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Comportamento abnorme nell’ambito delle proprie mansion

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 90-99)

RESPONSABILITA’ DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO E COMPORTAMENTO COLPOSO DEL

2. Il gestore del rischio e il concetto di area di rischio.

2.2. Comportamento abnorme nell’ambito delle proprie mansion

Partendo dall’assunto precedente possiamo considerare il comportamento abnorme ai fini causali non solo il comportamento posto in essere del tutto autonomamente in un ambito estraneo alle mansioni affidate (esorbitante), ma anche quello che rientri nelle mansioni che sono proprie, ma che sia consistito in qualcosa di “radicalmente, ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, quindi

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Valentina ferro ,Responsabilità per infortuni sul lavoro ,in Diritto penale e processo 11/2011,p. 1311 ss

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Si veda motivazione sentenza Cass. Pen., sez, IV, 12 dicembre 2007. Cardini , in Cass. Pen., 2008. n. 4317 ; Trib. Monza., 14 luglio 2008, n. 1739 , in Rivista Penale , 2009, n. 1290.

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prevedibili scelte imprudenti del lavoratore nell’esecuzione delle mansioni”197

.

Tale citazione mette in luce non solo la circostanza esterna della condotta svoltasi al di fuori dalle mansioni espressamente previste dal datore di lavoro, ma guarda le modalità di esecuzione della condotta che si inserisce nell’iter causale che ha prodotto l’evento. La giurisprudenza ha adottato un criterio di imputazione oggettiva del rischio che incontra come unico limite l’ipotesi di una condotta talmente arbitraria nelle sue modalità di esecuzione da porsi come una causa sopravvenuta che da sola è sufficiente a determinare l’evento198

. Infatti se il comportamento del lavoratore ha fatto si che il rischio si è realizzato con modalità diverse, dovendosi parlare a questo punto di rischio diverso, e quindi non più tra quei rischi che il datore di lavoro ha l’obbligo di evitare, e che se avesse tenuto la condotta doverosa omessa ,avrebbe potuto evitare l’evento lesivo. In questa sentenza si fa richiamo all’area di rischio, ampliando la propria area di applicazione e precisandone i limiti applicativi, tale condotta si considera estranea all’area di rischio non soltanto quando si svolge dalle sue mansioni, ma anche quando pur nello svolgere le proprie mansioni, ma con modalità talmente eccezionali da creare una situazione di rischio del tutto nuova , ed imprevedibile, che esula dalla posizione di garanzia del datore di lavoro.

L’evento lesivo non è più inquadrabile in un omissione del garante che lo stesso avrebbe dovuto o potuto prevedere, ma sarà un fattore causale autonomo. Sulla base dell’art. 20 D. Lgs. n. 81/2008199, il

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Cass. Pen., IV, 5 febbraio 1997, Maestrini, in Foro.it, 1998, 56. cit.; Cass. Pen., sez, IV, 3 novembre 2004, n. 3455, Volpi; Cass. Pen., sez. IV, 12 agosto 2008, n. 33398, in www.italgiure.it; Cass.pen.,Sez,IV 27 maggio2008,n.21038, in www.italgiure.it.

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Valentina ferro , ; Veneziani ,Regole cautelari proprie ed improprie nella prospettiva delle fattispecie causalmente orientate ,Padova ,2003,152

Responsabilità per infortuni sul lavoro , in Diritto penale e processo 11/2011, p. 1312

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Art 20 d.lgs.81/2008 recita Obblighi dei lavoratori 1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di

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lavoratore è tenuto “a prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro ” ed è tenuto a rispettare gli obblighi previsto dallo stesso articolo al 2e 3 comma. La normativa impone al lavoratore di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e di agire con diligenza, prudenza e perizia e quindi responsabilizzando i lavoratori nello svolgimento dell’attività produttiva, quindi anche se è vero che la normativa antinfortunistica è stata concepita per assicurare allo stesso lavoratore la tutela anche rispetto alle stesse imprudenze o disattenzioni , ma ciò non deve essere visto come un incentivo alla negligenza causa di pericolo per se e per gli altri.

lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. 2. I lavoratori devono in particolare:a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e, nonché i dispositivi di sicurezza;d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.

3. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto

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In sostanza ci si allontana dal criterio esterno delle mansioni e lo si sostituisce con il parametro della prevedibilità, intesa come dominabilità umana del fattore causa, vi è interruzione del nesso causale tra la condotta del lavoratore e l’evento lesivo quel comportamento che risulti talmente eccezionale non poter rientrare nella dominabilità del soggetto garante e di conseguenza, da svuotare di ogni efficacia impeditiva la condotta doverosa omessa da quest’ultimo200

.

In una recente sentenza201si affronta la questione della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso ad un lavoratore che lavorando nell’ambito della propria attività, avendo necessità di svolgere dei lavori all’altezza di circa sei metri ed essendo il regolare mezzo di sollevamento già impegnato, posizionava con l’aiuto di un collega un cestello sopra le forche del muletto e utilizzandolo come fosse un montacarichi, ma a causa dell’instabilità del cestello che si ribaltava, il lavoratore decedeva a causa delle gravi lesioni riportate. La condotta del lavoratore rientra nell’ambito delle sue mansioni per cui non rientrante in una condotta esorbitante, ma tale condotta ha caratteri peculiari dal momento che è lo stesso lavoratore a scegliere consapevolmente un mezzo improprio per svolgere i propri compiti, e tale scelta non viene determinata dall’omissione del datore di lavoro, in quanto lo stesso aveva fornito ai lavoratori il mezzo adeguato per tale opera.

La Corte riconosce nella condotta del lavoratore i caratteri dell’eccezionalità, abnormità, imprevedibilità tali da escludere la responsabilità del datore di lavoro. La Corte “partendo dal presupposto che ciò viene rimproverato al datore di lavoro è la mancata adozione di condotte atte a prevenire il rischio di infortuni, tale rimproverabilità

200

Vedi le varie; Sentenza Cass. Pen., Sez, IV,2 aprile 2009,n14440, in T.U. sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza di Raffaele Guariniello, Editore , Ipsoa 2013.

201

Cass. Pen., Sez, IV, 23 novembre 2010, n. 7267, in Diritto e procedura penale, 2010, p. 103.

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viene meno se la condotta pretesa non era esigibile in quanto del tutto imprevedibile era la situazione di pericolo da evitare” e continua “ nel caso di specie i datori di lavoro avevano fornito al lavoratore normali mezzi per sollevare le persone ad altezza del piano di lavoro;infatti nel cantiere era presente un sollevatore idoneo alla lavorazione che doveva essere fatta.

Pertanto la scelta della vittima e del suo compagno di lavoro per accelerare i tempi di lavorazione, visto il momentaneo utilizzo del sollevatore da parte di altri ,di utilizzare in modo improprio il carrello elevatore, doveva essere considerata un ‘iniziativa autonoma abnorme e fuori da alcuna prevedibilità”. Ma la Corte va oltre e precisa “Quando in un caso come quello di specie la condotta tenuta dai due lavoratori è del tutto imprevedibile, il rischio che determina non è governabile ,tanto da conferire forza eziologica esclusiva alla condotta imprudente dei due lavoratori tra cui la vittima”.

La sentenza enunciata è un interessante apertura giurisprudenziale perché esclude la responsabilità del datore di lavoro in base ad un comportamento anche nello svolgimento delle proprie mansioni con modalità eccezionali ed imprevedibili da porre in essere una nuova situazione di rischio non più rientrante nella posizione di garanzia del datore di lavoro.

Sempre in un’altra importante sentenza202

si riassume approfonditamente le indicazioni in tema di colpa dei lavoratori; “per quanto riguarda la condotta del lavoratore va intanto rilevato che nel campo della sicurezza del lavoro, i principi ricordati consentono di escludere l’esistenza del rapporto di causalità nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento” soprassedendo momentaneamente sulla valutazione che il giudice

202

Cass. Pen. Sez., IV, 2 Aprile 2009, n. 14440, in T.U. sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza di Raffaele Guariniello, p. 229 ss

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dovrà effettuare in ogni caso specifico per la determinazione o meno dell’abnormità, si riafferma “che la condotta del lavoratore infortunato è idonea ad interrompere il nesso di condizionamento tra la condotta e l’evento quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento in base all’art 41, secondo comma, c.p.

Nel settore della prevenzione degli infortuni sul lavoro si deve considerare abnorme il comportamento che, per la sua stranezza imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte per l’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro ed è stato più volte affermato, dalla giurisprudenza di questa medesima sezione, che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi obblighi di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica”.

In base a questi principi si deduce che sia da escludere che abbia caratteristiche dell’abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, anche quando la condotta del lavoratore sia contraria ad una norma di prevenzione ciò “non sarebbe sufficiente a ritenere la sua condotta connotata da abnormità essendo, osservanza delle misure di prevenzione, finalizzate anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore .”203

La Corte ci porta l’esempio del lavoratore che in una situazione di emergenza causata o dalla sua condotta o quella di altri opti per l’unica via di fuga che si presenti invece di aspettare il segnale di allarme quindi in violazione della norma antinfortunistica. Altra questione molto importante che possiamo evincere dalla citata

203

Cass. Pen. Sez., IV, 2 Aprile 2009, n. 14440, in T.U. sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza di Raffaele Guariniello, cit. p.229

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sentenza, riguarda se sia configurabile un concorso di colpa del lavoratore nel caso di violazione, da parte di altre persone, di norme espressamente dirette a prevenire proprio la conseguenza di tali suoi comportamenti colposi; la Corte precisa che non vi è concorso di colpa proprio perche la normativa mira a tutelare il lavoratore anche per condotte negligenti imprudenti o imperite, infatti se il lavoratore presta la sua attività in altezza e non è stato munito delle cinture di sicurezza e cade per disattenzione (condotta negligente), tale colpa non ricade sullo stesso.

Da tale sentenza possiamo trarre i seguenti insegnamenti, per poter escludere la responsabilità penale del datore di lavoro, non basta che il comportamento del lavoratore sia imprudente, negligente, imperito, contrario a una norma di sicurezza e ciò perche l’osservanza degli obblighi di prevenzione e di protezione da parte del datore di lavoro è finalizzata ad evitare errori e violazioni da parte del lavoratore, ma occorre altresì che la condotta del lavoratore sia abnorme e cioè che si ponga al di fuori di ogni possibile controllo a causa della sua imprevedibilità, con la precisazione che non si possa ritenere abnorme il comportamento pur imprudente del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro necessari per le proprie mansioni.

Altro principio importate è quello dell’eventuale colpa concorrente del lavoratore la quale non esclude la responsabilità penale del datore di lavoro che abbia violato gli specifici obblighi di sicurezza per i quali si è verificato l’evento, il concorso di colpa è rilevante ai fini della determinazione della pena e del risarcimento del danno ma che devono contemplare tre condizioni, che il lavoratore abbia volontariamente trasgredito alle disposizioni del datore di lavoro o abbia adottato di sua iniziativa modalità pericolose di esecuzione del lavoro; che la condotta del lavoratore abbia attribuito a causare l’infortunio; e che il datore di lavoro non abbia osservato le norme espressamente previste volte a

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prevenire la conseguenza del comportamento colposo del lavoratore. Se le due sentenze possono sembrare interessanti per la nuova tendenza giurisprudenziale basata sulla condotta colposa del lavoratore che può assurgere a causa esimente per la responsabilità del datore di lavoro, andrà valutata caso per caso, cioè in base ad un indagine diretta ad accertare che in concreto si sia verificata una situazione corrispondente a quella che il garante avrebbe dovuto fronteggiare con la condotta doverosa omessa, ma se tale corrispondenza venisse meno, per l’eccezionalità del fattore causale intervenuto, viene meno anche l’efficacia impeditiva della condotta e di conseguenza il nesso causale. Anche se a prima vista tale il carattere dell’eccezionalità possa sembrare di facile individuazione all’atto pratico non lo è, prendendo spunto dalla presente sentenza204.

Si tratta di un infortunio occorso al lavoratore il quale , scivolando su di una scala in muratura sprovvista di corrimano, a ridosso dell’area oggetto dei lavori di ristrutturazione era precipitato dal lato aperto della scala medesima da un altezza di circa 3 metri, si procurava lesioni dalle quali derivava una malattia e un ‘incapacità di svolgere le ordinarie per un tempo superiore a quaranta giorni, si accerterà durante l’udienza che il lavoratore aveva preferito scendere dalla scala in muratura, anziché utilizzare quella appositamente predisposta all’interno dell’impalcatura.

Il Lavoratore infatti nell’ambito delle sue mansioni necessitando di scendere al piano inferiore, aveva volontariamente scelto di utilizzare la scala in muratura anche se priva dei dispositivi di sicurezza. La Corte stabilisce nel caso specifico che tale comportamento non fosse da considerarsi eccezionale anche se il lavoratore ha fatto uso di un mezzo improprio tale mezzo era “funzionale al cantiere” e pertanto doveva essere prevedibile dal datore che avrebbe dovuto mettere in

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Cass. Pen., sez, IV ,26 Agosto 2010,n 32357, in Riv. Diritto penale e processo, 2010, p. 1159 ss.

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sicurezza anche la seconda scala , visto che come appurato in udienza tale scala anche se pur saltuariamente era stata utilizzata da altri lavoratori.

Come si può notare in questo caso l’utilizzo del mezzo improprio non assume, a differenza del caso precedente, efficacia escludente la responsabilità del datore di lavoro.

Tali esempi dimostrano che l’accertamento della causalità mutano radicalmente rispetto ad altri settori, di fatto la causalità scientifica non può essere utilizzata poiché non esistono leggi specifiche di copertura utilizzabili nel settore dell’infortunistica sul lavoro, mentre risulta maggiormente appropriata la causalità umana, alla quale la giurisprudenza fa esplicito riferimento205, precisamente per ovviare a tale metodo di accertamento causale, la Corte di cassazione tenta far luce sul concetto astratto di “fattore causale eccezionale”, prima attraverso il criterio dell’esorbitanza e poi attraverso quello dell’abnormità, ma sulla di quest’ultimo sono sorti diversi problemi dovuti al termine di prevedibilità, di fatto al giurisprudenza, nell’esemplificare il metodo di accertamento causale utilizzato, parla di prevedibilità affiancandola ai concetti di “rimproverabilità del garante”, “esigibilità della condotta”, finendo col confondere il piano oggettivo con quello soggettivo della colpevolezza.

È chiaro l’intento di creare un criterio di accertamento causale che sia adeguato alla materia, si deve pero accertare che quando, nelle pronunce sopra esposte si parla di “prevedibilità” si intende prevedibilità del fattore causale, in senso oggettivo è accertata a posteriori e non invece, la prevedibilità dell’evento, che sarà oggetto di una diversa ed ulteriore indagine, effettuata ex ante, nel momento in cui si è chiamati a valutare la colpevolezza dell’soggetto agente206.

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Valentina Ferro, Responsabilità per infortuni sul lavoro , op. cit.

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2.3. Il comportamento del lavoratore e i suoi limiti

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 90-99)