È fin qui evidente come le comunità on-‐line, e nello specifico i Social Network, basino il proprio funzionamento sulle relazioni esistenti tra gli utenti, le quali vanno a creare quell’immaginaria “rete sociale” che, come già esposto, caratterizza tale fenomeno. Le diverse configurazioni che possono assumere le relazioni esistenti all’interno della comunità sono infatti importanti proprio al fine di definire la natura della comunità
stessa, tanto che si ritiene che l’appartenenza ad una rete trovi la sua espressione proprio in tali configurazioni, corrispondenti alla diversa natura dell’impegno reciproco che i partecipanti dimostrano gli uni nei confronti degli altri (Chiarvesio e Di Maria, 2008).
Il grado di coinvolgimento in una comunità, dunque, determina il modo in cui ogni individuo costruisce le sue relazioni all’interno della stessa, e come esso si definisce e si posiziona all’interno della rete di appartenenza (Chiarvesio e Di Maria, 2008).
È chiaro, dunque, le diverse strutture che possono assumere tali reti di contatti e la posizione che ogni individuo può assumere al loro interno, determinino tutta una serie di dinamiche, di diversa complessità, relative allo scambio di informazioni.
In questo modo, a seconda delle struttura delle reti in cui essa circola, ogni informazione si potrà diffondere seguendo particolari percorsi, in modo più o meno rapido e capillare. In particolare, nel caso in cui sussistano determinati requisiti relativi alla struttura delle reti coinvolte, è stato osservato come l’impatto comunicativo di un’informazione possa essere particolarmente significativo, causando una spontanea, rapida ed importante divulgazione di notizie, opinioni, mode e quant’altro (Doer et al., 2012).
Determinanti, a tal proposito, sono appunto la posizione ed il ruolo occupati dai vari individui all’interno della rete: proprio in base a tali fattori, è possibile che alcune persone abbiano un peso maggiore rispetto ad altre nell’influenzare la diffusione di informazioni. Infatti, molta attenzione in letteratura è stata dedicata alla figura dei soggetti cosiddetti “influenti”, quelli cioè che si ritengono avere un ruolo di maggior rilevanza nella diffusione di informazioni.
Per capire adeguatamente questo fenomeno, è necessario ancora una volta considerare il modo in cui le tecnologie del web 2.0 hanno cambiato, radicalmente, il modo di comunicare. Se è vero, infatti, che la spontanea diffusione di informazioni all’interno di sistemi sociali è un fenomeno che esisteva ben prima dell’avvento di
internet e del web 2.0, occorre tener presente che online la diffusione di informazioni
attraverso i vari network può avere carattere molto più rapido e capillare, ed avvenire con una facilità ed una portata prima impensabili, a causa dell’alto numero di persone
contattabili in poco tempo e della facilità con cui un’informazione può essere pubblicata, condivisa, trasmessa o recuperata da chiunque. Considerando inoltre il fatto che ciascun individuo può appartenere a più di una rete di contatti (Chiarvesio e Di Maria, 2008), è facile capire come il fenomeno in questione possa arrivare ad avere una portata particolarmente importante.
È evidente la rivoluzione comunicativa che ne scaturisce, dato che la creazione e la diffusione di contenuti non sono più riservate ad una ristretta cerchia di attori, non è dunque più possibile esercitare un controllo su di esse: al contrario, chiunque può creare contenuti e comunicarli e, in base alla reazione degli individui che entrano in contatto con i contenuti stessi, questi ultimi si possono diffondere anche su larghissima scala, chiunque sia il soggetto che li ha originati. Si tratta del fenomeno che Tuten (2008) identifica con l’eloquente espressione “Web Democracy”. Sono dunque gli utenti stessi ad avere la possibilità di creare i contenuti da condividere, sono sempre gli utenti a valutare tali contenuti ed, eventualmente, a diffonderli all’interno delle proprie reti di appartenenza. Chiunque appartenga ad una rete ha un proprio ruolo in questo processo, chiunque può far sentire la propria voce attraverso il web, chiunque, in definitiva, può essere influente per quanto riguarda la diffusione di una notizia online (Watts, 2004).
Come si può immaginare, la comprensione di questo nuovo modello comunicativo è particolarmente importante per le aziende che vogliano gestire correttamente la propria immagine ed i rapporti con i clienti. Infatti, occorre rendersi conto che le imprese non hanno più il controllo esclusivo delle piattaforme da cui hanno origine i messaggi : è ora possibile per gli utenti interagire ed avere una voce, una capacità di comunicare pari a quella delle grandi istituzioni (Moran e Gossieaux, 2010). Ecco che la comunicazione di marketing non è più semplice e lineare come lo era un tempo, data la presenza di comunità all’interno delle quali i messaggi vengono selezionati, analizzati, talvolta modificati, e trasmessi, completamente o magari n parte, da un nodo all’altro della rete. È evidente come l’azienda possa avere un controllo sempre minore sulle informazioni, relative all’azienda stessa, rintracciabili nel web, in quanto
gran parte di questa comunicazione è generata e diffusa ad opera di soggetti che non dipendono direttamente da essa (Kaplan e Haenlein, 2010, p. 60).
È però possibile ed utile cercare di comprendere il funzionamento del flusso informativo che si produce in rete, e a questo scopo, come già accennato, sono stati condotti molti studi riguardanti il modo in cui un’informazione circola e si diffonde, ed in particolare su quali siano i soggetti che hanno un peso maggiore in questo processo: i cosiddetti Influentials.
Per influenza sociale, in particolare, si intende il comportamento umano in base al quale una persona viene condizionata nel proprio comportamento, idee ed attitudini da parte di altri soggetti, ritenuti particolarmente importanti, all’interno di uno stesso sistema sociale (Leenders, 2002).
Importante a questo proposito è l’analisi del sociologo M. Gladwell (2002), il quale equipara la diffusione di contenuti ad un’epidemia, che permette che informazioni, idee e comportamenti siano acquisiti da un grande numero di persone, pur partendo da una cerchia ristretta.
Secondo il suo studio, quelle che lui chiama “epidemie sociali” presentano due caratteristiche. La prima, è che esse possono essere originate da cause apparentemente di poco conto, che possono dunque apparire marginali rispetto all’importanza dei relativi effetti, e che dunque non sono facili da individuare. In secondo luogo, esisterebbe un momento preciso in cui le epidemie rompono gli argini della piccola cerchia di popolazione all’interno della quale sono inizialmente presenti, ed iniziano a diffondersi all’esterno in maniera significativamente massiccia. Si tratta di quello che Gladwell chiama il “tipping point”, ovvero il “punto critico”, superato il quale un fenomeno sociale inizierebbe un’espansione particolarmente rapida e capillare arrivando ad acquisire una portata significativa.
Inoltre studiando i contesti sociali all’interno dei quali le idee si diffondono, egli ipotizza che in questo processo esistano alcuni soggetti “strategici”, cioè più adatti di altri ad innescare processi di diffusione. Questi soggetti vengono da lui suddivisi in tre gruppi: i Connettori, individui con un ampio numero di contatti sociali; gli Esperti, considerati tali dagli altri membri della rete, che valutano le informazioni e
condividono le valutazioni con il resto della comunità; infine i Venditori, i quali hanno particolari capacità di persuasione e sono in grado di diffondere un messaggio proprio grazie al loro carattere.
Anche altri autori hanno ipotizzato che esista un gruppo ristretto di persone responsabili per la “decisione” di quali tendenze e opinioni abbiano una maggiore diffusione tra il grande pubblico. A questo proposito Keller e Berry (2003) stimano addirittura che, negli Stati Uniti, sia solamente il 10% della popolazione a determinare abitudini e modi di vita del resto del Paese, semplicemente comunicando, parlando di quello che essi stessi apprezzano o meno.
Al fine di comprendere il funzionamento del passaparola online, dunque, può risultare importante capire i meccanismi per i quali alcuni soggetti divengono più influenti di altri. Se infatti è vero che la diffusione di un’informazione può iniziare da chiunque, bisogna anche considerare che l’ampiezza e la rapidità di questa diffusione dipendono dalla recettività di chi la riceve, dalla grandezza dei loro network e dalla loro volontà e capacità di comunicare, a loro volta, l’informazione stessa.
Ecco perché numerosi studi si sono occupati di capire il funzionamento delle reti sociali e, più in particolare, le motivazioni per le quali alcune persone divengono influentials. È in primo luogo opportuno specificare come – secondo la classica segmentazione di Rogers (1962), che suddivide la popolazione in cinque categorie in base al tempo impiegato per adottare una tecnologia -‐ tipicamente gli influentials non siano, come si potrebbe pensare, innovatori, termine utilizzato per indicare il primo gruppo di consumatori ad adottare un’innovazione tecnologica. Piuttosto, essi sono in genere
pionieri, il secondo gruppo ad accogliere una novità. Infatti, si pensa che gli innovatori
siano troppo distanti dalla maggioranza della popolazione per poter esercitare un’influenza significativa (Keller e Berry, 2003).
Resta da definire quali siano le basi del “potere” esercitato dagli influentials sul resto della popolazione. Secondo lo studio di French e Raven (1960), citato all’interno del lavoro di Tuten (2008), esistono diverse fonti che possono accrescere l’autorità degli individui all’interno delle organizzazioni sociali. Le basi del potere sociale sarebbero dunque le seguenti: potere per ricompensa, ossia dovuto all’abilità di una persona di
fornire agli altri quello che desiderano; potere coercitivo, che corrisponde alla facoltà di punire gli altri, potere di legittimazione, dato dal fatto di vedersi riconosciuta una determinata posizione all’interno di un sistema sociale organizzato; potere per
referenza, cioè conferito dall’associazione ad un altro soggetto influente; potere per expertise, che si presenta quando un soggetto è apprezzato per le proprie conoscenze
e abilità; potere informativo, che si verifica quando una persona detiene il controllo sull’accesso e lo scambio informativo all’interno della rete.
Tale modello può essere utile per comprendere il caso, più specifico, dell’acquisizione di potere sociale all’interno dei social media.
L’identificazione dei soggetti influenti all’interno dei social media è, in particolare, stata oggetto di diversi studi nell’ambito della letteratura specializzata, i quali hanno presentato conclusioni talvolta parzialmente contrastanti.
In particolare, un filone di tale letteratura vuole che sia necessario un investimento considerevole di tempo ed energie nell’accrescere il proprio potere sociale all’interno di una comunità online, per avere la possibilità di diventare autorevole al suo interno (Tuten, 2008).
La reputazione online dei membri di una comunità, secondo tali autori, sarebbe correlata, in termini quantitativi, proprio dal contributo che essi vi apportano: in altre parole, i membri maggiormente attivi nel creare e diffondere contenuti, sarebbero anche quelli più influenti, e l’identificazione di tale gruppo sarebbe piuttosto immediata in quanto spesso non è che una piccola frazione di partecipanti attivi ad apportare la maggioranza dei contributi all’interno di una community (Wasko et al., 2009, Trusov et al., 2010).
Secondo altri autori, tuttavia, al fine di poter riconoscere un membro di una comunità come influente, indipendentemente dalla frequenza del suo apporto alla piattaforma, sarebbe necessario che esso sia riconosciuto da parte degli altri membri come esperto (Yang et al., 2012). Solo coloro che grazie alla propria reputazione godono di un’immagine di expertise ben consolidata, infatti, possono a tutti gli effetti definirsi
Influentials, ed essi sono riconoscibili dal fatto che i loro contributi sono consultati con
Per quanto riguarda i fattori che condizionano le scelte del singolo individuo, è stato notato come non siano importanti solamente le figure di persone influenti con cui esso entra in contatto, ma anche la stessa struttura della rete a cui appartiene, comprese le relazioni esistenti tra i vari componenti. Uno studio è stato condotto in proposito, il quale ha preso come variabile di riferimento l’adozione o meno di un prodotto commerciale da parte degli individui appartenenti ad una rete. Ne è risultato che la probabilità che un individuo adotti un nuovo prodotto è direttamente proporzionale alla quantità di persone che, all’interno della sua rete di appartenenza, l’hanno già adottato. Inoltre, tale probabilità risulta maggiore nel caso in cui le interconnessioni tra i membri di una rete siano più numerose, in altre parole, le tendenze si diffondono con maggiore facilità nelle reti all’interno delle quali i legami tra gli individui risultino più intensi (Katona et al., 2011).
Come si può notare, i fattori di cui tenere conto per comprendere il funzionamento del flusso informativo all’interno di una rete sono molteplici e talvolta complessi, è tuttavia fondamentale cercare di conoscere questi fattori per non rimanere esclusi dagli nuovi scenari comunicativi che si sono aperti con l’avvento del Web 2.0.
Tali scenari, come già sottolineato, hanno avuto un dirompente impatto sulla quotidianità delle persone, ed è altresì necessario sottolineare come tale impatto possa riguardare anche il comportamento individuale nei confronti delle aziende: si pensi, nello specifico, ai cambiamenti riguardanti il processo d’acquisto, la formazione della brand reputation e, più in generale, i processi comunicativi tra azienda e consumatore.
Proprio in quanto si tratta di un fenomeno di importanza rilevante dal punto di vista della comunicazione d’azienda, esso è stato ampiamente analizzato da parte della letteratura specializzata, dalla quale si può evincere, in generale, come sia preferibile una gestione maggiormente collaborative della comunicazione di brand, e come invece un atteggiamento passivo possa risultare pericoloso.
Di seguito, dunque, si sono cercate di esporre sinteticamente le varie modalità specifiche in cui, secondo la letteratura disponibile, il web 2.0 ha impattato sul
rapporto tra azienda e cliente, evidenziando man mano le relative criticità messe in rilievo dai diversi autori.
2.2
L’influenza del web 2.0 sulle decisioni d’acquisto
Come già sottolineato, il fenomeno del web 2.0 presenta importanti criticità dal punto di vista manageriale in quanto, con la presenza dei nuovi social media, diventa pressoché impossibile, per le aziende, avere un controllo circa le informazioni disponibili online sui propri prodotti e sulle proprie attività (Kaplan e Haenlein, 2010). In particolare, molto diffuso è il fenomeno delle recensioni di prodotti commerciali, operate dai consumatori stessi, presso i vari forum online, oltre alla creazione e diffusione, presso i vari social network, di contenuti riguardanti opinioni, impressioni ed esperienze relative a prodotti e servizi.
Come già specificato, il fenomeno del WOM esisteva anche prima dell’avvento di
internet. Tale fenomeno ha sempre influito anche sulle decisioni di acquisto operate da
un soggetto: l’opinione di altri consumatori, suoi “pari”, ha sempre giocato un ruolo fondamentale (Brooks, 1957).
Tale tendenza, tuttavia, acquisisce importanza forse ancora maggiore ora che la sovrabbondanza di messaggi pubblicitari da parte dei mass media, causando un sovraccarico di informazioni destinate all’utente, non fa che rendere le persone diffidenti nei confronti dei mezzi tradizionali. Diversi studi dimostrano infatti come i consumatori basino le proprie decisioni sull’opinione di altri consumatori: un giudizio dato da un pari in maniera informale e disinteressata è giudicato maggiormente attendibile rispetto alle comunicazioni provenienti dall’azienda (Brown et al., 2007; Riegner, 2007). I contenuti trasmessi attraverso il WOM, infatti, non sono visti come una promozione commerciale -‐ alla quale il consumatore tenderebbe a reagire con