuttosto elevato di osservatori e risultano maggiormente intrusive. Di contro, le osservazioni condotte in laboratorio hanno minore validità ecologica, in quanto si svolgono in un ambiente inusuale per la famiglia e che pertanto può influire sull’espressione spontanea dei comportamenti dei partecipanti, tuttavia permettono un maggior controllo sulla variabilità dei contesti dell’interazione e sui partecipanti stessi.

Nel nostro caso si è trattato di individuare un compito che potesse consentire l’emergere e di conseguenza la rilevazione delle configurazioni e delle microtransizioni familiari in un tempo ragionevole; nello specifico l’obiettivo che ci siamo proposti era quello di individuare un setting che ci consentisse di osservare la

“famiglia in movimento”, sufficientemente ecologico, ma non invasivo, nel senso di rispettoso dell’intimità quotidiana delle famiglie. Da una analisi dei compiti proposti in letteratura, che come si è detto sono maggiormente finalizzati allo studio delle configurazioni familiari, il compito sperimentale proposto dal Lausanne Triadic Play (cfr parag. 1.4.2., Fivaz-Depeursinge, Corboz-Warney, 1999), con le opportune modifiche che andremo ad illustrare (cfr cap primo studio), ci è sembrato particolarmente interessante. Nello specifico, il setting sperimentale da noi previsto è quello del laboratorio e prevede una sessione di gioco semistrutturato nella quale i genitori interagiscono con il bambino attorno ad un tavolo sul quale sono posti dei giochi per un periodo di circa 10 minuti secondo una specifica consegna che propone ai membri di interagire nelle differenti forme possibili per una triade.

Questo metodo ha richiesto la presenza simultanea dei membri della famiglia, e in particolare della triade padre, madre e bambino. Per quanto riguarda l’età del bambino abbiamo scelto il periodo prescolare per poter valutare le eventuali influenze delle dinamiche familiari su altre interazioni del bambino quali quelle con il gruppo di pari.

Nello specifico nel periodo prescolare, la maggior parte dei bambini frequenta contesti extrafamiliari nei quali sperimenta relazioni orizzontali, come la scuola dell’infanzia.

Infine, come precedentemente sottolineato, è stato indagato un gruppo di famiglie che potrebbero essere definite “normative”, nel senso di non cliniche, non a rischio, e in generale non caratterizzate da particolari aspetti.

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Una delle principali questioni con cui si sono confrontati i ricercatori che fanno ricorso a metodi osservativi è quella della validità ecologica delle osservazioni condotte. A questo proposito, la domanda che più ricorre nei dibatti su questo tema riguarda quanto l’osservazione di una famiglia che interagisce (sia essa in laboratorio o in un setting naturalistico, sotto i riflettori di una telecamera o alla presenza di un ricercatore) modifichi lo stile della famiglia stessa rispetto alla realtà quotidiana. Le risposte, provenienti dalla letteratura appaiono confortanti.

Le indagini svolte in ambito clinico hanno mostrato che quando i processi sono disfunzionali, difficilmente le famiglie sono in grado di simulare relazioni funzionali (Copeland, White, 1991); anche una ricerca condotta da Fivaz e collaboratori (Fivaz-Depeursinge, Corboz-Warney,1999) confermerebbe la continuità tra i pattern interattivi attuati dalle famiglie nel corso della situazione sperimentale e quelli messi in atto nei momenti precedenti e successivi l’esperimento vero e proprio. I dati raccolti dalle due ricercatrici mostrerebbero quindi una tendenza alla costanza dei pattern interattivi familiari disfunzionali, che tenderebbero ad essere trasversali ai contesti, dando così ulteriore conferma alle riflessioni emerse da una accurata rassegna condotta su questo tema (Gardner, 2000) dalla quale si evince che la presenza di un osservatore non distorcerebbe la natura dell’interazione. Inoltre, la ricerca in ambito comunicativo conferma che se i segnali verbali sono controllabili, non è così per quelli non verbali e analogici (Anolli, 2002), e le analisi derivanti da procedure osservative si basano soprattutto sugli indici non verbali.

Infine, una nostra considerazione a questo proposito verte proprio sul presupposto che a partire dalla natura interdipendente delle relazioni, studiare le interazioni tra i membri di una famiglia e non i singoli componenti presuppone che la modificazione del comportamento abituale da parte di un membro non possa che avere degli effetti e delle reazioni da parte degli altri. Come sottolinea Reiss (1981), lo stile di funzionamento caratterizzante una famiglia emerge dal modo in cui i membri della famiglia si coordinano per affrontare determinati eventi, incluso quello del laboratorio.

Un ultima questione che attiene ai metodi osservativi, riguarda l’attendibilità dei dati derivati da tale metodo. Solitamente, gli studi in questo ambito ricorrono a giudici indipendenti che codificano il materiale separatamente al fine di calcolare successivamente l’accordo intercodificatore che testimonia l’affidabilità del sistema di codifica. A questo proposito, come sottolinea Kreppner (2009), le tecniche di videoregistrazione, con la possibilità che esser offrono di conservare le osservazioni su

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nastro, permettono di affrontare il problema dell’attendibilità a partire da una prospettiva completamente nuova. In caso di disaccordo tra valutatori, qualsiasi dettaglio dell’intera scena può essere discusso ripetutamente fino al raggiungimento della consensualità, ma soprattutto la ripetizione delle osservazioni che la videoregistrazione permette potrebbe far emergere aspetti non considerati dai ricercatori al momento della pianificazione della ricerca. Ovvero, le osservazioni registrate su nastro, a differenza di quelle dirette, permettono un ritardo nella scelta e nella definizione della categorie e dunque una discussione approfondita circa l’adeguatezza della classificazione da assumere, nonché l’utilizzo di svariate tecniche di post-produzione (“quali la creazione di nuovi videoclip che possono essere utilizzati per facilitare sia il riconoscimento di dettagli interessanti, sia la scoperta di similitudini nei pattern comportamentali messi in atto in situazioni differenti”. Kreppner, 2009, pag. 50 ).

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