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Comportamento esorbitante del lavoratore

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 87-90)

RESPONSABILITA’ DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO E COMPORTAMENTO COLPOSO DEL

2. Il gestore del rischio e il concetto di area di rischio.

2.1. Comportamento esorbitante del lavoratore

Analizzando il concetto di area di rischio ci si è chiesti quando quella determinata condotta dovesse rientrare in tale area o quando ne fosse estranea, si è andata sviluppando una prima teoria che ritiene il lavoratore con il suo comportamento colposo pone in essere un’attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni di sua specifica competenza “risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile e prevedibile scelta del lavoratore”189

.

Tale orientamento individua un limite esterno costituito dalle mansioni attribuite al lavoratore, si ritiene necessaria non solo e non tanto l’eccezionalità della condotta del lavoratore quanto l’estraneità rispetto alle mansioni affidategli, in quanto il lavoratore svolgerebbe una attività diversa da quella a lui affidategli e preordinata dal datore di lavoro, pertanto con tale condotta il lavoratore esce dalla sua area di rischio prevista facendo si che si possa escludere la responsabilità del datore di lavoro per interruzione del nesso causale190.

Le mansioni del lavoratore servono ad individuare l’area di rischio, pertanto in base al comportamento e alle mansioni che avrebbe dovuto

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Cass. Pen., sez .IV,21 ottobre 2005 n.38850,in Guida al diritto ,2006,97 ; Cass. pen., Sez. IV, 23 marzo 2007,n.21587,in Cass. Pen., 2008, n. 1020; Trib. Monza ,14 luglio 2008, n. 1739, in Rivista penale , 2009, n. 1290.

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Valentina ferro ,Responsabilità per infortuni sul lavoro ,in Diritto penale e processo 11/2011,p. 1310 ss

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svolgere il lavoratore determinano l’eventuale comportamento esorbitante, a tal punto il comportamento tenuto dal lavoratore fuori dalle sue mansioni ha efficacia interruttiva del nesso causale della precedente condotta del datore di lavoro, infatti sempre in base al D. Lgs. n.81/2008, il datore di lavoro oltre gli obblighi di predisporre tutti gli strumenti idonei a prevenire infausto evento è obbligato secondo gli artt. 36 e 37 dello stesso decreto “all’informazione”e “formazione” dei lavoratori dei rischi specifici delle loro mansioni.

Tali articoli vanno oltre il semplice obbligo formale di limitarsi a trasmettere notizie e conoscenze relative ai rischi lavorativi o alle misure di prevenzione e protezione idonee a ridurre il rischio, ma il garante primario dovrà assicurarsi una reale ed effettiva comprensione da parte dei lavoratori dei rischi specifici connessi tanto all’attività lavorativa in generale ,quanto all’individuale sfera lavorativa191

. La violazione dell’obbligo informativo e formativo diviene irrilevante nel caso in cui il lavoratore si sia volontariamente, esposto ad un rischio diverso, esorbitando dalle sue competenze192.

Cosi facendo anche se il lavoratore fosse debitamente informato e formato, non potrebbe esserlo ugualmente rispetto a i rischi di un’altra attività, e dunque, in caso di infortunio non si potrebbe affermare l’esistenza di un nesso causale tra l’omissione del datore di lavoro e l’evento lesivo.

L’eccezionalità della condotta esorbitante193

priva di qualunque efficacia impeditiva la condotta doverosa omessa dal datore di lavoro in tal caso, anche la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell'evento dannoso, essendo intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale ed

191 Per l’effettività dell’informazione-formazione dei lavoratori si veda ;Cass. Pen., Sez.

III, 28 gennaio 2008,n.4063,in ISL,2008,p.226 ; Cass. Pen., Sez. IV,13 ottobre 2004, n. 40194, in ISL, 2004, p. 758.

192 Valentina ferro ,Responsabilità per infortuni sul lavoro ,in Diritto penale e processo

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imprevedibile (e come tale inevitabile) del lavoratore, finisce con l'essere neutralizzata e privata di qualsivoglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso l'infortunio, che, per l'effetto, è addebitarle materialmente e giuridicamente al lavoratore (tra le tante, Sezione IV, Cass., 13 marzo 2008, Reduzzi ed altro; nonchè, Sezione IV, 29 febbraio 2008, Radrizzani).

Ciò può verificarsi in presenza solo di comportamenti "abnormi" del lavoratore, come tali non suscettibili di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.

In questa prospettiva, si esclude tradizionalmente che presenti le caratteristiche dell'abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore (cfr. Sezione 4^, 5 giugno 2008, Stefanacci,ed altri).

Partendo dal punto cruciale delle mansioni è possibile escludere la rilevanza di alcune specifiche ipotesi comportamentali tenute dal lavoratore, pertanto, non assume alcun rilievo la condotta posta in essere dal lavoratore esperto in aperta violazione delle direttive ricevute, ma pur sempre riconducibili alle proprie incombenze. Il lavoratore qualificato addetto alle stesse mansioni dopo molti anni tende a sottovalutare il pericolo e si affida alla propria esperienza e non sulla bare delle norme cautelari, ma tale comportamento è facilmente intuibile e pertanto rientrante in quei fattori di rischio che il datore di lavoro deve prevedere e tutelare194, lo stesso si può dire all’assuefazione di pericolo, dovuti ad un eventuale calo di attenzione nello svolgimento dell’attività che sono caratteristiche di chi svolge la

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stessa mansione per tutta la durata lavorativa, anche quest’evenienza deve essere prevista dal datore di lavoro e quindi, irrilevante nell’accertamento causale195

.

Di conseguenza come già precedentemente affrontato si esclude in materia antinfortunistica sia il principio di affidamento che quello di auto responsabilità. Si nota che ad oggi che la rilevanza interruttiva della causalità della condotta del lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni è da ricercare nell’esorbitanza delle specifiche mansioni di competenza del prestatore, e pertanto al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro 196.

2.2. Comportamento abnorme nell’ambito delle

Nel documento Responsabilita colposa del lavoratore (pagine 87-90)