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La Novità arriva da lontano: il c.d “Principio di Affidamento” e l’Obbligo di Vigilanza

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 126-141)

LA COLPA DEL LAVORATORE

5. La Novità arriva da lontano: il c.d “Principio di Affidamento” e l’Obbligo di Vigilanza

La Corte in questa sentenza ha valutato il lavoratore non più come semplice debitore o destinatario di garanzie in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro come si riteneva nel abrogato d.P.R. n 547/1995 ma assumono un ruolo attivo nella prevenzione contro gli infortuni 242 in primis in base al d.lgs. n. 626/1994 che è stato integrato e perfezionato dal T.U. in materia di sicurezza sul lavoro in forza del d.lgs. n.81/2008 che ha introdotto in modo specifico i doveri che sono in capo ai lavoratori come l’art 20 comma 2 dello stesso d.lgs. e sanzioni penali a titolo contravvenzionale dell’art 59 del d.lgs. 81/2008, tenendo presente che l’inosservanza del lavoratore potrebbe riflettersi sulla sicurezza degli altri questo spunto ci permette di collegarci, al il principio di affidamento ; secondo il quale nelle attività complesse, anche quelle pericolose, è legittimo che ciascuno possa fare affidamento sull’osservanza dei rispettivi obblighi da parte degli altri soggetti con i quali interagisce 243, anche se la il caso specifico si prestava all’applicazione di tale principio visto che la

242

Cfr. in questi termini Perin, colpa penale relazione e sicurezza nei luoghi di lavoro , in dir. pen. contemp., 2012 f. 2, p. 113; Giovagnoli, Il concorso colposo del lavoratore infortunato , p. 992.

243

Diffusamente sul principio di affidamento: Mantovani, Il principio di affidamento nella teoria del reato colposo, Milano 1997

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sentenza si basa su una macroscopica inosservanza del lavoratore vittima dell’infortunio ma si deve pur sempre tener di conto che sia la giurisprudenza244che la dottrina maggioritaria245negano la possibilità che si possa applicare il principio di affidamento nella sicurezza dei luoghi di lavoro sull’assunto che tale principio non possa essere invocato quando sussista una posizione di garanzia, come invece nel nostro caso è qualificabile sia il datore di lavoro,dirigenti o preposti che devono assicurare le migliori condizioni possibili alla sicurezza ed igiene sul luogo di lavoro e devono farsi anche carico di prevenire i pericoli che possono insorgere a causa delle condotte negligenti o imprudenti degli stessi lavoratori246 ma a ben vedere ultimamente il principio di affidamento ha visto un’ innovativo utilizzo della giurisprudenza con alcune aperture che hanno portato al riconoscimento di tale principio in alcuni settori come quello della circolazione stradale 247o nell’attività medica di equipe248 che similarmente svolgono un attività pericolosa interagendo con altri soggetti anch’essi tenuti al rispetto delle regole cautelari, anche se bisogna tener presente che sia la circolazione stradale che attività medica di equipe non è

244

Cfr. Sez. IV, 27 marzo 2009, n. 18998, in C.E.D. Cass., n. 244005; Sez., IV, 29 aprile 2008 ,n 234807; Sez., IV,3 giugno 1999,ivi n,214997 ed in Mass. giur. lav., 2000, fasc. n 8/9, p. 986, con nota di Giovagnoli , il concorso colposo del lavoratore infortunato ,tra principio di affidamento ed interruzione del nesso causale ; in un caso la suprema Corte ha invece fa espressamente uso del principio , vedi Sez., IV, 9 febbraio 1993 , in Riv. trim. dir. pen. ecom., 1995, p. 101 ss, con nota di Volpe, Infortuni sul lavoro e principio di affidamento.

245 Sul tema in generale si veda Mantovani, Il principio di affidamento nella teoria del

reato colposo, Giuffrè 1997, p. 245 ss.; M. Forti, Colpa ed evento nel diritto penale,

Giuffrè, 1990, p. 284 ss.

246

Di Giovine , Il Contributo colposo della vittima , cit.,p. 51 in cui si evidenzia che la non applicazione del principio di affidamento troverebbe la sua spiegazione nel diverso atteggiarsi della coscienza sociale non disposta a tollerare la verificazione di eventi dannosi non riconducibili alla libera esposizione al rischio da parte di chi li subisce ,ma scaturenti dalle scelte decisionali di coloro che traggono vantaggi economici da quelle attività .

247

Si veda Cass. Pen. Sez. IV, 8 ottobre 2009, n. 46741 in riv. Cass. penale, 2010, p. 3210, con nota di Russo, Sul principio di affidamento in materia di circolazione stradale.

248

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ravvisabile una posizione di garanzia di un soggetto nei confronti degli altri con cui interagisce , questa nuova apertura della giurisprudenza non riguarda l’ipotesi del concorso di colpa anche se da un lato evidenzia che il lavoratore deve essere visto come soggetto debole del rapporto lavorativo , ma non può essere ritenuto totalmente incapace di provvedere a se stesso a tutela della propria salute ed integrità fisica, altrimenti si dovrebbe ritenere che il lavoratore nell’ambito lavorativo è esente da responsabilità perché non imputabile alla stregua del minore o dell’interdetto .

Il Prof. A. Martini nel suo saggio249 ci fa notare che il “principio di affidamento non è invocabile sempre e comunque, dovendo contemperarsi con il concorrente principio della salvaguardia degli interessi del soggetto nei cui confronti opera la posizione di garanzia ”ma pone inoltre anche dei limiti che sono fondamentali per applicazione di tale principio essendo non applicabile allorquando “ l’altrui condotta imprudente ,e cioè il non rispetto di altri delle regole precauzionali imposte, si innesti sull’ inosservanza di una regola precauzionale proprio da parte di chi invoca il principio.”250

Non potendosi legittimamente invocare tale principio quando si è già in colpa avendo violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte e che confidi che altri soggetti che gli succedano nella posizione di garanzia , elimini la posizione di garanzia o rimedi all’omissione e allorquando tale omissione anche del successore si produca l’evento che una certa azione avrebbe potuto o dovuto evitare , facendo si che anche se l’evento avrà due antecedenti causali non si potrà affermare che il secondo evento sia un fatto eccezionale ,sopravvenuto e sufficiente

249

Commento alle norme del Codice Penale in materia di nesso causale tra condotta ed evento. Analisi della dottrina e della giurisprudenza Diritto. Penale vol. I. p. 237 ss. Autori AA.VV. 2011.

250 Commento alle norme del Codice Penale in materia di nesso causale tra condotta ed

evento. Analisi della dottrina e della giurisprudenza Diritto. Penale vol. I. p. 240 ss. Autori AA.VV. 2011.

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e che da solo abbia potuto produrre l’evento, come richiesto dall’art.41 comma 2 c.p per l’ interruzione dell’nesso causale.

Tale principio è stato ribadito sia dalla sentenza, Sez. IV, 23 novembre 2010, n.45358 che dalla sentenza Sez. IV, 27 giugno 2013 n 35827 che ha affermato che il principio di affidamento non è di automatica applicazione allorquando il garante precedente abbia posto in essere una condotta colposa che abbia avuto efficacia causale nella determinazione dell’evento ,unitamente alla condotta del garante successivo.

Precisando che in tale evenienza persiste la responsabilità anche del primo in base al principio dell’equivalenza delle cause ,a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta ,che deve aver avuto caratteristiche di eccezionalità ed imprevedibilità.

Pertanto per poter escludere la “continuità”della posizione di garanzia ,è necessario che il garante sopravvenuto abbia posto nel nulla le situazioni di pericolo create dal predecessore o eliminandole o modificandole in modo tale da non poter essere più attribuite al precedente garante.

Il problema si pone principalmente nell’ipotesi in cui il titolare della posizione di garanzia non sia incorso in nessuna violazione degli obblighi posti a suo carico ,salvo in questi casi valutare la portata effettiva del dovere di vigilanza sull’osservanza dei doveri altrui ,nella specie quelli incombenti sul lavoratore.

Pertanto ,come già evidenziato ,il dovere di vigilanza del datore di lavoro si intreccia con il legittimo affidamento che egli può fare sull’osservanza delle misure antinfortunistiche da parte del lavoratore ;più si amplia l’applicazione del principio di affidamento più si restringe la portata della diligenza richiesta nell’adempiere al dovere di vigilanza.

Condivisibili sono le osservazioni che pur ritenendo in astratto applicabile il principio di affidamento alla materia degli infortuni sul lavoro hanno operato una serie di precisazioni basati dall’amplissima casistica in materia , che di fatto ne limitano notevolmente la portata, ed è per questo motivo che tale principio non può operare con riguardo a quelle norme cautelari

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“….. prescriventi misure ispirate al principio di sicurezza obiettiva ,cioè non dipendenti dalla collaborazione, proprio perché lo scopo di tutela delle norme stesse è,in generale ,esteso sino alla prevenzione degli effetti lesivi (non solo dalla svista o del malore, ma anche ) dell’imprudenza del lavoratore251.

A tal proposito è stato necessario distinguere tra le ipotesi in cui il lavoratore compia, violando regole antinfortunistiche, operazioni di una certa percepibile durata e le ipotesi in cui l’inosservanza della specifica disposizione antinfortunistica sia stata repentina ed imprevedibile, così da poter essere ovviabile solo da un ipotetico preposto per ciascun lavoratore, onere esclusivo della stessa giurisprudenza, solo in quest’ultimo caso potrebbe trovare applicazione il principio di affidamento, in quanto il garante non ha avuto occasione di percepire segnali circa il fatto che il lavoratore non si comporterà secondo il suo standard di diligenza252. Da questo possiamo affermare che il principio di affidamento non sia per sua natura incompatibile con la posizione di garanzia del datore di lavoro ma anzi offra uno strumento per individuare i limiti operativi del dovere di vigilanza gravanti su di esso253.

Nella sentenza in commento ,si può affermare che quell’evento dannoso rientrante nel ventaglio dei fatti realizzabili nell’ambito della normale attività lavorativa che si svolge su un ponteggio, se fosse in concreto prevedibile ed evitabile dal datore di lavoro o dal preposto.

La risposta sarà positiva solo qualora si affermi che il datore di lavoro aveva l’obbligo di vigilare sul lavoratore in maniera incessante ,senza interruzioni o come precisato dalla cassazione in alcune pronunce “…..fino alla pedanteria” Malgrado le affermazioni nette fatte dalla suprema corte in più occasioni si ritiene tuttavia che il giusto punto di equilibrio tra

251

Cfr.Volpe ,Infortuni sul lavoro,cit.,p.133

252

Cfr.Volpe ,Infortuni sul lavoro,cit.,p.132 e 135

253 Cfr. Forti, Colpa ed evento cit, .p.288-289 il quale afferma “il principio di affidamento

lungi dall’ essere un’eccezione,è un criterio generale di cui occorre tener conto per la ricostruzione della colpa ,e dunque per individuazione della misura della diligenza”

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esigenze di prevenzione, a tutela dei beni primari della vita e della salute dei lavoratori, ed i principi costituzionali che impongono una responsabilità penale sorretta dalla colpevolezza, intesa anche quale rimproverabilità soggettiva, possa trovarsi, al di là delle affermazioni di principio, nell’attenta lettura di molte sentenze, dove in realtà la violazione che viene imputata al datore di lavoro non è l’astratta violazione dell’obbligo di vigilare tout court, ma è la contestazione di aver consentito l’istaurarsi di una prassi di lavoro all’insegna della scarsa vigilanza sull’osservanza delle norme antinfortunistiche da parte dei lavoratori ; in altri termini un livello di disattenzione diffuso e protratto nel tempo, che viene di fatto tollerato per esigenze lavorative .

In un’ ambiente lavorativo simile è evidente che non può applicarsi il principio di affidamento, perche come già menzionato, presuppone che chi si affida sia in grado di percepire eventuali segnali di inadeguatezza che provengono dall’altro soggetto con cui interagisce254

.

Precisamente chi vuol far valere in giudizio l’imprevedibilità della condotta negligente o imprudente del lavoratore 255, deve però in via preliminare dare conto di aver adempiuto, secondo la diligenza dell’homo

eiusdem condicionis et professionis, all’obbligo di vigilanza, inteso quale

controllo organizzato, frequente operato seriamente con irrogazione di eventuali sanzioni, circa l’inosservanza delle regole antinfortunistiche da parte dei lavoratori.

254

Cfr. Marucci ,La colpa Commento alle norme del Codice Penale in materia di nesso causale tra condotta ed evento. Analisi della dottrina e della giurisprudenza Diritto.

Penale vol. I. p. 237 ss. Autori AA.VV. 2011.pag. 199; Perin, Colpa penale relazionale, p. 111

255

Il giudizio di prevedibilità riguarda più precisamente l’evento naturalistico previsto dalla fattispecie ; è evidente tuttavia che la condotta del lavoratore, quando ha i caratteri della abnormità, eccezionalità, stravaganza acquisisce la connotazione della imprevedibilità, incidendo sulla verificazione dell’evento e qualificando lo stesso.

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Compiuto questo primo accertamento, spetterà al giudice effettuare una verifica in concreto dei profili della prevedibilità ed evitabilità, hic et nunc dell’evento concretizzatosi256

.

6 Conclusioni

A questo punto non rimane altro che tirare le debite conclusioni, l’annosa questione del comportamento colposo della vittima in caso di infortunio sul lavoro rimane ancora aperta e si inserisce tra i profili di problematicità che caratterizzano tutta la materia della responsabilità penale da attività d’impresa.

La giurisprudenza tenta di ricondurre ad “equità” la questione traendo le mosse da una rigorosa interpretazione dei dettami normativi con l’ambizioso intento di conciliare le esigenze di tutela con quelle di garanzia, che si scontrano in questa materia più che in altre.

Gli orientamenti che si sviluppano risentono dell’influenza dei diversi modelli normativi che si sono succeduti da un modello iperprotettivo, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, garante dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori, ad un modello maggiormente “collaborativo” che, da un lato, rimette la valutazione del rischio dell’attività lavorativa e la predispone del piano di tutela al soggetto garante e, dall’altro, prevede specifici obblighi prevenzionistici anche per i lavoratori.

Si deve notare che in un primo momento, la Suprema Corte si pronuncia costantemente per l’irrilevanza della condotta, ancorché colposa, del

256

Va evidenziato che la giurisprudenza valuta la rilevanza della condotta colposa del lavoratore ai fini dell’eventuale interruzione dell’nesso di causalità ex art 41, comma 2, c.p., per giungere a pronunciare molto raramente, sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste; più coerente sarebbe invece accertare l’imprevedibilità dell’evento, sotto il profilo della colpevolezza ed assolvere quindi, se del caso, con la formula perché il fatto non costituisce reato. La differente formula assolutoria avrebbe inoltre un diverso peso nell’ambito di un’eventuale seguente giudizio civile ,come previsto dall’ art 652 c.p.p.

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lavoratore che abbia concorso a cagionare l’evento lesivo; alla stregua di ogni altra condizione causale concorrente, la condotta del lavoratore non interrompe il nesso causale tra la precedente omissione del lavoratore del datore di lavoro e l’evento lesivo salvo che si tratti di un fattore talmente “eccezionale ed imprevedibile” da considerarsi causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l’evento, ai sensi dell’articolo 41, secondo comma, Codice Penale.

L’orientamento della “ontologica irrilevanza della condotta del lavoratore” viene superato dalle pronunce che fanno esplicito riferimento all’area di rischio come metro di giudizio del carattere di eccezionalità ed imprevedibilità, e dunque di rilevanza, della condotta.

Assume efficacia interruttiva, del nesso causale tra l’omissione tra l’omissione del datore di lavoro e l’evento lesivo, la condotta che il prestatore abbia posto in essere al di fuori dell’area di rischio propria dell’attività lavorativa; rischio che il datore di lavoro è chiamato a fronteggiare.

Due correnti giurisprudenziali hanno tentato di dar forma al concetto astratto di “condotta estranea all’area di rischio”.

Un primo orientamento individua un criterio esterno, costituito dalle mansioni del lavoratore e ritiene estraneo all’area di rischio, solo il comportamento che esuberi dalle specifiche incombenze del prestatore infortunato, la condotta cioè di chi si dedichi spontaneamente ad un’attività diversa da quella di sua competenza, realizzando un comportamento c.d. esorbitante.

Il secondo orientamento basa la sue teoria che attribuire rilevanza anche alla condotta tenuta nell’ambito delle mansioni, ma talmente arbitraria ed, assurda nelle sue modalità di esecuzione, da porsi al di fuori dell’area di rischio; da creare una situazione di rischio nuova che il datore di lavoro non poteva prevedere e, dunque, non poteva evitare.

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L’efficacia interruttiva del fattore causale concorrente è, dunque, ricondotta alla dominabilità umana (c.d. prevedibilità) valutata, di volta in volta, nel caso specifico.

Le tendenze giurisprudenziali sembrano andare verso una maggiore considerazione della condotta colposa del lavoratore, ma si tratta di un’apertura solo parziale poiché l’efficacia escludente è limitata alle sole ipotesi in cui il datore di lavoro abbia precedentemente predisposto tutte le misure di cautela e gli sia addebitabile solo un omessa vigilanza. In caso contrario la condotta del lavoratore perde la sua efficacia esimente poiché, si ritiene che sia stato proprio il datore di lavoro, non fornendo i dispositivi di sicurezza ad indurre il lavoratore alla negligenza e dunque, egli non possa appellarsi alla imprevedibilità di un tale comportamento.

Il ricorso alla causalità umana, e l’uso tal volta improprio che ne fa la giurisprudenza, potrebbe generare confusione nell’operatore del diritto tra la prevedibilità sul piano oggettivo e la prevedibilità, intesa come rimproverabilità soggettiva.

Il fulcro di problematicità si incentra sulla questione della evitabilità dell’evento (della quale la prevedibilità è il necessario presupposto): rispetto ad essa, infatti, i piani della causalità e della colpa tendono a sovrapporsi.

Anche la colpa ha un contenuto omissivo che si sostanzia nella mancata adozione della necessaria prudenza, diligenza o perizia (colpa generica) o nel mancato rispetto delle prescrizioni normative (colpa specifica). Pertanto in entrambi i casi l’accertamento muove dalla valutazione che l’evento fosse prevedibile e, dunque evitabile se fosse stata tenuta la condotta impeditiva omessa.

Ma ricondurre l’accertamento dell’evitabilità dell’evento lesivo al solo giudizio ex post prescindendo da una valutazione ex ante sulla concretizzazione del rischio induce pericolosamente verso un “diritto penale del rischio” in cui il soggetto garante è ritenuto responsabile di

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qualunque evento verificatosi in danno al garantito, indipendentemente, da una concreta possibilità di evitarlo.

Di conseguenza, un volta compiuta l’indagine causale, si dovrà procedere in maniera distinta (ma ugualmente imprescindibile) all’accertamento , in concreto, della colpa del datore di lavoro.

Anche nelle ipotesi in cui la condotta imprudente del lavoratore non soddisfi i caratteri della esorbitanza o dell’abnormità e, dunque, sia irrilevante in una prospettiva causale, è necessario accertare che, a seguito di essa, sia comunque formulabile un rimprovero a carico del datore di lavoro.

Ovvero stabilire, con un giudizio ex ante, se il datore di lavoro avrebbe potuto, nel caso concreto, prevedere l’evento lesivo verificatosi con quelle specifiche modalità o se invece, si sia concretizzato un rischio diverso da quello che il datore di lavoro con tutta la diligenza, prudenza e perizia richiesta avrebbe dovuto e potuto evitare.

Ed è proprio sotto questo profilo che si annida il pericolo maggiore di sfociare in forme di responsabilità oggettiva.

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