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Lo sviluppo della competenza emotiva

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 81-84)

3.2 La competenza emotiva

3.2.1 Lo sviluppo della competenza emotiva

Barone (2007) afferma che nel concetto di competenza, siano inclusi anche quelli di abilità, conoscenza, efficienza, padronanza e, soprattutto, organizzazione. Affinché, quindi, un individuo possa essere considerato competente, è necessario che queste diverse componenti raggiungano ciascuna un buon funzionamento e, allo stesso tempo, realizzino una buona integrazione reciproca. Nel caso specifico della competenza emotiva, la complessità aumenta, dovendo tenere in considerazione che la sola emozione si presenta come un fenomeno pluricomposto dotato di caratteristiche e funzioni specifiche. Dato il carattere complesso dell’esperienza emotiva richiede, quindi, una costruzione di una competenza che si pone come una delle maggiori “sfide evolutive” che un bambino deve affrontare.

La letteratura, infatti, sottolinea come l’emozione sia un fenomeno riconducibile ai diversi aspetti del funzionamento umano che operando in sinergia consentono all’individuo di organizzare la risposta emotiva verso l’ambiente.

Due sono gli ambiti a cui si può fare riferimento quando si parla di emozione, l’aspetto cognitivo e quello sociale.

Le teorie cognitive vedono l’emozione come un fenomeno che si costruisce all’interno di una dinamica processuale, di cui le elaborazioni cognitive ne rappresentano i costituenti centrali (Barone, 2007). In questo senso risultano centrali i processi attraverso cui percepiamo e valutiamo l’ambiente, sia interno che esterno. La psicologia dello sviluppo sottolinea, inoltre, il carattere attivo del bambino che sin dalle prime fasi evolutive si dimostra un soggetto potenzialmente dotato di strumenti che gli consentano di interpretare gli stimoli elicitanti la risposta emozionale.

L’emozione, però, è da considerarsi anche un fenomeno sociale, legata all’interazione umana e al contesto nel quale si esplica. Secondo Barone (2007), l’emozione è una strategia, una risposta costruita e appresa che gioca un ruolo informa di azione. Dato che le azioni implicano situazioni, l’analisi delle emozioni non può prescindere dalla considerazione dei contesti sociali nei quali essa si manifesta e, dunque, anche dalla valutazione circa la sua appropriatezza.

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L’esperienze e l’espressione dell’emozione possono influenzare il comportamento della persona che le prova e, forniscono informazioni sociali agli altri (Denham, 2001).

Saarni (1987) afferma che “la significatività dell’emozione si fonda sulle relazioni umane, le transazioni tra le persone sono l’oggetto principale per il quale i sentimenti vengono vissuti, osservato i dedotti, discussi e trasformati in aspettative che servono da guida nelle transazioni interpersonali future” (p.536). Anche i bambini molto piccoli, attraverso le proprie esperienze e attraverso la socializzazione con gli adulti, imparano le “regole dei sentimenti” della comunità in cui vivono: quali sentimenti provare nelle differenti situazioni, come interpretarli e gestirli e come reagire ai sentimenti altrui (Hochschild, 1979).

Lo sviluppo della competenza emotiva dei bambini è, inoltre, fortemente legato ai progressi che interessano altri ambiti delle capacità umane. I diversi livelli di competenza emotiva che si riscontrano fra bambini di età diversa sono dovuti, oltre all’esperienza e a processi di socializzazione, anche alle maggiori competenze linguistiche, alla capacità di assumere il punto di vista degli altri, allo sviluppo di un concetto di sé e di un senso morale (Denham, 2001) nonché a una crescita nella comprensione delle cause e delle conseguenze delle emozioni.

È possibile tracciare un profilo evolutivo della competenza emotiva, profilo che non ha pretese di esaustività e che certamente deve tener conto di una multifattorialità così come di differenze interindividuali durante il percorso evolutivo. Un primo aiuto concettuale consiste nell’ adottare un modello che compartimentalizzi le diverse componenti della competenza emotiva e può essere utile fare riferimento alla classificazione offerta da Denham (2001), che le individua nell’ Espressione, Comprensione e Regolazione.

La capacità di esprimere emozioni è una risorsa di cui disponiamo dall’inizio del ciclo di vita e che ci accompagna per tutto l’arco dell’esistenza (Barone, 2007).

Sebbene i cambiamenti più rilevanti si manifestino nei primi due anni di vita, è a partire da questa età che il bambino apprende regole di esibizione che gli consentono di capire non solo che cosa esprimere in una determinata circostanza, ma anche come e quando (Saarni, 1999).

Le emozioni di base compaiono nei primi due anni di vita, ma un primo cambiamento evolutivo riguarda la frequenza e la gamma delle manifestazioni emotive (Barone, 2007). Successivamente si assiste alla comparsa di emozioni “miste” e di quelle sociali come l’imbarazzo, l’orgoglio, la vergogna e la colpa. A partire dai due

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anni, ma con incremento intorno ai tre-quattro anni, sono presenti strategie di modulazione espressiva tramite il mascheramento dell’espressione emotiva che, permettono al bambino di dissimulare, per esempio, la delusione per un’aspettativa non realizzata.

È sempre a partire dal secondo anno di vita circa che la competenza emotiva si arricchirà anche della capacità di comprendere il carattere intenzionale dell’emozione (Harris, 1989). Per quanto riguarda la componente della Comprensione, Pons, Harris e de Rosnay (2004), hanno individuato un percorso evolutivo che vede la progressiva comparsa delle nove capacità contemplate nel loro modello. Nello specifico, secondo gli Autori, sarebbe la componente del Riconoscimento la prima a essere acquisita dal bambino. Approssimativamente intorno ai 2-3 anni, i bambini sarebbero in grado di riconoscere e nominare le emozioni in base a segnali espressivi del volto. Intorno ai tre anni, inizia la comprensione della Causa Esterna delle emozioni, la comprensione, cioè, di come le cause situazionali esterne influenzino le emozioni proprie e altrui. La comprensione dei Desideri, avviene, invece, verso i quattro anni consentendo al bambino di capire come la reazione emotiva dipenda dai desideri attesi da una persona.

Tra i tre e i sei anni, diventa sempre più manifesta la relazione tra emozione e Ricordo, per cui il bambino capisce che lo scorrere del tempo attenua l’intensità di un’emozione. A partire dai 5 anni inizia la comprensione del legame tra Credenze ed emozione grazie al quale è possibile ritrovare una corrispondenza fra credenze, vere o false, e reazione emotiva. Non prima della fine del periodo prescolare, la comprensione della possibile discrepanza tra espressione di un’emozione ed emozione realmente provata (Occultamento), può dirsi completa. Infine, verso gli otto anni, sembra avviarsi la comprensione delle Emozioni “miste”, dell’impatto della Morale sulla valutazione di un’esperienza emotiva e delle strategie di Regolazione emotiva.

Nel primo caso, gli Autori si riferiscono alla capacità da parte del bambino di capire che una persona può esperire più emozioni, anche contraddittorie, verso una stessa situazione; nel caso della Morale, bambini di otto anni iniziano a capire come sentimenti negativi possono essere il risultato di un’azione riprovevole e che quelli positivi possono essere una risultante di azioni lodevoli; per quanto riguarda la comprensione della Regolazione emotiva, bambini già in età prescolare capiscono la possibilità di adottare alcune strategie per fronteggiare emozioni negative.

La Regolazione Emotiva è anche l’ultima componente della competenza emotiva contemplata dal modello proposto da Denham (2001). Sembra possibile rintracciare i

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suoi esordi già nel periodo precedente ai due anni di vita quando, i bambini orientano l’attenzione verso uno stimolo o la distolgono da esso, sono capaci di distrarre se stessi mediante l’autoconsolazione o l’autostimolazione fisica oppure, esercitano la manipolazione cognitiva e simbolica di una situazione attraverso il gioco (Kopp, 1989). Sebbene ci siano già questi primi tentativi di fronteggiare e gestire un’emozione, i bambini in età prescolare hanno bisogno di sostegno esterno per diventare abili nella regolazione delle proprie emozioni (Kopp, 1989; Maccoby, 1983;

Thompson, 1994). I genitori del bambino possono, ad esempio, permettere al bambino di affermare i propri sentimenti e apprendere dai loro feedback oppure, reinterpretare e rimaneggiare gli eventi emotivamente carichi attraverso le conversazioni. Nonostante la presenza di un supporto esterno si renda necessario affinchè il bambino apprenda strategie regolatorie, non è detto che egli non intraprenda di sua iniziativa alcuni tentativi di regolazione emotiva. Tramite una modalità di apprendimento per prove ed errori, bambini in età prescolare sperimentano strategie quali lo sfogo, l’evitamento o l’espressione di avversione/disapprovazione (Fabes, Eisenberg, 1992) oppure utilizzano una strategia di tipo più comportamentale intervenendo attivamente nell’ambiente attraverso l’uso gi giocattoli, l’esplorazione generale o il coinvolgimento di un’altra persona. Dopo il periodo prescolare le strategie da comportamentali diventano sempre più cognitive, nel senso che bambini più grandi sono in grado di

“pensare a” qualcos’altro, anziché “fare” qualcos’altro (Denham, 2001).

3.2.2. STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELLA COMPETENZA EMOTIVA

Nel documento UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 81-84)