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L’emersione dei nuovi rischi, in particolare il rischio operativo ed il rischio di reputazione

Gli strumenti giuridici per la vigilanza sul sistema bancario internazionale

2. L’introduzione dei requisiti patrimoniali minim

2.2. L’emersione dei nuovi rischi, in particolare il rischio operativo ed il rischio di reputazione

Nel corso degli anni novanta, i sistemi finanziari dei principali Paesi industrializzati hanno affrontato una fase di profonda trasformazione strutturale: diminuzione del numero degli intermediari finanziari, aumento della concentrazione dei mercati, estensione delle integrazioni tra settori dell’attività finanziaria ed emersione di competitori provenienti dai settori non finanziari. Tale processo ha comportato l’allargamento dei mercati e l’abbassamento dei vincoli intesi come barriere all’entrata e come separazioni istituzionali tra settori dell’attività finanziaria, rendendo più comune l’applicazione della formula cosiddetta “banca universale” . 36

Gli istituti bancari iniziano a svolgere sempre più frequentemente attività di investimento finanziario e dunque si espongono anche ai rischi tipici degli altri intermediari finanziari, ossia quelli di mercato , i quali non traggono origine dai rapporti 37

bancari né si ripercuotono direttamente su questi.

G. Forestieri, La ristrutturazione del sistema finanziario italiano: dimensioni 36

aziendali, diversificazione produttiva e modelli organizzativi, in Banca, Impresa e Società, I, 2000, pp. 29-35.

Per approfondimento sui rischi di mercato si veda M. Passalacqua, Diritto del 37

Inoltre, la mutata operatività delle banche unita all’innovazione finanziaria, ha fatto sì che, al tradizionale rischio di credito e all’aggiunta dei rischi di mercato, si cumulassero i nuovi e sempre più rilevanti rischi operativi, legali e reputazionali.

In realtà i rischi operativi sono sempre esistiti, tanto nelle realtà industriali quanto in quelle finanziarie, ma in quest’ultime non erano mai stati individuati dalla vigilanza quale categoria a sé stante e meritevole di autonomo trattamento. Infatti, a fronte della manifestazione dei rischi operativi, non si prevedeva alcuna copertura in termini di dotazione patrimoniale; cosa che invece avveniva all’interno del comparto industriale . 38

È il Comitato di Basilea a riconoscere formalmente tale tipologia di rischio, legandolo alla attività bancaria, ma lo fa soltanto nel 2004, in risposta alle critiche mosse al primo Accordo sul capitale, il quale, analizzando la disciplina della adeguatezza patrimoniale, si soffermava al solo rischio di credito.

Il problema si instaura già nel momento in cui le autorità cercano di darne una definizione poiché gli studiosi si chiedono se sia possibile individuare una nozione di rischio operativo valida in

A. Uselli, La gestione dei rischi operativi nelle banche: problemi applicativi e 38

assoluto oppure se, al contrario, sia più corretto legarla alle specifiche caratteristiche di ciascun intermediario.

La risposta si trova nella regolazione di Basilea ed in particolare nel secondo Accordo, il quale definisce il rischio operativo come “il rischio di perdite derivanti da disfunzioni a

livelli di procedure, personale e sistemi interni, oppure da eventi esogeni” . Dunque, il Comitato ritiene opportuno giungere ad una 39

definizione regolamentare del rischio certa ed omogenea, ma all’interno della singola banca si potrà comunque procedere ad identificare gli eventi di rischio operativo rilevanti, in funzione delle attività che essa svolge; la rilevanza del rischio deriva infatti da una serie di fattori come “l’incremento delle dimensioni

aziendali, la complessità delle strutture organizzative e distributive, l’innovazione finanziaria ed il ricorso a schemi giuridici complessi nell’attività operativa” . 40

Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Prassi corrette per la gestione ed il 39

controllo del rischio operativo, 2003, p. 1.

Banca di Italia, Nuove disposizioni di vigilanza per le banche, Tit. II, Cap. 5, 40

Molte banche adottano una definizione di rischio operativo 41

coerente con l’orientamento manifestato dal Comitato, il quale comprende anche il rischio legale o giuridico, ossia l’esposizione ad ammende, sanzioni pecuniarie o penalizzazioni derivanti da provvedimenti assunti dall’organo di vigilanza, ovvero da regolamenti privati . Inoltre, questo rischio è anche correlato alla 42

probabilità che, a causa di un inadeguato contesto legale o per l’esistenza di incertezze, concernenti ad esempio la validità dei contratti o l’interpretazione di determinate clausole, si ingenerino o aumentino i rischi di liquidità e solvibilità . 43

Non è invece incluso nella definizione di rischio operativo, il rischio di reputazione, divenuto di sempre maggiore interesse per i regolatori, soprattutto a partire dal 2007.

In generale, si può affermare che il rischio reputazionale si identifica con la possibilità che un determinato evento modifichi

L’analisi su un campione di 40 banche rileva che: il 72% richiama espressamente 41

tale formula, il 18% ha optato per una definizione più ampia, aggiungendo ulteriori fattispecie di perdita operativa oppure ha preferito adottare una definizione di rischi operativi per così dire residuale, ovvero inclusiva delle fattispecie di rischio non appartenenti al perimetro dei rischi di credito e di mercato, il restante 10% fa riferimento alle 4 banche che non hanno adottato una definizione di rischi operativi, come approfondito in A. Uselli, La gestione dei rischi operativi nelle banche:

problemi applicativi e implicazioni organizzative, in Banca, Impresa e Società, Aprile

2005, cit., p. 109.

Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Convergenza internazionale della 42

misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali, giugno 2004, p. 120.

M. Passalacqua, Diritto del rischio nei mercati finanziari: prevenzione, precauzione 43

negativamente la stima che all’interno di un’organizzazione si ha di uno o più soggetti, a prescindere dal fondamento giuridico del giudizio. Se l’analisi della reputazione si sposta, in particolare, sul comportamento degli intermediari finanziari, si deve accentuare la delicatezza del rapporto fiduciario che si instaura con la clientela, soprattutto con quella che pone in essere i contratti di deposito. In questo senso viene definito come “il rischio attuale o prospettico di

flessione degli utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine della banca da parte dei clienti, controparti, azionisti della banca, investitori o autorità di vigilanza” . 44

Tale rischio è molto complesso, in quanto muove da altri rischi originari degli intermediari finanziari, ossia dal rischio operativo, legale ed anche strategico , ma richiede altri elementi, quali la 45

presenza della diretta responsabilità dell’impresa o di un suo

Banca di Italia, Nuove disposizioni di vigilanza per le banche, Tit. III, Cap. 1, All. 44

A, Dicembre 2011, p. 21.

Solvency II, ossia la Direttiva 2009/138/CE, definisce il rischio strategico come “il 45

rischio attuale o potenziale di un impatto sui ricavi o sul capitale derivante da decisioni di business errate, da un’impropria implementazione di tali decisioni o da scarsa reattività ai cambiamenti nel settore di riferimento”. Si distinguono, pertanto,

due tipologie di fonti di rischio: da un lato si fa riferimento ad una fonte interna, ossia derivante dalle scelte strategiche effettuate, come le decisioni di business errate oppure avere risorse insufficienti; dall’altro lato ad una fonte esterna, ossia legate all’ambiente socio-economico-politico in cui l’intermediario opera, quali possono essere i cambiamenti nell’ambiente economico, competitivo, tecnologico ed anche regolamentare.

soggetto nell’adozione di scelte con effetti negativi, oltre alle cosiddette “variabili reputazionali” . 46

Tra queste vi è in primo luogo l’ambiente pubblico, poiché il riflesso sull’immagine dell’impresa percepito dagli stakeholders dipende dall’intensità delle relazioni con l’ambiente esterno. Ad esempio, un elemento che condiziona potenzialmente la visibilità dei comportamenti degli intermediari bancari è il valore attribuito, per via normativa o sociale, al risparmio. Una seconda variabile è la significatività del marchio e dell’immagine: la dimensione del danno relativo alla reputazione è proporzionale sia all’investimento che l’impresa ha effettuato sulla riconoscibilità dell’azienda e del prodotto offerto, sia alla centralità che il marchio ha nella relazione con il consumatore. Infine, la possibilità di prevenire tale tipologia di rischio a seguito di un evento dannoso è condizionata dalla qualità, dalla tempistica e dagli strumenti di comunicazione che l’impresa è in grado di attivare verso l’interno e verso l’esterno . 47

Il rischio reputazionale è un rischio residuale e di secondo impatto, nel senso che 46

l’azione di determinate variabili determina la trasformazione del rischio originario in un processo in grado di modificare il giudizio reputazionale dell’impresa provocando la perdita di fiducia da parte del pubblico.

In particolare, nel caso del mercato bancario, le informazioni possono circolare in 47

vario modo, ossia mediante le indagini effettuate dalle autorità di vigilanza e poste alla conoscenza del pubblico, oppure mediante l’appello all’ufficio reclami da parte della clientela per tutelarsi dagli eventuali danni subiti, come affermato da G. Gabbi,

Definizione, misurazione e gestione del rischio reputazionale degli intermediari bancari, in Banca Impresa Società, I, 2004, pp. 58-59.

Possiamo concludere che il rischio reputazionale risulta generalmente poco compreso e spesso citato soltanto nei casi di scandali bancari e finanziari, ma oggi, nonostante le difficoltà di analisi, le regole di vigilanza prudenziale del secondo e terzo Accordo di Basilea includono requisiti patrimoniali espliciti al fine di coprire sia il rischio reputazionale che quello operativo.

2.3. Le soluzioni adottate dalla regolazione di Basilea: