Con le possibilità comunicative attualmente disponibili, che consentono una relazione più diretta con il cliente, quest’ultimo diviene una risorsa importante per l’azienda, la cui collaborazione può rivelarsi utile al di là della mera creazione di contenuti pubblicitari.
Essendo possibile una conoscenza maggiore del consumatore ed una relazione molto più stretta con quest’ultimo, egli può infatti diventare una risorsa per il miglioramento e l’innovazione dei prodotti aziendali.
La collaborazione del pubblico a questo scopo può assumere diverse configurazioni, variabili secondo il livello di impegno e coinvolgimento richiesti.
In primo luogo, è possibile utilizzare i Social Network e, più in generale, le comunità
online, allo scopo di conoscere maggiormente il consumatore con alcune ricerche di
mercato mirate. Si tratta di un’opzione che non richiede un particolare impegno da parte dell’utente, esplicitandosi esclusivamente nell’analisi dei dati disponibili all’interno delle varie piattaforme, riguardanti, ad esempio, relazioni tra i soggetti, argomenti preferiti, tendenze emergenti.
Nel settore della moda, ad esempio, è apprezzata la possibilità di identificare le tendenze più largamente diffuse tra il pubblico e quelle emergenti attraverso l’analisi testuale dei vari fashion blog, con una tecnica detta text mining che ne evidenzia i punti salienti come caratteristiche più importanti, termini più ricorrenti, categorie privilegiate e via dicendo (Rickman e Cosenza, 2007).
In generale, sono diversi i tipi di analisi che è possibile effettuare all’interno di una piattaforma per la condivisione di informazioni. È possibile il semplice conteggio della
frequenza con la quale compare una parola o una frase, metodo molto semplice e, a detta di alcuni, superficiale, ma che può ancora dare dei risultati interessanti; l’identificazione dei trend è invece un’estensione di questa tecnica che consiste nel monitorare il modo in cui evolve nel tempo la frequenza d’uso del termine, correlando eventualmente questi cambiamenti con altri fenomeni intercorsi durante lo stesso periodo. La tecnica denominata Sentiment Analysis permette di codificare ogni contributo come positivo, negativo o neutrale, tuttavia, a seconda della metodologia utilizzata per effettuare la classificazione, esistono margini di accuratezza di ampiezza variabile e da molti considerati eccessivi per poter ottenere un’analisi significativa, e questa è la critica maggiormente mossa agli studi di questo tipo. Infine, è possibile il monitoraggio degli utenti di una comunità, con l’identificazione dei vari argomenti messi in campo da ognuno e dei relativi ruoli all’interno del processo comunicativo, vale a dire il saper riconoscere chi produce un dato messaggio, chi lo recepisce, chi sembra essere maggiormente influente in questo processo (Poynter, 2011).
Oltre a queste metodologie che, come si diceva, non richiedono la collaborazione diretta del consumatore, la vera novità offerta dal Web 2.0 sta nella possibilità di sfruttare la relazione diretta che si crea con il cliente per un suo maggiore coinvolgimento anche nello sviluppo e nell’innovazione di prodotto, opzione esplorata con frequenza sempre maggiore da parte delle aziende, e con risultati particolarmente interessanti (Jeppesen e Frederiksen, 2006). Emblematica a tal proposito è ad esempio l’esperienza dell’azienda Nikon Inc., che si è impegnata nella costruzione di una forte comunità per poter trarre vantaggio dai contributi degli utenti, tanto che, secondo la responsabile di comunicazione A. Joubert, mantenere un dialogo aperto con i consumatori permette all’azienda di conoscerli meglio proprio al fine di poter offrire loro un prodotto che incontri le loro esigenze (Jones, 2012).
Sarebbe dunque la configurazione stessa delle reti ad incoraggiare un processo di sviluppo di conoscenza congiunta finalizzato all’innovazione in modo particolarmente efficiente, infatti la struttura dei network permette di moltiplicare le interazioni tra soggetti rendendole maggiormente dinamiche, favorisce l’incontro tra persone accomunate dagli stessi interessi e, mettendo in gioco legami emozionali ed elementi
di interesse ed appagamento personale, facilita la cooperazione indirizzata alla costruzione di conoscenze utili, favorendo importanti processi di apprendimento reciproco, di cui a beneficiare sarebbero tutti gli individui coinvolti, inclusa naturalmente l’azienda stessa (Jeppesen e Frederiksen, 2006; Fuller et al., 2007; Chiarvesio e Di Maria, 2008).
Fondamentale risulta, ai fini della proficuità della relazione, l’intensità delle connessioni tra gli appartenenti alla rete, infatti all’aumentare di questa aumenterà anche il potenziale di apprendimento congiunto relativo a impresa e consumatori. Tale intensità, secondo l’analisi di Busacca e Prandelli (2001) dipenderebbe da tre fattori fondamentali: la coerenza delle conoscenze ed esperienze proprie delle parti coinvolte; l’esistenza di linguaggi comuni che rendano possibile uno scambio comunicativo; la fiducia sviluppatasi tra le parti all’interno della relazione.
Il fenomeno in esame rappresenta una vera e propria svolta nei processi di costruzione della conoscenza, in quanto si parla ora di un apprendimento condiviso, sociale, più adatto ad affrontare l’ambiente moderno caratterizzato da complessità ed incertezza, poiché, appunto, si ritiene che la costruzione condivisa della conoscenza contribuisca a superare i limiti cognitivi individuali, con una maggiore apertura dell’azienda alle esigenze del cliente (Busacca e Prandelli, 2001).
Il cliente è così investito di una rinnovata importanza all’interno dei processi decisionali dell’azienda, e proprio il fatto di vedersi riconosciuta questa importanza fa sì che esso possa essere maggiormente stimolato ad un impegno nella collaborazione con il brand, alimentando un circolo virtuoso di continua creazione di valore. In particolare, alcuni autori hanno verificato come i consumatori dimostrino di apprezzare il fatto di sentirsi parte integrante dell’azienda, fattore denominato “Embeddedness” ed il fatto di vedersi riconosciuto un certo potere decisionale all’interno di essa, che si configura come un’effettiva attenzione prestata nei confronti dell’opinione espressa, concetto descritto dal termine “Empowerment” (Porter et al., 2011).
Naturalmente, questa fiducia è loro conferita sulla base della convinzione che l’esperienza maturata in quanto consumatori renda la loro opinione significativa tanto quanto quella di esperti del settore, e che anzi essi abbiano l’importante ed esclusiva
capacità di porre in essere attività di predisposizione di senso, interazione con il contesto di utilizzo, manipolazione, personalizzazione e valutazione del prodotto dal punto di vista emotivo -‐ funzionale, attività che concorrono alla creazione del valore finale ivi attribuito (Busacca e Prandelli, 2001; Brown et al., 2007).
Alcuni autori ritengono dunque che, nell’ambiente odierno, non si possa prescindere dalla collaborazione del consumatore, e che sia invece necessario rendere i processi aziendali più trasparenti al fine di sviluppare il prodotto e perfezionarlo fino a fare in modo che esso incontri le esatte caratteristiche apprezzate dal pubblico (Cooke e Buckley, 2008).
In conclusione, è possibile notare come la letteratura sia concorde nell’affermare come questa nuova configurazione della comunicazione tra azienda e consumatori cambi radicalmente le caratteristiche dei rapporti tra questi soggetti: la conoscenza di
marketing è ora sviluppata in un contesto di condivisione con il cliente, il quale non è
più visto come soggetto esterno; la creazione di valore si esplicita in un processo che vede il cliente come attore collaborativo e non più solamente come target finale; il prodotto può addirittura essere progettato con la collaborazione del cliente, che può mettere in atto processi di personalizzazione ed auto-‐configurazione affinché questo possa meglio rispondere alle proprie esigenze (Busacca e Prandelli, 2001).
Tali cambiamenti si rivelano benefici per la totalità degli attori coinvolti, in quanto ne risulta un generale aumento del valore prodotto, sia dal punto di vista dell’impresa che da quello del cliente.