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Comportamento meramente imprudente.

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 104-110)

RESPONSABILITA’ DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO E COMPORTAMENTO COLPOSO DEL

2. Il gestore del rischio e il concetto di area di rischio.

2.4. Comportamento meramente imprudente.

Come si è visto, in tema di infortuni sul lavoro, in linea generale, l’addebito di responsabilità formulabile a carica del datore di lavoro non è escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore che abbiano contribuito alla verificazione dell’infortunio, già che al datore di lavoro che è, altresì, garante anche della correttezza dell’agire del lavoratore è imposto di esigere da quest’ultimo il rispetto delle regole di cautela.

A tale regola, come noto fa eccezione il principio dell’interruzione del nesso causale (art. 41, secondo comma, c.p.) in presenza di un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile del lavoratore: in tal caso, anche la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell’evento dannoso, essendo intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile e come tale inevitabile del lavoratore, finisce con l’essere neutralizzata e privata di qual si voglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso (infortunio) che, per l’effetto è addebitabile materialmente e giuridicamente al soggetto lavoratore.

Resta da valutare se il comportamento meramente imprudente del lavoratore (che non abbia i caratteri ne dell’esorbitanza, ne del’abnormità) e che, per tanto, non ha efficacia causale escludente possa invece assumere rilievo dell’accertamento della colpa, la quale è l’ineludibile presupposto dell’addebito contestabile al titolare della

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posizione di garanzia.

Tale ipotesi è stata presa in considerazione nella seguente sentenza213. La stessa rappresenta un eccezione nel panorama giurisprudenziale degli infortuni sul lavoro poiché la maggior parte delle pronunce, generalmente, nella valutazione della responsabilità del datore di lavoro prescinde totalmente dall’accertamento, in concreto, della colpa di quest’ultimo, tutto il giudizio rimanendo incentrato sull’accertamento del nesso di causalità e, una volta soddisfatto tale requisito, nulla si dice sull’elemento psicologico e sulla concreta misura di rimproverabilità del soggetto autore per la verificazione dell’evento.

La Corte, affrontando nuovamente la questione della rilevanza della condotta del lavoratore in caso di infortunio e, dopo aver riportato gli orientamenti giurisprudenziali esistenti, si sofferma proprio sul tema della colpa:

“La colpa va accertata in concreto, nel senso che va individuata la regola di condotta generica o specifica che si assume violata e, rispetto a tale norma, in ossequio ai principi generali vigenti in materia va verificata la sussistenza dei presupposti della prevedibilità e della evitabilità del fatto dannoso verificatosi”214.

Quindi una volta accertato che la condotta imprudente del lavoratore

non assume rilievo da punto di vista eziologico, si dovrà verificare l’effettiva possibilità di formulare un rimprovero nei confronti del datore di lavoro; questo perché sempre secondo la corte la posizione di garanzia “è solo il presupposto giuridico della responsabilità, la quale

poi per essere concretamente affermata implica il riconoscimento della colpa del garante.

213 Cass. Pen., Sez, IV, 31 Ottobre 2008, n. 4821, con nota di Amato G.; LA CASSAZIONE

riconduce ad equità la responsabilità del datore di lavoro, in Guida al diritto, 2008, p.72

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Cass. Pen., sez IV, 31 Ottobre 2008, n. 4821, con nota di Amato G.; LA CASSAZIONE riconduce ad equità la responsabilità del datore di lavoro, in Guida al diritto, 2008, p.76.

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La quale colpa va in concreto accettata e dimostrata e non può semplicemente ravvisarsi in una pretesa di vigilanza assoluta sul lavoratore e sul comportamento lavorativo del medesimo, che, infrequentemente non è ragionevolmente pretendibile a fronte di comportamenti genericamente imprudenti e, pur tutta via, non abnormi del soggetto garantito”.

Possiamo affermare che in presenza di una condotta imprudente del lavoratore è, dunque, comunque necessario accertare la colpa del datore di lavoro ovvero che in concreto egli fosse in grado, secondo il parametro del’homo eiusdem condicionis et professionis, di prevedere ed evitare la suddetta condotta che abbia concorso a determinare l’evento; e questa valutazione prescinde totalmente dal fatto che la condotta meramente imprudente sia irrilevante da un punto di vista causale.

In particolare, alla luce di quella distinzione cui si accennava pocanzi, l’accertamento della prevedibilità della condotta imprudente dovrà essere compiuto rispetto all’obbligo di vigilanza, cioè occorrerò stabilire se quel tipo di condotta dovesse ritenersi prevedibile anche in base ad un indagine compiuta ex ante e, quindi fosse comunque formulabile un imputazione al datore di lavoro a titolo di colpa

generica.

Di differente opinione è la dottrina che ha avuto modo di esprimere molte perplessità sui canoni adottati dalla giurisprudenza. In primis il richiamo alla teoria della causalità umana “dal punto di

vista strettamente dogmatico l’interpretazione data dalla giurisprudenza esprime una adesione alla teoria della causalità umana, per evidente commistione tra l’evocazione di un fattore eccezionale interferente della sede causale (innestata dalla condotta) e quella di un fattore del tutto avulso dalla (colpa che si esprime nella)

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condotta del soggetto della cui responsabilità si tratta” 215 . Ha riproposto le perplessità sollevate a suo tempo sul metodo di accertamento causale.

La critica che veniva mossa a questo criterio era quella di generare una pericolosa commistione tra il piano oggettivo e quello soggettivo, come affermato dalla dottrina:

“nonostante la ragionevolezza di simili assunti, non è però difficile

constatare come criteri siffatti presentino, da un lato, l’inconveniente di accostare fino a confonderli il piano oggettivo del’attribuzione causale dell’evento alla condotta e quello soggettivo della colpevolezza; dall’altro, il rischio di avviare l’accertamento causale su sentieri che esaltano il riferimento alla rimproverabilità dell’agente, mettano eccessivamente in ombra l’esigenza di una rigorosa ricostruzione del nesso causale su basi oggettive e scientifiche”216

.

Anche se a nostro parere l’opinione tradizionale deve essere superata guardando alla peculiarità del settore a nostro esame; in quanto ancorare l’accertamento causale a basi scientifiche sembra essere una pretesa inconciliabile con la materia antinfortunistica, risultando a nostro modesto parere il tentativo della giurisprudenza di ricondurre a parametri unitari l’accertamento causale, se pur risolvendo la questione dell’ambito della causalità umana.

Il punto a cui deve essere fatta maggiore attenzione è che il parametro utilizzato per la ricostruzione causale sia tenuto sempre ben distinto da quello utilizzato per la valutazione dell’elemento psicologico della colpa, trattandosi nel primo caso di prevedibilità oggettiva, riferita alle caratteristiche nel fattore causale concorrente (comportamento esorbitante abnorme) nel secondo caso di prevedibilità soggettiva, riguardante lo specifico evento concretizzatosi.

215 Volpe, infortuni sul lavoro e principio di affidamento, in riv. Trim. dir. Pen. 1995,

P. 102 ss

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Gli orientamenti come quelli esaminati, spingono la tutela prevenzionistica verso un modello iper-protettivo nel quale il datore di lavoro risponde sempre e comunque per il solo fatto di ricoprire una posizione di garanzia.

La giurisprudenza vede il datore di lavoro come un nume tutelare della sicurezza fisica del lavoratore nell’azienda e conseguentemente, deve essere onniveggente e onnipotente: vale a dire deve essere in grado non soltanto di prevedere, ben si anche di evitare qual si voglia evento compreso quello auto-procuratosi per propria colpa 217, in questo modo si assiste, cosi ad una responsabilità da posizione, una vera e propria forma di responsabilità per fatto altrui218.

Torna ad essere fondamentale il parametro della prevedibilità, riferita alla colpevolezza del garante, sarà necessario accertare che l’evento che si è verificato in concreto non soltanto rientri tra quelli che la regola cautelare, in astratto, mirava ad evitare, ma anche e soprattutto ,che si tratti di un evento che il datore di lavoro, secondo il parametro dell’homo eiusdem condicionis et professionis, era in grado di prevedere ed evitare .

E che, quindi, sia formulabile a suo carico un rimprovero a titolo di colpa. Quest’esigenza è incrementata dal sistema normativo adottato nella sicurezza sul lavoro, l’incertezza scientifica ha indotto il legislatore ad avvalersi di norme di tipo elastico che individuano macro-tipiologie di eventi (di rischio) e richiedono al destinatario del precetto di adottare una condotta atta a prevenire qualunque evento ad esse riconducibili.

217

Di Giovine il contributo della vittima nel delitto colposo cit., 75 ss

218

Bellina ,la rilevanza del comportamento colposo della vittima nell’infortunio sul lavoro :una timida apertura ,in Cass. Pen., 2008, p. 1021. Nello stesso senso vedi anche brusco ,considerazioni sulla prevedibilità dell’evento nel reato colposo; Petrini, Rischi di responsabilità oggettiva nell’accertamento della colpa del datore di lavoro.,in Atti del Congresso “Responsabilità penale e rischio nelle attività mediche d’impresa –un dialogo con la giurisprudenza ” Firenze 7-8 Maggio 2009.

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Queste porterebbe la colpevolezza ad estendersi a dismisura ed è, pertanto necessario individuare un limite, costituito dall’accertamento della colpa in concreto del datore di lavoro, così che non gli si possa attribuire un qualunque evento lesivo verificatosi in danno del lavoratore ma soltanto ma soltanto quello che egli avrebbe potuto prevedere ed evitare con i mezzi conoscitivi e materiali a sua disposizione. 219

219

In tal senso vedi; Donini, La causalità omissiva e imputazione per aumento del rischio,in Riv. it. dir. e proc. Pen., 1994, p.41 ; Veneziani , La responsabilità penale per omesso impedimento di infortuni sul lavoro ; Veneziani ,Regole cautelari proprie ed improprie nella prospettiva delle fattispecie causalmente orientate , CEDAM, 2003, p.152.

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CAP III

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 104-110)