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Relazioni tra competenza emotiva e competenza sociale

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 92-97)

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Dipendente. Delle otto scale, tre valutano la regolazione emotiva, altre tre le relazioni con i pari e le ultime due, il rapporto adulto-bambino.

Le analisi statistiche hanno individuato tre fattori:

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dipendente, per cui alcuni comportamenti possono risultare validi in certi contesti ma non in altri (Duck, 1989; Yeates e Selman, 1989).

Il divenire un essere emozionale, da parte del bambino, avviene attraverso la sua partecipazione a diversi contesti sociali, che riguardano in particolare vari sistemi di relazione all’interno dei quali egli elabora i significati delle emozioni (Barone, 2007).

Infatti, il contesto sociale risulta, da una parte, una cornice interpretativa che consente agli attori sociali di disambiguare i significati da attribuire a un’emozione e, dall’altra, un terreno su cui costruire un codice condiviso entro cui definire le regole per cui tali significati emotivi risultano adeguati o meno a quel determinato contesto.

Poiché in questo periodo di vita, riuscire a inserirsi nel mondo dei coetanei rappresenta uno dei compiti evolutivi principali (Parker e Gottman, 1989; Waters e Sroufe, 1983), la competenza emotiva dei bambini piccoli, in particolare il saper gestire l’attivazione emotiva che accompagna le interazioni sociali, è fondamentale per lo sviluppo della capacità di interagire e di creare rapporti con gli altri (Saarni, 1990).

Come afferma Saarni (1990), “stiamo parlando della capacità (dei bambini) di reagire emotivamente, applicando, tuttavia, contemporaneamente e in modo strategico ai rapporti con gli altri la propria conoscenza delle emozioni e la loro espressione, così da poter effettuare scambi interpersonali regolando al tempo stesso le proprie esperienze emotive” (p. 116). La competenza emotiva dei bambini in età prescolare, quindi, contribuisce ad assolvere a un compito evolutivo cruciale per questo periodo:

l’insorgenza della competenza sociale nel mondo dei coetanei (Lemerise, Gentil, 1992;

Walden, Lemerise, Gentil, 1992 ).

Avere successo nelle interazioni e relazioni quotidiane, implica, quindi, non solo essere emotivamente competenti, ma anche riuscire a legare tale competenza a quella sociale. Walden e Field (1990) sintetizzano così le complesse relazioni emerse dalle ricerche tra i due tipi di competenza: i bambini dotati di un’espressività più spontanea possono essere considerati compagni di giochi migliori e con i quali è divertente trovarsi. Essi possono anche saper usare strategicamente la propria espressività per ottenere scopi sociali. Similmente, i bambini capaci di comprendere le emozioni provate dai compagni si trovano in vantaggio quando, durante il gioco, devono rispondere appropriatamente alle emozioni altrui. Per questa loro qualità, possono risultare anche più simpatici.

Poiché le emozioni hanno una valenza comunicativa, i segnali forniti dall’espressività emotiva possono influenzare l’inizio di una interazione sociale, il suo

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corso, la comunicazione che vi si svolge (Denham, 2001). In particolare, le emozioni positive influenzano non solo l’inizio delle interazioni, ma anche la loro continuazione.

Inoltre, è possibile individuare anche un effetto a lungo termine di questo tipo di espressività, che già in età prescolare sembra acquisire una certa stabilità: cosa e come un bambino esprime incide sull’idea che gli altri si fanno di lui e su come quest’ultimo veda gli altri. Viceversa, le emozioni negative hanno effetti contrari e disgreganti sia sullo svolgimento delle interazioni sia sull’elaborazione delle informazioni sociali relative ad esse (Lemerise, Dodge, 1993; Rubin, Clark, 1983; Rubin, Daniels-Byrness, 1983). Inoltre, un grande impatto sul successo in ambito sociale è dato dal possesso di un linguaggio emotivo e dalla capacità di saperlo usare con flessibilità. Infatti le emozioni possono essere viste come un linguaggio, ossia un veicolo comunicativo dotato di un proprio vocabolario, di proprie forme sintattiche, di propri significati e di una propria gamma di effetti pragmatici (Barone, 2007). Il linguaggio emotivo si esplica in due forme, una non verbale e una verbale. Alla prima forma si rifanno tutti i gesti, la mimica facciale, i segnali vocali, gli elementi posturali mentre, nella seconda forma si ritrovano tutte le parole attraverso cui sono espresse le emozioni. Saper parlare dei sentimenti può aiutare a comunicare le proprie necessità, a ottenere ciò che si vuole, o a dimostrare di capire gli altri e, sapere quando manifestare le emozioni e quando non manifestarle è qualcosa di intimamente legato al successo delle interazioni sociali in corso (Denham, 2001).

Oltre a saper esprimere le emozioni, un altro criterio di successo nel rapporto con gli altri, è dato dalla capacità di saper leggere i segnali emotivi degli altri. Alle volte il contenuto verbale di un’affermazione può portare a un’interpretazione fuorviante delle intenzioni del mittente. Le emozioni servono come indizi qualitativi che aiutano una giusta interpretazione dell’interazione in corso. Inoltre la comprensione delle emozioni proprie e altrui consente di fare collegamenti fra emozioni ed eventi e tali collegamenti aiutano a formare schemi prevedibili di interazioni e di ragionare in termini futuri. In età prescolare è molto frequente trovarsi di fronte a errori di giudizio sulle emozioni altrui; un errore frequente di questo periodo risulta la confusione fra tristezza e rabbia (Denham, 2001), ma errori più gravi possono comportare un rischio per la relazione stessa. Infatti, un bambino che interpreta un suo gesto verso un compagno come gradito quando, in realtà, è qualcosa che arreca fastidio all’altro, incorre nel rischio di perseverare in futuro nella sua condotta e di portare a una rottura nel rapporto con l’altro.

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Infine, un contributo alla competenza sociale è dato dalla capacità del bambino di saper regolare il proprio stato emotivo. Le strategie di regolazione emotiva sono in gran parte apprese nel contesto familiare che a seconda delle reazioni contingenti, dell’esempio offerto e dai tentativi di insegnamento mirati da parte di dei genitori, forniscono strumenti che potranno essere applicati e testati nella relazione con i pari.

Saper regolare il proprio stato di eccitazione emotiva porta a una valutazione di sé come di una persona in grado di saper gestire l’evento emotivo. L’acquisizione di una sicurezza e un’autoefficacia emotiva hanno un forte valore adattivo nelle relazioni, soprattutto in quelle situazioni di conflitto che possono avere effetti compromettenti rilevanti sul benessere individuale. Grazie all’acquisita consapevolezza delle varie modalità di gestione emotiva, ci si può chiedere quale sia la strategia migliore per affrontare una determinata situazione in un modo socialmente accettabile e culturalmente condiviso. La regolazione emotiva, inoltre, permette un buon adattamento emotivo anche perché consente di sviluppare strategie volte a inibire o modulare le emozioni negli altri, come può succedere, ad esempio, nei casi di consolazione della tristezza o della rabbia di un compagno.

In letteratura esiste ormai un corpus di dati abbastanza ampio che evidenzia una serie di relazioni importanti tra la capacità dei bambini in età prescolare e scolare di regolare le emozioni in vari contesti e il loro adattamento sociale. In particolare, le ricerche evidenziano come la capacità regolatoria si associ ad una serie di indicatori sociali, quali la popolarità all’interno del gruppo dei pari (Cigala 2003; Coie, Dodge, 1983; Eisenberg, Valiente, Fabes, Smith, Reiser, Shepard 2003), la capacità di comprendere le emozioni altrui e di mettere in atto comportamenti prosociali (cfr.

Eisenberg, Fabes, Spinard 2006, per una rassegna), la capacità cooperativa con i pari e con gli insegnanti (Denham, Blair, DeMudler, Levitas, Sawyer, Auerbach-Major, 2003). Una serie di ricerche mette in luce inoltre come una inadeguata regolazione delle emozioni di rabbia ed esuberanza risulti associata a problemi di esternalizzazione del comportamento sia nel contesto scolastico che familiare, mentre una scarsa regolazione delle emozioni di paura e tristezza è correlata a problemi di internalizzazione e ansia sociale (Eisenberg, Richard, Murphy 1996; Rydell, Berlin, Bohlin 2003; Rydell, Thorell, Bohlin 2007). Nel complesso, si delinea quindi un’importante relazione tra la capacità dell’individuo di regolare le proprie emozioni in modo adattivo e le sue prestazioni in vari ambiti dello sviluppo sociale. Questa si configura come una relazione di tipo biunivoco (Corsano, Cigala 2004), infatti, un

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individuo capace di regolare le proprie emozioni in modo adeguato al contesto sociale avrà anche delle risorse in più per “affrontare” gli altri, e tutte le dinamiche relazionali positive e conflittuali nelle quali si trova ad interagire, sia come protagonista che come spettatore, in particolare sarà un individuo capace di comprendere le emozioni degli altri, le loro aspettative e le regole del contesto. Dall’altra parte, però è plausibile leggere tale relazione anche in senso inverso, vale a dire un bambino che ha una storia di relazioni sociali “soddisfacenti” sia familiari che extrafamiliari, avrà avuto ed avrà molteplici occasioni per apprendere come regolare le proprie emozioni in modo adattivo.

L’emergere della teorizzazione, da parte di diversi autori, di una relazione dinamica e bidirezionale tra competenza emotiva e competenza sociale ha impegnato la ricerca nell’individuazione delle relazioni tra esse esistenti. In particolare una ricerca (Corsano, Cigala, 2004), ha indagato la relazione tra la capacità dei bambini di regolare le espressioni emotive di tristezza e rabbia, in situazioni nelle quali tali emozioni potevano ferire altre persone e la loro competenza sociale, percepita dai compagni e dalle insegnanti. Dai risultati, emerge che la competenza sociale, così come viene percepita dai compagni attraverso al nomina dei pari, si mostra in relazione con diversi aspetti della competenza emotiva. In particolare i bambini più scelti dai compagni per svolgere determinate attività si rivelano più competenti nel riconoscimento delle espressioni emotive, nel riconoscimento d’antecedenti situazionali emotivi, nella comprensione dei sentimenti degli altri, nella regolazione dell’espressione emotiva, soprattutto nel caso della rabbia. Allo stesso modo alcuni item del questionario rivolto alle insegnanti si sono rivelati predittivi per la regolazione di entrambe le emozioni (Corsano, Cigala, 2004). Presi nel loro insieme, questi dati testimoniano l’importante valore adattivo della competenza emotiva ai fini dello sviluppo d’adeguati e soddisfacenti rapporti sociali. Altri studi (Denham, Renwick, Holt, 1991; Eisensberg, Fabes, Berzweig, Karbon, Paouline, Hanish, 1993) mostrano che i bambini che risultano abili nel mantenere un equilibrio tra emozioni positive e negative ricevono alti punteggi dall’insegnante nella dimensione dell’amicizia e dell’assertività e bassi nell’aggressività e nella rabbia, inoltre rispondo in modo maggiormente prosociale alle emozioni dei pari e sono visti in modo migliore dai loro compagni. Ulteriori ricerche (Cassidy, Hasher, 1992; Hubbard, Coie, 1994) indicano che la capacità del bambino di regolare in modo appropriato le emozioni è associata con la qualità delle sue relazioni con i pari. Questi studi suggeriscono che l’abilità di

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regolare il tono emotivo nell’interazione con gli altri è un aspetto critico della competenza sociale e del successo nelle relazioni con i pari.

Le ricerche (Manstead, Edwards, 1992; Slomkowski, Dunn, 1992; Denham Renwick-DeBardi, Hewes, 1994; Corsano, Cigala, 2004), negli ultimi decenni, hanno evidenziato numerosi legami tra la competenza emotiva ed alcune dimensioni della competenza sociale, corroborando da un lato l’ipotesi che i vari aspetti del funzionamento emotivo si apprendano nelle interazioni sociali e dall’altro che la competenza emotiva contribuisca al successo nelle interazioni interpersonali. A fronte di molteplici relazioni individuate dalle ricerche, alcuni autori si sono posti il problema dell’esistenza di una chiara linea di demarcazione tra competenza emotiva e competenza sociale. Come risposta al quesito Halberstadt e collaboratori introducono il costrutto di competenza socioaffettiva (affective-social competence) ad indicare una parziale sovrapposizione tra i due ambiti (Halberstadt, Denham, Dunsmore 2001).

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