• Non ci sono risultati.

CONFISCA DI COSE APPARTENENTI A TERZ

Nel documento La confisca in assenza di condanna (pagine 51-58)

6. CONFISCA DI PREVENZIONE

6.1. CONFISCA DI COSE APPARTENENTI A TERZ

La natura della confisca di prevenzione ricondotta dalla giurisprudenza maggioritaria all’interno dei canoni applicativi delle misure di sicurezza, reca con sé la conseguenza che la misura ablatoria de qua possa essere applicata, a determinate condizioni, anche a terzi99.

Orbene, non si comprende, stante la ratio di neutralizzazione della pericolosità sociale, quale sia la finalità insita nella confisca a soggetti estranei rispetto alla commissione dei reati, sulla base dei quali indizi si procede con l’irrogazione della misura.

Tale affermazione, però, ha come necessario presupposto, alcune chiarificazioni circa la nozione di terzo, alla luce del Codice Antimafia.

97 Cass. pen., Sez. Un., 26 giugno 2015 (dep. 21 luglio 2015), n. 31617, Pres. Santacroce, Rel. Macchia, Ric. Lucci

98 Tale espressione è stata utilizzata da A. MANGIONE, La misura di prevenzione patrimoniale fra dogmatica e politica criminale, op. cit.

99 Quanto alle misure di sicurezza, l’art. 240 del c.p. prevede che: “Le disposizioni della prima parte e dei numeri 1 e 1 bis del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato…La disposizione del numero 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa [c.p.p. 676]”. Più in chiaro, sebbene l’art. in questione presupponga che la confisca, salvo il caso delle cose obiettivamente illecite, presupponga una condanna e di conseguenza escluda che la stessa possa colpire persone estranee al reato, bisogna intendersi sul significato da attribuire a tale categoria, potendosi, in tal modo, applicare la confisca a soggetti non autori dell’illecito penale per cui si procede che, però, siano in qualche modo coinvolti nel processo. Da un differente angolo prospettico, si noti come proprio l’esclusione dei terzi dall’applicazione della confisca-misura di sicurezza sarebbe sintomatica della natura sostanzialmente afflittiva della medesima.

Sono, infatti, riguardati dalla confisca non solo i titolari di diritti reali o personali di godimento, ma anche i partecipanti in comunione, i proprietari di beni di cui sono confiscati i diritti reali di godimento e coloro che sono parte del giudizio avente ad oggetto domande giudiziali trascritte prima del sequestro, ovvero a diritti reali sul bene sequestrato. Sono ricompresi indirettamente in tale categoria anche i terzi titolari di diritti di credito, garantiti o meno da diritti reali di garanzia. Si parla, a tal proposito, di terzi interessati100.

Le ulteriori due sottocategorie di terzi sono quelle dei terzi intestatari di cui all’art. 23101, nonché quella degli aventi causa del de cuius102 in base all’art. 18 co. 2 e 3 del Codice Antimafia: entrambe pongono rilevanti problematiche.

In entrambi i casi, il maggiore nodo è quello relativo all’espletamento dell’onus

probandi. Specie nel caso dei successori del proposto, si tratta, infatti, di confutare la

provenienza illecita dei beni, nonché di dimostrare la liceità dell’attività economica dell’avente causa.

100 F. MENDITTO, Le misure di prevenzione e la confisca allargata. (l. 17 ottobre 2017, n. 161),

Edizione 161, Officina del diritto. Il penalista, Giuffrè, 2017, p. 95; F. Menditto, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, Giuffrè, 2012, p. 279 e ss.

101 Il cui contenuto è il seguente: “1. Salvo che sia diversamente disposto, al procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dettate dal titolo I, capo II, sezione I. 2. I terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati, nei trenta giorni successivi all’esecuzione del sequestro, sono chiamati dal tribunale ad intervenire nel procedimento con decreto motivato che contiene la fissazione dell’udienza in camera di consiglio. 3. All’udienza gli interessati possono svolgere le loro deduzioni con l’assistenza di un difensore, nonché chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca. Se non ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 24 il tribunale ordina la restituzione dei beni ai proprietari. 4. Il comma 2 si applica anche nei confronti dei terzi che vantano diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro. Se non ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 26, per la liquidazione dei relativi diritti si applicano le disposi- zioni di cui al titolo IV”.

102 Di rilevante importanza, a proposito della categoria degli eredi del proposto, il pensiero espresso dal

Prof. Visconti: “La confisca post mortem è in sé un istituto in bilico sul piano costituzionale perché colpisce soggetti, cioè gli eredi, nei confronti dei quali non è formulata alcuna prognosi di pericolosità”, in C. VISCONTI, C. TONA, Nuove pericolosità e nuove misure di prevenzione: percorsi contorti e prospettive aperte nella riforma del Codice Antimafia, 14 febbraio 2018, disponibile su

http://www.lalegislazionepenale.eu/nuove-pericolosita-e-nuove-misure-di-prevenzione-percorsi- contorti-e-prospettive-aperte-nella-riforma-del-codice-antimafia-giovanbattista-tona-costantino- visconti/. Rileva, inoltre, A. M. MAUGERI in Riv. Cassazione penale, n. 1 del 2014, Giuffrè editore, p. 275, come già “la Corte costituzionale, con le pronunce n. 21 e 216 del 2012, ha ritenuto conforme ai principi costituzionali il procedimento in materia anche laddove coinvolge i successori del soggetto defunto prima dell’inizio del procedimento, dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della l. n. 575/1965, art. 2-ter, comma 11, sollevate in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.”. Ciò, in quanto, la giurisprudenza di legittimità riconosce la natura peculiare del giudizio di prevenzione. Non può, tuttavia, negarsi come in tale ipotesi, la confisca acquisti le fattezze di una vera e propria actio in rem, “fondata su una sorta di pericolosità reale dello stesso derivante dalla sua origine illecita (indipendentemente da chi ne sia l’attuale proprietario), salva la prova dell’inquadrabilità del defunto nella categoria dei destinatari”.

La probatio risulta, in ogni caso, diabolica, dal momento che sarà oltremodo difficile per gli eredi dimostrare che il de cuius aveva acquisito i beni lecitamente, specie nel caso di cespiti patrimoniali acquisiti molti anni addietro.

La tutela nei confronti dei terzi è, sebbene la giurisprudenza sia sempre più orientata ad un rafforzamento103, abbastanza debole, stante la necessità di arginare i rischi derivanti dalla costituzione di posizioni creditorie apparenti che siano strumentali ad aggirare l’operatività dell’azione di prevenzione104. Tuttavia, tale evenienza che ha portato il legislatore a prevedere un sistema di presunzioni e maglie applicative di confisca a terzi molto ampie, determina un chiaro indebolimento dei diritti di questi105 “con una sorta di chiamata di corresponsabilità morale o sociale per coloro che hanno avuto la ventura di immettersi nel traffico giuridico con l’imprenditore di sospetta appartenenza alla mafia.”106

Diversa da tale ipotesi è quella dell’intestatario fittizio, regolata dall’art. 26 del Codice107. Ciò, in quanto in tale ipotesi i beni sono in realtà del proposto, ma

103 La giurisprudenza penale ha, a più riprese, sostenuto che nel bilanciamento tra salvaguardia

dell’interesse pubblico e tutela del terzo in buona fede, titolare di un diritto reale o di garanzia, non si possa sacrificare la posizione del terzo, “protetta dal principio della tutela dell’affidamento incolpevole che permea di sé ogni ambito dell’ordinamento giuridico” (C. cost. n. 1/97; S.C. sent. nn. 47887/03, 12317/05; 13413/05, 34370/07; 2551/07). La tutela del terzo, in ultima analisi, era, prima del D.lgs. 159/11, garantita nella misura in cui egli versasse in buona fede e fosse trovato in una situazione di affidamento incolpevole. Già prima del Codice, infatti, la S.C. aveva evidenziato la necessità che il terzo dovesse poter partecipare al procedimento di prevenzione o proporre incidente di esecuzione, qualora non abbia partecipato al procedimento di ablazione reale. Ciò “corrisponde a quella maggiormente compatibile con precisi dati normativi, con le linee fondanti dell'ordinamento e con i valori protetti dalla Costituzione”; “quand'anche la confisca dovesse qualificarsi quale causa di acquisto a titolo originario, il trasferimento del diritto non può avere ad oggetto "un diritto di contenuto diverso e più ampio di quello che faceva capo al precedente titolare", nè lo Stato può "legittimamente acquisire facoltà di cui il soggetto passivo della confisca aveva già perduto la titolarità" (Cass., Sez. Un., 28 aprile 1999, Bacherotti ed altri, cit.)”. E la linea della giurisprudenza non pare essersi modificata, in punto di tutela del terzo proprietario estraneo al procedimento: Cass. pen. S.U. n. 48126 del 2017, con la quale si è affermata la possibilità per il terzo di chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia di confisca del bene sia divenuta irrevocabile, la restituzione della res, cui può seguire, in caso di diniego, appello del terzo innanzi al tribunale del riesame. Maggiore problematicità si riscontra nel caso delle procedure concorsuali, di difficile conciliabilità col procedimento di prevenzione. In questo caso, prevale l’interesse pubblico e non quello creditorio, come evidenziato dalla S.C. nelle sent. nn. 18955/06 e 16797/11.

104 F. MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, Giuffrè, 2012, op. cit. p. 550. 105 A. M. MAUGERI, Misure di prevenzione patrimoniale: tutela dei terzi e nozione di buona fede, 12

settembre 2011, disponibile su www.penalecontemporaneo.it.

106 A. MANGIONE, La misura di prevenzione patrimoniale tra dogmatica e politica criminale, op. cit.

p. 140.

107 L’art. 26 del Codice, rubricato “Intestazione fittizia”, recita quanto segue: “1. Quando accerta che

taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con il decreto che dispone la confisca il giudice dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione. 2. Ai fini di cui al comma 1, fino a prova contraria si presumono fittizi: a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei

l’accertamento necessita comunque di uno standard probatorio adeguato. In tali casi, infatti, l’autorità giudiziaria ha l’obbligo di addurre, non solo indizi della fittizia intestazione del bene e della conseguente disponibilità dei beni da parte del solo proposto, ma, anche, fatti che si connotino per gravità, precisione e concordanza108. Invero, la confiscabilità delle cose appartenenti a terzi rende ancora più stigmatizzante una misura ablatoria che si pone in tensione con i parametri costituzionali. Se la vogliamo ritenere pena, allora non c’è necessità della pericolosità sociale e, quindi, dobbiamo riconoscerle una funzione di neutralizzazione.

Diversamente, se vogliamo negarne la natura afflittiva e, affermarne la ratio di pericolosità sociale, e di prevenzione del rischio di commissione di ulteriori reati, non si giustifica in alcun modo l’apprensione delle cose a terzi, anche se congiunti, sulla base di presunzione prevista nel Codice Antimafia nell’art 25.

Ciò, nonostante il tentativo di salvataggio operato dal giudice delle leggi109, che non può giustificare un sistema sbilanciato a favore dell’interesse pubblico, lesivo dei terzi, destinatari di un provvedimento afflittivo senza condanna110.

due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonché dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado; b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione.

108 Cass. pen. n. 605/2003.

109 Il riferimento è alla C. cost. n. 94 del 2015, ad avviso della quale, la disciplina del Codice Antimafia in punto di tutela dei terzi: “rappresenta il frutto del bilanciamento legislativo tra i due interessi che in materia si contrappongono: da un lato, l’interesse dei creditori del proposto a non veder improvvisamente svanire la garanzia patrimoniale sulla cui base avevano concesso credito o effettuato prestazioni; dall’altro, l’interesse pubblico ad assicurare l’effettività della misura di prevenzione patrimoniale e il raggiungimento delle sue finalità, consistenti nel privare il destinatario dei risultati economici dell’attività illecita”. “In particolare, i requisiti di legittimazione stabiliti dall’art. 52 del d.lgs. n. 159 del 2011 rivelano come il legislatore abbia inteso, per un verso, escludere dalla tutela i crediti scaturiti da prestazioni connesse all’attività illecita o a quella di reimpiego dei suoi proventi (requisito della non strumentalità del credito rispetto a quest’ultima, salva la dimostrazione dell’incolpevole ignoranza di tale nesso da parte del creditore); per altro verso, evitare che il proposto possa eludere gli effetti della confisca precostituendo delle posizioni creditorie di comodo o simulandone a posteriori l’esistenza (requisiti della “non astrattezza” del credito e della sua sicura anteriorità rispetto al sequestro); per altro verso ancora, impedire che la persona sottoposta al procedimento di prevenzione possa comunque giovarsi dei proventi delle attività illecite per “liberare” dai debiti il restante patrimonio personale (requisito della preventiva infruttuosa escussione degli altri beni del proposto)”. Sul punto, F. MENDITTO, Confisca di prevenzione e tutela dei terzi creditori. Un difficile bilanciamento di interessi, 7 luglio 2015, disponibile su https://www.penalecontemporaneo.it.

110 Giova, ad ogni modo, sottolineare che alcuni passi in avanti sono stati fatti con la l. n. 161 del 2017,

che ha novellato gli articoli 20, 21 e 22 del Codice Antimafia, ma al contempo reso ancora più oneroso l’onus probandi del creditore, richiedendo che egli debba dimostrare la buona fede e consapevole affidamento. E la prova, diversamente dal diritto civile, non si presume, piuttosto si configura come rafforzata, anche per gli istituti di credito (Cass. nn. 2894/15; 6449/15; 39237/11); 23299/15;37462/12).

La confisca di prevenzione si pone in tensione con il principio di proporzionalità111. Quest’ultimo principio dovrebbe sempre orientare la compromissione del diritto costituzionale di tutela della proprietà ex. art. 42 Cost. Peraltro, sostenendosi la natura afflittiva della confisca di prevenzione, si dovrebbe ritenere, altresì, violata la presunzione costituzionale di non colpevolezza112.

Si tratta, per come emerso, di un sistema difficilmente tollerabile, a maggior ragione se si considera che non solo il proposto subisce la misura ablatoria in assenza di accertamento ad hoc e del giusto corredo garantistico, ma anche un terzo, spesso ignaro e certamente incapace di assolvere l’onere probatorio su di lui gravante113. 7. PROCESSO PENALE E PROCEDIMENTO DI PREVENZIONE

L’art. 29 del Codice Antimafia sancisce l’indipendenza dell’azione di prevenzione dall’esercizio dell’azione penale. Si tratta, invero, del principio di autonomia del procedimento di prevenzione dal processo penale, di talchè il procedimento di prevenzione può essere iniziato indipendentemente da quello penale, e viceversa. Ciononostante è innegabile un certo margine di interazione tra i due processi, specie se la celebrazione del processo penale faccia emergere un quadro probatorio che, se non sufficiente per il medesimo, possa ben essere utilizzabile per avviare il procedimento di prevenzione.

Infatti, la unità di misura di tale procedimento è il mero indizio114, che non deve essere grave, così come previsto all’interno del c.p.p.

111 V. N. D’ASCOLA, Il progressivo sdoppiamento della confisca come risposta dell’ordinamento al

fatto-reato e come strumento di controllo delle manifestazioni sintomatiche di pericolosità “patrimoniale” in La giustizia patrimoniale penale, a cura di A. BARGI, A. CISTERNA, UTET giuridica, TORINO, 2011, p. 192.

112 In questo senso, Corte EDU, 30.07.2007., Sud Fondi e altro.

113 Rileva, efficacemente, V. N. D’ASCOLA, Il progressivo sdoppiamento della confisca come risposta

dell’ordinamento al fatto-reato e come strumento di controllo delle manifestazioni sintomatiche di pericolosità “patrimoniale”, op. cit. che: “In conclusione è quindi del tutto evidente il vizio di irragionevolezza di una disciplina che, per un verso scarica sul terzo la prova liberatoria di pressoché impossibile assolvimento, così conferendogli una tutela solo apparente”.

114 Taluna parte della dottrina, vedi F. FIORENTIN, Le misure di prevenzione personali, Milano, 2012

e T. PADOVANI, Misure di sicurezza e misure di prevenzione, Pisa, 2014, pp. 267 e ss., ritiene che lo stesso si collochi in una “zona grigia” tra il mero sospetto e l’oltre ragionevole dubbio, nonché i presupposti applicativi delle misure cautelari. Invero, pare arduo riuscire a comprenderne la portata pratica e parimenti fornire un vademecum per il giudice. Infatti, l’indizio presupposto dell’art. 4 del Codice Antimafia non è sussumibile all’interno della categoria degli indizi gravi, precisi e concordanti di cui all’art. 192 c.p.p. perché, in tale caso, si avrebbe impianto probatorio utile al promovimento

Più precisamente, se il processo penale si conclude con l’archiviazione, ciò non impedisce al P.M. di iniziare le indagini all’interno del procedimento di prevenzione. L’art 29 del Codice Antimafia parrebbe, in effetti, essere indice dell’attribuzione al giudice dei poteri per aggirare le garanzie del processo penale, in ipotesi di standard probatorio inadeguato, alla luce dei canoni del processo penale. E, come evidenziato, la prassi giudiziaria sul punto conferma questo dato.

Nonostante l’introduzione della possibilità che il procedimento di prevenzione venga celebrato in pubblica udienza115, vi sono sensibili differenze non giustificate116 dalla natura sostanzialmente afflittiva della confisca di prevenzione, che non solo manca della condanna ma altresì di un processo dotato delle garanzie penali cristallizzate nella Costituzione e previste nel c.p.p. Nel senso della sostanziale autonomia, si è espressa la giurisprudenza117.

Ciononostante, pare arduo sostenere una tale tesi: ciò, in quanto se formalmente non c’è interdipendenza tra i due processi, a livello pratico, la realtà processuale è riprova della forte connessione tra i medesimi. Al contrario, nel caso in cui non si riesca a provare la colpevole responsabilità dell’imputato nel processo, o addirittura quando il P.M. non possa concretamente promuovere l’azione penale, si utilizza, come risorsa residuale il procedimento di prevenzione. Talvolta, non è solo agile èscamotage, bensì prima e più facile risorsa, senza dover “scomodare” il processo penale, caratterizzato da meccanismi operativi sensibilmente più intricati.

dell’azione penale. Parimenti, non è possibile sovrapporre i “gravi indizi di colpevolezza”, preliminari all’applicazione delle misure cautelari, perché la lettera della legge richiede meri indizi. Il confine tra indizio e sospetto è inequivocabilmente labile.

115 Se uno standard garantistico inferiore era, un tempo, giustificato dalla previsione del solo rito

camerale per tali misure; con l’introduzione del principio di pubblicità dovrebbe conseguentemente innalzarsi la tutela per il proposto e i suoi eredi, in giudizio. In questo senso, V. N. D’ASCOLA, Un codice non soltanto antimafia. Prove generali di trasformazione del sistema penale, in Misure di Prevenzione, S. FURFARO, Diritto e processo penale, Torino, 2013, pp. 60 ss.

116 Sul punto, vedi CELENTANO; Verso una giurisdizionalizzazione delle misure di prevenzione, in

Riv. Pen. Econ., 1992, p.519; MAUGERI, op. cit. p. 341 ss.; FERRARO, Sui rapporti tra procedimento di prevenzione e procedimento penale per associazione di tipo mafioso, in Cass. pen., 1986, p. 31 e ss.

117 Cass., Sez. I, sent. n. 2186/1992. Con tale pronuncia la Cass. sottolinea l’assenza di alcuna

pregiudizialità tra procedimento di prevenzione e processo penale, avendo come presupposti, rispettivamente, i soli indizi e la prova certa. In precedenza, Cass., Sez. I, sent. n. 3248/1990, aveva, per converso, sostenuto la pregiudizialità tra i due processi, rilevando che: “..quando la richiesta di misura di prevenzione e l’Azione penale siano fondate in concreto sui medesimi elementi di fatto e, in particolare sulle medesime fonti probatorie – per evidenti esigenze di economia processuale e, soprattutto, al fine di evitare la formazione di giudicati contraddittori sugli stessi fatti – il processo di prevenzione deve essere sospeso fino alla definizione del processo penale”. Avevano, invero, da ciò desunto la possibilità per il giudice di merito investito del procedimento di prevenzione la possibilità di sospendere il procedimento pendente innanzi a lui fino alla definizione del processo.

Taluna parte della Dottrina118 ha autorevolmente sostenuto, che il procedimento di prevenzione si rifaccia alle regole del processo penale, in un’ottica del tutto utilitaristica, attraverso il rinvio a regole utili ad agevolare la confisca di prevenzione, con uno standard probatorio di molto inferiore119. Ci si riferisce, senza pretesa di esaustività, al tentativo, istituto previsto solo per le ipotesi di cui all’art. 4, lett. d) e f); all’ampio spettro operativo delle circostanze aggravanti ex artt. 71 e ss.; alla previsione della riabilitazione (art. 70), della revocazione (art. 28, co 1); al fermo dei soggetti di cui all’art. 4 del medesimo Codice Antimafia e alla particolare ipotesi di intercettazioni prevista dall’art. 78.

L’utilizzo delle regole proprie di questo processo può giustificarsi solo nella misura di una coerente e piena applicazione dei canoni del giusto processo penale, cristallizzati specialmente nell’art. 111 della Cost.

Nell’ottica della sussistenza di regole che presiedono al giusto processo in generale e di talune altre, rafforzate, previste ad hoc per quello penale, deve evidenziarsi come il procedimento di prevenzione manchi anche di tutte le regole che governano un giusto processo giudiziario.

L’obiettivo, quindi, sarebbe quello dell’estensione, in primis, di principi generali e, in seconda analisi, anche di quelli del processo penale. Si è ben consci delle peculiarità e specificità di cui consta il procedimento di prevenzione, in cui vi sono: inversione dell’onus probandi, nonostante la giurisprudenza continui a sostenere che si tratti di un fisiologico onere di allegazione, indagini assolutamente non regolate, con possibilità di disposizione da parte di autorità giudiziarie lato sensu intese

Nel documento La confisca in assenza di condanna (pagine 51-58)