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Le funzioni familiari

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volta; essi acquisiscono cioè quell’importante abilità sociale che permette agli individui di allacciare nuove relazioni significative senza sentire di dover abbandonare quelle già strutturate (Fruggeri, 2009). Anche in questo caso le famiglie possono essere caratterizzate da forme di relazione (alleanze) che favoriscono queste capacità e da forme che risultano invece disfunzionali.

Ancora, la famiglia fornisce ai suoi componenti una base di sicurezza da cui sia possibile partire per esplorare altre mete (cfr. parag. 1.4.3.). E’ infatti nel contesto familiare che si può sperimentare come lo svincolo e la separazione non costituiscano dei salti nel vuoto; poiché in quel contesto l’esperienza del distacco può avvenire nella rassicurante dinamica di svincolo-affidamento-accoglienza-coinvolgimento (Fruggeri, 2002; 2005a), nella quale chi si separa può affidare il proprio interlocutore ad un terzo che è a sua volta pronto ad accogliere chi è stato lasciato. Se tale dinamica non si realizza in modo compiuto, anche in un contesto triadico è possibile fare l’esperienza del vuoto.

Un secondo processo sistemico che caratterizza lo stile di funzionamento familiare fa riferimento, invece, ai modi con cui la famiglia coniuga la stabilità e il cambiamento (Fruggeri, 2005). La stabilità garantisce la continuità del gruppo familiare col proprio passato, sviluppa il senso di appartenenza; il cambiamento, invece, è il necessario esito di processi adattivi sollecitati dalle mutate condizioni dei membri che compongono il gruppo familiare o dall’ambiente in cui esso è inserito. All’interdipendenza relazionale e alla complessità delle dinamiche familiari occorre cioè aggiungere un altro elemento imprescindibile nello studio delle famiglie: la processualità che caratterizza l’assolvimento delle loro funzioni (Fruggeri, 2009).

A questo proposito, un importante snodo teorico, nello studio delle relazioni familiari e delle connessioni tra queste e lo sviluppo individuale, appartiene alla formulazione del concetto di sviluppo familiare (Duvall, Hill, 1948) che prevede una un’analisi processuale delle famiglie che si concentra sul come le relazioni familiari evolvono nel tempo.

Le famiglie vengono infatti definite anche “unità dinamiche” poiché allo scopo di assolvere alle loro funzioni mettono in atto questi processi adattivi sollecitati da mutamenti che intervengono al loro interno e nell’ambiente circostante. Nel corso della loro storia le famiglie riorganizzano ripetutamente i loro rapporti in termini di vicinanza/distanza, potere, gerarchie, ruoli, regole, confini. Si tratta di cambiamenti che vengono stimolati da altri mutamenti intervenienti a vari livelli: individuale, interpersonale, gruppale, sociale (Fruggeri, 1998).

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- Livello Individuale: lo sviluppo emotivo, cognitivo e fisico dei suoi componenti costituisce un fattore di trasformazione per l’intero gruppo familiare.

- Livello Interpersonale: non soltanto gli individui, ma anche le relazioni che tra loro intercorrono si evolvono e si trasformano nel corso del tempo. Le relazioni tra i membri, infatti, si costituiscono, si trasformano, si affievoliscono, si arricchiscono, si sciolgono e mutano nella forma.

- Livello Gruppale: i mutamenti possono avvenire anche a livello della composizione del gruppo della famiglia. Una famiglia si forma e poi nel corso del tempo può estendersi, ridursi, e addirittura ricomporsi e riorganizzarsi in una moltiplicazione di nuclei.

- Livello Sociale: le famiglie non sono soggetti isolati ed avulsi dal più ampio contesto sociale, bensì sono in stretta relazione con l’ambiente a cui appartengono. Per questo, i mutamenti nelle condizioni economiche e in quelle socio-politiche non possono che ripercuotersi sulle famiglie stesse, sia nelle loro pratiche quotidiane che a livello delle dinamiche relazionali.

Un ulteriore passaggio affrontato dagli studi sulle famiglie riguarda la focalizzazione non solo sulle forme familiari in diversi momenti o fasi della loro storia, quanto sulle transizioni che esse attraversano nel passaggio da una fase ad un'altra. In particolare, Breulin (1988), ha introdotto il modello delle microtransizioni a partire da una critica radicale al modello del ciclo di vita (Hill, 1977) ed in particolare alla sua concezione di sviluppo familiare legato ad alcune tappe salienti, sottolineando al contrario il carattere quotidiano e continuo dell’evoluzione familiare. Tali transizioni non sono salti nella storia della famiglia, ma periodi di passaggio che in quanto tali, si configurano come dei veri e propri processi di negoziazione, di coordinazione, di oscillazione, di accomodamento reciproco, di destrutturazione e ristrutturazione di modalità interattive e routine quotidiane. Tali aspetti mettono in evidenza il carattere quotidiano e continuo dello sviluppo familiare ed evidenziano, altresì, come lo studio del cambiamento familiare non possa prescindere dal considerare la continuità entro cui tale processo si svolge (Fruggeri, 2009).

A questo proposito è utile ricordare, i concetti di “morfostasi” e morfogenesi”, introdotti da Maruyama (1963), nello studio e nella descrizione dei processi interattivi familiari. Tale intuizione deriva come critica alla cibernetica, scienza che studia i sistemi di autoregolazione e comunicazione, per l’eccessivo accento posto sui processi di retroazione negativa a scapito di altri tipi di processo. Fin dalle sue origini, infatti, la cibernetica, si preoccupava di analizzare la capacità dei sistemi di autoregolamentarsi e

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quindi di essere in grado di mantenere il proprio equilibrio. Secondo questa scienza, l’omeostasi era possibile attraverso il modello matematico di retroazione negativa (o feedback negativo), ovvero ad ogni cambiamento il sistema metteva in atto un processo tale per cui il cambiamento veniva minimizzato garantendo così l’omeostasi del sistema.

Secondo questo Autore (Maruyama, 1963) la cibernetica ha posto meno attenzione, invece, a tutti quei sistemi nei quali gli effetti di causalità reciproca sono di amplificazione. Attraverso questa critica, quindi, il modello che viene a svilupparsi, ha alla base, non più un processo di feedback negativo, bensì uno positivo il cui effetto è di cambiamento, di perdita di stabilità e di equilibrio: l’informazione in uscita rientra non per minimizzare la deviazione, ma per amplificarla. Questa “nuova” concezione della cibernetica viene quindi definita come “morfodinamica”, dal momento che riguarda i continui cambiamenti presenti in un sistema, vivente e non.

Con l’avvento della seconda cibernetica vengono, in questo modo, contemplati entrambi i tipi di processo: sia quello di riduzione della differenza, con prevalenza delle retroazioni negative e quindi con tendenza morfostatiche (verso la stabilità), sia quello di amplificazione della deviazione, con prevalenza delle retroazioni positive e quindi con tendenza morfogenetiche (verso il cambiamento).

La sopravvivenza del sistema famiglia, quindi, è l’esito di due processi intrecciati:

quello morfostatico che ne garantisce la continuità e la stabilità nei confronti delle costanti variazioni dell’ambiente circostante e interno; e quello morfogenetico, che ne regola le trasformazioni.

Riassumendo quindi, possiamo identificare differenti funzioni familiari principali:

- coniugazione tra autonomia e coesione;

- coniugazione di protezione e contenimento - sviluppo dell’intersoggettività triangolare;

- coniugazione di svincolo e affidamento - coniugazione di stabilità e cambiamento.

La possibilità di coniugare le diverse polarità implicate nelle funzioni familiari emerge dalle risorse dell’intero gruppo familiare, che proprio in quanto rete complessa di rapporti interdipendenti può gestire i bisogni opposti, ma irriducibili dello sviluppo (Fruggeri, 2009).

La ricerca di eventuali corrispondenze tra i differenti stili di funzionamento familiare e l’emergenza soggettiva (Cancrini, La Rosa, 1991) costituisce la principale sfida che da anni stimola chi è impegnato in un lavoro clinico, e non solo, con le famiglie.

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Capitolo Secondo

LO STUDIO DELLE INTERAZIONI FAMILIARI:

TECNICHE, METODOLOGIE E DEFINIZIONE DEI COSTRUTTI TEORICI E DELLE CATEGORIE DI ANALISI

A partire dalle considerazioni emerse nel precedente capitolo, lo studio della famiglia come unità di analisi pone l’accento sull’interdipendenza delle relazioni familiari, sul carattere triadico di tale interdipendenza e sulla dimensione diacronica implicata nelle dinamiche della famiglia e, solleva l’esigenza di mettere a fuoco procedure di ricerca coerenti con la natura relazionale, sistemica e processuale dell’oggetto di analisi (Lanz, Rosnati, 2002; O’Brien, 2005).

Per i ricercatori che si accingono allo studio delle interazioni familiari, così come per ogni altro ambito di ricerca, sono necessarie delle scelte a diversi livelli: che cosa studiare? perché studiarlo?, come studiarlo? come osservarlo? Queste sono solo alcune delle possibili domande a cui ogni studioso deve rispondere e ognuna di esse comporta della precise scelte sia a livello teorico che metodologico. Di seguito si tenterà di rispondere a tali quesiti descrivendo e motivando il percorso da noi svolto nella realizzazione di uno studio sulle interazioni familiari (cfr cap. 6).

2.1. LE INTERAZIONI FAMILIARI: DEFINIZIONE

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