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L’evoluzione della rete Sprar: l’accoglienza integrata e le ricadute positive sulle comunità locali

Nel documento MIGRAZIONI, AGRICOLTURA E RURALITÀ (pagine 188-192)

la sua centralità nelle politiche di rivitalizzazione dei territori

6.6.1 L’evoluzione della rete Sprar: l’accoglienza integrata e le ricadute positive sulle comunità locali

Lo Sprar consta di una rete strutturale di Enti locali che accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (Fnpsa) per realizzare progetti di accoglienza integrata destinati a richiedenti protezione inter-nazionale, rifugiati, titolari di protezione sussidiaria e umanitaria, grazie al sostegno delle realtà del terzo settore.

Nel corso degli anni lo Sprar ha conosciuto numerosi ampliamenti, principal-mente come conseguenza dei flussi verso l’Italia e l’Europa provenienti dal Medio Oriente e dal continente africano. L’incremento dei posti e degli accolti dal momento dell’avvio del sistema è stato infatti progressivo, ma dal 2012 al 2018 ha subìto una

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significativa accelerazione, passando da 3.979 a 35.881 posti alla fine del 2018, per un totale di 877 Progetti affidati a 757 Enti locali titolari di progetto, il cui dettaglio è riportato nella tabella 6.5.

Tabella 6.5 – Progetti Sprar suddivisi per categoria e numero posti al 31 dicembre 2018

Categoria progettuale Progetti Posti

Ordinari 681 31.647

Minori stranieri non accompagnati 144 3.500

Persone con disagio mentale o disabilità 52 734

TOTALE 877 35.881

Fonte: elaborazione degli autori su dati Servizio Centrale dello Sprar (2018).

Oltre alla formalizzazione di un dovere di accoglienza delle istituzioni pubbliche, la nascita dello Sprar ha comportato la riappropriazione da parte delle amministra-zioni locali di strategie e interventi di welfare. Nei 17 anni di funzionamento del Sistema, i progetti di accoglienza dello Sprar, attorno alla copertura politica dell’Ente locale e al contributo degli enti di tutela, sono, infatti, diventati un punto di riferi-mento forte sui territori per tutte le azioni in favore di richiedenti asilo e rifugiati.

Tale peculiarità ha consentito la crescita di competenze e capacità, specifiche e rico-noscibili, in capo agli operatori locali dell’accoglienza, i quali sono diventati i princi-pali interlocutori per gli enti e i servizi chiamati in causa nei percorsi di inclusione di richiedenti asilo/rifugiati.

A livello territoriale gli Enti locali, in collaborazione con le realtà del privato, ga-rantiscono interventi di “accoglienza integrata” che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo, in modo complementare, anche misure di orientamento e accompagnamento legale e sociale, nonché la costruzione di percorsi individua-li di inclusione e di inserimento socio-economico. Obiettivo principale dello Sprar è la presa in carico della singola persona accolta, in funzione dell’attivazione di un percorso individualizzato di (ri)conquista della propria autonomia, per un’effettiva partecipazione al territorio italiano, in termini di integrazione lavorativa e abitativa, di accesso ai servizi del territorio, di socializzazione, di inserimento scolastico dei minori.

• Le caratteristiche principali dello Sprar sono:

• il carattere pubblico delle risorse messe a disposizione e degli enti politica-mente responsabili dell’accoglienza: Ministero dell’Interno ed enti locali, se-condo una logica di governance multilivello;

• le sinergie avviate sul territorio con i cosiddetti “enti gestori”, soggetti del ter-zo settore – associazioni, Ong, cooperative – che contribuiscono in maniera essenziale alla realizzazione degli interventi;

• il decentramento degli interventi di “accoglienza integrata”, diffusi su tutto il territorio nazionale;

• la promozione e lo sviluppo di reti locali – stabili, solide, interattive – con il coinvolgimento di tutti gli attori e gli interlocutori privilegiati per la riuscita delle misure di accoglienza, protezione, integrazione in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale;

• la volontarietà degli Enti locali nella partecipazione alla rete dei progetti di accoglienza;

• il rafforzamento (o l’attivazione) di servizi territoriali, a vantaggio delle intere comunità cittadine, autoctone e migranti.

Gli Enti locali, in partenariato con il terzo settore, implementano progetti territo-riali di accoglienza, coniugando le linee guida e gli standard dello Sprar con le carat-teristiche e le peculiarità del territorio. In base alla vocazione, alle capacità e compe-tenze degli attori locali, nonché tenendo conto delle risorse (professionali, strutturali, economiche), degli strumenti di welfare e delle strategie di politica sociale adottate negli anni, gli Enti locali possono scegliere la tipologia di accoglienza da realizzare e i destinatari che maggiormente si è in grado di prendere in carico. Pertanto, i progetti, come anticipato, possono essere rivolti a singoli adulti e nuclei familiari, oppure a famiglie monoparentali, donne sole in stato di gravidanza, minori non accompagnati richiedenti asilo e non, vittime di tortura, persone bisognose di cure continuative o con disabilità fisica o psichica. In ogni caso, per ognuna delle persone accolte rimane fondamentale il carattere temporaneo dell’accoglienza, che è sempre finalizzata all’au-tonomia e all’inserimento dei beneficiari.

Gli operatori dell’accoglienza hanno assunto un ruolo di mediazione sociale e isti-tuzionale, e la loro presenza o meno su un territorio è diventata condizione essenziale per la crescita di una cultura dell’accoglienza nei servizi. Fondamentale è stato il loro intervento per ottenere l’applicazione delle norme in favore di richiedenti asilo/rifu-giati per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, per l’inserimento scolastico dei

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minori, per la frequentazione di corsi di lingua e professionali, per l’ingresso all’uni-versità, per il godimento dei benefici di previdenza sociale, per il ricongiungimento familiare, per l’iscrizione anagrafica, per l’accesso all’edilizia pubblica.

La spinta “locale” dell’inclusione sociale è ulteriormente rafforzata dalle compe-tenze e dalle responsabilità che sono riconosciute in capo ai comuni nelle politiche e nei servizi di welfare. Il successo dei percorsi di inclusione di richiedenti asilo e rifu-giati dipende dalle scelte operate dai comuni, in termini di programmazione, strate-gie e risorse. Pur rispondendo alle esigenze specifiche di singoli gruppi o individui, i Comuni hanno, con i progetti Sprar, la possibilità di includere una politica di acco-glienza all’interno dello stesso welfare locale, accrescendo così le proprie capacità di dare risposte riguardanti l’intera comunità cittadina, migrante e autoctona. Pertanto, l’impatto dello Sprar può essere misurato in rapporto alle sue differenti dimensioni:

dei beneficiari, delle Amministrazioni locali, del territorio e delle comunità cittadine, del sistema asilo nazionale. Una presa in carico dei beneficiari, secondo gli obiettivi e le modalità dell’accoglienza integrata, consente di facilitare i percorsi di autonomia dei singoli (e dei nuclei familiari), permettendo loro di passare da meri assistiti a protagonisti del progetto di accoglienza e, soprattutto, del proprio percorso di inse-rimento socio-economico. Il livello di integrazione dei rifugiati non viene misurato sulla conquista di casa e lavoro, quanto sulle possibilità/opportunità che ha la perso-na di reagire e interagire con il territorio, sia in condizioni di vita consuetudiperso-naria che in situazioni di difficoltà, come nel caso del verificarsi di una malattia, di uno sfratto o di un licenziamento.

In questi termini l’impatto dello Sprar sulle Amministrazioni locali si traduce in:

• prevenzione dei fenomeni di emarginazione sociale, con il consequenziale ri-sparmio sulle spese per i servizi di welfare;

• ottimizzazione delle risorse nella possibilità di intervenire con politiche, stra-tegie e azioni su “scala sociale”, prevedendo gli interventi in favore dei rifugiati in un contesto più generale di welfare;

• rafforzamento delle competenze dei servizi territoriali e della loro diversifica-zione, a beneficio di tutta la popolazione locale, nativa o migrante;

• arricchimento, anche culturale, dei territori con l’ingresso di nuove compe-tenze e capacità;

• rivitalizzazione dei territori, prevalentemente a vocazione agricola o artigia-nale, spopolati a seguito dei processi di urbanizzazione degli abitanti;

• tenuta dei servizi educativi e scolastici altrimenti a rischio di chiusura;

• controllo del territorio e prevenzione del rischio di devianza.

L’impatto dello Sprar sulle comunità cittadine può tradursi, infine, in una “apertu-ra al mondo” da intendersi nelle sue innumerevoli sfaccettature, ovvero dalla capacità di entrare, in dialogo e confronto, alla conoscenza di contesti e storie, alla capacità di raccontare e spiegare la propria storia, fino all’inevitabile progresso culturale.

L’architettura complessiva dell’accoglienza, costruita faticosamente negli ultimi ven-ti anni attraverso un processo di condivisione tra i diversi livelli di governo e di cui lo Sprar ha rappresentato il perno centrale della filiera di accoglienza, dal mese di ottobre 2018 è stata ridefinita dalle previsioni normative contenute nell’art. 12 del decreto Leg-ge n. 113/2018, convertito con modifiche dalla legLeg-ge 1 dicembre 2018, n. 132. Da un sistema unico e plurifasico (prima e seconda accoglienza) si passa ad un sistema binario di accoglienza (un circuito di accoglienza destinato ai richiedenti protezione ed uno per titolari di protezione). In questa nuova compagine, gli Enti locali afferenti alla rete territoriale di accoglienza dello Sprar hanno la responsabilità di accogliere e attivare i percorsi di autonomia e integrazione per i titolari di protezione e minori stranieri non accompagnati mentre il livello nazionale deve garantire un sistema servizi di assistenza e prima accoglienza per i richiedenti asilo. Il sistema Sprar, per effetto delle norme no-vellate che ne circoscrivono il campo di azione ad alcune categorie specifiche di sogget-ti, viene ridefinito con finalità che portano il Sistema di protezione per titolari di prote-zione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati (Siproimi) ad assumere la natura di “sistema parallelo di welfare” destinato ad occuparsi, oltre che di protetti internazionali, di minori non accompagnati, persone vittime di tratta, sfruttamento, violenza così come anche di persone interessate da problemi medici. Un cambiamento talmente rilevante da richiedere una riflessione generale sulla rete d’accoglienza degli Enti locali e sul suo funzionamento, nonché sull’interazione con il sistema dei servizi, le istituzioni pubbliche e il territorio.

Nel documento MIGRAZIONI, AGRICOLTURA E RURALITÀ (pagine 188-192)