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L’irrilevanza della condotta colposa del lavoratore

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 79-84)

RESPONSABILITA’ DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO E COMPORTAMENTO COLPOSO DEL

1. L’irrilevanza della condotta colposa del lavoratore

I primi orientamenti, in materia di infortuni, si esprimono a favore della totale irrilevanza del comportamento colposo del lavoratore ai fini dell’esclusione o della limitazione della responsabilità del datore di lavoro, facendo si, che si venisse a formare il principio “dell’ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore” come si evince da varie sentenze167.

Tale principio dell’irrilevanza del comportamento imprudente del lavoratore ai fini dell’esclusione o della limitazione della responsabilità del datore di lavoro è accolto dalla pressoché totalità delle Corti , tanto di merito168, quanto di legittimità169. Con argomentazioni formalmente diverse ma, nella sostanza,

167 Cass. Pen, sez. IV, 23 novembre 1990, Chiavazza ; Cass., Sez. IV,10 novembre 1990,

Mandala, in massimario Giur, penale ,1991 ,869 ; Cass., Sez. IV 1 giugno 1993, Vannicelli, Cass., Sez. IV 14 dicembre 1999,Bergamasco, in La Giustizia penale 2001; Cass., Sez. IV, 16 maggio 2007, n. 11278, in www.italgiure.it .

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Da ultimo cfr. App. Milano, 21 Febbraio 2006, in Giur.merito, 200, p. 3692.

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La Corte di cassazione è solita affermare che il datore di lavoro è responsabile in via esclusiva dell’infortunio occorso al lavoratore senza che la condotta imprudente del dipendente possa assumere rilevanza sotto il profilo della colpa concorrente. (Sez. IV, 24 Novembre 2003, n. 43362, in Ambiente e Sicur., 2000, f. 17, p.64. ) Infatti il datore di lavoro è destinatario delle norme antinfortunistiche proprio per evitare che il dipendente compia scelte irrazionali che,se effettuate possano pregiudicare l’integrità psicologica (Sez. IV, 7 Luglio 2003, n. 37001, in Mass. Giur. Lav., 2004, p. 335.)

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omologhe, la giurisprudenza esclude regolarmente la vigenza in materia infortunistica di un principio di autoresponsabilità170 del lavoratore, ritenendo viceversa che il datore di lavoro sia comunque tenuto a proteggere il dipendente anche dal suo comportamento negligente, imprudente, imperito: in sintesi la giurisprudenza ci fa notare che il lavoratore deve essere protetto anche da se stesso e anche contro la sua volontà171.

Come giustamente ha sottolineato la dottrina, le finalità cautelari delle norme infortunistiche hanno ampliato il proprio spettro d’azione a coprire non soltanto i rischi direttamente discendenti dai processi di produzione, ma anche qualunque comportamento colposo dei lavoratori, fautore di pericoli per gli altri e per se stessi172. La giurisprudenza dominante esclude la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, degli altri soggetti garanti della sicurezza (dirigente, preposto, medico competente, e in certa misura, il responsabile del servizio prevenzione e protezione), solo in presenza di un comportamento del lavoratore, che presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile173. La motivazione sul punto raramente è illuminante 174; talvolta si ha

170 Sul Principio di auto responsabilità v. DI Giovine, Il contributo della vittima nel delitto

colposo, Giappichelli, 2003, p. 94 ss

171 Qualche apertura verso il principio di auto responsabilità è emerso nella dottrina,

limitatamente agli autori italiani, v. Donini , Illecito e colpevolezza nell’imputazione del

reato , Giuffrè, 1991, p. 383. ; Fiandaca, Il reato commissivo mediante omissione, Giuffrè,

1979, p. 196 ss.

172

Di. Giovine , Il Contributo , cit., p. 65.

173

Cass. Pen. Sez. IV, 29 Settembre 2005,n.38877,in C.E.D. Cass.,n.232421.

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La giurisprudenza di merito sembra più concentrata : ad esempio al comportamento del lavoratore capace di escludere la responsabilità datoriale ad un fattore “anormale

atipico del tutto imprevedibile”, “in un atto assolutamente incompatibile con la natura e gli scopi dell’attività svolta,ovvero in un atto assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite,risolvendo in un comportamento esorbitante rispetto al lavoro che è proprio ”; escludendo il comportamento meramente “imprudente o disaccorto”, collegato alla scarsa esperienza, al temperamento non sufficientemente

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persino l’impressione che i giudici vogliano eludere il problema, e che non abbiano alcuna intenzione di chiarire il significato di tali formule. Tale fatto si verifica, ad esempio, quando la Cassazione guarda alle “categorie filosofiche dell’essere” ritenendo comportamento abnorme quello “ontologiacamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e

prevedibile scelta del lavoratore”175.

In realtà la teoria del comportamento abnorme viene utilizzata, non tanto velatamente per affermare e giammai escludere la responsabilità del datore di lavoro.

La circostanza è nota alla dottrina, la quale ha sottolineato come il principio abbia una portata applicativa lata, tale da vanificare in concreto la possibilità di un contrario esito dell’accertamento in concreto176.

Nel medesimo contesto si inserisce il filone interpretativo (anch’esso dominante) che esclude l’operatività in materia del principio di

affidamento177.

Come si legge nella manualistica, mentre nella normale vita di relazione vale il principio in base al quale ciascuno può confidare nel rispetto, da parte degli altri, degli obblighi cautelari su di essi incombenti, quando sull’agente grava una posizione di garanzia nei confronti di un determinato soggetto, come avviene nel caso del datore di lavoro rispetto al lavoratore, il principio cede il passo ad un obbligo di prevedere l’altrui inosservanza, adottando le cautele adeguate alla

riflessivo ,all’affaticamento o alla ripetitività di determinate operazioni (Trib. Monza, 28 Novembre 2005, in Giur. merito, 2006, p. 1757.)

175

Cass. Pen., Sez. IV, 23 giugno 2005, n. 38850, in C.E.D. Cass., n. 232420.; Cass. Sez. IV, 29 Settembre 2005, n. 47196. Anche la giurisprudenza di merito, però, parla di condotta imprudente “consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle

ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro” ( Trib. Bari , 30 Novembre 2005, in Giur. Merito, 2006 p. 1756).

176

Di Giovine,Il Contributo ,cit.,p.65.

177

Volpe,Infortuni sul lavoro e principio di affidamento,in Riv. Trim. dir. Pen. econ .,1995,p.102 ss.

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situazione178: così ragionando si finisce, a rebours, per sancire un vero e proprio “principio di sfiducia” (Mibtrauensgrundsatz)179.

Ciò sulla base delle premesse, che in determinati contesti, il comportamento del terzo diviene oggetto del dovere di diligenza o di una norma cautelare positiva180; vi sono infatti posizioni di garanzia, quali quella del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, caratterizzate dall’esistenza dell’obbligo di vigilanza e controllo, e settori dell’ordinamento, tra i quali quello prevenzionistico, che assolvono anche alla funzione di proteggere il destinatario dai pericoli cui egli stesso abbia dato cagione181.

Per tanto si afferma, che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma soprattutto da quelli dovuti alla sua imperizia, negligenza ed imprudenza.

Per cui ne consegue che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e non vigili che tali misure vengano effettivamente usate dai lavoratori, non potendo, e questa è la parte fondamentale, in nessun modo attribuirsi alcun effetto esimente per il datore di lavoro che abbia provocato un infortunio sul

178 Si veda Cass. Pen., sez. IV, 3 giugno 1999, Grande, in Mass. Giur. Lav., 2000, p. 986,

con nota di Giovagnoli, Il concorso colposo del lavoratore infortunato tra principio di affidamento e interruzione del nesso causale, secondo la quale “il datore di lavoro non

può invocare a propria scusa il principio di affidamento assumendo che l’attività del lavoratore era imprevedibile, essendo ciò doppiamente erroneo, da un lato in quanto l’operatività del detto principio riguarda i fatti prevedibili e dall’altro atteso che esso comunque non opera nelle situazioni in cui sussiste una posizione di garanzia come certamente quella del datore di lavoro”.

179

Di Giovine, il contributo, cit., P. 81.

180

Pulitanò, diritto penale, Giappichelli, 2005, p. 384.

181

Il problema del comportamento tra le due prospettive relative ai doveri di controllo e al principio di affidamento investe il delicato tema della delega di funzioni, sulla quale in generale da ultimo: Vittarelli, Delega di funzioni e responsabilità penale. Giuffrè, 2006, Passim.

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lavoro, per violazione delle relative prescrizioni, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore.

Si deve tener presente che tali pronunce182 richiamano espressamente e costantemente l’art. 2087 c.c. Infatti “in forza della disposizione generale di cui all’art 2087 c.c. e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro è costituito garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l’ovvia conseguenza che ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall’art 40, comma 2, c.p.”.

Tale norma di riferimento essendo a forma elastica lascia molti margini interpretativi e la Corte di cassazione pacificamente la interpreta nel senso di riconoscere in capo al datore di lavoro un obbligo di garanzia che gli impone di adottare tutti i mezzi idonei ad evitare eventi offensivi per i lavoratori, compresi quelli derivanti da mancato o scorretto uso dei dispositivi di protezione da parte dei lavoratori stessi per negligenza ,imprudenza o imperizia.

Sempre la stessa Corte afferma che “l’obbligato per la sicurezza deve non solo genericamente disporre ma deve imporre e controllare che le misure di sicurezza siano osservate”183.

Secondo questa corrente giurisprudenziale l’obbligo del datore di lavoro si traduce in un dovere di (vigilanza assoluta) del lavoratore e di conseguenza in caso di violazione dell’obbligo non assumerà nessun rilievo la circostanza che l’evento lesivo sia da ricondurre ad una condotta negligente o imprudente ritenendo che la condotta doverosa del datore di lavoro si debba estendere fino ad evitare la stessa colpa

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Cass. Pen. Sez., IV, 25 novembre 1998, Loparco, in Cass. Pen., 1999,987; Cass. Pen. Sez. IV, 4 agosto 1999, Gnudi, n. 9864, in Guida al diritto 1999, p. 97.

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del lavoratore184, arrivando ad affermare che la condotta colposa del lavoratore assume rilievo come mera concausa dell’evento lesivo .

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 79-84)