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Le interazioni familiari: definizione dell’ambito di studio e di indagine

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 45-49)

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Capitolo Secondo

LO STUDIO DELLE INTERAZIONI FAMILIARI:

TECNICHE, METODOLOGIE E DEFINIZIONE DEI COSTRUTTI TEORICI E DELLE CATEGORIE DI ANALISI

A partire dalle considerazioni emerse nel precedente capitolo, lo studio della famiglia come unità di analisi pone l’accento sull’interdipendenza delle relazioni familiari, sul carattere triadico di tale interdipendenza e sulla dimensione diacronica implicata nelle dinamiche della famiglia e, solleva l’esigenza di mettere a fuoco procedure di ricerca coerenti con la natura relazionale, sistemica e processuale dell’oggetto di analisi (Lanz, Rosnati, 2002; O’Brien, 2005).

Per i ricercatori che si accingono allo studio delle interazioni familiari, così come per ogni altro ambito di ricerca, sono necessarie delle scelte a diversi livelli: che cosa studiare? perché studiarlo?, come studiarlo? come osservarlo? Queste sono solo alcune delle possibili domande a cui ogni studioso deve rispondere e ognuna di esse comporta della precise scelte sia a livello teorico che metodologico. Di seguito si tenterà di rispondere a tali quesiti descrivendo e motivando il percorso da noi svolto nella realizzazione di uno studio sulle interazioni familiari (cfr cap. 6).

2.1. LE INTERAZIONI FAMILIARI: DEFINIZIONE

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ruoli e di modalità di rapporto che gli individui e le famiglie affrontano durante i passaggi che segnalano i cambiamenti evolutivi nel corso della storia.

Nello specifico, anche il processo morfostatico comporta dei cambiamenti, tutti quei cambiamenti necessari a mantenere la struttura/identità familiare. Tale suggestione, non deriva soltanto dai concetti introdotti da Maruyama (1963), anche Watzlawick (Watzlawick, Weakland, Fisch, 1974), parlando di cambiamento, mette in evidenza come complessi sistemi omeostatici passino attraverso lunghe sequenze di stati interni, dove seppur dall’osservazione emerge che nemmeno due sequenze risultano uguali tra loro, alla fine raggiungono lo stesso risultato, cioè il loro stato stazionario. Nello specifico, tale apporto convalida la tesi per cui è necessario

“muoversi” anche per mantenere una determinata forma.

Nello specifico, tali aspetti, riguardano il come le persone coordinano i rispettivi comportamenti nell’assumere e abbandonare posizioni e ruoli diversi nell’interazione per il mantenimento di quelle pratiche, routine e rituali quotidiani che costituiscono l’impalcatura che funziona da supporto allo sviluppo del gruppo e dei suoi componenti (Emiliani, 2008). Sia i processi morfostatici che quelli morfogenetici avvengono attraverso le tante microtransizioni che le famiglie gestiscono attraverso le loro interazioni e pratiche quotidiane.

Le microtransizioni che tuttavia costituiscono oggetto di studio e di ricerca sono solitamente quelle morfogenetiche, ovvero quelle connesse con quei periodi nella storia delle famiglie durante i quali esse ridefiniscono i loro rapporti in termini di vicinanza/distanza, potere, gerarchie, ruoli, confini. Si tratta di riorganizzazioni dinamico-relazionali che, pur realizzandosi attraverso negoziazioni quotidiane (Breulin, 1988), producono delle trasformazioni rilevabili ad un livello macroanalitico.

Tuttavia, nella vita delle famiglie ci sono altre microtransizioni importanti, che riguardano l’aspetto morfostatico, sia per la qualità dei percorsi dello sviluppo personale dei singoli componenti, sia delle relazioni che si strutturano tra loro. Si tratta di microtransizioni rilevabili a livello interattivo, che fanno riferimento a come le persone si coordinano nell’assumere e abbandonare posizioni e ruoli diversi nell’interazione. Nello specifico, le microtransizioni, a cui ci riferiamo, si caratterizzano come una serie di ristrutturazioni interattive repentine che si ripetono più volte nell’arco di una giornata, che hanno il carattere della reversibilità e che hanno a che vedere con il ruolo svolto da ciascun membro della famiglia all’interno dello

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spazio relazionale e interattivo del qui ed ora (Cigala, Fruggeri, Marozza, Venturelli, 2009; 2010).

Si pensi ad esempio, ad un momento serale in cui madre e bambino sono in cucina e stanno conversando mentre la madre prepara la cena e il bambino apparecchia la tavola: a quel punto il padre rientra a casa. Da questa situazione l’interazione tra madre e bambino si modificherà con l’ingresso del padre e i personaggi passeranno probabilmente ad una situazione in cui tutti e tre conversano mentre iniziano a cenare;

per passare in seguito ad un’altra situazione interattiva che vede la madre alzarsi per riordinare la cucina mentre padre e bambino iniziano a giocare; più tardi padre e madre potranno iniziare una conversazione tra loro mentre il bambino continua a giocare da solo. Gli esempi sono innumerevoli e possono riguardare contesti e persone differenti, come nel caso in cui il padre dopo una giornata di lavoro va a prendere il figlio alla scuola dell’infanzia o a casa dei nonni.

Si tratta di momenti importanti per la famiglia in cui i componenti possono apprendere competenze sociali da spendere anche al di fuori del gruppo familiare di appartenenza. In queste microtransizioni i componenti di una famiglia sviluppano le abilità necessarie a esplorare nuovi contesti relazionali pur rimanendo connessi con quelli abituali (Fruggeri, 2009).

Una disamina della letteratura sulla famiglia evidenzia, in primo luogo, come i contributi empirici che hanno coinvolto famiglie con bambini piccoli si siano focalizzati prevalentemente sulle dinamiche relazionali e comunicative messe in atto in determinate situazioni, quali il gioco con i bambini (Nadel, Tremblay-Leveau, 1999; Paley, Cox, Kanoy, 2006), il problem-solving (Lindahl, Malik, 2006), o conversazioni più o meno strutturate (Gordis, Margolin, 2006) (cfr parag.4.2.1). La ricerca ha quindi privilegiato lo studio delle modalità della famiglia di “stare” in una determinata situazione, vale a dire in una determinata configurazione, trascurando l’analisi dei processi messi in atto nel passaggio da una configurazione all’altra.

In secondo luogo, questi stessi studi non hanno, nella maggior parte dei casi, adottato categorie di analisi traidiche, ovvero in grado di rispettare la complessità dell’interazione, le analisi condotte derivano dal confronto tra le diverse interazioni diadiche (madre-bambino, padre-bambino e in alcuni casi anche padre- madre; cfr parag 4.2).

A partire da tali considerazione riteniamo di notevole interesse, sia per una maggiore comprensione dei processi evolutivi del bambino, che del funzionamento

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familiare nel suo insieme, poter focalizzare come oggetto di studio sia i momenti interattivi quotidiani, sia quei momenti tuttavia molto frequenti in cui la famiglia transita da una forma interattiva ad un’altra, attraverso l’applicazione di un’analisi triadica delle interazioni.

In particolare, essere coinvolto in una configurazione interattiva richiede la capacità di coordinarsi con gli altri per stare nella situazione, ovvero richiede importanti abilità psicologiche quali: la capacità di stare nel rapporto con un altro, la capacità di starne fuori, e la capacità di interagire con due partners contemporaneamente senza sottrarsi, né escludere nessuno (cfr parag. 1.4.3). Essere coinvolti in una microtransizione comporta, invece, la capacità di coordinarsi con gli altri per entrare e uscire dalle situazioni interattive. In altri termini, le configurazioni implicano la co-costruzione di modelli interattivi (il coinvolgimento), le microtransizioni implicano sia la de-costruzione di modelli interattivi (la separazione), sia la ri-costruzione di modelli interattivi (il coinvolgimento).

All’interno di questo quadro concettuale, lo studio delle configurazioni e delle microtransizioni porta ad una serie di interrogativi, che riguardano, in particolare, i processi che una famiglia mette in atto nel mantenimento di una determinata modalità interattiva e i processi che invece intervengono nel momento in cui i membri della famiglia compiono una microtransizione ad un’altra configurazione. Ancora, come si coordinano i membri della famiglia nella gestione di questi differenti momenti? Quali possibili relazioni esistono tra le modalità della famiglia di stare in una determinata configurazione e la modalità di transitare da una configurazione all’altra?

Per quanto riguarda, nello specifico, le microtransizioni riteniamo che queste ristrutturazioni interattive, che spesso avvengono al di là di una chiara consapevolezza dei protagonisti, rivestano un’importanza fondamentale da vari punti di vista. In primo luogo, dal punto di vista interattivo, esse rappresentano dei frame nei quali la famiglia è impegnata a “decostruire” insieme una modalità interattiva per “ricostruirne” un’altra differente. Tali operazioni richiedono, da parte dei singoli membri, la capacità, non tanto di “stare” in una determinata situazione interattiva, quanto piuttosto la disponibilità e la capacità di “uscire” da essa per “entrare” in un’altra, e di coordinare la proprie azioni con quelle degli altri per perseguire obiettivi comuni. Sono in questione, quindi, abilità fondamentali che concorrono allo sviluppo di una competenza più complessa, quale è quella della flessibilità, che nello specifico si declina come la capacità da parte di una famiglia di sperimentare varie forme

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interattive e relazionali in modo funzionale al contesto. In secondo luogo, è possibile individuare anche un punto vista relazionale, che focalizza i significati delle interazioni che possono prendere forma nelle microtransizioni. In questa ottica, è possibile concepire le microtransizioni medesime in termini di microseparazioni, nel senso di spazi interattivi nei quali si verificano, in tempi piuttosto brevi, separazioni e ricongiungimenti tra i vari membri. In questo senso, ogni decostruzione delle forme interattive richiede ai membri di separarsi e di ricongiungersi in uno spazio relazionale nel quale le “separazioni” si configurano, non tanto in termini di presenza/assenza dell’altro, come nel paradigma classico della Strange Situation, quanto piuttosto come distanza interpersonale. In ogni microtransizione sono quindi implicati, in misura differente a seconda del tipo di situazione, processi di vicinanza ed esplorazione da parte dei singoli membri, vale a dire la disponibilità e la capacità di tollerare il distanziamento interpersonale per esplorare nuove forme interattive.

In questo senso, le dinamiche implicate nei processi di configurazione e microtransizione, rappresentano dei contesti all’interno dei quali i bambini, come gli altri membri e insieme agli altri membri, fanno esperienza continua della decostruzione e ricostruzione delle dinamiche interattive; essi si ritrovano di volta in volta coinvolti in relazioni che hanno forme differenti e nelle quali è chiesto loro di assumere ruoli diversi in termini di partecipazione all’interazione (partecipanti attivi o osservatori) e di coordinarsi con gli altri in modi diversi a seconda della situazione (Cigala, 2007). Le configurazioni ed in particolare le microtransizioni diventano quindi occasioni preziose, quotidiane e ripetute di sviluppo di modalità interattive e relazionali che ciascun membro della famiglia, ed in particolare un bambino, possono utilizzare in altri ambiti relazionali, come la scuola e il gruppo dei pari.

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 45-49)