• Non ci sono risultati.

Conclusioni

Nel documento MIGRAZIONI, AGRICOLTURA E RURALITÀ (pagine 48-52)

interne. Particolarmente importante è stato lo sforzo del Servizio politiche sociali e di parità della città metropolitana di Torino che, in collaborazione con la Compagnia di San Paolo, la Regione Piemonte, il Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione (Fieri) e l’Associazione Dislivelli, ha promosso la ricerca “Monta-nari per forza” che raccoglie buone pratiche di progetti di accoglienza e integrazione per i migranti nei Comuni montani e rurali delle Alpi occidentali. La costituzione e il rafforzamento di tale rete di studio e di analisi sul fenomeno dei richiedenti asilo in montagna ha delineato un esperimento importante sul ruolo dell’immigrazione straniera per il rilancio della montagna. Si tratta di esperienze virtuose nelle Alpi, frutto di percorsi non facili, realizzati in rete con altri attori locali, che ha portato alla realizzazione di storie di successo e di inserimento nel tessuto economico e sociale locale, nonché di pratiche di innovazione sociale e culturale. Al di là dei seminari e degli incontri pubblici organizzati per sensibilizzare l’opinione pubblica e la diffusio-ne di informazioni, questa rete ha identificato e analizzato ventidue buodiffusio-ne pratiche sul territorio piemontese19.

La Fondazione Ismu, in collaborazione con l’associazione Robert F. Kennedy Hu-man Rights Italia e la Rete Migrazioni e Lavoro, ha redatto un repertorio di quindici esperienze, individuate attraverso un’attività di desk analysis su siti internet e articoli di stampa e la partecipazione a convegni e reti attive nel campo dell’inclusione so-cio-lavorativa dei migranti. A un referente di ogni pratica è stata somministrata tele-fonicamente un’intervista semi-strutturata, della durata di circa un’ora e mezzo, volta ad approfondire aspetti quali i soggetti coinvolti, gli obiettivi, i risultati, l’impatto, i punti di forza e debolezza e le prospettive future20 .

L'immigrazione in Italia tra numeri e indagini

gionare in termini strutturali e sulla lunga durata del fenomeno.

Gli Stati, i governi, le organizzazioni umanitarie, le istituzioni internazionali, gli attori economici, la società civile si confrontano ogni giorno con il nodo della politica migratoria, declinata di volta in volta a seconda delle rispettive esigenze, dei rapporti di forza, degli equilibri, degli assetti che le classi dirigenti scelgono di privilegiare.

In Italia il dibattito pubblico è dominato dalla cosiddetta «emergenza sbarchi», con tutto il corollario di provvedimenti di urgenza e di circuiti assistenziali. La ricerca scientifica fatica a individuare uno spazio di riflessione e di sperimentazione capace di affinare lo sguardo e di ragionare sulla lunga durata dei fenomeni.

Nonostante le difficoltà, va evidenziato come negli ultimi anni, sono state realiz-zati diversi studi, indagini e ricerche, sul fenomeno migratorio. Essi possono essere ricondotti a quattro rilevanti percorsi:

• realizzazione di indagini volte a fornire elementi di maggiore conoscenza sul-le condizioni di vita e di lavoro, sulla mancanza di diritti più esul-lementari;

• identificazione e analisi di strategie di accoglienza e di integrazione capaci di rivitalizzare i territori rurali interni e fragili sia dal punto di vista delle dina-miche demografiche che dei servizi, del sistema socioeconomico in generale;

• valorizzazione e massimizzazione del patrimonio informativo disponibile, integrando ed armonizzando differenti fonti e metodologie di rilevazione per costruire un quadro più organico,

• realizzazione di attività di studio che si basano su rapporti di collaborazione tra diverse istituzioni ed organizzazioni. Queste ultime di stanno rilevando strategiche sul piano operativo.

Gli studi condotti, finalizzati a migliorare la conoscenza dei fenomeni migratori e soprattutto a indagare la presenza straniera nel suo essere fattore di cambiamento, elemento di spinta, stanno dando un valido contributo per:

• disvelare il modo con cui si intrecciano le dinamiche nazionali e quelle inter-nazionali, partendo dal processo di integrazione europea;

• comprendere le trasformazioni nel mercato del lavoro;

• ricostruire i punti di forza e di debolezza dell’azione delle istituzioni sul ter-ritorio;

• capire meglio l’origine e lo sviluppo dei conflitti sociali;

• riflettere sulla centralità del terzo settore e la crisi del welfare.

La gran parte di esse evidenzia come la presenza dei migranti nei piccoli centri, nelle aree di montagna e nelle aree interne possa offrire inedite opportunità di

cam-biamento e di supporto alla tenuta sociale ed economica delle comunità locali. Le attività di ricerca, di fatto, evidenziano che i migranti hanno cominciato a riempire ampi vuoti territoriali, ovvero spazi abbandonati dalla forza lavoro locale: attività sempre meno praticate (agricoltura, pastorizia, edilizia), patrimoni abitativi (case ab-bandonate, seconde case, intere borgate), ma anche attività legate all’invecchiamento della popolazione (assistenza domiciliare e cura).

La diffusa presenza di lavoratori migranti, rifugiati, richiedenti asilo in agricol-tura rende opportuna l’attenzione della politica agricola e rurale al fenomeno e alle problematiche che ne derivano per il settore agricolo (sfruttamento del lavoro, lavoro nero, demansionamento) e le aree rurali (questione abitativa e servizi, condizioni igieniche, integrazione). I dati mostrano come negli ultimi decenni si sia assistito ad una vera e propria rivoluzione che ha trasformato il lavoro agricolo, di cui gli immi-grati rappresentano una componente significativa.

Il fenomeno migratorio in Italia è dunque complesso e assume caratteristiche particolari – sia a livello del lavoro che dell’integrazione – nelle comunità rurali. La Politica agricola comune (Pac), su entrambi i fronti, si candida a giocare un ruolo im-portante. Dalle analisi che interessano il rapporto tra migranti, settore agricolo e aree rurali, nonché da quelle volte a valorizzare le buone pratiche che vedono protagoni-ste le aziende agricole e le istituzioni locali nell’integrazione lavorativa e sociale dei migranti, si possono individuare possibili interventi nell’ambito della Pac. Essa può contribuire a rimuovere alcune criticità che spesso causano irregolarità e favorire una maggiore integrazione nel sistema produttivo e sociale. Gli indirizzi della nuova Pac rilevano cambiamenti significativi a partire dalla dichiarazione di Cork nella quale si riconosce “il potenziale delle aree rurali per offrire soluzioni innovative, inclusive e sostenibili per affrontare le sfide attuali e future della società, quali la prosperità eco-nomica […], l’inclusione sociale e l’integrazione dei migranti” (Commissione europea, 2016). Ciò è ripreso dalla recente Comunicazione europea sul futuro dell’alimenta-zione e dell’agricoltura che ha aperto il dibattito sulla Pac post 2020 (Commissione europea, 2017). L’attenzione è posta in particolare sulla possibilità di “creare opportu-nità di occupazione e attività generatrici di reddito nelle regioni di origine e di transito dei migranti”. La Comunicazione sottolinea la necessità di inserimento e integrazione dei migranti nelle comunità rurali.

Gli studi e le indagini recenti sono un chiaro segnale di quanto lavoro ci sia ancora da fare e della necessità di operare integrando politiche e strumenti di intervento che permettano sia la regolarizzazione del lavoro, ma anche la dignità e la sicurezza del

L'immigrazione in Italia tra numeri e indagini

lavoratore. Per favorire questo processo è però necessario approfondire il fenomeno sia in termini quantitativi che qualitativi.

Dalle analisi e dalle ricerche emergono percorsi più strutturali, all’interno dei quali, accanto a criticità e disinformazione, ci sono esperienze di successo in termini di accoglienza e integrazione, avvio di percorsi economici, accesso ai servizi, svilup-po sostenibile, etico e solidale. Una maggiore e migliore informazione sul fenomeno, frutto di integrazione tra fonti diverse (dagli aspetti statistici a quelli amministrativi fino alle esperienze in corso) può favorire lo sviluppo territoriale in termini economi-ci, demografici e sociali, ma potrebbe rappresentare anche un’occasione per ripensare i modelli di sviluppo attuali.

Nel documento MIGRAZIONI, AGRICOLTURA E RURALITÀ (pagine 48-52)