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La complessità del procedimento “notice and comment” e l’approvazione dell’Accordo

4. Il superamento di Basilea I ed il Nuovo Accordo

4.2. La complessità del procedimento “notice and comment” e l’approvazione dell’Accordo

Il Comitato di Basilea si mise all’opera per la formulazione della disciplina già a partire dalla metà degli anni novanta. Il Nuovo Accordo aveva obiettivi più ambiziosi rispetto al precedente, in quanto non si basava solamente sui requisiti patrimoniali minimi, ma si occupava nel dettaglio della vigilanza prudenziale e della

M. Passalacqua, Diritto del rischio nei mercati finanziari: prevenzione, precauzione 36

disciplina del mercato bancario. Tali considerazioni muovevano dal presupposto che la stabilità del sistema finanziario poteva essere raggiunta certamente passando dalle norme sul capitale ma, oltre a questo, era necessario il monitoraggio delle banche da parte delle autorità nonché l’introduzione di obblighi informativi degli enti creditizi in merito al patrimonio di vigilanza, al calcolo dei rischi ed alla loro gestione . Ed è proprio su questa tripartizione di interessi 37

che si creò la nuova disciplina; vennero formalizzati infatti i cosiddetti tre pilastri di Basilea II . 38

Al contrario del testo del 1988, estremamente sintetico e snello in quanto ammontante a poche decine di pagine, il secondo Accordo di Basilea è un documento ponderoso, composto da più di duecento pagine, facendo emergere così tra i due atti la profonda differenza già dal punto di vista dell’impostazione . 39

Quello che è rimasto pressoché invariato fu il procedimento di formazione degli atti, in quanto già per il primo Accordo venne seguita la procedura di notice and comment.

M. Condemi, Controllo dei rischi bancari e supervisione creditizia, Cacucci, 2005, 37

pp. 328-329.

In particolare: il primo pilastro si occupa degli standard minimi di adeguatezza 38

patrimoniale oltre ad un apposito requisito volto a fronteggiare i rischi operativi; il secondo delle regole prudenziali e la gestione dei rischi ed infine il terzo della disciplina del mercato.

M. De Bellis, La regolazione dei mercati finanziari, op. cit., p. 162. 39

La tecnica di regolamentazione adottata prende il nome di

better regulation e con tale espressione si fa riferimento alle fasi di

consultazione e confronto con gli intermediari e all’approfondita analisi di impatto, volta a misurare costi e benefici, che precedono l’adozione di un atto; tutto ciò è accompagnato da una chiara indicazione della motivazione alla base delle scelte effettuate nel concreto . Dalla fine degli anni Ottanta, il Comitato iniziò ad 40

orientarsi verso la pubblicazione di documenti di consultazione, procedimento che già veniva ampiamente utilizzato negli Stati Uniti.

Per la formazione del primo atto venne seguita tale procedura, ma in forma estremamente embrionale. Nel dicembre del 1987 il Comitato pubblicò un documento di consultazione prevedendo un periodo di un semestre per la presentazione di osservazioni da parte dei soggetti interessati, ma appena un mese dopo tale scadenza, seguì la pubblicazione finale dell’Accordo. Il lasso di tempo estremamente ridotto comportò che le osservazioni formulate vennero accolte in misura minima, così portando a cambiamenti limitati nella versione definitiva . 41

A. M. Tarantola, La funzione di compilance nei sistemi di governo e controllo delle 40

imprese bancarie e finanziarie, 2007, p. 6.

M. De Bellis, La regolazione dei mercati finanziari, op. cit., p. 250. 41

Al contrario, nel lungo e complesso processo di revisione dell’impianto regolamentare che portò al Nuovo Accordo, si era costantemente cercato di instaurare con l’industria bancaria un proficuo processo di consultazione, nella consapevolezza che l’applicazione di una disciplina destinata a produrre profondi impatti sugli intermediari destinatari non avrebbe potuto essere imposta dall’alto, senza una preventiva fase di condivisione sostanziale . 42

Possiamo notare infatti che si susseguirono tre documenti di consultazione, altrettanti periodi in cui gli interessati inviarono le proprie osservazioni, cinque studi di impatto quantitativo e un lasso temporale complessivo di consultazione durato ben cinque anni.

Il primo a proporre la riforma dell’Accordo sul capitale fu Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve, il quale già nel maggio del 1996 aveva dichiarato pubblicamente che le debolezze di Basilea I stavano divenendo sempre più evidenti . 43

Le autorità di vigilanza formularono un testo piuttosto sintetico, in linea con la prassi precedente del Comitato e ben distante dalla complessità della sua formulazione definitiva. Nel

G. Manzelli, Il nuovo Accordo sul Capitale (Basilea II). Un inquadramento 42

generale e talune proposte di modifica, cit., p. 73.

D. Tarullo, Banking on Basel, op. cit., p. 89. 43

primo documento di consultazione venne prevista la distinzione in tre pilastri, struttura che rimarrà invariata nel corso dell’intero procedimento di revisione, ma quello che mancava era l’opzione netta tra il rinvio ai rating delle agenzie e l’uso dei sistemi di valutazione interni per la ponderazione dei rischi dell’attività bancaria . 44

Alla pubblicazione di tale proposta seguirono ben duecento lettere di commento in cui si registrarono forti contrasti tra i regolatori e le banche; quest’ultime sostenevano come i propri sistemi di valutazione interni potessero misurare il rischio in modo molto più accurato rispetto alle agenzie di rating e, pertanto, spinsero affinché il Comitato operasse una scelta più decisa a favore del metodo dei rating interni.

Con il secondo documento di consultazione si registrò una vera e propria rottura con la prassi precedente: il testo, pubblicato nel gennaio del 2001, era estremamente ampio e dettagliato e contava più di cinquecento pagine. Il Comitato si lasciò influenzare dalle pressioni mosse dalle grandi banche di investimento e recepì l’opzione del metodo dei rating interni, novità che caratterizzerà la successiva regolazione di Basilea.

M. De Bellis, La regolazione dei mercati finanziari, op. cit, p. 256. 44

Tale normativa era però caratterizzata da un limite oggettivo: il metodo dei rating interni, così come tutto l’Accordo, era estremamente complesso, e tale complessità, presumibilmente, avrebbe impedito alle autorità di vigilanza dei Paesi in via di sviluppo di darvi attuazione. In più, lo stesso Comitato dichiarò come questo testo fosse ancora incompleto poiché non aveva abbastanza informazioni per comprendere l’impatto che tale modello di valutazione del rischio avrebbe avuto sul sistema . Il 45

Nuovo Accordo non era ancora pronto e pertanto si proseguirono i lavori per la realizzazione di un terzo documento, reso pubblico nel 2003.

Il dibattito in questa fase venne influenzato in maniera determinante e negativa dagli studi di impatto quantitativo. Fu proprio sulla base di questi studi che si assistette ad un’inversione di rotta che comportò la perdita di credibilità del Comitato, poiché quest’ultimo sembrò dimostrare di non essere in grado di prevedere il reale effetto delle proprie proposte . 46

Il problema fondamentale si ebbe nel momento in cui gli studi di impatto dimostrarono che l’adeguamento ai parametri del Nuovo

D. Tarullo, Banking on Basel, op. cit., p. 104. 45

M. De Bellis, La regolazione dei mercati finanziari, op. cit., p. 258. 46

Accordo avrebbero imposto alle banche un aumento del proprio capitale . Le grandi banche di investimento iniziarono a mostrarsi 47

non più così favorevoli al metodo dei rating interni, fortemente voluto e preteso in un primo momento.

Prima della definitiva approvazione del Nuovo Accordo vennero realizzati altri studi e formulati vari emendamenti, in modo tale da “rasserenare” le banche sulla attuazione della nuova proposta. Nonostante il permanere di forti perplessità da parte della comunità finanziaria, il 26 giugno 2004 il Comitato di Basilea rilasciò ufficialmente Basilea II, denominato formalmente “Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali” , indicando un termine piuttosto ampio 48

per la sua applicazione. Questa era prevista per il 2006 e posticipata invece al 2007 per quelle banche che avevano optato per il modello di rating interni.

Analogamente a quanto osservato per il Primo Accordo sul capitale ed in merito al suo recepimento nell’Unione Europea, anche per l’elaborazione e l’approvazione del Secondo Accordo si

Basel Committee on Banking Supervision, Results of the Second Quantitative 47

Impact Study, novembre 2001, disponibile su bis.org.

Basel Committee on Banking Supervision, Convergenza internazionale della 48

misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali. Nuovo schema di regolazione,

registrò una stretta collaborazione tra le Istituzioni comunitarie ed il Comitato. Così come quest’ultimo, infatti, la Commissione Europea pubblicò ben tre documenti di consultazione, con una sequenza temporale che ha seguito da vicino quella del regolatore globale. Anche il termine finale di redazione della direttiva è stato posticipato in ragione del ritardo nei lavori del Comitato di Basilea . 49

Una volta concluse le varie consultazioni in ambito comunitario, l’Accordo venne recepito con le Direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE , entrate in vigore il 1 gennaio 2007 , con una 50 51

principale differenza rispetto all’Accodo di Basilea: le direttive si applicavano, e si applicano tutt’ora, a tutte le banche e non solo a quelle che operano sul mercato internazionale. Dunque, l’Unione Europea rafforzò la regolazione di origine sovranazionale sotto un duplice punto di vista: per un verso, rendendo vincolanti standard

M. De Bellis, La regolazione dei mercati finanziari, op. cit., p. 314. 49

Le due direttive - n. 48 e 49 del 2006 - sono inserite nel pacchetto “CRD I- Capital 50

Requirements Directive” e fanno riferimento rispettivamente alla disciplina relativa

all’accesso alla attività degli enti creditizi ed alla adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi. Nel nostro ordinamento sono state recepite con il D.l. 297/2006, convertito in L. 15/2007.

Per gli intermediari che avevano scelto di utilizzare metodi più avanzati di calcolo 51

di requisiti patrimoniali, tale termine era posticipato di un anno ex art. 152 Direttiva 2006/48/CE, in M. De Bellis, La regolazione dei mercati finanziari, op. cit., p. 313.

inizialmente approvati come volontari; per altro verso, ampliandone l’ambito di applicazione . 52

Le crisi finanziarie globali però non erano ancora terminate, ed anzi, da lì a poco, si sarebbe scatenata una delle più gravi crisi mondiali mai attraversate, comportando la necessità di ricercare, ancora una volta, nuove risposte.

5. La crisi finanziaria globale ed il nuovo intervento del